N. 432 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 maggio 2006

Ordinanza  emessa  il  29  maggio  2006  dal tribunale amministrativo
regionale  della  Campania  - Napoli, sul ricorso proposto da Impresa
Pezzella  Raffaele  ed  altra contro Commissario delegato del Governo
per l'emergenza socio economica ambientale del bacino idrografico del
fiume Sarno ed altri.

Giustizia  amministrativa  -  Tribunali  amministrativi  regionali  -
  Controversie  relative  alla  legittimita'  delle  ordinanze  e dei
  conseguenziali  provvedimenti  commissariali  adottati  in tutte le
  situazioni  di  emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1,
  della   legge   24 febbraio  1992,  n. 225  -  Competenza,  in  via
  esclusiva,  in  primo grado, attribuita al Tribunale amministrativo
  regionale  del  Lazio  -  sede  di  Roma  - Irragionevole deroga al
  principio  della  competenza del Tribunale amministrativo regionale
  della  Regione  in  cui  il  provvedimento  e'  destinato  ad avere
  incidenza - Violazione del principio del giudice naturale.
- Decreto-legge  30 novembre 2005, n. 245, art. 3, commi 2-bis, 2-ter
  e 2-quater, introdotti dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21.
- Costituzione, artt. 3 e 25.
(GU n.24 del 20-6-2007 )
                IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza nel giudizio sul ricorso
n. 8179/2005,  proposto  dalla  impresa  Pezzella  Raffaele  e  dalla
CO.E.PA.  s.r.l.,  in  costituenda  A.T.I.  tra  loro, in persona dei
rispettivi  legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi
dall'avv.  Andrea  Abbamonte,  col quale elettivamente domiciliano in
Napoli, via Melisurgo n. 4;
    Contro  il  Commissario  delegato per l'emergenza socio economica
ambientale  del  bacino  idrografico  del  fiume  Sarno  ex  o.P.C.m.
n. 3270/2000  e  la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona
dei  rispettivi  legali  rappresentanti  pro tempore, rappresentati e
difesi  ex  lege  dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli,
presso  i  cui uffici domiciliano in Napoli, via A. Diaz n. 11, e nei
confronti  di Someca s.r.l., in persona del legale rappresentante pro
tempore,  in  proprio  e n. q. di capogruppo della costituenda A.T.I.
con  la  Inca  Costruzioni  s.r.l., rappresentato e difeso dagli avv.
Michele  Lopiano e Paolo Vosa, con i quali elettivamente domicilia in
Napoli,  via  G.  Fiorelli n. 14; Inca costruzioni s.r.l., in persona
del  legale  rappresentante pro tempore, non costituitasi in giudizio
per l'annullamento:
        della  nota  prot.  n. 782  del 17 ottobre 2005 del Ministero
delle  infrastrutture  e trasporti - Commissario delegato ex o.P.C.m.
n. 3270/2000  per  l'emergenza  socio economica ambientale del bacino
idrografico  del fiume Sarno, con la quale e' comunicata l'esclusione
della  costituenda A.T.I. ricorrente dalla gara per l'affidamento dei
lavori  di  completamento  della  rete  fognaria  del  comune  di  S.
Valentino  Torio  e  l'aggiudicazione all'A.T.I. Someca S.r.l. - Inca
Costruzioni S.r.l.;
        dei  verbali tutti di gara e segnatamente del verbale di asta
pubblica del 21 settembre 2005 rep. n. 145 nella parte in cui esclude
la   costituenda   A.T.I.  ricorrente  e  del  verbale  di  gara  del
22 settembre 2005 rep. n. 146 a mezzo del quale si individua l'A.T.I.
Someca - INCA Costruzioni S.r.l quale aggiudicata della gara de quo;
        di  ogni  ulteriore atto connesso conseguenziale e/o comunque
lesivo  negli  interessi  delle ricorrenti nonche' per l'annullamento
degli  atti  susseguenti  e  segnatamente dell'eventuale determina di
numero   e   data   sconosciuti  di  aggiudicazione  della  gara  e/o
dell'eventuale  intervenuto  contratto  di  appalto,  nonche'  per il
risarcimento   dei   danni  derivanti  dalla  mancata  aggiudicazione
dell'appalto  de  quo,  concretantesi nella perdita di chances, nelle
spese  inutilmente  sostenute,  nel  mancato  utile  ragguagliati  ex
art. 345,  legge  n. 2248/1865  ed ex legge n. 741/1981, nella misura
del 10% del valore dell'appalto.
    Visto il ricorso, con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione in giudizio delle amministrazioni
intimate;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio della Someca s.r.l.;
    Vista l'ordinanza cautelare del 14 dicembre 2005, n. 3574;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Relatore il referendario avv. Francesco Guarracino;
    Uditi, alla pubblica udienza del 15 marzo 2006, i difensori delle
parti, come da verbale;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

                                Fatto

    Con  ricorso  notificato  il  16-17 novembre 2005 e depositato il
giorno  25  successivo;  l'impresa  Pezzella  Raffaele  e  la COE.PA.
s.r.l.,  che in costituenda A.T.I. avevano partecipato ad una gara di
appalto  indetta  dalla  Presidenza  del  Consiglio  dei  ministri  -
Commissario  delegato  ex o.P.C.m. n. 3270/2000 per l'emergenza socio
economica  ambientale  del  bacino  idrografico  del  fiume  Sarno  -
Servizio  integrato infrastrutture e trasporti Settore infrastrutture
di  Napoli,  per l'affidamento dei lavori di completamento della rete
fognaria  del comune di S. Valentino Torio (Salerno), hanno impugnato
il  provvedimento  con il quale sono state escluse dalla gara nonche'
quello di aggiudicazione alla costituenda A.T.I. Someca s.r.l. - Inca
Costruzioni  s.r.l.,  chiedendo  l'annullamento degli atti impugnati,
previa sospensione cautelare della loro efficacia, ed il risarcimento
dei danni.
    In  particolare,  avverso il provvedimento di esclusione motivato
col  fatto  che «l'attestazione SOA, presentata in copia dall'impresa
mandante, risulta scaduta al 14 marzo 2005» (mandante era la CO.E.PA.
s.r.l.), le ricorrenti hanno dedotto i seguenti motivi di doglianza:
        1)  «Violazione  di  legge;  violazione  e falsa applicazione
art. 15, comma quinto, d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, come sostituito
ex  art. 1,  d.P.R. 10 marzo 2004, n. 93; violazione del principio di
inserzione  automatica delle norme di legge in tema di affidamento di
appalto  di  lavori;  eccesso di potere; difetto del presupposto»: la
stazione  appaltante  non  avrebbe tenuto conto della proroga ex lege
della  efficacia  delle  attestazioni  SOA  rilasciate  alla  data di
entrata  in  vigore  della  legge  1°  agosto  2002, n. 166, ai sensi
dell'art. 15, comma 5, del d.P.R. n. 34/2000;
        2)  «Violazione  di  legge;  violazione  e falsa applicazione
art. 21,  comma  terzo, d.lgs. 19 dicembre 1991, n. 406; violazione e
falsa applicazione della direttiva 89/440/CEE in materia di procedure
di  aggiudicazione  degli  appalti  di  lavori pubblici; violazione e
falsa  applicazione  del  combinato  disposto di cui agli artt. 3 e 6
legge  n. 241/1990;  violazione  e falsa applicazione dell'obbligo di
invitare  i  concorrenti  a  completare  o chiarire la documentazione
presentata  in  sede  di  gara; violazione del giusto procedimento di
legge;  eccesso  di  potere;  difetto  di  istruttoria»:  la stazione
appaltante avrebbe dovuto richiedere chiarimenti;
        3)  «Violazione  di  legge;  violazione  e falsa applicazione
dell'art. 10,  comma 1-bis  della  legge  11 febbraio  1994,  n. 109;
violazione  e  falsa  applicazione  della  libera  concorrenza; della
segretezza  delle  offerte  e  della  par  condicio  dei concorrenti;
eccesso  di  potere;  difetto di istruttoria; sviamento»: la stazione
appaltante  avrebbe  dovuto escludere dalla gara la costituenda A.T.I
Someca    S.r.l.   -   Inca   Costruzioni   S.r.l.,   poi   risultata
aggiudicataria,  per  il collegamento sostanziale esistente con altra
ditta  concorrente  (la  Domenico  Moccia  S.r.l.), gia' acclarato ed
oggetto  di  annotazione nel casellario informatico dell'Autorita' di
vigilanza.
    Si  sono  costituiti in giudizio, con separate memorie, la Someca
S.r.l. e le amministrazioni intimate, eccependo nel merito che per le
certificazioni  SOA  la legge richiede comunque la verifica triennale
del  mantenimento  dei requisiti, sicche' sarebbe stato necessaria la
prova  della  validita'  in corso del certificato della CO.E.PA., per
essere stata eseguita la prescritta verifica.
    Alla  Camera  di consiglio del 14 dicembre 2005 la causa e' stata
rinviata all'udienza del 15 marzo 2006 per la discussione nel merito,
ai sensi dell'art. 23-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.
    In  prossimita'  dell'udienza di discussione l'amministrazione ha
depositato  una  memoria  difensiva,  con  cui  ha  concluso  per  la
declaratoria  di  incompetenza del Tribunale amministrativo regionale
adito  ai  sensi  dell'art. 3,  commi 2-bis ss., del d.l. 30 novembre
2005, n. 245.
    Alla  pubblica  udienza  del  15 marzo  2006  la  causa  e' stata
trattenuta in decisione.

                            D i r i t t o

    1.   -  E'  controversa  la  legittimita'  del  provvedimento  di
esclusione  della costituenda A.T.I. tra le imprese ricorrenti da una
gara  di  appalto  per  l'esecuzione  di  lavori pubblici indetta dal
Commissario  delegato  ex o.P.C.m. n. 3270/2000 per l'emergenza socio
economica ambientale del bacino idrografico del fiume Sarno.
    2.  -  Nelle more del giudizio e' intervenuta la legge 27 gennaio
2006, n. 21, il cui allegato ha inserito all'art. 3 del decreto legge
30 novembre  2005,  n. 245,  in sede di conversione dello stesso, tre
nuovi  commi  (commi  2-bis,  2-ter  e 2-quater) che attribuiscono al
Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio,  sede  di  Roma, la
competenza   a   conoscere   dei  provvedimenti  commissariali  nelle
situazioni  di  emergenza  dichiarate  ai sensi dell'art. 5, comma 1,
della legge 24 febbraio 1992, n. 225.
    Piu' precisamente, i predetti commi dispongono:
        «2-bis.  In  tutte  le  situazioni di emergenza dichiarate ai
sensi  dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la
competenza  di  primo  grado  a  conoscere  della  legittimita' delle
ordinanze  adottate  e dei consequenziali provvedimenti commissariali
spetta  in  via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari
al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma.
        2-ter.  Le  questioni  di  cui  al  comma 2-bis sono rilevate
d'ufficio.
    Davanti  al  giudice  amministrativo  il giudizio e' definito con
sentenza  succintamente  motivata  ai  sensi dell'art. 26 della legge
6 dicembre   1971,  n. 1034,  e  successive  modificazioni,  trovando
applicazione  i  commi 2  e  seguenti  dell'art. 23-bis  della stessa
legge.
        2-quater. Le norme di cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano
anche  ai  processi  in  corso.  L'efficacia  delle  misure cautelari
adottate  da  un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al
comma  2-bis  permane  fino  alla loro modifica o revoca da parte del
tribunale  amministrativo  regionale del Lazio, con sede in Roma, cui
la parte interessata puo' riproporre il ricorso».
    3.  - In ragione di tale ius superveniens, con memoria depositata
in   data   13 marzo   2006   l'Avvocatura  erariale  ha  chiesto  la
declaratoria di incompetenza di questo tribunale.
    4.  -  Le  disposizioni  introdotte  in sede di conversione dalla
legge   n. 21/2006   nell'art. 3   del   d.l.   n. 245/2005  derogano
all'ordinario  regime  di riparto della competenza territoriale tra i
tribunali  amministrativi  regionali, attribuendo in via esclusiva al
Tribunale amministrativo regionale Lazio la competenza di primo grado
sulle  controversie aventi a oggetto le ordinanze extra ordinern ed i
provvedimenti  conseguenziali  emanati  nelle  situazioni di stato di
emergenza   deliberate   dal   Consiglio   dei   ministri,  ai  sensi
dell'art. 5,  comma 1,  legge  n. 225/1992, in occasione di calamita'
naturali,   catastrofi   o   altri  eventi  che,  per  intensita'  ed
estensione,   debbono   essere   fronteggiati   con  mezzi  e  poteri
straordinari.
    Il  difetto di competenza, che investe anche il potere cautelare,
e'  rilevabile  d'ufficio  e  determina  la  definizione del giudizio
incardinato   presso   il   tribunale   incompetente,   con  sentenza
succintamente motivata, (art. 3, comma 2-bis, d.l. n. 245/2005).
    L'attribuizione  al  Tribunale  amministrativo regionale Lazio di
questa  nuova competenza di tipo funzionale (che viene ad affiancarsi
alle   altre   ipotesi   in   cui   la  legge  riserva  al  Tribunale
amministrativo  regionale  centrale  la  cognizione  su  controversie
diverse  da  quelle  ordinariamente  spettantigli  ex  art. 3,  legge
n. 1034/1971:   art. 33   legge   10 ottobre  1990,  n. 287;  art. 1,
comma 26,  legge  31 luglio 1997, n. 24; art. 17 legge 24 marzo 1958,
n. 195,  come  sostituito dall'art. 4, legge 12 aprile 1990, n. 74; e
da  ultimo  art. 3, d.l. 19 agosto 2003, n. 220, convertito con legge
17 ottobre  2003,  n. 280,  sul  quale e' in buona parte ricalcata la
normativa  ora  in  esame) e' assistita da una disciplina transitoria
che  rende  applicabile il nuovo criterio di riparto anche ai giudizi
gia'  in  corso  alla  data  della  sua  entrata  in  vigore (art. 3,
comma 2-quater,  primo  periodo,  d.l. n. 245/2005); le stesse misure
cautelari  gia'  adottate  restano  soggette  a  riesame  innanzi  al
Tribunale   amministrativo   regionale   Lazio,  al  quale  la  parte
interessata  puo' riproporre ricorso (art. 3, comma 2-quater, secondo
periodo, d.l. n. 245/2005).
    La  nuova  disciplina investe percio' anche il presente giudizio,
in  forza  della  predetta  disposizione  di diritto intertemporale e
della    considerazione    che    i   «consequenziali   provvedimenti
commissariali»  di  cui  al comma 2-bis dell'art. 3 cit. sono tutti i
provvedimenti  emanati dai commissari delegati all'emergenza (art. 5,
comma 4,   legge   n. 225/1992)  per  l'attuazione  degli  interventi
emergenziali (art. 5, comma 2, legge n. 225/1992) tra i quali, dunque
vanno  annoverati  anche  gli  atti  del Commissariato che riguardano
l'affidamento dei lavori delle opere pubbliche programmate.
    5.  -  Il Collegio dubita della legittimita' costituzionale delle
disposizioni  ora  richiamate  che  imporrebbero  la  definizione del
presente   processo   con   sentenza  dichiarativa  di  incompetenza,
ritenendo che le stesse contrastino con gli artt. 3 e 25 Cost., ed in
particolare  con  i  principi  di  uguaglianza,  ragionevolezza e non
arbitrarieta' della legge, naturalita' del giudice, per le ragioni di
seguito esposte.
    5.1.  -  L'allegato  alla legge 27 gennaio 2006, n. 21, ed in via
conseguenziale  l'art. 3,  commi  2-bis,  2-ter  e 2-quater, del d.l.
n. 245/2005,   laddove   attribuiscono  al  Tribunale  amministrativo
regionale  del  Lazio,  sede  di  Roma,  la  competenza esclusiva nei
giudizi  aventi  ad  oggetto  le ordinanze ed i provvedimenti emanati
nelle  situazioni  di stato di emergenza deliberate dal Consiglio dei
ministri  ai  sensi  dell'art. 5,  comma 1,  della legge n. 225/1992,
appaiono, in primo luogo, confliggere con il principio di uguaglianza
sancito dall'art. 3 Cost., sotto il suo duplice profilo della parita'
di trattamento e della ragionevolezza della legge.
    La   nuova   disciplina   determina,  infatti,  un'ingiustificata
disparita'  di  trattamento  tra  i  destinatari  di  provvedimenti a
efficacia infraregionale (quale quello oggetto del presente giudizio)
emanati  dai  commissari  per l'emergenza delegati localmente, il cui
giudice   e'   individuato   dalla   legge   de   qua  nel  Tribunale
amministrativo  regionale  Lazio in via esclusiva ed i destinatari di
analoghi   provvedimenti   emanati  da  altre  autorita'  locali  che
permangono  soggetti  agli ordinari criteri di riparto dettati in via
generale  dagli  artt. 2  e  3  della legge 6 dicembre 1971, n. 1034,
ancorche'  assumano  carattere  di  emergenza  e  siano  adottati  in
situazioni  di eccezionale pericolo da altre autorita' (cfr. art. 50,
comma 5,  del  d.lgs.  18 agosto 2000, n. 267, ed art. 117 del d.lgs.
31 marzo  1998,  n. 112,  in parte qua tenuto fermo dagli artt. 5 e 6
del  d.l.  7 settembre 2001, n. 343, conv. con legge 9 novembre 2001,
n. 401).
    Sotto  il  profilo  sostanziale,  inoltre la deroga agli ordinari
canoni  di  riparto tra i diversi tribunali amministrativi regionali,
fondati   sulla   efficacia   territoriale  dell'atto  e  sulla  sede
dell'autorita'  emanante,  non  appare  sorretta  da  alcun  adeguato
fondamento  giustificativo  e  si  risolve, percio', in una manifesta
violazione di quel principio di ragionevolezza che costituisce limite
alla  discrezionalita' legislativa in materia di determinazione della
competenza  territoriale (ex multis, C. cost. sentt. n. 228 del 1998;
n. 452 del 1997; n. 189 del 1992; n. 117 del 1990).
    Invero  tale  deroga non puo' essere ragionevolmente giustificata
dalla  rilevanza degli interessi sottesi alla situazione di emergenza
nel  cui  ambito  si  iscrivono  gli  atti  commissariali,  ne' in un
presunto   sospetto   in   ordine  ad  un  eventuale  condizionamento
ambientale del tribunale amministrativo locale derivante dagli eventi
emergenziali e dai mezzi eccezionali applicati per affrontarli.
    Nell'ordinamento processuale, infatti, le problematiche attinenti
alla sottrazione dell'organo giudicante a condizionamenti, tensioni e
turbamenti  locali  trovano soluzione in altri sistemi di spostamento
della  competenza che, comunque escludono l'accentramento di tutte le
controversie  innanzi  ad  un unico organo (e.g., art. 11 c.p.p.) che
non  vi  e'  motivo  per  ritenerne  immune (cosi' nel caso in esame,
l'ipotetica  finalita'  di  garanzia  della  liberta'  e serenita' di
giudizio  non  verrebbe  soddisfatta  per  le controversie relative a
situazioni di emergenza riguardanti l'ambito territoriale laziale).
    Che  non  vi  sia  una  particolare esigenza in tal senso e', poi
dimostrato  dal  fatto che le ordinarie disposizioni di riparto della
competenza territoriale non soffrono eccezioni nelle altre ipotesi in
cui  l'ordinamento consente l'esplicazione di poteri extra ordinem in
presenza di situazioni di eccezionale pericolo (il riferimento e', in
primis,  alle  ordinanze  contigibili  ed  urgenti  di competenza del
sindaco,  della  regione  o dello Stato, nei casi di cui all'art. 50,
comma 5, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, e all'art. 117 del d.lgs.
31 marzo  1998, n. 112, con disposizione tenuta ferma dagli artt. 5 e
6  del d.l. 7 settembre 2001, n. 343 conv. con legge 9 novembre 2001,
n. 401).
    Particolarmente significativa e', altresi', la circostanza che il
legislatore  del  2006  non  abbia  concentrato  innanzi  al medesimo
Tribunale  amministrativo  regionale tutte le controversie in materia
e,  in  primo  luogo quelle concernenti la stessa dichiarazione dello
stato  di  emergenza e la nomina del commissario delegato. La riserva
di  competenza  a favore del Tribunale amministrativo regionale Lazio
disposta dall'art. 3, comma 2-bis cit. riguarda, infatti, soltanto le
ordinanze   ed   i   provvedimenti   commissariali   e  non  anche  i
provvedimenti  dichiarativi  dello  stato  di  emergenza adottati dal
Consiglio   dei   ministri   (con   efficacia   infraregionale)  o  i
provvedimenti del Presidente del Consiglio dei ministri di nomina dei
commissari  delegati  (art. 5,  comma  4,  legge n. 225/1992), la cui
cognizione  rimane  affidata  al  Tribunale  amministrativo regionale
locale  (ex  art. 3, comma 2, legge n. 1034/1971). Il che costituisce
ulteriore sintomo della irrazionalita' della norma.
    Non   costituisce   giustificazione  razionale  della  disciplina
neppure    una   presunta   esigenza   di   uniformita'   d'indirizzo
giurisprudenziale in materia, sia perche' nel sistema della giustizia
amministrativa  la  funzione  nomofilattica  appartiene al giudice di
appello,  sia  perche' la natura extra ordmnem che possono assumere i
provvedimenti   emanati   in   virtu'  dell'art. 5,  comma  2,  legge
n. 255/1992  li  dota  di  caratteristiche  singolari e difficilmente
riducibili  ad unita'; senza considerare, poi, che essi possono avere
ad  oggetto  le  materie  piu' diverse, dalle procedure concorsuali a
quelle  ablative, alla provvista e gestione delle risorse materiali e
personali,  all'organizzazione,  alle  misure  contigibili ed urgenti
etc.
    Infine,  nessuna  indicazione  utile  per  l'individuazione delle
finalita'  perseguite dal legislatore attraverso i commi 2-bis, 2-ter
e 2-quater dell'art. 3, d.l. n. 245/2005, e' dato desumere dagli atti
parlamentari,  e  in  particolare  dai  resoconto  stenografico della
seduta  n. 926  del  20 dicembre 2005 dell'Aula del Senato, nel corso
della  quale  l'emendamento governativo contenente l'introduzione dei
suddetti  commi  e'  stato  posto  in  votazione  ed approvato, e dai
resoconti delle successive sedute della Camera dei deputati.
    Per  tali  ragioni,  le  disposizioni dell'allegato alla legge 27
gennaio  2005,  n. 21,  e  in  via  conseguenziale dell'art. 3, commi
2-bis, 2-ter e 2-quater, del d.l. n. 245/2005 risultano irragionevoli
e percio' contrarie all'art. 3 Cost.
    5.2.  -  L'assenza di un adeguato fondamento giustificativo della
nuova  competenza  funzionale  attribuita al Tribunale amministrativo
regionale   del   Lazio   -  slegata  da  un  razionale  criterio  di
collegamento  col  giudice designato - induce il tribunale a dubitare
della legittimita' costituzionale dell'allegato alla legge 27 gennaio
2006,  n. 21, e in via conseguenziale dell'art. 3, commi 2-bis, 2-ter
e  2-quater,  del d.l. n. 245/2005, anche per contrasto col principio
del giudice naturale posto dall'art. 25, primo comma, Cost.
    Il  tribunale  non ignora che nella giurisprudenza costituzionale
e'  stata piu' volte affermata l'equivalenza dei termini «naturale» e
«precostituito»,   in   quanto   la   locuzione   «giudice  naturale»
deriverebbe  per  forza di tradizione da norme analoghe di precedenti
costituzioni  e  non avrebbe percio' un significato proprio (C. cost.
sentt.  n. 29  del  1958;  n. 88 del 1962; n. 72 del 1976; n. 460 del
1994).
    Tuttavia,  se  e'  vero  che l'espressione «giudice naturale» era
gia' in precedenti Carte (ad es. nello Statuto albertino: «Niuno puo'
essere  distratto  dai  suoi  giudici  naturali  ...») e che i lavori
preparatori  della Costituzione non chiariscono il significato che si
intese  attribuire  all'uso  del  termine «naturale» accanto a quello
«precostituito»  nell'art. 25,  primo  comma,  Cost.  nel definire la
garanzia  della  certezza  e  dell'obiettivita'  del  giudice, sembra
nondimeno che l'introduzione della formula attuale («giudice naturale
precostituito»), dopo che entrambe le Sottocommissioni dell'Assemblea
costituente  avevano  abbandonato il termine «naturale» in favore del
termine  «precostituito»,  deponga  a  favore  delle  tesi che negano
l'identificazione tra i due termini.
    Ad   avviso   del   Collegio,   la   formula   «giudice  naturale
precostituito» non rappresenta un'endiadi, ma fonda la necessita' che
la  precostituzione  del giudice ad opera del legislatore avvenga nel
rispetto  di  un  principio  di  naturalita',  nel senso di razionale
maggior   idoneita'   del   giudice   rispetto  alla  risoluzione  di
determinate controversie.
    Nel  caso  della  competenza  tetritoriale,  l'individuazione dei
giudice  razionalmente  piu'  idoneo  a  decidere la controversia non
sembra  poter  prescindere  dalla considerazione (in positivo come in
negativo)  dell'esistenza  di un criterio di collegamento, effettivo,
ragionevole  ed  appropriato,  tra  la controversia stessa e l'organo
giurisdizionale,  che valga a tracciare i confini entro i quali possa
poi dispiegarsi legittimamente la discrezionalita' del legislatore.
    Ove  un  siffatto  razionale criterio di collegamento col giudice
designato  non ricorra, come non ricorre nella specie, l'attribuzione
legislativa   di  competenza  viene  a  violare  il  principio  della
naturalita'  del  giudice  (art. 25, primo comma, Cost.), al pari del
principio  di ragionevolezza (il contrasto col quale si e' denunciato
al paragrafo precedente).
    5.3.  -  Il  Collegio  dubita  altresi'  della  costituzionalita'
dell'allegato   alla   legge   27  gennaio  2006,  n. 21,  e  in  via
conseguenziale dell'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del d.l. a
245/2005,  nella  parte  in  cui  la  competenza in via esclusiva del
Tribunale  amministrativo  regionale Lazio e' estesa anche ai giudizi
in   corso,   nei   quali   l'incompetenza   del   diverso  Tribunale
amministrativo regionale adito va rilevata di ufficio con definizione
conseguente del giudizio attraverso sentenza succintamente motivata.
    Il   dubbio   di   costituzionalita'  della  nominata  disciplina
transitoria si pone, in particolare, con riferimento disgiunto sia al
principio  della  precostituzione  del giudice (art. 25, primo comma,
Cost.),  sia  al  principio  di  ragionevolezza  e  non arbitrarieta'
(artt. 3  Cost.)  che, in ogni caso, limita il potere del legislatore
di  disciplinare  la  successione  di  leggi  processuali  nel tempo,
secondo quanto si dira' nei paragrafi seguenti.
      5.3.1. - Con riferimento al principio della precostituzione del
giudice, lo spostamento di competenza in corso di causa dal Tribunale
amministrativo   regionale   originariamente   adito   al   Tribunale
amministrativo    regionale    Lazio,   e   dunque   la   sostanziale
retroattivita' della regola introdotta dall'art. 3, comma 2-bis cit.,
appare  in  contrasto con l'art. 25, primo comma, della Costituzione,
in  quanto  il principio secondo cui nessuno puo' essere distolto dal
giudice naturale precostituito per legge non consente la designazione
del  giudice  a  posteriori, ma impone che la norma regolatrice della
competenza sia prefissata rispetto all'insorgere della controversia.
    La  Corte  costituzionale  ha  da tempo chiarito (sent. n. 88 del
1962)  che  il  principio  posto dall'art. 25 Cost. riguarda anche la
ripartizione della competenza territoriale tra i diversi giudici.
    Quanto   alla   necessita'   che   il  riparto  territoriale  sia
disciplinato  da una normativa anteriore (almeno) all'istituzione del
giudizio,  anche  in questo caso il Collegio e' consapevole del fatto
che  la  giurisprudenza  costituzionale  ha, in passato, ritenuto che
l'art.  25  Cost.  e' rispettato quando la legge, sia pur con effetto
anche  sui  processi in corso, modifica in generale i presupposti o i
criteri diretti ad individuare il giudice competente, poiche' in tali
casi  lo  spostamento  della competenza non avviene in conseguenza di
una  deroga  alla  disciplina  generale,  adottata  in  vista  di una
determinata o di determinate controversie, ma per effetto di un nuovo
ordinamento  e,  dunque,  della  designazione  di  un  nuovo  giudice
naturale (sentt. n. 56 del 1967; n. 72 del 1976).
    Tuttavia,    sembra   potersi   cogliere   nella   piu'   recente
giurisprudenza  della Corte un diverso indirizzo interpretativo, che,
in  piu'  stretta aderenza al dettato costituzionale (per il quale il
giudice  naturale  deve  essere  «precostituito», e non semplicemente
«costituito», per legge), richiede che la regola sulla competenza sia
posta,  da  una  normativa  anteriore  alla  istituzione del giudizio
(sentt. n. 41 del 2006, n. 251 del 1986).
    Nel  caso  di specie, viceversa, la competenza a conoscere in via
esclusiva  della controversia de qua e' stata attribuita al Tribunale
amministrativo   regionale   Lazio  con  una  legge  posteriore  alla
proposizione  del  giudizio,  la  quale  ha sottratto la competenza a
questo tribunale con effetto retroattivo.
    Da cio' la violazione dell'art. 25 Cost.
    5.3.2.  -  Infine, qualora dovesse negarsi che il principio della
precostituzione  del  giudice  comporti  un divieto di retroattivita'
delle  norme  sulla competenza, non di meno la disciplina transitoria
dettata  dall'allegato  alla  legge n. 21/2006, e dunque dall'art. 3,
commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del d.l. n. 245/2005, viene a ledere i
limiti  costituzionali  di ragionevolezza e non arbitrarieta' (art. 3
Cost.)   che  il  legislatore  ordinario  incontra  nel  regolare  la
successione delle leggi processuali nel tempo (C. cost. sentt. n. 216
del 2001; n. 490 del 2000; n. 400 del 1996; ord. n. 294 del 1998).
    Devono,  al riguardo, espressamente richiamarsi le considerazioni
svolte  innanzi,  al 1/2 5.2, in ordine al difetto di giustificazione
razionale  dello  spostamento  di  competenza in favore del Tribunale
amministrativo   regionale  Lazio:  esse  valgono  a  dimostrare  non
soltanto  la  irragionevolezza  -  e  dunque l'illegittimita' - delle
disposizioni  attribuitive  della  competenza in subiecta' materia al
Tribunale   amministrativo   regionale   Lazio  per  l'avvenire,  ma,
evidenziando  l'assenza di ragionevoli esigenze di interesse generale
a  sostegno della deroga all'ordinario criterio di riparto, a maggior
ragione  palesano  il  carattere  irragionevole  ed  arbitrario della
disciplina  transitoria  che  affida alla nuova competenza accentrata
anche le cause in corso.
    6.  -  Per  tali ragioni, va rilevata di ufficio la non manifesta
infondatezza   della   questione   di   legittimita'   costituzionale
dell'art. 3,  commi  2-bis,  2-ter  e  2-quater,  del  decreto  legge
n. 245/2005, come convertito con modificazioni dalla legge 27 gennaio
2006, n. 21, per contrasto con gli artt. 3 e 25 della Costituzione.
    La  questione e' rilevante ai fini della definizione del presente
giudizio, poiche' dalla sua risoluzione dipende la sussistenza o meno
della   competenza   di  questo  tribunale  a  decidere  sul  ricorso
introduttivo.
                              P. Q. M.
    Solleva,   siccome  rilevante  e  non  manifestamente  infondata,
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, commi 2-bis,
2-ter  e  2-quater,  del decreto legge 30 novembre 2005, n. 245, come
convertito  con modificazioni dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21, per
contrasto con gli articoli 3 e 25 della Costituzione.
    Sospende il giudizio in corso.
    Dispone  la  trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, a
cura della segreteria della sezione.
    Ordina  che  la  presente  ordinanza sia notificata, a cura della
medesima  segreteria,  alle  parti  in  causa  ed  al  Presidente del
Consiglio  dei  ministri e che sia comunicata ai Presidenti delle due
Camere del Parlamento.
    Cosi'  deciso in Napoli, nelle Camere di consiglio del 15 marzo e
del 3 maggio 2006.
                       Il Presidente: Donadono
L'estensore: Guarracino
07C0746