N. 631 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 aprile 1999

                                N. 631
  Ordinanza  emessa  il  15  aprile  1999 dal tribunale amministrativo
 regionale del Lazio sul ricorso proposto da Cressati Cosima ed  altri
 contro il Ministero del tesoro ed altri
 Impiego pubblico - Somme erogate al personale del comparto Ministeri,
    per   effetto   dell'inquadramento   definitivo  nelle  qualifiche
    funzionali, ai sensi dell'art. 3, ottavo comma, legge n.  312/1980
    -  Esclusione  della  rivalutazione  monetaria e degli interessi -
    Ingiustificata deroga al principio di debenza degli interessi  sui
    crediti   monetari  -  Incidenza  sui  principi  di  retribuzione,
    proporzionata ed adeguata, di imparzialita' e buon andamento della
    p.a..  Legge 23 dicembre 1998, n. 448, art. 26, commi 4 e 5.
  Costituzione, artt. 3, 36 e 97.
(GU n.46 del 17-11-1999 )
                  IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  4167/1996,
 proposto dai signori:
     Cressati  Cosima,  Pierangelini  Maria,  Roncetti  Romano, Meconi
 Franco,  Luzi  Viviana,  Sarno  Gaetano,  Bertazzi  Laura,   Biscatta
 Giuliana,  Russo  Anna Maria, Ladisa Rosanna, Taggi Teodora, Finocchi
 Vilda,  Terra  Marianna,  Mazzarini  Maria  Antonietta,   Notardonato
 Concetta,  Rinaldi  Giovanna,  Evangelisti  Laura,  Barone  Carolina,
 Coletti Patrizia, De Lorenzo Laura, Vespa Anonio,  Giuliani  Claudia,
 Monaco  Didier,  D'Alla Maria Antonietta, Iacoangeli Alvaro, Di Lella
 Diana,  Agostino  Fabrizio,  Pansini  Marco,  Donati  Anna,  Cardella
 Massimo, Tamborino Flavia, Grisanti Mario;
     D'Arezzo  Giovanni,  Violi  Fabio,  Augenti  Enzangela,  Di Gesu'
 Antonello, Camicia Laura,  Proietti  Luciana,  Adamo  Maurizio,  Nave
 Giambattista,  Tocci  Elvira, Fulvi Anna, Melillo Alessandra, Morelli
 Maria Teresa, De Santis Rosa, Martini Roberto, Mitrano  Paolo,  Vario
 Loredana,  Conti  Giordano,  Curinga  Patrizia,  Musante  Alessandra,
 Liguori Irene, Cataldo Maria, Lo Presti Franco, Narcisi Lucia, Donati
 Cristina, Pistacchi Gino, Petrone Patrizia, Turilli Simonetta,  Vasco
 M. Rosaria, Coradini Daniela, Bruscolini Alfredo;
     Zughetti  Patrizia,  Buldorini Antonella, Catini Aureana, Tedesco
 Anna, Paggetti Osvaldo, Mitrano Giovanni,  Vastano  Adriana,  Maurizi
 Paolo,  Gennarino  Carmelo,  Salmita  Giovanna, Testi Anna, D'Ammassa
 Claudio, Barra Eva, Orengo Elena, Nannuzzi Daniela, Savino Consiglia,
 Lo Cicero Dorotea, Di  Jacovo  Luciano,  Ariviello  Enrico,  Battista
 Davide,   Conigliaro   Benedetto,   Casini   Cortesi  Claudia,  Bucci
 Simonetta, Lanni Anna Rita, Lucarini Anna  Laura,  Marcolini  Silvia,
 Calandro  Grazia,  Ottaviani Fiorella, Fonticoli Ugo, Faina Patrizia,
 Gramegna Vincenza, Malaspina Roberto;
     Conciatori Franco, Federici Rosaria,  Bravi  Maria  Caterina,  De
 Boni  Mario,  Tomei Roberto, Rossi Elisabetta, Pendino Erminia, Fodde
 Vito, De Santis Francesca  Mari,  Gabrielli  Livio,  Pontillo  Carlo,
 Petrini  Anna  Rita, Pescetelli Teresa, De Simoni Anna Maria, Cerzoso
 Agostino, Rambelli Enrico, Marino Alfio, Di Petrillo Franca, Capitani
 Stefania, Vania Roberta, Sabino Valeria, Bartolini Olimpia,  Loffredo
 Elisabetta,  Radichetti Maria, Parenti Piera, Carrus Pietro, Mazzucco
 Osvaldo,  Tomasello  Carmela,  Zoccheddu  Milena,  Camerini   Simona,
 Caminiti  Concetta,  Buonanno  Francesca,  Napoleoni Iva, Di Bernardo
 Angela Maria, Salvi Antonio,  Tecce  Alessandra,  Cecera  Alessandra,
 Catoni  Claudio,  Aquilar  Flavia,  Ceccarelli  Paola,  Mori Daniela,
 rappresentati e difesi dall'avv Paolo Maria Montaldo ed elettivamente
 domiciliati presso  lo  studio  del  medesimo,  in  Roma,  via  degli
 Scipioni 232;
   Contro  il Ministero del tesoro, la Ragioneria generale dello Stato
 e la Presidenza del Consiglio dei  Ministri  rappresentati  e  difesi
 dall'Avvocatura generale dello Stato e presso la medesima domiciliati
 ex  lege  in  Roma,  via dei Portoghesi, 1, per il riconoscimento del
 diritto dei ricorrenti alla percezione, con decorrenza dalla data  di
 spettanza,   di  interessi  e  rivalutazione  monetaria  sulle  somme
 corrisposte a titolo di benefici economici, stipendiali ed accessori,
 derivanti dall'inquadramento disposto nei loro confronti ex legge  n.
 312/1980,  previo,  ove  occorra,  l'annullamento  di  tutti gli atti
 presupposti,  connessi  e  conseguenziali,  anteriori  e  successivi,
 denegatori  del  loro  diritto, ivi compresa la circolare telegrafica
 della Ragioneria Generale dello Stato n. 16188 del 21 giugno 1991 del
 Ministero del tesoro IGOP, atti mai comunicati;
   Visto l'atto di motivi aggiunti notificato dai ricorrenti in data 4
 marzo 1999;
   Visto l'atto di  costituzione  in  giudizio  delle  Amministrazioni
 intimate;
   Vista  la  memoria prodotta dalla parte ricorrente a sostegno delle
 proprie difese;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Relatore alla pubblica udienza del 15 aprile 1999 il Cons. Domenico
 Cafini;
   Udito, alla medesima udienza, l'avv. Montaldo per i  ricorrenti,  e
 l'avv.to dello Stato Sica per l'Amministrazione resistente;
   Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue:
                               F a t t o
   Come  esposto  nel  ricorso,  gli  istanti,  tutti  dipendenti  del
 Ministero del tesoro, sono destinatari delle norme di cui alla  legge
 n.  312  del  1980,  che  ha  apportato modifiche all'ordinamento dei
 dipendenti  civili  dello  Stato,  prevedendo,  in  particolare,   il
 superamento  del  precedente  assetto,  basato sull'inquadramento del
 personale  in  profili   professionali   e   sulla   sovraordinazione
 gerarchica delle carriere.
   La  citata  legge  n.  312  ha, tra l'altro, disciplinato nei primi
 articoli il passaggio al nuovo ordinamento, prevedendo nell'art.    4
 una  fase  di primo inquadramento, consistente nell'inserimento nelle
 qualifiche funzional, ai soli  fini  retributivi,  sulla  base  della
 qualifica  posseduta  precedentemente,  ed  un'altra  fase, di vero e
 proprio inquadramento funzionale, disciplinata, per quel che  attiene
 al  caso  dei  ricorrenti, dal comma 8 del citato art. 4, susseguente
 all'individuazione dell'attribuzione  dei  profili  professionali  ai
 singoli dipendenti.
   Piu'  particolarmente, e' stato previsto dal legislatore che le due
 fasi anzidette dovessero avere la stessa  decorrenza  del  1  gennaio
 1978, ai fini giuridici, e del 1 luglio 1978, ai fini economici.
   Gli   istanti,   all'epoca   furono   destinatari   del  cd.  primo
 inquadramento, basato sulla corrispondnza  "automatica"  tra  vecchie
 qualifiche   e   nuovi  livelli  retributivo-funzionali.    La  legge
 prevedeva, peraltro, anche che le  amministrazioni  avrebbero  dovuto
 portare  a termine le operazioni di definitivo inquadramento entro un
 anno dall'entrata in vigore della  medesima  e  quindi  entro  il  13
 luglio 1981.  Tuttavia, soltanto di recente agli interessati e' stato
 attribuito  il  profilo  professionale  e  la  conseguente  qualifica
 funzionale.
   Per  effetto  di  dette  operazioni  di  secondo  inquadramento  in
 particolare, gli interessati sono stati posti retroattivamente in una
 qualifica    funzionale    immediatamente    superiore    a    quella
 originariamente  attribuita,  maturando  di  conseguenza il diritto a
 percepire le relative somme a  titolo  di  arretrati  retributivi  ed
 anche   il   diritto   a   percepire  su  tali  emolumenti  interessi
 corrispettivi e rivalutazione monetaria.
   L'Amministrazione ha, pero', corrisposto  ai  medesimi  i  benefici
 derivanti dal predetto inquadramento retroattivo con notevole ritardo
 sia  in  relazione  al  termine  fissato  dall'art.  3 della legge n.
 312/1980, sia anche con riguardo alla data dei decreti cumulativi  di
 reinquadramento,   senza  procedere  al  necessario  pagamento  degli
 interessi e della rivalutazione dalla data di spettanza.
   I ricorrenti hanno richiesto, con apposita  istanza,  pertanto,  il
 pagamento   sia   degli  interessi  che  della  rivalutazione,  senza
 ricevere,     tuttavia,     in     proposito     alcuna      risposta
 dall'Amministrazione.
   Essi sono anzi giunti a conoscenza della circolare della Presidenza
 del  Consiglio  dei  ministri 24 agosto 1988 n. Uci/40757 27720/0/22,
 cui si sarebbe ispirata l'Amministrazione del tesoro nella  impugnata
 circolare  telegrafica (n. 16188 del 21 giugno 1991) della Ragioneria
 Generale dello Stato, nel quale vengono operate alcune distinzioni in
 ordine alla spettanza  del  diritto  ad  interessi  e  rivalutazione,
 limitandolo alla sola ipotesi in cui si tratti di ritardato pagamento
 di  emolumenti  arretrati  "derivanti  da  ricostruzione  di  singole
 posizioni in applicazione di norme  gia'  attuate  in  via  generale,
 ovvero  di ripristino del pagamento di stipendi o di altra indennita'
 a  seguito  di  revoca  di  sospensione  cautelare  o   provvedimenti
 similari".
   Tanto  premesso,  poiche'  allo stato i loro diritti non sono stati
 soddisfatti, gli istanti propongono l'attuale ricorso, deducendo, con
 un unico articolato motivo, le seguenti censure:
   Violazione legge n. 312/1980; art.  429  c.p.c.;  art.  1282  c.c.;
 artt.  3,  36  e  97  Cost.; Violazione principi generali. Eccesso di
 potere.
   Come accennato, l'Amministrazione ha pagato con  grave  ritardo  le
 somme  derivanti  dal  cd.  ricompattamento, dovute agli interessati,
 senza corrispondere, peraltro, su tali  somme,  gli  interessi  e  la
 rivalutazione monetaria spettanti.
   La  citata  legge  n. 312 prevedeva all'art. 3 che le operazioni di
 identificazione di profili professionali dovessero avvenire entro  12
 mesi   dalla   sua   entrata   in  vigore,  fissando  di  conseguenza
 all'Amministrazione un  termine  ben  preciso  per  far  ottenere  ai
 dipendenti, entro tempi certi, il dovuto inquadramento.
   Cio',  tuttavia,  non  si  e'  verficato nel caso in esame, essendo
 trascorsi molti piu' anni di quelli previsti dal legislatore, secondo
 cui le relative operazioni sarebbero dovute, invece,  avvenire  entro
 un'anno dall'entrata in vigore della legge n. 312/1980.
   Poiche'  nella  specie  l'obbligazione  dell'Amministrazione  aveva
 evidente natura pecuniaria, ritengono i ricorrenti che  incomba  alla
 stessa,  in  quanto  debitrice,  l'obbligo  di  pagare sotto forma di
 interessi ex art. 1282 c.c. il creditore del mancato uso del denaro a
 decorrere dal momento stabilito, con la  rivalutazione  monetaria  ex
 art.  429 c.p.c.  In definitiva, se non si ritiene che il diritto, ai
 fini della rivalutazione monetaria e  degli  interessi,  decorre  dal
 1978,  perlomeno  esso  e' giunto a concreta maturazione il 13 luglio
 1981; e quindi almeno da tale data -  sostengono  gli  interessati  -
 vanno  fatte  decorrere  le  cennate  competenze.    Quanto  poi alla
 suindicata circolare della Ragioneria,  anch'essa  impugnata,  se  ne
 deve ritenere l'assurdita' della relativa applicazione.  Infatti, gli
 arretrati  in  questione  non  sono  frutti  di nuove leggi che hanno
 ricostruito  retroattivamente  le   carriere   dei   ricorrenti,   ma
 costituiscono invece tardivi adempimenti di disposizioni approvate da
 oltre  dieci  anni,  sicche' non ricorrono nella specie le condizioni
 per ritenere applicabile nei confronti degli  istanti  la  richiamata
 circolare  della Presidenza del Consiglio.  Si tratta, in definitiva,
 di adempimenti connessi  ad  un'obbligazione  pecuniaria  relativa  a
 credito di lavoro, tardivamente soddisfatta.  I ricorrenti insistono,
 quindi, per l'attribuzione del preteso diritto e, in via subordinata,
 per  il  riconoscimento,  come  data  iniziale  per  il calcolo degli
 interessi e della rivalutazione monetaria, della  data  in  cui  sono
 stati  pubblicati  i  decreti  cumulativi  di  inquadramento, secondo
 quanto gia ritenuto dal Consiglio di Stato  (IV  Sez.  n.  799/1993).
 Successivamente  alla  proposizione  del  gravame, con atto di motivi
 aggiunti notificato il 4 marzo 1999,  i  ricorrenti  -  premesso  che
 l'art.  26  della  legge n. 448 del 1998, commi 4 e 5, nelle more del
 giudizio entrato in vigore, statuendo,  tra  l'altro,  che  le  somme
 corrisposte   al   personale   del  comparto  ministeri  per  effetto
 dell'inquadramento ex art. 8, comma 4, della legge n.  312/1990  "non
 danno  luogo  ad  interessi  ne'  a rivalutazione monetaria", reca in
 sostanza   norme   che   potrebbero   incidere   direttamente   sulla
 controversia,     condizionandola     "pesantemente"    -    deducono
 l'illegittimita'  delle  norme   stesse,   che,   pur   definite   di
 interpretazione  autentica,  ma, in realta', disciplinanti ex novo la
 materia,    appaiono,    peraltro,    affette    da    illegittimita'
 costituzionale.
   Le  norme  di  cui  al  citato  art.  26, ad avviso dei ricorrenti,
 risultano poste, infatti, in violazione  degli  artt.  3,  36,  primo
 comma, 97, primo comma, 24, primo comma, 104, primo comma, 113, primo
 e   secondo   comma,  della  Costituzione,  avendo  introdotto  nella
 fattispecie il legislatore, senza una specifica  ragione,  una  norma
 che,  da  una  parte, viola il principio di parita' dei cittadini con
 riguardo ad una fattispecie che  e'  comune  a  tutti  i  crediti  di
 lavoro,   ledendo   anche   la   regola  della  proporzionalita'  tra
 retribuzione  e  prestazione  lavorativa  e  il  principio  del  buon
 andamento e imparzialita' della p.a. ed eludendo l'obbligo di ristoro
 economico  per tardiva erogazione, e che, dall'altra, vanifica sia la
 facolta' di adire il giudice, cui nella sostanza viene  sottratto  il
 diritto  di  decidere, sia il potere del cittadino di agire contro un
 atto della p.a.
   Nelle  conclusioni   gli   interessati,   sottolineando   come   il
 legislatore  abbia  nella  fattispecie  emanato norme che riducono il
 credito dei  dipendenti  utilizzando  la  interpretazione  autentica,
 senza  che nulla, nella norma in oggetto, faccia ritenere la utilita'
 e la necessita' del ricorso a  tale  eccezionale  istituto,  chiedono
 che, ove si ritenga di applicare, nel caso in esame, l'art. 26, commi
 4  e  5,  della  legge  n. 448/1998, questo tribunale dichiari la non
 manifesta   infondatezza   delle   questioni  di  incostituzionalita'
 sollevate.
   Con memoria, depositata il 2 aprile 1999, i ricorrenti  ribadiscono
 le  argomentazioni  svolte  nell'atto introduttivo del giudizio e nei
 motivi   aggiunti,   insistendo   nelle   gia'   rese    conclusioni.
 L'Amministrazione  del  Tesoro  si  e' costituita in giudizio, senza,
 tuttavia, depositare memorie difensive.    Alla  odierna  udienza  la
 causa viene spedita in decisione.
                             D i r i t t o
   La  questione  posta alla base della controversia in esame concerne
 il problema del riconoscimento  del  diritto  alla  percezione  degli
 interessi  e  della  rivalutazione  monetaria,  riferiti  a benefici,
 conseguenti al reinquadramento disposto dall'art. 4, comma  8,  della
 legge n.  312 del 1980, tardivamente corrisposti.
   Su   tale   questione,   com'e'  noto,  si  e'  ormai  formata  una
 giurisprudenza consolidata del giudice amministrativo  che  riconosce
 il diritto a tale percezione.
   Senonche',  al  riguardo,  la  legge finanziaria del 1999 (legge n.
 448/1998), intervenuta nelle more del giudizio,  ha  specificatamente
 disposto,  ai  commi 4 e 5, con una norma definita di interpretazione
 autentica, che  "le  somme  corrisposte  al  personale  del  comparto
 ministeri  per effetto dell'inquadramento definitivo nelle qualifiche
 funzionali ai sensi dell'art. 4, ottavo comma, della legge 11  luglio
 1980,  n.  312, e le somme liquidate sui trattamenti pensionistici in
 conseguenza   dell'applicazione   della    sentenza    della    Corte
 costituzionale  n.  1  del  1991  non  danno luogo ad interessi ne' a
 rivalutazione monetaria" ed inoltre che "fatta salva l'esecuzione dei
 giudicati alla data di entrata in vigore  della  presente  legge,  le
 somme  corrisposte in difformita' di quanto disposto dal comma 4 sono
 considerate  a  titolo  di  acconto  sui  trattamenti   economici   e
 pensionistici  in  essere  e  recuperate  con  i futuri miglioramenti
 comunque spettanti sui trattamenti stessi".
   Tale  norma  afferma,  dunque,  modificando   retroattivamente   la
 disciplina  in  materia  attraverso  la  forma di una disposizione di
 interpretazione autentica, che i dipendenti pubblici  non  hanno  mai
 avuto  diritto a percepire interessi e rivalutazione relativamente ai
 soli crediti di lavoro derivanti dall'applicazione del citato art. 4,
 comma  8;  e  cio'  senza   che   sia   indicata   alcuna   razionale
 giustificazione al riguardo.
   Cio'  posto,  il  collegio,  dovendo  fare applicazione nel caso in
 esame della menzionata norma, ritiene  -  in  accoglimento  di  parte
 delle  richieste  prospettate dai ricorrenti - di sollevare questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 26, commi 4 e 5, della legge
 n. 448 del 1998, per contrasto con  gli  artt.  3,  36,  e  97  della
 Costituzione.
   La questione e' innanzitutto, rilevante nel giudizio in corso.
   Infatti  le  richieste dei ricorrenti non potrebbero essere accolte
 da questo giudice, non essendo attribuito al sistema  giurisdizionale
 alcun potere di disapplicare provvedimenti aventi forza legislativa.
   La  questione appare anche non manifestamente infondata; e cio' per
 contrasto con l'art. 3, con l'art. 36, primo comma, e con l'art.  97,
 primo comma, della Costituzione.
   Con   riguardo   all'art.  3  della  Costituzione  deve  osservare,
 innanzitutto, il collegio, che la norma in questione,  con  l'intento
 espresso  di voler interpretare disposizioni che appaiono gia' di per
 se' stesse sufficientemente  chiare  nel  loro  contenuto,  viene  ad
 introdurre in effetti una nuova disciplina che sembra contrastare con
 il principio di parita' tra i cittadini in relazione alla particolare
 fattispecie  relativa  alla  corresponsione  degli  interessi e della
 rivalutazione, principio che e', invero, comune ad  ogni  credito  di
 lavoro  e,  piu'  in  generale, ad ogni credito, qualunque sia la sua
 origine, producendo, come e' noto, interessi  ogni  tipo  di  credito
 certo,  liquido ed esigibile; e cio' senza razionale giustificazione,
 non apparendo certamente logico escludere soltanto per gli  specifici
 emolumenti   indicati   nella   norma  in  questione  -  che  non  si
 differenziano  affatto  dagli  altri  debiti  retributivi   contratti
 dall'Amministrazione  - il diritto a percepire i menzionati accessori
 di legge.
   Relativamente all'art. 36, deve osservare, inoltre, il collegio che
 la  norma  in  questione  sembra  ledere  anche  il  principio  della
 proporzionalita'  tra retribuzione e prestazione lavorativa, giacche'
 le somme di cui viene esclusa la idoneita'  a  produrre  interessi  e
 rivalutazione  sono di natura retributiva e si riferiscono a benefici
 erogati  dall'Amministrazione  con   notevole   ritardo,   incidendo,
 pertanto, concretamente sul diritto riconosciuto dalla Costituzione a
 che il lavoratore abbia una retribuzione proporzionata alla quantita'
 e  qualita' del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a
 se' e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa.
   Relativamente all'art. 97, comma 1, il collegio rileva, infine, che
 il principio del buon andamento e dell'imparzialita' ivi indicato  e'
 un  principio  generale dell'ordinamento giuridico che deve ispirarsi
 qualsiasi assetto  organizzatorio  e  qualsiasi  comportamento  della
 pubblica  amministrazione, nel senso che questi debbono sempre essere
 volti  a  rendere  ottimale   l'attivita'   della   stessa   pubblica
 amministrazione,  in  modo  tale  da  risultare,  satisfattori  degli
 interessi pubblici attribuiti.
   Ora,  nella  fattispecie,  tale  principio  di  buon  andamento   e
 imparzialita',   ad   avviso  del  collegio,  non  appare  certamente
 rispettato, in quanto viene consentito, per la sua natura di soggetto
 pubblico alla Amministrazione - che  ha  corrisposto,  peraltro,  con
 notevole  ritardo le somme di cui al ricorso - di eludere in concreto
 l'obbligo conseguente dell'attribuzione  del  ristoro  economico,  in
 favore   dei   dipendenti   interessati,  relativo  a  detta  tardiva
 corresponsione.
   In  definitiva,  emerge  con  evidenza  nella  fattispecie  che  il
 legislatore,  con  la  legge n. 448/1998, ha approvato disposizioni -
 che  in  effetti  vengono  a  ridurre  fortemente  il   credito   dei
 dipendenti,  attraverso  il  diniego  di  attualizzazione del credito
 stesso soddisfatto  dall'Amministrazione  in  ritardo  -  avvalendosi
 dello  strumento  della  interpretazione  autentica,  senza che nella
 norma oggetto di  tale  interpretazione,  stante  la  sua  chiarezza,
 sembrano  rinvenirsi  elementi  che  possano  far  ritenere  utile  e
 necessario il ricorso a tale eccezionale istituto, contrastante, come
 tale, con il principio generale di irretroattivita' della legge.
   Il  giudizio va, quindi, sospeso in attesa della soluzione da parte
 della Corte costituzionale della sollevata  questione  di  lettimita'
 della  menzionata norma in relazione agli artt. 3, 36, primo comma, e
 97, primo comma, della Costituzione.
                               P. Q. M.
   Visti  gli  artt.   134   della   Costituzione,   1   della   legge
 costituzionale  9  febbraio  1948,  n.  23, e seguenti della legge 11
 marzo 1953, n.  87;
   Ritenuta la questione, come sopra indicata, rilevante ai fini della
 decisione della controversia e non manifestamente infondata;
   Sospende il giudizio relativo al ricorso stesso;
   Ordina la trasmissione  alla  Corte  costituzionale  del  fascicolo
 relativo  il  ricorso  medesimo  per  la soluzione della questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 26, commi 4 e 5, della legge n.
 448 del 1998 per contrasto con gli artt. 3, 36 e 97 Cost.;
   Ordina alla segreteria della sezione che la presente ordinanza  sia
 notificata  alle  parti  in  causa  e  comunicata al Presidente della
 Camera dei depuati e del senato della Repubblica, nonche'  notificata
 al Presidente del Consiglio dei Ministri.
   Cosi' deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 15 aprile 1999.
                       Il presidente: Mastrocola
                                           Il consigliere est.: Cafini
 99C1128