N. 397 ORDINANZA 19 - 23 novembre 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Straniero  e  apolide  -  Espulsione  -  Divieto  di  espulsione  del
  convivente  more-uxorio di donna in stato di gravidanza o con prole
  di  eta'  inferiore  a  sei  mesi  - Mancata previsione - Lamentata
  lesione  dei  diritti  inviolabili  della  persona,  del  dovere di
  mantenere,  istruire  ed  educare  i figli, nonche' dei principi di
  uguaglianza   e   di  tutela  della  famiglia  naturale  -  Mancata
  indicazione   di   un   elemento   essenziale   della   fattispecie
  (cittadinanza  del  ricorrente  nel  giudizio  a  quo)  - Manifesta
  inammissibilita' della questione.
- D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 19, comma 2, lettera d).
- Costituzione, artt. 2, 3, 29, 30 e 31.
(GU n.46 del 28-11-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Paolo  MADDALENA,  Alfio FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO,
Luigi MAZZELLA, Gaetano SILVESTRI, Sabino CASSESE, Maria Rita SAULLE,
Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO;
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 19, comma 2,
lettera d),  del  decreto  legislativo  25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e norme sulla condizione dello straniero), promosso con ordinanza del
25 novembre  2005 dal giudice di Pace di Catania sul ricorso proposto
da  C.R.  contro la Prefettura di Catania ed altra iscritta al n. 379
del  registro  ordinanze  2007  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 21, 1ª serie speciale, dell'anno 2007.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di consiglio del 24 ottobre 2007 il giudice
relatore Maria Rita Saulle.
    Ritenuto  che,  con ordinanza del 25 novembre 2005, il giudice di
pace di Catania ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 19,  comma 2, lettera d), del decreto legislativo 25 luglio
1998,   n. 286   (Testo   unico  delle  disposizioni  concernenti  la
disciplina   dell'immigrazione   e   norme   sulla  condizione  dello
straniero),  «nella  parte  in  cui  non  estende  al padre naturale,
cittadino   extracomunitario,  il  beneficio  della  sospensione  del
provvedimento  di  espulsione  in  ipotesi  di convivente in stato di
gravidanza ovvero in presenza di prole dall'eta' infrasemestrale», in
riferimento agli artt. 2, 3, 29, 30 e 31 della Costituzione;
        che  il  giudizio  a quo ha ad oggetto il ricorso proposto da
C.R.  avverso  il decreto di espulsione emesso nei suoi confronti dal
Prefetto di Catania;
        che,  in  punto  di  non  manifesta  infondatezza, il giudice
rimettente  osserva  che  dalla  parificazione  della  «posizione del
soggetto coniugato con donna in stato di gravidanza, o partoriente da
non  oltre  sei  mesi,  con  quella  della  consorte»,  operata dalla
sentenza  n. 376  del  2000  -  con  la  quale  e'  stata  dichiarata
l'incostituzionalita'  della  disposizione  censurata, nella parte in
cui  non  estendeva il divieto di espulsione previsto per la donna in
stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio
anche  al  marito convivente con quest'ultima - discenderebbe che «il
divieto  di  espulsione  deve  essere esteso anche al convivente more
uxorio»;
        che,   in   particolare,   ad   avviso   del  rimettente,  la
disposizione  censurata,  non  assicurando  alcuna  tutela alla «c.d.
famiglia  di  fatto», da un lato, omette di riconoscere e garantire i
diritti  inviolabili  della  persona  che si esprimono nell'ambito di
detta   formazione   sociale,   in   violazione   dell'art. 2  Cost.,
dall'altro, condiziona ingiustificatamente l'operativita' del divieto
di   espulsione   allo   «status   personale»   del   destinario  del
provvedimento   di   allontanamento,  e,  in  particolare,  alla  sua
«condizione  di  celibato  o  di connubio», in contrasto con l'art. 3
Cost.;
        che,   inoltre,   sempre   ad   avviso   del  rimettente,  la
disposizione censurata si pone in contrasto con il combinato disposto
di  cui  agli artt. 29, 30 e 31 Cost., che «delinea la famiglia quale
cellula  primigenia  della societa» principalmente «fondata su legami
naturali  mutuati dallo ius romano quali la coabitatio e la maritalis
affectio  i  quali si sottraggono al vincolo formale del matrimonio»,
con conseguente «parificazione tra famiglia legittima» e famiglia «di
fatto»;
        che, pertanto, la «mancata concessione al padre del beneficio
della  sospensione  dell'espulsione fino al compimento del sesto mese
di eta' del figlio», nell'ipotesi di famiglia di fatto, determina non
solo  la  lesione  dell'unione  dei  conviventi, ma anche un'ingiusta
discriminazione  del  figlio  naturale  rispetto  a quello legittimo,
atteso  che  solo  quest'ultimo  potrebbe  beneficiare  della  figura
paterna in un momento fondamentale della crescita;
        che,  in  punto di rilevanza, il giudice a quo afferma che la
«risoluzione     della     controversia    non    puo'    prescindere
dall'applicazione  della  norma»  impugnata, precisando, al riguardo,
che  il ricorso avverso il decreto di espulsione oggetto del giudizio
a quo risulta proposto da un cittadino extracomunitario convivente da
diversi  anni  con  una  donna,  dall'unione  con  la quale - in data
24 settembre 2005 - sono nate tre figlie dallo stesso riconosciute;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  deducendo,  preliminarmente,  la  manifesta  inammissibilita'
della questione per difetto di motivazione sulla rilevanza;
        che,  quanto  al  merito,  a parere della difesa erariale, la
questione   risulterebbe   infondata,   in  quanto  l'esecuzione  del
provvedimento  di  espulsione  non pregiudicherebbe il diritto-dovere
dell'interessato  di  adempiere  alle  proprie funzioni di padre, una
volta  che  il  nascituro  sia  venuto  al  mondo  e sia dallo stesso
riconosciuto;
        che,  in  particolare,  in  favore  del ricorrente, in quanto
convivente  e non unito in matrimonio con la madre del nascituro, non
potrebbe  essere  invocata  la sentenza n. 376 del 2000, con la quale
questa Corte, al fine di assicurare un'adeguata tutela alla famiglia,
ha  dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 19, comma 2,
lettera d),  del  d.lgs.  n. 286  del  1998,  nella  parte in cui non
prevedeva   il   divieto  di  espulsione  nei  confronti  del  marito
convivente con donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi
alla  nascita  del  figlio, atteso che con tale sentenza questa Corte
avrebbe  inteso  tutelare  la sola convivenza fondata sul vincolo del
coniugio,  senza distinzione o separazione di ruoli fra uomo e donna,
ma  con  reciproca integrazione di essi, secondo i principi affermati
con la sentenza n. 341 del 1991;
        che,  infine,  la difesa erariale ritiene non applicabile, al
caso   sottoposto   al  rimettente,  la  legge  8 marzo  2000,  n. 53
(Disposizioni  per  il  sostegno della maternita' e della paternita',
per il diritto alla cura e alla formazione e per il coordinamento dei
tempi  della  citta), che ha introdotto una disciplina a tutela della
funzione  genitoriale  a  prescindere  dall'esistenza del rapporto di
coniugio,  attesa  la  presenza irregolare nel territorio dello Stato
del ricorrente.
    Considerato  che  il  giudice  di  pace  di  Catania  dubita,  in
riferimento  agli  artt. 2,  3, 29, 30 e 31 Cost., della legittimita'
costituzionale   dell'art. 19,   comma 2,   lettera d),  del  decreto
legislativo  25 luglio  1998,  n. 286 (Testo unico delle disposizioni
concernenti  la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione
dello  straniero), «nella parte in cui non estende al padre naturale,
cittadino   extracomunitario,  il  beneficio  della  sospensione  del
provvedimento  di  espulsione  in  ipotesi  di convivente in stato di
gravidanza ovvero in presenza di prole dall'eta' infrasemestrale»;
        che  il  rimettente omette di specificare la cittadinanza del
soggetto ricorrente nel giudizio a quo;
        che  tale  elemento,  invece,  risulta  determinante  ai fini
dell'individuazione   del   regime  giuridico  applicabile  nel  caso
concreto,  atteso che il d.lgs. n. 286 del 1998 - come esplicitamente
stabilisce  l'art. 1  -  si  applica  solo «ai cittadini di Stati non
appartenenti all'Unione europea»;
        che,  ai  fini  della  rilevanza della sollevata questione di
legittimita'  costituzionale,  la condizione soggettiva di «cittadino
extracomunitario»  e'  suscettibile  di  modificazioni  in dipendenza
dell'eventuale  adesione  all'Unione  europea  dello  Stato di cui il
soggetto  in  questione  abbia,  in  ipotesi,  la cittadinanza (come,
infatti,  e' accaduto nelle more del presente giudizio per la Romania
e la Bulgaria);
        che  il  giudice  a  quo,  al  contrario,  si  e' limitato ad
indicare  il  nome  e il cognome del ricorrente avverso il decreto di
espulsione,  elementi  evidentemente  insufficienti  a dimostrarne la
«cittadinanza extracomunitaria»;
        che,  pertanto,  la questione e' manifestamente inammissibile
per   la   mancata   indicazione  di  un  elemento  essenziale  della
fattispecie.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87  e  9,  comma 2,  delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta  inammissibilita'  della  questione  di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 19,  comma 2, lettera d), del
decreto   legislativo  25 luglio  1998,  n. 286  (Testo  unico  delle
disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione  e norme
sulla  condizione  dello  straniero),  sollevata, in riferimento agli
artt. 2,  3,  29,  30 e 31 della Costituzione, dal giudice di pace di
Catania, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 19 novembre 2007.
                         Il Presidente: Bile
                        Il redattore: Saulle
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 23 novembre 2007.
              Il direttore della cancelleria: Di paola
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