N. 775 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 maggio 1996
N. 775 Ordinanza emessa il 24 maggio 1996 dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la regione Puglia sul ricorso proposto da Iacobbe Sabatina contro il Ministero del tesoro - D.P.T. di Bari Pensioni - Pensioni privilegiate di riversibilita' - Perdita del diritto del coniuge superstite passato a nuove nozze - Ingiustificato deteriore trattamento rispetto alla vedova di militare deceduto per causa bellica, cui spetta la pensione indiretta a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 361/1993 - Disparita' di trattamento rispetto alla vedova convivente more-uxorio - Incidenza sui principi di tutela del matrimonio e della famiglia - Riferimento alle sentenze della Corte costituzionale nn. 186/1985 e 375/1989. (D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, art. 81, comma settimo). (Cost., artt. 3, 29 e 31).(GU n.46 del 12-11-1997 )
LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza nel giudizio sul ricorso iscritto n. 3857/M, del registro di segreteria, proposto dalla sig.ra Iacobbe Sabatina, rappresentata e difesa dall'avv. Ada Tuozzi e domiciliata presso lo studio di quest'ultima in Roma, via del Viminale, 43, avverso il provvedimento 13 gennaio 1989 della D.P.T. di Bari, di diniego del ripristino della pensione privilegiata di riversibilita' derivatale dal defunto marito Montrone Renato, ex allievo sottufficiale di complemento; Visto il ricorso iscritto dapprima al n. 0131813 del registro di segreteria della sopressa IV sezione centrale e successivamente al n. 3857/M della segreteria di questa sezione; Visti gli atti e i documenti della causa; Uditi nella pubblica udienza del 24 maggio 1996, il relatore, nella persona del consigliere dott. Nicola Rana, ed il dott. Michele Balducci per l'amministrazione del tesoro. Ritenuto e considerato in Fatto e diritto Con il ricorso proposto il 16 marzo 1989 alla soppressa IV sezione, pensionistica centrale per il tramite dell'avv.ssa Ada Tuozzi e riassunto davanti a questa Sezione dalla Direzione provinciale del tesoro di Bari con istanza del 19 gennaio 1996, la sig.ra Iacobbe Sabatina ha impugnato il provvedimento 13 gennaio 1989, con il quale la D.P.T. predetta le ha negato il ripristino della pensione privilegiata di riversibilita' che le era stata concessa quale vedova di Montrone Renato, ex allievo sottufficiale di complemento, e poi revocata a seguito del suo matrimonio con Montrone Vincenzo. La domanda di ripristino ed il ricorso avverso il suo rigetto si basano sulla considerazione che, essendo deceduto anche il secondo marito, deve rivivere il diritto alla pensione derivato alla ricorrente dal primo marito, in quanto la ratio della soppressione a seguito delle seconde nozze dovrebbe rinvenirsi non nelle nozze in se stesse ma nell'implicito riferirsi della norma ablatoria (l'art. 81, settimo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092 - T.U. delle norme sul trattamento di quiescenza del personale civile e militare dello Stato) al possesso da parte del secondo marito di un reddito assoggettabile alla relativa imposta diretta. Dimodoche', una volta venuto meno lo stato di nuova coniugata a seguito della morte del secondo marito che lasci la vedova completamente priva di mezzi di sostentamento (come si assume esssere accaduto nel caso della Iacobbe), il beneficio andrebbe ripristinato. La controversia pone in evidenza profili di legittimita' costituzionale del citato art. 81, comma settimo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973, per le ragioni di seguito esposte. La norma - che si applica anche alla pensione privilegiata ordinaria in virtu' dell'assimilazione dei due trattamenti a questi fini, desumibile dagli artt. 160, e 189 dello stesso decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973 - dispone la perdita della pensione di riversibilita' in caso di nuove nozze del beneficiario senza subordinare l'effetto decadenziale ad alcuna verifica, tanto meno alla stima delle condizioni economiche del nuovo coniuge. La necessita' di una verifica del genere e' stata affermata, per la verita', dalla Corte costituzionale nella sentenza 27 giugno-8 luglio 1975, n. 184, ma contrariamente a quanto mostra di ritenere la ricorrente, l'affermazione non si estende a tutte le ipotesi possibili di attribuibilita' della pensione al coniuge superstite del titolare diretto del rapporto con l'amministrazione, bensi' alla sola ipotesi della vedova (o del vedovo) di guerra, cioe' del coniuge del mutilato o invalido di guerra che sia deceduto in conseguenza della stessa mutilazione o invalidita' riconosciuta dipendente dalla causa di guerra, come chiarito dalla stessa Corte costituzionale, con sentenza 6 luglio 1989 n. 375. Nell'ipotesi predetta non si versa in tema di pensione di riversibilita' bensi' di pensione indiretta, nel senso che il coniuge superstite ottiene il trattamento pensionistico non a titolo derivato dal coniuge che la godeva o avrebbe avuto diritto a goderla, bensi' iure proprio ed a titolo risarcitorio. E su questa linea, infatti, si muove l'art. 42 del d.P.R. 23 dicembre 1978 n. 915, che, modificando la precedente normativa pensionistica di guerra dichiarata incostituzionale con la citata sentenza n. 184/1975, limita la possibilita' per l'amministrazione di non concedere o di revocare la pensione in caso di nuove nozze del coniuge superstite all'ipotesi del possesso da parte del nuovo marito di un reddito di una certa entita', ma la disposizione riguarda esclusivamente la pensione di guerra indiretta, cioe' quella spettante, come si e' visto, ai cosiddetti "vedovi di guerra". Dimodoche', anche per le pensioni di guerra e' rimasta ferma la perdita automatica ed incodizionata - in caso di nuove nozze - della pensione di reversibilita', cioe' di quella che deriva al coniuge superstite del mutilato o invalido di guerra che sia deceduto per causa diversa da quella che determinato la mutilazione o l'invalidita' riconosciuta dipendente dalla guerra. Tale differente trattamento e' stato sin qui riconosciuto legittimo dalla Corte costituzionale e spiegato, come dianzi accennato, con la funzione risarcitoria della pensione indiretta, rispetto a quella, di ordine meramente naturale ed etico, che ha indotto il legislatore a concedere la riversibilita' della pensione agli aventi causa del pensionato di guerra (cfr., in tal senso, Corte costituzionale n. 186 del 1985 e 375 del 1989, gia' citata). Ne discende che, contrariamente a quanto ritenuto dalla ricorrente, la sua situazione non e' equiparabile, alla luce della citata giurisprudenza costituzionale, a quella della vedova di guerra come sopra definita, ma, se mai, a quella della vedova del pensionato di guerra deceduto per causa non riferibile a quest'ultima: l'una e l'altra vedova, infatti, conseguono non la pensione indiretta iure proprio, bensi' quella di riversibilita', cioe' derivata dal beneficio goduto in vita dal marito. Ed entrambe, in caso di nuove nozze, la perdono senza alcuna verifica delle condizioni di reddito del nuovo marito, e, quindi, automaticamente ed incondizionatamente (per le vedove del pensionato di guerra si veda l'art. 51 ultimo comma del decreto del Presidente della Repubblica n. 915/1978), ma, come si e' visto, la Corte costituzionale ha sinora escluso in radice qualsiasi illegittimita' o arbitrarieta' di tale trattamento rispetto a quello riservato alla vedova di guerra. Nel sistema si e' verificato, tuttavia, un quid novi per effetto della sentenza 26-30 luglio 1993, n. 361, che ha dichiarato incostituzionale il citato art. 42 del decreto del Presidente della Repubblica n. 915/1978 nella parte in cui stabiliva che la vedova di militare deceduto per causa bellica perde il diritto a pensione se contrae nuove nozze con chi fruisca di un reddito superiore ad un certo limite. Il quid novi sta dunque nel fatto che il giudice delle leggi ha ritenuto irragionevole, e quindi rimosso, l'unico limite frapposto dall'ordinamento alla conservazione della pensione da parte della vedova di guerra che contragga nuove nozze. Cio' significa, peraltro, che dopo la citata sentenza della Corte costituzionale n. 361/1993, tra la vedova titolare di pensione indiretta di guerra e la vedova cui e' stata concessa la riversibilita' della pensione privilegiata di servizio corre la seguente concreta differenza: la prima puo' risposarsi senza perdere il diritto a pensione anche se il nuovo marito gode di una vera e propria ricchezza; la seconda, invece, non puo' risposarsi, se non a costo di perdere la pensione, anche qualora il nuovo marito versi nella piu' assoluta indigenza. Tale constatazione induce questo giudice a sollevare d'ufficio questione di legittimita' costituzionale dell'art. 81, comma settimo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973, in primo luogo sotto il profilo dell'irragionevolezza della situazione di assoluto disfavore in cui e' venuta a trovarsi la ricorrente rispetto alla situazione di assoluto favore in cui verrebbe a trovarsi in condizioni uguali una vedova di guerra. L'irragionevolezza della norma la pone in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, ne' tale contrasto sembra attenuarsi per il fatto che la situazione della ricorrente non e' dissimile, come si e' visto, da quella della vedova del pensionato di guerra. Non sembra, infatti, che le ragioni che hanno indotto la Corte costituzionale, nelle citate sentenze n. 186/1985 e 375/1989, a giustificare la differenza di trattamento tra la vedova di guerra e la vedova del pensionato di guerra - e cioe' la titolarita' iure proprio della pensione da parte della prima ed il carattere risarcitorio della pensione medesima - siano sufficienti a spiegare una differenza di trattamento divenuta cosi' netta, per effetto della sentenza n. 361/1993, da radicare una contrapposizione dell'una situazione all'altra, posto che a fronte di un favore ormai pieno ed assoluto per la vedova di guerra sembra collocarsi un disfavore altrettanto pieno ed assoluto per la vedova del titolare di una pensione privilegiata di servizio. La contrapposizione appare tanto piu' irrazionale dal momento che la pensione privilegiata ordinaria non presenta un contenuto meramente equitativo, non mancando, nella sua stessa attribuzione in favore del dipendente, il fine di ripagarlo delle menomazioni subite e del disagio economico che ne e' a lui derivato, in termini di spese mediche da sostenere, in via continuativa nonche' in termini di minore capacita' lavorativa e produttiva, con effetti negativi anche per il coniuge ed i figli, attesa la sua ridotta capacita' di accumulare risparmio e beni duraturi. Di conseguenza, la pensione privilegiata, in virtu' degli esposti suoi aspetti risarcitori del de cuius e, indirettamente, anche del coniuge e dei figli, non sembra che venga riversata a questi ultimi a titolo di mera concessione bensi' a titolo di conservazione della sua funzione di compensazione del mancato accumulo di risparmio e di beni da parte del de cuius. Dimodoche', l'aver previsto la decadenza della pensione privilegiata della vedova che si risposi, per il solo fatto di risposarsi, e senza subordinare tale effetto decadenziale quanto meno alla verifica delle condizioni economiche del nuovo marito appare anche socialmente ingiusto e irrazionale e, quindi, anche per questo aspetto, l'art. 81, comma settimo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973 si pone in contrasto con l'art. 3 della Costituzione nonche' in contrasto con gli artt. 29 e 31 della Costituzione che tutelano le basi morali ed economiche su cui si costituisce e si regge la famiglia, anche oltre il venir meno dei singoli componenti che abbiano contribuito a fondarla. Gli esposti profili di incostituzionalita' oltre che non manifestamente infondati appaiono altresi' rilevanti ai fini del decidere, ancorche' il ricorso non sia inteso a rimuovere ab initio la perdita della pensione a seguito delle nuove nozze (aspetto quest'ultimo non piu' azionabile dalla ricorrente in quanto non tempestivamente gravatasi avverso il provvedimento adottato a suo carico successivamente alle nozze stesse, contratte il 7 giugno 1984), bensi' al ripristino del beneficio in considerazione dell'intervenuto decesso del secondo marito. Appare invero evidente che l'impossibilita' del ripristino opposta dall'amministrazione si basa sulla perdita del trattamento a causa delle seconde nozze, e, quindi, sul protrarsi degli effetti della norma ablatoria nonostante il ritorno del ricorrente allo stato vedovile. Il che attualizza gli effetti negativi della norma a carico della ricorrente medesima, e quindi ne rende attuale e rilevante, in rapporto alla domanda, la verifica di legittimita' costituzionale alla luce dei dubbi prospettati. D'altro canto, il fatto che la ricorrente agisce nel riacquistato stato vedovile induce ad ulteriori dubbi di costituzionalita' nei riguardi dell'art. 81, comma settimo, del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973. La norma, infatti, nulla prevedendo in rapporto all'eventualita' del riacquisto di detto stato, rende la perdita della pensione definitiva e irreversibile. Cio' appare irrazionale, e quindi in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, sia in se', perche' equivale a mantenere in vita una incompatibilita' ex lege anche quando ne e' cessato il presupposto, sia per il carattere di punitivita' che cosi' assume la norma stessa, tanto piu' incomprensibile in quanto su questa via si perviene ad attribuire alle nuove nozze un valore negativamente discriminatorio, senza neppure subordinare il perpetuarsi dell'effetto negativo alla verifica delle condizioni economiche, della vedova (o del vedovo) del pensionato dopo il decesso del secondo, coniuge. Il che si traduce, altresi', in un implicito incentivo delle unioni libere a scapito della formazione della famiglia legittima, per cui si profilano ulteriori motivi di contrasto della norma di cui trattasi con gli artt. 29 e 31, della Costituzione, nonche' ulteriori motivi di contrasto con l'art. 3, essendo palese la disparita' del trattamento riservato alla vedova del titolare di pensione privilegiata che si risposi rispetto alla vedova del pensionato che si giovi dei vantaggi di un'unione libera, senza perdere per questo la pensione derivatale dal de cuius.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87 dichiarava rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 81, comma settimo, del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092 (T.U. delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), che commina la perdita del diritto alla riversibilita' della pensione privilegiata da parte del titolare che passi a nuove nozze, sotto vari profili di contrasto con gli artt. 3, 29 e 31 della Costituzione; Dispone la sospensione del giudizio in attesa della decisione della Corte costituzionale; Dispone che, a cura della segreteria, gli atti vengano rimessi alla Corte costituzionale e che copia della presente ordinanza venga notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati. Cosi' deciso in Bari, nella camera di consiglio del 24 maggio 1996. Il presidente: De Rose 97C1242