N. 432 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 maggio 2006
Ordinanza emessa il 29 maggio 2006 dal tribunale amministrativo regionale della Campania - Napoli, sul ricorso proposto da Impresa Pezzella Raffaele ed altra contro Commissario delegato del Governo per l'emergenza socio economica ambientale del bacino idrografico del fiume Sarno ed altri. Giustizia amministrativa - Tribunali amministrativi regionali - Controversie relative alla legittimita' delle ordinanze e dei conseguenziali provvedimenti commissariali adottati in tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225 - Competenza, in via esclusiva, in primo grado, attribuita al Tribunale amministrativo regionale del Lazio - sede di Roma - Irragionevole deroga al principio della competenza del Tribunale amministrativo regionale della Regione in cui il provvedimento e' destinato ad avere incidenza - Violazione del principio del giudice naturale. - Decreto-legge 30 novembre 2005, n. 245, art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, introdotti dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21. - Costituzione, artt. 3 e 25.(GU n.24 del 20-6-2007 )
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio sul ricorso n. 8179/2005, proposto dalla impresa Pezzella Raffaele e dalla CO.E.PA. s.r.l., in costituenda A.T.I. tra loro, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avv. Andrea Abbamonte, col quale elettivamente domiciliano in Napoli, via Melisurgo n. 4; Contro il Commissario delegato per l'emergenza socio economica ambientale del bacino idrografico del fiume Sarno ex o.P.C.m. n. 3270/2000 e la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, presso i cui uffici domiciliano in Napoli, via A. Diaz n. 11, e nei confronti di Someca s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e n. q. di capogruppo della costituenda A.T.I. con la Inca Costruzioni s.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. Michele Lopiano e Paolo Vosa, con i quali elettivamente domicilia in Napoli, via G. Fiorelli n. 14; Inca costruzioni s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitasi in giudizio per l'annullamento: della nota prot. n. 782 del 17 ottobre 2005 del Ministero delle infrastrutture e trasporti - Commissario delegato ex o.P.C.m. n. 3270/2000 per l'emergenza socio economica ambientale del bacino idrografico del fiume Sarno, con la quale e' comunicata l'esclusione della costituenda A.T.I. ricorrente dalla gara per l'affidamento dei lavori di completamento della rete fognaria del comune di S. Valentino Torio e l'aggiudicazione all'A.T.I. Someca S.r.l. - Inca Costruzioni S.r.l.; dei verbali tutti di gara e segnatamente del verbale di asta pubblica del 21 settembre 2005 rep. n. 145 nella parte in cui esclude la costituenda A.T.I. ricorrente e del verbale di gara del 22 settembre 2005 rep. n. 146 a mezzo del quale si individua l'A.T.I. Someca - INCA Costruzioni S.r.l quale aggiudicata della gara de quo; di ogni ulteriore atto connesso conseguenziale e/o comunque lesivo negli interessi delle ricorrenti nonche' per l'annullamento degli atti susseguenti e segnatamente dell'eventuale determina di numero e data sconosciuti di aggiudicazione della gara e/o dell'eventuale intervenuto contratto di appalto, nonche' per il risarcimento dei danni derivanti dalla mancata aggiudicazione dell'appalto de quo, concretantesi nella perdita di chances, nelle spese inutilmente sostenute, nel mancato utile ragguagliati ex art. 345, legge n. 2248/1865 ed ex legge n. 741/1981, nella misura del 10% del valore dell'appalto. Visto il ricorso, con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio delle amministrazioni intimate; Visto l'atto di costituzione in giudizio della Someca s.r.l.; Vista l'ordinanza cautelare del 14 dicembre 2005, n. 3574; Visti gli atti tutti della causa; Relatore il referendario avv. Francesco Guarracino; Uditi, alla pubblica udienza del 15 marzo 2006, i difensori delle parti, come da verbale; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue. Fatto Con ricorso notificato il 16-17 novembre 2005 e depositato il giorno 25 successivo; l'impresa Pezzella Raffaele e la COE.PA. s.r.l., che in costituenda A.T.I. avevano partecipato ad una gara di appalto indetta dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Commissario delegato ex o.P.C.m. n. 3270/2000 per l'emergenza socio economica ambientale del bacino idrografico del fiume Sarno - Servizio integrato infrastrutture e trasporti Settore infrastrutture di Napoli, per l'affidamento dei lavori di completamento della rete fognaria del comune di S. Valentino Torio (Salerno), hanno impugnato il provvedimento con il quale sono state escluse dalla gara nonche' quello di aggiudicazione alla costituenda A.T.I. Someca s.r.l. - Inca Costruzioni s.r.l., chiedendo l'annullamento degli atti impugnati, previa sospensione cautelare della loro efficacia, ed il risarcimento dei danni. In particolare, avverso il provvedimento di esclusione motivato col fatto che «l'attestazione SOA, presentata in copia dall'impresa mandante, risulta scaduta al 14 marzo 2005» (mandante era la CO.E.PA. s.r.l.), le ricorrenti hanno dedotto i seguenti motivi di doglianza: 1) «Violazione di legge; violazione e falsa applicazione art. 15, comma quinto, d.P.R. 25 gennaio 2000, n. 34, come sostituito ex art. 1, d.P.R. 10 marzo 2004, n. 93; violazione del principio di inserzione automatica delle norme di legge in tema di affidamento di appalto di lavori; eccesso di potere; difetto del presupposto»: la stazione appaltante non avrebbe tenuto conto della proroga ex lege della efficacia delle attestazioni SOA rilasciate alla data di entrata in vigore della legge 1° agosto 2002, n. 166, ai sensi dell'art. 15, comma 5, del d.P.R. n. 34/2000; 2) «Violazione di legge; violazione e falsa applicazione art. 21, comma terzo, d.lgs. 19 dicembre 1991, n. 406; violazione e falsa applicazione della direttiva 89/440/CEE in materia di procedure di aggiudicazione degli appalti di lavori pubblici; violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 3 e 6 legge n. 241/1990; violazione e falsa applicazione dell'obbligo di invitare i concorrenti a completare o chiarire la documentazione presentata in sede di gara; violazione del giusto procedimento di legge; eccesso di potere; difetto di istruttoria»: la stazione appaltante avrebbe dovuto richiedere chiarimenti; 3) «Violazione di legge; violazione e falsa applicazione dell'art. 10, comma 1-bis della legge 11 febbraio 1994, n. 109; violazione e falsa applicazione della libera concorrenza; della segretezza delle offerte e della par condicio dei concorrenti; eccesso di potere; difetto di istruttoria; sviamento»: la stazione appaltante avrebbe dovuto escludere dalla gara la costituenda A.T.I Someca S.r.l. - Inca Costruzioni S.r.l., poi risultata aggiudicataria, per il collegamento sostanziale esistente con altra ditta concorrente (la Domenico Moccia S.r.l.), gia' acclarato ed oggetto di annotazione nel casellario informatico dell'Autorita' di vigilanza. Si sono costituiti in giudizio, con separate memorie, la Someca S.r.l. e le amministrazioni intimate, eccependo nel merito che per le certificazioni SOA la legge richiede comunque la verifica triennale del mantenimento dei requisiti, sicche' sarebbe stato necessaria la prova della validita' in corso del certificato della CO.E.PA., per essere stata eseguita la prescritta verifica. Alla Camera di consiglio del 14 dicembre 2005 la causa e' stata rinviata all'udienza del 15 marzo 2006 per la discussione nel merito, ai sensi dell'art. 23-bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034. In prossimita' dell'udienza di discussione l'amministrazione ha depositato una memoria difensiva, con cui ha concluso per la declaratoria di incompetenza del Tribunale amministrativo regionale adito ai sensi dell'art. 3, commi 2-bis ss., del d.l. 30 novembre 2005, n. 245. Alla pubblica udienza del 15 marzo 2006 la causa e' stata trattenuta in decisione. D i r i t t o 1. - E' controversa la legittimita' del provvedimento di esclusione della costituenda A.T.I. tra le imprese ricorrenti da una gara di appalto per l'esecuzione di lavori pubblici indetta dal Commissario delegato ex o.P.C.m. n. 3270/2000 per l'emergenza socio economica ambientale del bacino idrografico del fiume Sarno. 2. - Nelle more del giudizio e' intervenuta la legge 27 gennaio 2006, n. 21, il cui allegato ha inserito all'art. 3 del decreto legge 30 novembre 2005, n. 245, in sede di conversione dello stesso, tre nuovi commi (commi 2-bis, 2-ter e 2-quater) che attribuiscono al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, la competenza a conoscere dei provvedimenti commissariali nelle situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225. Piu' precisamente, i predetti commi dispongono: «2-bis. In tutte le situazioni di emergenza dichiarate ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, la competenza di primo grado a conoscere della legittimita' delle ordinanze adottate e dei consequenziali provvedimenti commissariali spetta in via esclusiva, anche per l'emanazione di misure cautelari al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma. 2-ter. Le questioni di cui al comma 2-bis sono rilevate d'ufficio. Davanti al giudice amministrativo il giudizio e' definito con sentenza succintamente motivata ai sensi dell'art. 26 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, e successive modificazioni, trovando applicazione i commi 2 e seguenti dell'art. 23-bis della stessa legge. 2-quater. Le norme di cui ai commi 2-bis e 2-ter si applicano anche ai processi in corso. L'efficacia delle misure cautelari adottate da un tribunale amministrativo diverso da quello di cui al comma 2-bis permane fino alla loro modifica o revoca da parte del tribunale amministrativo regionale del Lazio, con sede in Roma, cui la parte interessata puo' riproporre il ricorso». 3. - In ragione di tale ius superveniens, con memoria depositata in data 13 marzo 2006 l'Avvocatura erariale ha chiesto la declaratoria di incompetenza di questo tribunale. 4. - Le disposizioni introdotte in sede di conversione dalla legge n. 21/2006 nell'art. 3 del d.l. n. 245/2005 derogano all'ordinario regime di riparto della competenza territoriale tra i tribunali amministrativi regionali, attribuendo in via esclusiva al Tribunale amministrativo regionale Lazio la competenza di primo grado sulle controversie aventi a oggetto le ordinanze extra ordinern ed i provvedimenti conseguenziali emanati nelle situazioni di stato di emergenza deliberate dal Consiglio dei ministri, ai sensi dell'art. 5, comma 1, legge n. 225/1992, in occasione di calamita' naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensita' ed estensione, debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari. Il difetto di competenza, che investe anche il potere cautelare, e' rilevabile d'ufficio e determina la definizione del giudizio incardinato presso il tribunale incompetente, con sentenza succintamente motivata, (art. 3, comma 2-bis, d.l. n. 245/2005). L'attribuizione al Tribunale amministrativo regionale Lazio di questa nuova competenza di tipo funzionale (che viene ad affiancarsi alle altre ipotesi in cui la legge riserva al Tribunale amministrativo regionale centrale la cognizione su controversie diverse da quelle ordinariamente spettantigli ex art. 3, legge n. 1034/1971: art. 33 legge 10 ottobre 1990, n. 287; art. 1, comma 26, legge 31 luglio 1997, n. 24; art. 17 legge 24 marzo 1958, n. 195, come sostituito dall'art. 4, legge 12 aprile 1990, n. 74; e da ultimo art. 3, d.l. 19 agosto 2003, n. 220, convertito con legge 17 ottobre 2003, n. 280, sul quale e' in buona parte ricalcata la normativa ora in esame) e' assistita da una disciplina transitoria che rende applicabile il nuovo criterio di riparto anche ai giudizi gia' in corso alla data della sua entrata in vigore (art. 3, comma 2-quater, primo periodo, d.l. n. 245/2005); le stesse misure cautelari gia' adottate restano soggette a riesame innanzi al Tribunale amministrativo regionale Lazio, al quale la parte interessata puo' riproporre ricorso (art. 3, comma 2-quater, secondo periodo, d.l. n. 245/2005). La nuova disciplina investe percio' anche il presente giudizio, in forza della predetta disposizione di diritto intertemporale e della considerazione che i «consequenziali provvedimenti commissariali» di cui al comma 2-bis dell'art. 3 cit. sono tutti i provvedimenti emanati dai commissari delegati all'emergenza (art. 5, comma 4, legge n. 225/1992) per l'attuazione degli interventi emergenziali (art. 5, comma 2, legge n. 225/1992) tra i quali, dunque vanno annoverati anche gli atti del Commissariato che riguardano l'affidamento dei lavori delle opere pubbliche programmate. 5. - Il Collegio dubita della legittimita' costituzionale delle disposizioni ora richiamate che imporrebbero la definizione del presente processo con sentenza dichiarativa di incompetenza, ritenendo che le stesse contrastino con gli artt. 3 e 25 Cost., ed in particolare con i principi di uguaglianza, ragionevolezza e non arbitrarieta' della legge, naturalita' del giudice, per le ragioni di seguito esposte. 5.1. - L'allegato alla legge 27 gennaio 2006, n. 21, ed in via conseguenziale l'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del d.l. n. 245/2005, laddove attribuiscono al Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, la competenza esclusiva nei giudizi aventi ad oggetto le ordinanze ed i provvedimenti emanati nelle situazioni di stato di emergenza deliberate dal Consiglio dei ministri ai sensi dell'art. 5, comma 1, della legge n. 225/1992, appaiono, in primo luogo, confliggere con il principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 Cost., sotto il suo duplice profilo della parita' di trattamento e della ragionevolezza della legge. La nuova disciplina determina, infatti, un'ingiustificata disparita' di trattamento tra i destinatari di provvedimenti a efficacia infraregionale (quale quello oggetto del presente giudizio) emanati dai commissari per l'emergenza delegati localmente, il cui giudice e' individuato dalla legge de qua nel Tribunale amministrativo regionale Lazio in via esclusiva ed i destinatari di analoghi provvedimenti emanati da altre autorita' locali che permangono soggetti agli ordinari criteri di riparto dettati in via generale dagli artt. 2 e 3 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, ancorche' assumano carattere di emergenza e siano adottati in situazioni di eccezionale pericolo da altre autorita' (cfr. art. 50, comma 5, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, ed art. 117 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, in parte qua tenuto fermo dagli artt. 5 e 6 del d.l. 7 settembre 2001, n. 343, conv. con legge 9 novembre 2001, n. 401). Sotto il profilo sostanziale, inoltre la deroga agli ordinari canoni di riparto tra i diversi tribunali amministrativi regionali, fondati sulla efficacia territoriale dell'atto e sulla sede dell'autorita' emanante, non appare sorretta da alcun adeguato fondamento giustificativo e si risolve, percio', in una manifesta violazione di quel principio di ragionevolezza che costituisce limite alla discrezionalita' legislativa in materia di determinazione della competenza territoriale (ex multis, C. cost. sentt. n. 228 del 1998; n. 452 del 1997; n. 189 del 1992; n. 117 del 1990). Invero tale deroga non puo' essere ragionevolmente giustificata dalla rilevanza degli interessi sottesi alla situazione di emergenza nel cui ambito si iscrivono gli atti commissariali, ne' in un presunto sospetto in ordine ad un eventuale condizionamento ambientale del tribunale amministrativo locale derivante dagli eventi emergenziali e dai mezzi eccezionali applicati per affrontarli. Nell'ordinamento processuale, infatti, le problematiche attinenti alla sottrazione dell'organo giudicante a condizionamenti, tensioni e turbamenti locali trovano soluzione in altri sistemi di spostamento della competenza che, comunque escludono l'accentramento di tutte le controversie innanzi ad un unico organo (e.g., art. 11 c.p.p.) che non vi e' motivo per ritenerne immune (cosi' nel caso in esame, l'ipotetica finalita' di garanzia della liberta' e serenita' di giudizio non verrebbe soddisfatta per le controversie relative a situazioni di emergenza riguardanti l'ambito territoriale laziale). Che non vi sia una particolare esigenza in tal senso e', poi dimostrato dal fatto che le ordinarie disposizioni di riparto della competenza territoriale non soffrono eccezioni nelle altre ipotesi in cui l'ordinamento consente l'esplicazione di poteri extra ordinem in presenza di situazioni di eccezionale pericolo (il riferimento e', in primis, alle ordinanze contigibili ed urgenti di competenza del sindaco, della regione o dello Stato, nei casi di cui all'art. 50, comma 5, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, e all'art. 117 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, con disposizione tenuta ferma dagli artt. 5 e 6 del d.l. 7 settembre 2001, n. 343 conv. con legge 9 novembre 2001, n. 401). Particolarmente significativa e', altresi', la circostanza che il legislatore del 2006 non abbia concentrato innanzi al medesimo Tribunale amministrativo regionale tutte le controversie in materia e, in primo luogo quelle concernenti la stessa dichiarazione dello stato di emergenza e la nomina del commissario delegato. La riserva di competenza a favore del Tribunale amministrativo regionale Lazio disposta dall'art. 3, comma 2-bis cit. riguarda, infatti, soltanto le ordinanze ed i provvedimenti commissariali e non anche i provvedimenti dichiarativi dello stato di emergenza adottati dal Consiglio dei ministri (con efficacia infraregionale) o i provvedimenti del Presidente del Consiglio dei ministri di nomina dei commissari delegati (art. 5, comma 4, legge n. 225/1992), la cui cognizione rimane affidata al Tribunale amministrativo regionale locale (ex art. 3, comma 2, legge n. 1034/1971). Il che costituisce ulteriore sintomo della irrazionalita' della norma. Non costituisce giustificazione razionale della disciplina neppure una presunta esigenza di uniformita' d'indirizzo giurisprudenziale in materia, sia perche' nel sistema della giustizia amministrativa la funzione nomofilattica appartiene al giudice di appello, sia perche' la natura extra ordmnem che possono assumere i provvedimenti emanati in virtu' dell'art. 5, comma 2, legge n. 255/1992 li dota di caratteristiche singolari e difficilmente riducibili ad unita'; senza considerare, poi, che essi possono avere ad oggetto le materie piu' diverse, dalle procedure concorsuali a quelle ablative, alla provvista e gestione delle risorse materiali e personali, all'organizzazione, alle misure contigibili ed urgenti etc. Infine, nessuna indicazione utile per l'individuazione delle finalita' perseguite dal legislatore attraverso i commi 2-bis, 2-ter e 2-quater dell'art. 3, d.l. n. 245/2005, e' dato desumere dagli atti parlamentari, e in particolare dai resoconto stenografico della seduta n. 926 del 20 dicembre 2005 dell'Aula del Senato, nel corso della quale l'emendamento governativo contenente l'introduzione dei suddetti commi e' stato posto in votazione ed approvato, e dai resoconti delle successive sedute della Camera dei deputati. Per tali ragioni, le disposizioni dell'allegato alla legge 27 gennaio 2005, n. 21, e in via conseguenziale dell'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del d.l. n. 245/2005 risultano irragionevoli e percio' contrarie all'art. 3 Cost. 5.2. - L'assenza di un adeguato fondamento giustificativo della nuova competenza funzionale attribuita al Tribunale amministrativo regionale del Lazio - slegata da un razionale criterio di collegamento col giudice designato - induce il tribunale a dubitare della legittimita' costituzionale dell'allegato alla legge 27 gennaio 2006, n. 21, e in via conseguenziale dell'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del d.l. n. 245/2005, anche per contrasto col principio del giudice naturale posto dall'art. 25, primo comma, Cost. Il tribunale non ignora che nella giurisprudenza costituzionale e' stata piu' volte affermata l'equivalenza dei termini «naturale» e «precostituito», in quanto la locuzione «giudice naturale» deriverebbe per forza di tradizione da norme analoghe di precedenti costituzioni e non avrebbe percio' un significato proprio (C. cost. sentt. n. 29 del 1958; n. 88 del 1962; n. 72 del 1976; n. 460 del 1994). Tuttavia, se e' vero che l'espressione «giudice naturale» era gia' in precedenti Carte (ad es. nello Statuto albertino: «Niuno puo' essere distratto dai suoi giudici naturali ...») e che i lavori preparatori della Costituzione non chiariscono il significato che si intese attribuire all'uso del termine «naturale» accanto a quello «precostituito» nell'art. 25, primo comma, Cost. nel definire la garanzia della certezza e dell'obiettivita' del giudice, sembra nondimeno che l'introduzione della formula attuale («giudice naturale precostituito»), dopo che entrambe le Sottocommissioni dell'Assemblea costituente avevano abbandonato il termine «naturale» in favore del termine «precostituito», deponga a favore delle tesi che negano l'identificazione tra i due termini. Ad avviso del Collegio, la formula «giudice naturale precostituito» non rappresenta un'endiadi, ma fonda la necessita' che la precostituzione del giudice ad opera del legislatore avvenga nel rispetto di un principio di naturalita', nel senso di razionale maggior idoneita' del giudice rispetto alla risoluzione di determinate controversie. Nel caso della competenza tetritoriale, l'individuazione dei giudice razionalmente piu' idoneo a decidere la controversia non sembra poter prescindere dalla considerazione (in positivo come in negativo) dell'esistenza di un criterio di collegamento, effettivo, ragionevole ed appropriato, tra la controversia stessa e l'organo giurisdizionale, che valga a tracciare i confini entro i quali possa poi dispiegarsi legittimamente la discrezionalita' del legislatore. Ove un siffatto razionale criterio di collegamento col giudice designato non ricorra, come non ricorre nella specie, l'attribuzione legislativa di competenza viene a violare il principio della naturalita' del giudice (art. 25, primo comma, Cost.), al pari del principio di ragionevolezza (il contrasto col quale si e' denunciato al paragrafo precedente). 5.3. - Il Collegio dubita altresi' della costituzionalita' dell'allegato alla legge 27 gennaio 2006, n. 21, e in via conseguenziale dell'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del d.l. a 245/2005, nella parte in cui la competenza in via esclusiva del Tribunale amministrativo regionale Lazio e' estesa anche ai giudizi in corso, nei quali l'incompetenza del diverso Tribunale amministrativo regionale adito va rilevata di ufficio con definizione conseguente del giudizio attraverso sentenza succintamente motivata. Il dubbio di costituzionalita' della nominata disciplina transitoria si pone, in particolare, con riferimento disgiunto sia al principio della precostituzione del giudice (art. 25, primo comma, Cost.), sia al principio di ragionevolezza e non arbitrarieta' (artt. 3 Cost.) che, in ogni caso, limita il potere del legislatore di disciplinare la successione di leggi processuali nel tempo, secondo quanto si dira' nei paragrafi seguenti. 5.3.1. - Con riferimento al principio della precostituzione del giudice, lo spostamento di competenza in corso di causa dal Tribunale amministrativo regionale originariamente adito al Tribunale amministrativo regionale Lazio, e dunque la sostanziale retroattivita' della regola introdotta dall'art. 3, comma 2-bis cit., appare in contrasto con l'art. 25, primo comma, della Costituzione, in quanto il principio secondo cui nessuno puo' essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge non consente la designazione del giudice a posteriori, ma impone che la norma regolatrice della competenza sia prefissata rispetto all'insorgere della controversia. La Corte costituzionale ha da tempo chiarito (sent. n. 88 del 1962) che il principio posto dall'art. 25 Cost. riguarda anche la ripartizione della competenza territoriale tra i diversi giudici. Quanto alla necessita' che il riparto territoriale sia disciplinato da una normativa anteriore (almeno) all'istituzione del giudizio, anche in questo caso il Collegio e' consapevole del fatto che la giurisprudenza costituzionale ha, in passato, ritenuto che l'art. 25 Cost. e' rispettato quando la legge, sia pur con effetto anche sui processi in corso, modifica in generale i presupposti o i criteri diretti ad individuare il giudice competente, poiche' in tali casi lo spostamento della competenza non avviene in conseguenza di una deroga alla disciplina generale, adottata in vista di una determinata o di determinate controversie, ma per effetto di un nuovo ordinamento e, dunque, della designazione di un nuovo giudice naturale (sentt. n. 56 del 1967; n. 72 del 1976). Tuttavia, sembra potersi cogliere nella piu' recente giurisprudenza della Corte un diverso indirizzo interpretativo, che, in piu' stretta aderenza al dettato costituzionale (per il quale il giudice naturale deve essere «precostituito», e non semplicemente «costituito», per legge), richiede che la regola sulla competenza sia posta, da una normativa anteriore alla istituzione del giudizio (sentt. n. 41 del 2006, n. 251 del 1986). Nel caso di specie, viceversa, la competenza a conoscere in via esclusiva della controversia de qua e' stata attribuita al Tribunale amministrativo regionale Lazio con una legge posteriore alla proposizione del giudizio, la quale ha sottratto la competenza a questo tribunale con effetto retroattivo. Da cio' la violazione dell'art. 25 Cost. 5.3.2. - Infine, qualora dovesse negarsi che il principio della precostituzione del giudice comporti un divieto di retroattivita' delle norme sulla competenza, non di meno la disciplina transitoria dettata dall'allegato alla legge n. 21/2006, e dunque dall'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del d.l. n. 245/2005, viene a ledere i limiti costituzionali di ragionevolezza e non arbitrarieta' (art. 3 Cost.) che il legislatore ordinario incontra nel regolare la successione delle leggi processuali nel tempo (C. cost. sentt. n. 216 del 2001; n. 490 del 2000; n. 400 del 1996; ord. n. 294 del 1998). Devono, al riguardo, espressamente richiamarsi le considerazioni svolte innanzi, al 1/2 5.2, in ordine al difetto di giustificazione razionale dello spostamento di competenza in favore del Tribunale amministrativo regionale Lazio: esse valgono a dimostrare non soltanto la irragionevolezza - e dunque l'illegittimita' - delle disposizioni attribuitive della competenza in subiecta' materia al Tribunale amministrativo regionale Lazio per l'avvenire, ma, evidenziando l'assenza di ragionevoli esigenze di interesse generale a sostegno della deroga all'ordinario criterio di riparto, a maggior ragione palesano il carattere irragionevole ed arbitrario della disciplina transitoria che affida alla nuova competenza accentrata anche le cause in corso. 6. - Per tali ragioni, va rilevata di ufficio la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto legge n. 245/2005, come convertito con modificazioni dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21, per contrasto con gli artt. 3 e 25 della Costituzione. La questione e' rilevante ai fini della definizione del presente giudizio, poiche' dalla sua risoluzione dipende la sussistenza o meno della competenza di questo tribunale a decidere sul ricorso introduttivo.
P. Q. M. Solleva, siccome rilevante e non manifestamente infondata, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del decreto legge 30 novembre 2005, n. 245, come convertito con modificazioni dalla legge 27 gennaio 2006, n. 21, per contrasto con gli articoli 3 e 25 della Costituzione. Sospende il giudizio in corso. Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, a cura della segreteria della sezione. Ordina che la presente ordinanza sia notificata, a cura della medesima segreteria, alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei ministri e che sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cosi' deciso in Napoli, nelle Camere di consiglio del 15 marzo e del 3 maggio 2006. Il Presidente: Donadono L'estensore: Guarracino 07C0746