N. 631 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 aprile 1999
N. 631 Ordinanza emessa il 15 aprile 1999 dal tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Cressati Cosima ed altri contro il Ministero del tesoro ed altri Impiego pubblico - Somme erogate al personale del comparto Ministeri, per effetto dell'inquadramento definitivo nelle qualifiche funzionali, ai sensi dell'art. 3, ottavo comma, legge n. 312/1980 - Esclusione della rivalutazione monetaria e degli interessi - Ingiustificata deroga al principio di debenza degli interessi sui crediti monetari - Incidenza sui principi di retribuzione, proporzionata ed adeguata, di imparzialita' e buon andamento della p.a.. Legge 23 dicembre 1998, n. 448, art. 26, commi 4 e 5. Costituzione, artt. 3, 36 e 97.(GU n.46 del 17-11-1999 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 4167/1996, proposto dai signori: Cressati Cosima, Pierangelini Maria, Roncetti Romano, Meconi Franco, Luzi Viviana, Sarno Gaetano, Bertazzi Laura, Biscatta Giuliana, Russo Anna Maria, Ladisa Rosanna, Taggi Teodora, Finocchi Vilda, Terra Marianna, Mazzarini Maria Antonietta, Notardonato Concetta, Rinaldi Giovanna, Evangelisti Laura, Barone Carolina, Coletti Patrizia, De Lorenzo Laura, Vespa Anonio, Giuliani Claudia, Monaco Didier, D'Alla Maria Antonietta, Iacoangeli Alvaro, Di Lella Diana, Agostino Fabrizio, Pansini Marco, Donati Anna, Cardella Massimo, Tamborino Flavia, Grisanti Mario; D'Arezzo Giovanni, Violi Fabio, Augenti Enzangela, Di Gesu' Antonello, Camicia Laura, Proietti Luciana, Adamo Maurizio, Nave Giambattista, Tocci Elvira, Fulvi Anna, Melillo Alessandra, Morelli Maria Teresa, De Santis Rosa, Martini Roberto, Mitrano Paolo, Vario Loredana, Conti Giordano, Curinga Patrizia, Musante Alessandra, Liguori Irene, Cataldo Maria, Lo Presti Franco, Narcisi Lucia, Donati Cristina, Pistacchi Gino, Petrone Patrizia, Turilli Simonetta, Vasco M. Rosaria, Coradini Daniela, Bruscolini Alfredo; Zughetti Patrizia, Buldorini Antonella, Catini Aureana, Tedesco Anna, Paggetti Osvaldo, Mitrano Giovanni, Vastano Adriana, Maurizi Paolo, Gennarino Carmelo, Salmita Giovanna, Testi Anna, D'Ammassa Claudio, Barra Eva, Orengo Elena, Nannuzzi Daniela, Savino Consiglia, Lo Cicero Dorotea, Di Jacovo Luciano, Ariviello Enrico, Battista Davide, Conigliaro Benedetto, Casini Cortesi Claudia, Bucci Simonetta, Lanni Anna Rita, Lucarini Anna Laura, Marcolini Silvia, Calandro Grazia, Ottaviani Fiorella, Fonticoli Ugo, Faina Patrizia, Gramegna Vincenza, Malaspina Roberto; Conciatori Franco, Federici Rosaria, Bravi Maria Caterina, De Boni Mario, Tomei Roberto, Rossi Elisabetta, Pendino Erminia, Fodde Vito, De Santis Francesca Mari, Gabrielli Livio, Pontillo Carlo, Petrini Anna Rita, Pescetelli Teresa, De Simoni Anna Maria, Cerzoso Agostino, Rambelli Enrico, Marino Alfio, Di Petrillo Franca, Capitani Stefania, Vania Roberta, Sabino Valeria, Bartolini Olimpia, Loffredo Elisabetta, Radichetti Maria, Parenti Piera, Carrus Pietro, Mazzucco Osvaldo, Tomasello Carmela, Zoccheddu Milena, Camerini Simona, Caminiti Concetta, Buonanno Francesca, Napoleoni Iva, Di Bernardo Angela Maria, Salvi Antonio, Tecce Alessandra, Cecera Alessandra, Catoni Claudio, Aquilar Flavia, Ceccarelli Paola, Mori Daniela, rappresentati e difesi dall'avv Paolo Maria Montaldo ed elettivamente domiciliati presso lo studio del medesimo, in Roma, via degli Scipioni 232; Contro il Ministero del tesoro, la Ragioneria generale dello Stato e la Presidenza del Consiglio dei Ministri rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato e presso la medesima domiciliati ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 1, per il riconoscimento del diritto dei ricorrenti alla percezione, con decorrenza dalla data di spettanza, di interessi e rivalutazione monetaria sulle somme corrisposte a titolo di benefici economici, stipendiali ed accessori, derivanti dall'inquadramento disposto nei loro confronti ex legge n. 312/1980, previo, ove occorra, l'annullamento di tutti gli atti presupposti, connessi e conseguenziali, anteriori e successivi, denegatori del loro diritto, ivi compresa la circolare telegrafica della Ragioneria Generale dello Stato n. 16188 del 21 giugno 1991 del Ministero del tesoro IGOP, atti mai comunicati; Visto l'atto di motivi aggiunti notificato dai ricorrenti in data 4 marzo 1999; Visto l'atto di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate; Vista la memoria prodotta dalla parte ricorrente a sostegno delle proprie difese; Visti gli atti tutti della causa; Relatore alla pubblica udienza del 15 aprile 1999 il Cons. Domenico Cafini; Udito, alla medesima udienza, l'avv. Montaldo per i ricorrenti, e l'avv.to dello Stato Sica per l'Amministrazione resistente; Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue: F a t t o Come esposto nel ricorso, gli istanti, tutti dipendenti del Ministero del tesoro, sono destinatari delle norme di cui alla legge n. 312 del 1980, che ha apportato modifiche all'ordinamento dei dipendenti civili dello Stato, prevedendo, in particolare, il superamento del precedente assetto, basato sull'inquadramento del personale in profili professionali e sulla sovraordinazione gerarchica delle carriere. La citata legge n. 312 ha, tra l'altro, disciplinato nei primi articoli il passaggio al nuovo ordinamento, prevedendo nell'art. 4 una fase di primo inquadramento, consistente nell'inserimento nelle qualifiche funzional, ai soli fini retributivi, sulla base della qualifica posseduta precedentemente, ed un'altra fase, di vero e proprio inquadramento funzionale, disciplinata, per quel che attiene al caso dei ricorrenti, dal comma 8 del citato art. 4, susseguente all'individuazione dell'attribuzione dei profili professionali ai singoli dipendenti. Piu' particolarmente, e' stato previsto dal legislatore che le due fasi anzidette dovessero avere la stessa decorrenza del 1 gennaio 1978, ai fini giuridici, e del 1 luglio 1978, ai fini economici. Gli istanti, all'epoca furono destinatari del cd. primo inquadramento, basato sulla corrispondnza "automatica" tra vecchie qualifiche e nuovi livelli retributivo-funzionali. La legge prevedeva, peraltro, anche che le amministrazioni avrebbero dovuto portare a termine le operazioni di definitivo inquadramento entro un anno dall'entrata in vigore della medesima e quindi entro il 13 luglio 1981. Tuttavia, soltanto di recente agli interessati e' stato attribuito il profilo professionale e la conseguente qualifica funzionale. Per effetto di dette operazioni di secondo inquadramento in particolare, gli interessati sono stati posti retroattivamente in una qualifica funzionale immediatamente superiore a quella originariamente attribuita, maturando di conseguenza il diritto a percepire le relative somme a titolo di arretrati retributivi ed anche il diritto a percepire su tali emolumenti interessi corrispettivi e rivalutazione monetaria. L'Amministrazione ha, pero', corrisposto ai medesimi i benefici derivanti dal predetto inquadramento retroattivo con notevole ritardo sia in relazione al termine fissato dall'art. 3 della legge n. 312/1980, sia anche con riguardo alla data dei decreti cumulativi di reinquadramento, senza procedere al necessario pagamento degli interessi e della rivalutazione dalla data di spettanza. I ricorrenti hanno richiesto, con apposita istanza, pertanto, il pagamento sia degli interessi che della rivalutazione, senza ricevere, tuttavia, in proposito alcuna risposta dall'Amministrazione. Essi sono anzi giunti a conoscenza della circolare della Presidenza del Consiglio dei ministri 24 agosto 1988 n. Uci/40757 27720/0/22, cui si sarebbe ispirata l'Amministrazione del tesoro nella impugnata circolare telegrafica (n. 16188 del 21 giugno 1991) della Ragioneria Generale dello Stato, nel quale vengono operate alcune distinzioni in ordine alla spettanza del diritto ad interessi e rivalutazione, limitandolo alla sola ipotesi in cui si tratti di ritardato pagamento di emolumenti arretrati "derivanti da ricostruzione di singole posizioni in applicazione di norme gia' attuate in via generale, ovvero di ripristino del pagamento di stipendi o di altra indennita' a seguito di revoca di sospensione cautelare o provvedimenti similari". Tanto premesso, poiche' allo stato i loro diritti non sono stati soddisfatti, gli istanti propongono l'attuale ricorso, deducendo, con un unico articolato motivo, le seguenti censure: Violazione legge n. 312/1980; art. 429 c.p.c.; art. 1282 c.c.; artt. 3, 36 e 97 Cost.; Violazione principi generali. Eccesso di potere. Come accennato, l'Amministrazione ha pagato con grave ritardo le somme derivanti dal cd. ricompattamento, dovute agli interessati, senza corrispondere, peraltro, su tali somme, gli interessi e la rivalutazione monetaria spettanti. La citata legge n. 312 prevedeva all'art. 3 che le operazioni di identificazione di profili professionali dovessero avvenire entro 12 mesi dalla sua entrata in vigore, fissando di conseguenza all'Amministrazione un termine ben preciso per far ottenere ai dipendenti, entro tempi certi, il dovuto inquadramento. Cio', tuttavia, non si e' verficato nel caso in esame, essendo trascorsi molti piu' anni di quelli previsti dal legislatore, secondo cui le relative operazioni sarebbero dovute, invece, avvenire entro un'anno dall'entrata in vigore della legge n. 312/1980. Poiche' nella specie l'obbligazione dell'Amministrazione aveva evidente natura pecuniaria, ritengono i ricorrenti che incomba alla stessa, in quanto debitrice, l'obbligo di pagare sotto forma di interessi ex art. 1282 c.c. il creditore del mancato uso del denaro a decorrere dal momento stabilito, con la rivalutazione monetaria ex art. 429 c.p.c. In definitiva, se non si ritiene che il diritto, ai fini della rivalutazione monetaria e degli interessi, decorre dal 1978, perlomeno esso e' giunto a concreta maturazione il 13 luglio 1981; e quindi almeno da tale data - sostengono gli interessati - vanno fatte decorrere le cennate competenze. Quanto poi alla suindicata circolare della Ragioneria, anch'essa impugnata, se ne deve ritenere l'assurdita' della relativa applicazione. Infatti, gli arretrati in questione non sono frutti di nuove leggi che hanno ricostruito retroattivamente le carriere dei ricorrenti, ma costituiscono invece tardivi adempimenti di disposizioni approvate da oltre dieci anni, sicche' non ricorrono nella specie le condizioni per ritenere applicabile nei confronti degli istanti la richiamata circolare della Presidenza del Consiglio. Si tratta, in definitiva, di adempimenti connessi ad un'obbligazione pecuniaria relativa a credito di lavoro, tardivamente soddisfatta. I ricorrenti insistono, quindi, per l'attribuzione del preteso diritto e, in via subordinata, per il riconoscimento, come data iniziale per il calcolo degli interessi e della rivalutazione monetaria, della data in cui sono stati pubblicati i decreti cumulativi di inquadramento, secondo quanto gia ritenuto dal Consiglio di Stato (IV Sez. n. 799/1993). Successivamente alla proposizione del gravame, con atto di motivi aggiunti notificato il 4 marzo 1999, i ricorrenti - premesso che l'art. 26 della legge n. 448 del 1998, commi 4 e 5, nelle more del giudizio entrato in vigore, statuendo, tra l'altro, che le somme corrisposte al personale del comparto ministeri per effetto dell'inquadramento ex art. 8, comma 4, della legge n. 312/1990 "non danno luogo ad interessi ne' a rivalutazione monetaria", reca in sostanza norme che potrebbero incidere direttamente sulla controversia, condizionandola "pesantemente" - deducono l'illegittimita' delle norme stesse, che, pur definite di interpretazione autentica, ma, in realta', disciplinanti ex novo la materia, appaiono, peraltro, affette da illegittimita' costituzionale. Le norme di cui al citato art. 26, ad avviso dei ricorrenti, risultano poste, infatti, in violazione degli artt. 3, 36, primo comma, 97, primo comma, 24, primo comma, 104, primo comma, 113, primo e secondo comma, della Costituzione, avendo introdotto nella fattispecie il legislatore, senza una specifica ragione, una norma che, da una parte, viola il principio di parita' dei cittadini con riguardo ad una fattispecie che e' comune a tutti i crediti di lavoro, ledendo anche la regola della proporzionalita' tra retribuzione e prestazione lavorativa e il principio del buon andamento e imparzialita' della p.a. ed eludendo l'obbligo di ristoro economico per tardiva erogazione, e che, dall'altra, vanifica sia la facolta' di adire il giudice, cui nella sostanza viene sottratto il diritto di decidere, sia il potere del cittadino di agire contro un atto della p.a. Nelle conclusioni gli interessati, sottolineando come il legislatore abbia nella fattispecie emanato norme che riducono il credito dei dipendenti utilizzando la interpretazione autentica, senza che nulla, nella norma in oggetto, faccia ritenere la utilita' e la necessita' del ricorso a tale eccezionale istituto, chiedono che, ove si ritenga di applicare, nel caso in esame, l'art. 26, commi 4 e 5, della legge n. 448/1998, questo tribunale dichiari la non manifesta infondatezza delle questioni di incostituzionalita' sollevate. Con memoria, depositata il 2 aprile 1999, i ricorrenti ribadiscono le argomentazioni svolte nell'atto introduttivo del giudizio e nei motivi aggiunti, insistendo nelle gia' rese conclusioni. L'Amministrazione del Tesoro si e' costituita in giudizio, senza, tuttavia, depositare memorie difensive. Alla odierna udienza la causa viene spedita in decisione. D i r i t t o La questione posta alla base della controversia in esame concerne il problema del riconoscimento del diritto alla percezione degli interessi e della rivalutazione monetaria, riferiti a benefici, conseguenti al reinquadramento disposto dall'art. 4, comma 8, della legge n. 312 del 1980, tardivamente corrisposti. Su tale questione, com'e' noto, si e' ormai formata una giurisprudenza consolidata del giudice amministrativo che riconosce il diritto a tale percezione. Senonche', al riguardo, la legge finanziaria del 1999 (legge n. 448/1998), intervenuta nelle more del giudizio, ha specificatamente disposto, ai commi 4 e 5, con una norma definita di interpretazione autentica, che "le somme corrisposte al personale del comparto ministeri per effetto dell'inquadramento definitivo nelle qualifiche funzionali ai sensi dell'art. 4, ottavo comma, della legge 11 luglio 1980, n. 312, e le somme liquidate sui trattamenti pensionistici in conseguenza dell'applicazione della sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 1991 non danno luogo ad interessi ne' a rivalutazione monetaria" ed inoltre che "fatta salva l'esecuzione dei giudicati alla data di entrata in vigore della presente legge, le somme corrisposte in difformita' di quanto disposto dal comma 4 sono considerate a titolo di acconto sui trattamenti economici e pensionistici in essere e recuperate con i futuri miglioramenti comunque spettanti sui trattamenti stessi". Tale norma afferma, dunque, modificando retroattivamente la disciplina in materia attraverso la forma di una disposizione di interpretazione autentica, che i dipendenti pubblici non hanno mai avuto diritto a percepire interessi e rivalutazione relativamente ai soli crediti di lavoro derivanti dall'applicazione del citato art. 4, comma 8; e cio' senza che sia indicata alcuna razionale giustificazione al riguardo. Cio' posto, il collegio, dovendo fare applicazione nel caso in esame della menzionata norma, ritiene - in accoglimento di parte delle richieste prospettate dai ricorrenti - di sollevare questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26, commi 4 e 5, della legge n. 448 del 1998, per contrasto con gli artt. 3, 36, e 97 della Costituzione. La questione e' innanzitutto, rilevante nel giudizio in corso. Infatti le richieste dei ricorrenti non potrebbero essere accolte da questo giudice, non essendo attribuito al sistema giurisdizionale alcun potere di disapplicare provvedimenti aventi forza legislativa. La questione appare anche non manifestamente infondata; e cio' per contrasto con l'art. 3, con l'art. 36, primo comma, e con l'art. 97, primo comma, della Costituzione. Con riguardo all'art. 3 della Costituzione deve osservare, innanzitutto, il collegio, che la norma in questione, con l'intento espresso di voler interpretare disposizioni che appaiono gia' di per se' stesse sufficientemente chiare nel loro contenuto, viene ad introdurre in effetti una nuova disciplina che sembra contrastare con il principio di parita' tra i cittadini in relazione alla particolare fattispecie relativa alla corresponsione degli interessi e della rivalutazione, principio che e', invero, comune ad ogni credito di lavoro e, piu' in generale, ad ogni credito, qualunque sia la sua origine, producendo, come e' noto, interessi ogni tipo di credito certo, liquido ed esigibile; e cio' senza razionale giustificazione, non apparendo certamente logico escludere soltanto per gli specifici emolumenti indicati nella norma in questione - che non si differenziano affatto dagli altri debiti retributivi contratti dall'Amministrazione - il diritto a percepire i menzionati accessori di legge. Relativamente all'art. 36, deve osservare, inoltre, il collegio che la norma in questione sembra ledere anche il principio della proporzionalita' tra retribuzione e prestazione lavorativa, giacche' le somme di cui viene esclusa la idoneita' a produrre interessi e rivalutazione sono di natura retributiva e si riferiscono a benefici erogati dall'Amministrazione con notevole ritardo, incidendo, pertanto, concretamente sul diritto riconosciuto dalla Costituzione a che il lavoratore abbia una retribuzione proporzionata alla quantita' e qualita' del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a se' e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. Relativamente all'art. 97, comma 1, il collegio rileva, infine, che il principio del buon andamento e dell'imparzialita' ivi indicato e' un principio generale dell'ordinamento giuridico che deve ispirarsi qualsiasi assetto organizzatorio e qualsiasi comportamento della pubblica amministrazione, nel senso che questi debbono sempre essere volti a rendere ottimale l'attivita' della stessa pubblica amministrazione, in modo tale da risultare, satisfattori degli interessi pubblici attribuiti. Ora, nella fattispecie, tale principio di buon andamento e imparzialita', ad avviso del collegio, non appare certamente rispettato, in quanto viene consentito, per la sua natura di soggetto pubblico alla Amministrazione - che ha corrisposto, peraltro, con notevole ritardo le somme di cui al ricorso - di eludere in concreto l'obbligo conseguente dell'attribuzione del ristoro economico, in favore dei dipendenti interessati, relativo a detta tardiva corresponsione. In definitiva, emerge con evidenza nella fattispecie che il legislatore, con la legge n. 448/1998, ha approvato disposizioni - che in effetti vengono a ridurre fortemente il credito dei dipendenti, attraverso il diniego di attualizzazione del credito stesso soddisfatto dall'Amministrazione in ritardo - avvalendosi dello strumento della interpretazione autentica, senza che nella norma oggetto di tale interpretazione, stante la sua chiarezza, sembrano rinvenirsi elementi che possano far ritenere utile e necessario il ricorso a tale eccezionale istituto, contrastante, come tale, con il principio generale di irretroattivita' della legge. Il giudizio va, quindi, sospeso in attesa della soluzione da parte della Corte costituzionale della sollevata questione di lettimita' della menzionata norma in relazione agli artt. 3, 36, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 23, e seguenti della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritenuta la questione, come sopra indicata, rilevante ai fini della decisione della controversia e non manifestamente infondata; Sospende il giudizio relativo al ricorso stesso; Ordina la trasmissione alla Corte costituzionale del fascicolo relativo il ricorso medesimo per la soluzione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 26, commi 4 e 5, della legge n. 448 del 1998 per contrasto con gli artt. 3, 36 e 97 Cost.; Ordina alla segreteria della sezione che la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e comunicata al Presidente della Camera dei depuati e del senato della Repubblica, nonche' notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri. Cosi' deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 15 aprile 1999. Il presidente: Mastrocola Il consigliere est.: Cafini 99C1128