N. 29 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 16 agosto 1999
N. 29 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 16 agosto 1999 (della regione Veneto) Zootecnia - Quote latte - Regolamento concernente norme di attuazione dell'art. 1, comma 5, d.-l. n 43/1999 (conv., con modificaz., in legge n. 118/1999) - Modalita' procedurali per la determinazione definitiva, da parte delle regioni e province autonome, dei quantitativi individuali determinati dall'AIMA per i periodi 1997-1998 e 1998-1999 e delle produzioni commercializzate comunicate dalla stessa AIMA in riferimento al periodo 1997-1998 - Sostanziale conferma delle competenze dell'AIMA in ordine alla determinazione dei quantitativi individuali e delle produzioni commercializzate in riferimento a due campagne lattiere gia' concluse ed una in via di esaurimento (ovvero 1997-1998 e 1998-1999, 1999-2000), con assegnazione retroattiva di quantitativi e successive operazioni, anch'esse retroattive, di compensazione e di determinazione del prelievo supplementare - Reiterazione delle censure rivolte contro la legge di conversione del d.-l. n. 43/1999, con il ricorso in via principale n. 19/99 - Estromissione delle regioni dalla gestione e dalla programmazione del settore e riduzione delle regioni stesse a semplici strumenti di accertamento ai fini dell'irrogazione della sanzione del prelievo - Mancanza di previa intesa con le regioni - Violazione del principio di leale collaborazione tra enti - Lesione dell'autonomia regionale - Violazione dei principi di imparzialita' e buon andamento della p.a. (Decreto del Ministero per le politiche agricole 21 maggio 1999, n. 159). (Cost., artt. 5, 97, 115, 117, 118 e 119).(GU n.42 del 20-10-1999 )
Ricorso della regione Veneto, in persona del vice presidente pro-tempore della Giunta regionale, avv. Bruno Canella rappresentata e difesa, come da delega a margine del presente atto, ed in virtu' di deliberazione di g.r. n. 2330 del 6 luglio 1999 di autorizzazione a stare in giudizio, dagli avv.ti proff. Giuseppe Franco Ferrari e Massimo Luciani, ed elettivamente domiciliata presso lo studio di quest'ultimo, in Roma, lungotevere delle Navi, n. 30, per conflitto di attribuzione; Contro il Presidente del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro-tempore del Consiglio dei Ministri, in relazione al decreto del Ministero per le politiche agricole 21 maggio 1999, n. 159, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, serie generale n. 131 del 7 giugno 1999, recante "Regolamento concernente norme di attuazione dell'art. 1, comma 5, del d.-l. 1 marzo 1999, n. 43, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 aprile 1999, n. 118, recante: Disposizioni urgenti per il settore lattiero caseario" nella sua interezza ed in particolare: quanto all'art. 1, comma 1, in quanto dispone che l'AIMA entro il 1 giugno 1999 deve comunicare ai produttori i quantitativi di riferimento di fine periodo e le produzioni commercializzate per il periodo 1997-1998, nonche' i quantitativi individuali di inizio periodo 1998-1999, come, previsti dall'art. 1, commi 3 e 4 del d.-l. n. 43 del 1999 (che varranno come assegnazioni provvisorie per il periodo 1999-2000); che i dati oggetto delle predette comunicazioni sono altresi' comunicati attraverso appositi elenchi a ciascun acquirente, che, ai fini delle trattenute del prelievo supplementare per i periodi oggetto di comunicazione, saranno tenuti a considerare, fino alla comunicazione delle quote definitive di fine periodo, esclusivamente le quote indicate in tali elenchi; che i dati contenuti in suddette comunicazioni saranno resi dall'AIMA integralmente disponibili alle regioni e province autonome attraverso il sistema informatico e con elenchi nominativi suddivisi per tipologia di anomalie di cui al comma 4 e per provincia e che l'AIMA stessa fornira' altresi' alle regioni e province autonome tutti i dati contenuti nelle comunicazioni con le stesse modalita' utilizzate ai fini delle informazioni rese con riguardo alle comunicazioni effettuate ai sensi dell'art. 2, comma 5, della legge n. 5 del 1998, con le ulteriori implimentazioni che saranno concordate tra l'AIMA e le regioni e province autonome; quanto all'art. 1, comma 2, in quanto dispone che, per i fini di cui al comma precedente, l'AIMA fa pervenire alle regioni e province autonome gli elenchi dei mutamenti di titolarita' di cui all'art. 21 del d.P.R. n. 569 del 1993, gli elenchi delle istanze di mobilita' nonche' dei contratti di affitto o vendita di sola quota aventi efficacia ai fini della determinazione della quota di fine periodo 1997-1998 e di inizio periodo 1998-1999 risultanti al sistema informativo, distinguendo in tale ambito quelli approvati dalle regioni, quelli non approvati e quelli con anomalie che ne impediscono l'applicabilita', quanto all'art. 1, comma 3, in quanto dispone che, sulla base degli elenchi di cui al comma 2, le regioni e le province autonome comunicano tempestivamente all'AIMA le variazioni non ancora trasmesse e risultanti dal sistema informativo, ovvero quelle per le quali e' intervenuta l'approvazione o modifica successiva, nonche' l'eventuale correzione delle anomalie di cui al comma 2; quanto all'art. 1, comma 4, in quanto individua le anomalie di cui agli elenchi del comma 1 nei: modelli L1, ovvero dichiarazioni di vendita diretta, non firmati dai produttori in una qualsiasi delle pagine costituenti il modello L1 stesso (lett. a); nei modelli L1 o dichiarazioni di vendita diretta privi dell'indicazione di numero dei capi o con indicazione del numero dei capi uguale a zero e contemporanea assenza di capi nell'anno 1997 accertata ai sensi della legge n. 5 del 1998 (lett. b); nei modelli L1 o dichiarazioni di vendita diretta recanti l'indicazione del numero dei capi relativi ad aziende per le quali risulta l'assenza di capi per l'anno 1997, accertata ai sensi della legge n. 5 del 1998 (lett. c); nelle aziende di produzione potenzialmente soggette a revoca per mancata produzione nel periodo 1997-1998, ai sensi dell'art. 2 del d.P.R. n. 569 del 1993 (lett. d); nelle aziende di produzione potenzialmente soggette a revoca parziale per ridotta produzione nel quinquennio dal 1993-1994 al 1997-1998, ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. n. 569 del 1993 (lett. e); quanto all'art. 1, comma 5, in quanto dispone che le regioni sono autorizzate a rilasciare certificazioni provvisorie degli aggiornamenti di quota che abbiano efficacia per il periodo 1999-2000, secondo le modalita' dell'art. 1, comma 4-bis, della legge n. 118 del 1999, che costituiscono titolo immediatamente esecutivo nei confronti degli acquirenti; quanto all'art. 2, in quanto dispone che tutte le comunicazioni individuali restituite al mittente sono trasmesse a cura dell'AIMA alle competenti regioni e province autonome per un nuovo inoltro, quanto all'art. 3, comma 1, in quanto dispone che, entro sessanta giorni dalla scadenza del termine di cui all'art. 1, comma 1 (ovvero, dal 1 giugno 1999), le regioni e province autonome eseguono gli accertamenti necessari sulle comunicazioni che presentano anomalie segnalate dall'AIMA ai sensi dell'art. 1, comma 4, nonche' sulla base delle istanze di rettifica e correzioni dei dati comunicati, presentate dai produttori nel termine di quindici giorni dalla ricezione della comunicazione individuale di cui al medesimo comma 1, esclusivamente attraverso il modulo che sara' fornito dall'AIMA, unitamente alle comunicazioni di cui all'art. 1, comma 1; che gli accertamenti de quibus sono effettuati anche attraverso la convocazione del produttore interessato e dell'acquirente, assumendo le determinazioni definitive sui dati di cui alle comunicazioni stesse e che, qualora dette determinazioni producano variazione delle produzioni dichiarate esse stesse vanno assunte previa convocazione in contraddittorio del produttore e dell'acquirente interessati e, qualora producano variazioni di quota, vanno assunte previa convocazione in contraddittorio del produttore interessato; quanto all'art. 3, comma 2, in quanto dispone che le istanze di rettifica di cui al precedente comma devono essere presentate esclusivamente nell'ipotesi in cui il produttore interessato intenda chiedere la modifica dei dati notificati con le comunicazioni di cui all'art. 1, comma 1, che non risultino gia' definitivamente accertati ai sensi della legge n. 5 del 1998 e che le segnalazioni di anomalia di cui all'art. 1, comma 4, che non hanno determinato rideterminazioni dell'amministrazione in sede di comunicazione non comportano la presentazione di istanza di rettifica, quanto all'art. 3, comma 3, in quanto dispone che in esito agli accertamenti di cui al comma 1 le regioni e le province autonome apportano entro il medesimo termine, attraverso il sistema informatico, le necessarie variazioni definitive dei dati comunicati dall'AIMA e ne danno comunicazione agli interessati e che, in ipotesi di conferma delle anomalie di cui all'art. 1, comma 4, le regioni e le province autonome applicano le determinazioni di cui all'art. 1, commi 2 e 3, del d.m. 17 febbraio 1998, quanto all'art. 4, commi 1 e 2, in quanto dispongono che il termine per le comunicazioni ai produttori da parte dell'AIMA delle produzioni commercializzate per il periodo 1998-1999 e dei quantitativi di riferimento di fine periodo 1998-1999 e di inizio periodo 1999-2000 e' fissato al 30 settembre 1999 e che si applicano le disposizioni, le modalita' ed i termini di cui agli artt. 1 e 2, in quanto compatibili (comma 1), nonche' che, per gli accertamenti e le determinazioni definitive da parte delle regioni e province autonome relativamente ai dati comunicati ai sensi della comma 1, si applicano le modalita' ed i termini di cui all'art. 3, in quanto compatibili (comma 2), quanto all'art. 5, commi 2 e 3, in quanto stabiliscono che l'AIMA garantisce l'aggiornamento dei dati di cui al comma 1, secondo le procedure ivi previste, e prescrive modalita' idonee a consentire alle regioni e alle province autonome, per quanto di propria competenza, la disponibilita', per i propri fini istituzionali, delle informazioni contenute nella banca dati del sistema informativo (comma 2) e che il Ministero delle politiche agricole assicura l'attivita' di coordinamento necessaria ai fini della uniforme applicazione sul territorio nazionale dello stesso regolamento (comma 3). F a t t o 1. - Il regime delle quote latte, finalizzato al contenimento della produzione nel mercato europeo, e' stato introdotto con il regolamento CEE del Consiglio n. 856 del 31 marzo 1984. In forza del predetto regolamento, la Comunita' europea ha attribuito un quantitativo massimo di produzione lattiera a ciascuno Stato membro - per l'Italia determinato in t. 9.212.000, e sottoposto le eventuali eccedenze al pagamento di una penalita' ad esse proporzionale (c.d. prelievo). L'attuazione del predetto regime presupponeva il previo accertamento della produzione effettiva sul territorio nazionale e la successiva proporzionale attribuzione dei quantitativi in capo ai singoli produttori. In Italia, i relativi accertamenti furono inizialmente demandati all'UNALAT e poi, in ragione dei dubbi sorti in ordine alla correttezza di tali rilevazioni, che si discostavano marcatamente dalle indicazioni comunitarie, al C.C.I.A.. In conclusione, la produzione complessiva nazionale risultava superiore comunque di circa un milione di tonnellate rispetto al quantitativo attribuito. Nel frattempo veniva approvata la legge 26 novembre 1992 n. 468, recante attuazione del regime delle quote latte istituito a livello comunitario. Sulla base delle rilevazioni effettuate, veniva quindi diramato il bollettino per la campagna 1994/1995 contenente, nel rispetto del quantitativo complessivamente assegnato all'Italia, i limiti individuali di produzione. Ne discendeva un ampio contenzioso sui quantitativi assegnati, che risultavano di gran lunga inferiori allo stesso fabbisogno nazionale complessivo. 2. - Ai fini del contenimento della produzione interna complessiva entro il limite quantitativo imposto a livello comunitario (nel frattempo aumentato a 9.900.000 t.), il Governo per mezzo del d.-l. n. 727 del 1994, convertito in legge n. 46 del 1995, operava un generalizzato taglio della quota B (che, come noto, e' costituita dalla maggior produzione commercializzata dal singolo produttore nel periodo 1991/1992 rispetto al periodo 1988/1989). Gia' tali provvedimenti legislativi introducevano, in totale assenza di intesa o di qualsivoglia altra forma di coordinamento con le regioni criteri di riduzione delle quote chiaramente penalizzanti nei confronti delle regioni a piu' alta vocazione produttiva. Pertanto, veniva da molte regioni - tra le quali il Veneto - proposto ricorso in via principale per l'affermazione dell'illegittimita' costituzionale dei provvedimenti legislativi citati, in riferimento alla grave lesione delle prerogative regionali riconosciute dalla Costituzione dagli stessi perpetrata. codesta ecc.ma Corte si e' sul punto pronunciata con sentenza n. 520 del 1995, dichiarando l'illegittimita' dell'art. 2, comma 1, della legge n. 46 "nella parte in cui non prevede il parere delle regioni interessate nel procedimento di riduzione delle quote individuali spettanti ai produttori di latte bovino". 3. - Il Governo e' poi reiteratamente intervenuto con la decretazione d'urgenza per mezzo dei dd.-ll. nn. 124, 260, 353, 440, 463, 542 e 552 del 1996, nel dichiarato intento di operare un riordino del settore, ma di fatto aggravando la gia' confusa situazione esistente, con disposizioni contraddittorie e comunque sempre lesive delle prerogative regionali. In particolare, il sistema di compensazione a livello nazionale introdotto, sempre in assenza di qualsivoglia forma di coordinamento con le regioni, per mezzo delle citate disposizioni in sostituzione di quello vigente a livello di APL ha moltiplicato gli effetti distorsivi dei tagli di quota (peraltro confermati) a danno delle regioni del nord. I dd.-ll. nn. 542 e 552 del 1996 (reiterativi dei precedenti) sono poi stati rispettivamente convertiti in leggi nn. 642 e 649 del 1996, subito seguite dalla legge 662 del 1996, sostanzialmente ripetitiva delle medesime disposizioni in esse contenute. In ordine ai suddetti provvedimenti legislativi, codesta ecc.ma Corte, su ricorso presentato da numero regioni - tra le quali il Veneto -, ha pronunciato la sentenza n. 398 del 1998, con la quale ha, da un lato, dichiarato la cessazione della materia del contendere in riferimento ad alcune delle disposizioni impugnate, in quanto sostituite nel contenuto dai successivi provvedimenti legislativi adottati in materia nel corso del 1997 (che piu' oltre ci si riserva di illustrare), e, dall'altro, dichiarato costituzionalmente illegittime quelle tra le disposizioni impugnate ancora in vigore. In particolare, codesta ecc.ma Corte ha riconosciuto la fondatezza delle censure sollevate in riferimento ai criteri di compensazione inizialmente introdotti con il d.-l. n. 124 del 1996 e poi da ultimo recepiti nell'art. 2, comma 168, della legge n. 662 del 1996 - specifico oggetto della pronuncia de qua -, ed ha dunque dichiarato l'illegittimita' costituzionale della predetta disposizione nella parte in cui "stabilisce i criteri in base ai quali deve essere effettuata la compensazione nazionale senza che sia stato preventivamente acquisito il parere delle regioni e delle province autonome". Sono stati, inoltre, dichiarati costituzionalmente illegittimi i commi 4, 5 e 5-bis dell'art. 3 del d.-l. n. 552 del 1996, convertito con modificazioni dalla legge n. 642 del 1996, nella parte in cui prevedono "l'adozione di un piano di abbandono totale o parziale della produzione lattiera senza che su di esso sia stato previamente acquisito il parere delle regioni e delle province autonome", attribuiscono "all'AIMA anziche' alle regioni e alle province autonome il compito di provvedere alla riassegnazione, in ambito regionale e provinciale, delle quote latte abbandonate", stabiliscono "i criteri in base ai quali la riassegnazione di dette quote deve essere effettuata", ed infine prevedono "la riassegnazione su base nazionale delle quote abbandonate e non riassegnate in ambito regionale e provinciale, senza previa consultazione delle regioni e delle province autonome". Infine, del pari illegittima e' stata dichiarata la disposizione di cui all'art. 2, comma 173, della legge n. 662 del 1996, nella parte in cui essa "differisce i termini ivi previsti - ovvero, il termine di efficacia della vendita o dell'affitto di quote, spostato dal 30 novembre al 31 dicembre di ciascun anno - senza la previa acquisizione del parere delle regioni e delle province autonome". La summenzionata pronuncia ha peraltro in linea generale definitivamente chiarito che la produzione lattiera appartiene alla materia dell'agricoltura, di competenza delle regioni e non della regolazione dei mercati, di competenza dello Stato e che "il nesso strumentale tra l'agricoltura, che e' l'oggetto specifico delle misure in questione e la politica del mercato agricolo non puo' giustificare l'attrazione della prima nell'ambito della seconda, poiche' diversamente la competenza regionale verrebbe integralmente sacrificata in materia di agricoltura, posto che ogni attivita' agricola puo' sempre essere strumentale al mercato" (cfr. Corte cost., sent. n. 398 del 1998, punto 2 del Considerato in diritto). La regolamentazione della produzione lattiera rientra, dunque, senza dubbio alcuno nel piu' ampio settore dell'agricoltura, di dichiarata competenza regionale ai sensi dell'art. 117 Cost., come del resto e' confermato da ultimo dal d.lgs. n. 143 del 1997, recante "Conferimento alle regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell'Amministrazione centrale". Ne deriva che, nella determinazione degli indirizzi generali di politica agricola - sia pure rimessi all'elaborazione statale per garantirne la coerenza con i principi comunitari -, le regioni debbono essere necessariamente coinvolte, in quanto, appunto, titolari delle relative competenze; tale coinvolgimento richiede - in termini generali, ma ancor prima sulla base dell'espresso disposto dell'art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 143 citato - il raggiungimento di una vera e propria intesa tra Stato-regioni in sede di Conferenza permanente ai sensi dell'art. 3 del d.lgs. n. 281 del 1997 e non certo la mera consultazione, sia essa preventiva o addirittura successiva, delle Regioni, che non puo' garantire la reale partecipazione delle stesse al procedimento decisionale. 4. - All'inizio del 1997, il Governo e' nuovamente intervenuto nel settore de quo per mezzo del d.-l. n. 11 del 1997, poi convertito in legge n. 81 del 1997 (entrambi impugnati avanti codesta ecc.ma Corte, tra le altre, dalla regione Veneto con ricorsi nn. rr.gg. 26 e 37 del 1997). In sede di conversione, si riconoscevano finalmente in capo alle regioni competenze attuative della normativa comunitaria in materia di quote latte, ma cio' solo a decorrere dalla campagna 1997/1998, e comunque facendo salve - in attesa di una fantomatica riforma organica del settore - tutte le competenze dell'AIMA. Veniva inoltre istituita una commissione governativa d'indagine, nell'ambito della quale non era peraltro contemplata la partecipazione di rappresentanti regionali e si prevedeva altresi' un regime di incentivi a fronte dell'abbandono della produzione lattiera. Successivamente, ancora ricorrendo alla decretazione d'urgenza, con d.-l. n. 118 del 1997 (impugnato avanti codesta ccc.ma Corte, tra le altre, dalla regione Veneto con ricorso n. r.g. 41 del 1997), poi convertito in legge n. 204 dello stesso anno, si prevedeva la proroga dei lavori della commissione governativa piu' sopra menzionata, nonche', sulla base delle risultanze dell'indagine condotta dalla commissione stessa, l'aggiornamento da parte del l'AIMA degli elenchi dei produttori sottoposti a prelievo supplementare per il periodo 1995/1996. In sede di conversione si aggiungeva, infine, la sospensione dei programmi di abbandono istituiti con il precedente d.-l. n. 11 dello stesso anno. Nel frattempo, in esito all'indagine effettuata, la commissione governativa, nelle relazioni dell'aprile e dell'agosto dello stesso 1997, evidenziava, tra l'altro, il fenomeno dei cosiddetti "contratti anomali" e rendeva noti i risultati delle simulazioni di compensazione per l'annata 1995/1996 effettuate a livello sia di APL che nazionale. 5. - Malgrado l'invito della commissione governativa a procedere ad una complessiva - nonche' definitiva - riforma del settore lattiero caseario, il Governo e' poi nuovamente intervenuto con la decretazione d'urgenza per mezzo del decreto legge n. 411 del 1997 (impugnato avanti codesta ecc.ma Corte, tra le altre, dalla regione Veneto con ricorso n. r.g. 3 del 1998). In sintesi, il decreto, nel testo coordinato con le modificazioni introdotte dalla legge di conversione n. 5 del 1998 (del pari impugnata dalla regione Veneto con ricorso n. r.g. 19 del 1998), quanto al procedimento di accertamento della produzione lattiera, prevedeva: che l'AIMA accertasse la produzione effettiva per i periodi 1995/1996 e 1996/1997, avendo particolare riguardo: a) ai modelli L1 non firmati o con firme apocrife; b) ai modelli L1 privi dell'indicazione dei capi bovini; c) ai modelli L1 con quantita' di latte commercializzata incompatibile con la consistenza numerica del bestiame; d) ai contratti di circolazione di quote latte (quelli ritenuti atipici dalla Commissione) con durata inferiore ai 6 mesi; e) ai modelli L1 con codici fiscali errati o partite IVA errate o inesistenti, o relativi ad aziende senza bestiame o destinatarie dei premi accordati per vacche nutrici o per abbattimento (art. 2, comma 1); che i contratti di cui al precedente punto d) dovessero essere inviati all'AIMA a cura degli acquirenti entro 15 giorni dall'entrata in vigore del decreto legge medesimo, pena la revoca del riconoscimento previsto dall'art. 23 del d.P.R. 569/1993 (art. 2, comma 2); che l'AIMA aggiornasse i quantitativi di riferimento dei singoli produttori per i periodi 1995/1996, 1996/1997 e 1997/1998 tenendo conto: a) delle istanze di riesame presentate entro il 30 settembre 1997 dalle regioni e dalle province autonome; b) degli azzeramenti di doppie quote, delle revoche e riduzioni operate dalle regioni e province autonome, pervenute all'AIMA entro la data di entrata in vigore del decreto stesso; c) dei trasferimenti di quote e cambi di titolarita' per i periodi considerati, comunicati dalle regioni e province autonome e pervenuti entro il 15 novembre 1997; d) della correzione, in base alle risultanze del censimento 1993/1994, delle assegnazioni di quote a loro tempo effettuate (art. 2, comma 3); che l'AIMA, compiuto l'accertamento de quo nei modi sopradescritti, comunicasse ai produttori, entro sessanta giorni dalla entrata in vigore del decreto medesimo, mediante lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, i quantitativi di riferimento individuali assegnati ed i quantitativi di latte commercializzato (art. 2, comma 5, prima parte); che i singoli interessati potessero presentare alla regione, a pena di decadenza, ricorso di riesame entro quindici giorni dalla data di ricezione della summenzionata comunicazione (art. 2, comma 5, seconda parte e comma 6); che le regioni dovessero decidere sui ricorsi de quibus entro sessanta giorni a decorrere dalla scadenza del termine per la presentazione ed entro lo stesso termine comunicare all'AIMA la relativa decisione, a pena di irricevibilita' e salva la responsabilita' civile, penale e disciplinare (art. 2, comma 8). Nelle more della effettiva attuazione di quanto sopra descritto, il Governo disponeva poi in favore dei produttori - limitatamente al periodo 1996/1997 - la restituzione dell'80% degli importi trattenuti dagli acquirenti a titolo di prelievo supplementare e, quanto al periodo 1997/1998, la restituzione dell'intero importo trattenuto a titolo di prelievo supplementare relativo alla parte di quota B ridotta dall'art. 2 del d.-l. n. 727 del 1994, convertito in legge n. 46 del 1995, nonche' dell'importo relativo agli esuberi conseguiti da produttori titolari esclusivamente di quota A nei limiti del 10% della medesima (art. 1). Inoltre, l'art. 3 disponeva che l'AIMA provvedesse alla rettifica della compensazione nazionale per i periodi 1995/1996 e 1996/1997 sulla base dei modelli L1 pervenuti alla data di entrata in vigore del decreto, nonche' degli accertamenti compiuti e delle decisioni dei ricorsi di riesame di cui all'art. 2. Si prevedeva, poi, che, limitatamente al periodo 1995/1996, l'AIMA - previo raffronto tra i dati della compensazione nazionale e quelli derivanti dall'applicazione delle regole di compensazione precedentemente in vigore - applicasse in via perequativa l'importo del prelievo supplementare che risultasse meno oneroso per il produttore. L'art. 4, quanto alla campagna 1997/1998, disponeva che l'AIMA procedesse all'aggiornamento dell'elenco dei produttori titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti con la comunicazione di cui al comma 5 dell'art. 2. Tali aggiornamenti erano destinati a sostituire ad ogni effetto i bollettini pubblicati precedentemente. Ai fini delle trattenute e del versamento del prelievo supplementare - come espressamente recitava il medesimo art. 4 - gli acquirenti sarebbero stati tenuti a considerare esclusivamente le quote risultanti dal suddetto elenco. L'art. 4-bis istituiva una commissione di garanzia - nell'ambito della quale non era prevista la partecipazione di alcun membro di provenienza regionale - con il compito di verificare la conformita' alla vigente legislazione delle procedure e delle operazioni effettuate per la determinazione della quantita' di latte prodotta e commercializzata e per l'aggiornamento dei quantitativi di riferimento spettanti ai produttori per i periodi 1995/1996, 1996/1997 e 1997/1998. Quanto alla campagna 1998/1999, l'art. 5, in espressa deroga all'art. 1 del d.-l. n. 11 del 1997, convertito in legge n. 81 del 1997, attribuiva nuovamente all'AIMA la competenza in ordine alla redazione degli elenchi dei produttori titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti per il periodo 1998/1999. 6. - Il 17 febbraio 1998 il Ministero per le politiche agricole emanava un decreto (impugnato dalla regione Veneto per conflitto di attribuzione con ricorso pendente avanti codesta ecc.ma Corte) disciplinante, oltre che le modalita' per l'istruttoria dei ricorsi di riesame, anche le altre modalita' di applicazione del decreto legge n. 411, cosi' come convertito dalla legge n. 5, in tal modo aggravando ulteriormente, a discapito dell'autonomia organizzativa delle regioni, la gia' manifesta illegittimita' costituzionale delle disposizioni legislative che pretendeva di attuare. Successivamente, con d.-l. n. 187 del 1998, convertito con modificazioni in legge n. 276 del 1998 (impugnata avanti codesta ecc.ma Corte dalla regione Veneto con n. r.g. 38 del 1998), veniva prorogato il termine per la decisione da parte delle regioni dei ricorsi di riesame di cui all'art. 2, comma 5, del d.-l. n. 411 avverso le determinazioni AIMA e si confermavano in capo alla stessa AIMA le attribuzioni in ordine all'aggiornamento degli elenchi dei titolari di quota e dei quantitativi ad essi spettanti per il periodo 1998/1999. 7. - Dopo anni di gestione operata in via straordinaria, e percio' sommaria, la definitiva riorganizzazione del settore lattiero caseario si rendeva dunque - e si rende tuttora - tanto piu' necessaria in esito alle verifiche compiute dalla commissione governativa di indagine e dalla Corte dei conti. Dalle relazioni redatte sul punto dagli organi citati emergeva, infatti, la necessita' di approntare un valido e definitivo sistema di gestione alternativo a quello che si e' venuto formando sotto l'assillo di fatti contingenti e per cio' stesso privo di qualsiasi disegno programmatico e di adeguata stabilita'. In particolare, si sottolineava come tale sistema alternativo dovesse essere attuato mediante una reale decentralizzazione regionale in materia di agricoltura. Di conseguenza, il Governo, nella consapevolezza dell'inidoneita' dello strumento del decreto-legge ai fini di cui sopra, aveva finalmente predisposto un disegno di legge preordinato alla definitiva regolamentazione del settore. Senonche', di fronte all'opposizione della maggioranza dei rappresentanti regionali in sede di conferenza permanente del 24 febbraio 1999, ed ancora ignorando totalmente il disposto di cui all'art. 2, comma 1, d.lgs. n. 143 del 1997, che prescrive il raggiungimento di un'intesa, per di piu' necessariamente preventiva, tra stato e regioni, il Governo ha abbandonato l'iniziale intento, ed ha trasfuso parte del testo originario nel decreto legge n. 43 del 1999 (impugnato avanti codesta ecc.ma Corte, tra le altre, dalla regione Veneto con ricorso n. 15 r.g. del 1999). Quanto ai contenuti, il d.-l., cosi' come modificato dalla legge di conversione n. 118 del 1999 (del pari impugnata dalla regione Veneto con ricorso tuttora pendente avanti codesta ecc.ma Corte), in estrema sintesi, prevede: l'obbligo di comunicazione all'AIMA da parte delle regioni e province autonome, entro il brevissimo termine di 30 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, dei "motivati" errori intervenuti nelle operazioni di riesame di cui al d.-l. n. 411 del 1997 e delle relative correzioni, sulla base delle risultanze della relazione finale della commissione di garanzia quote latte, e la "recezione" di tali correzioni da parte dell'AIMA (art. 1, comma 2), nonche' la definizione, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto, con uno o piu' decreti del Ministro delle politiche agricole, di ogni ulteriore questione relativa alle stesse operazioni di riesame, non risolta ai sensi del citato comma 2 (art. 1, comma 14); l'aggiornamento, ancora ad opera dell'AIMA (entro trenta giorni dal termine fissato al comma 1 ai fini della effettuazione della compensazione per le annate 1995/1996 e 1996/1997 - ovvero entro novanta giorni dall'entrata in vigore del decreto impugnato) dei quantitativi individuali per il periodo 1997/1998, gia' accertati ai sensi del d.-l. n. 411, sulla base dei mutamenti di titolarita' e delle informazioni relative ai contratti ed alle mobilita' fornite dalle regioni e province autonome (art. 1, comma 3, lett. a), e la comunicazione individuale ai produttori dei quantitativi individuali sopra citati delle produzioni commercializzate per il periodo 1997/1998 risultanti dai modelli L1 pervenuti all'AIMA, e delle anomalie in essi riscontrate, tenuto anche conto delle risultanze dei ricorsi relativamente al numero di capi accertato (art. 1, comma 3, lett. b), la trasmissione ad iniziativa dei produttori della suddetta comunicazione agli acquirenti ai fini della determinazione da parte di questi ultimi del prelievo supplementare dovuto (art. 1, comma 3-bis), la trasmissione delle comunicazioni stesse, questa volta ad iniziativa dell'AIMA alle regioni, che dovranno poi a loro volta trasmetterla agli acquirenti, loro organizzazioni e alle associazioni di produttori (art. 1, comma 3-ter), nonche' l'aggiornamento definitivo dei quantitativi individuali per il periodo 1998/1999, che costituiranno anche attribuzione provvisoria per il periodo 1999/2000, per mezzo della stessa comunicazione di cui al predetto comma 3, lett. b) (art. 1, comma 4); l'autorizzazione alle regioni, in attesa dell'aggiornamento definitivo, a rilasciare certificazioni provvisorie dei trasferimenti di azienda con quota o di sola quota che abbiano efficacia per il periodo 1999-2000, a condizione che tali trasferimenti riguardino aziende con quote ovvero solo quote, i cui dati siano stati regolarmente verificati ed accertati ai sensi della normativa vigente (art. 1, comma 4-bis); la definizione da parte del Ministro per le politiche agricole, con proprio decreto, delle modalita' procedurali per addivenire alle determinazioni definitive dei dati di cui ai commi 3 e 4 sopra citati da parte delle regioni e province autonome (art. 1, comma 5) e per la comunicazione individuale ai produttori dei dati afferenti anche alla campagna 1998/1999 (art. 1, comma 10, applicabile anche al periodo 1999-2000 in base all'art. 1, comma 21-ter); il versamento, a seguito delle operazioni di compensazione di cui al comma 10, del prelievo dovuto per il periodo 1998/1999 agli acquirenti, entro il termine di venti giorni dal ricevimento della comunicazione da parte dell'AIMA (art. 1, comma 19); l'attribuzione ancora in capo all'AIMA, delle competenze in ordine all'effettuazione delle operazioni di compensazione - i cui risultati acquistano dichiarato carattere di definitivita' ai sensi del comma 12 -, sia in riferimento alle annate 1995/1996 e 1996/1997 (art. 1, comma 1) che con riferimento alle annate 1997/1998 e 1998/1999 (art. 1, commi 7 e 9), e la sostanziale riproduzione degli stessi criteri di compensazione - che, in attesa della riforma del settore, si applicheranno anche per l'effettuazione della compensazione per il periodo 1999-2000 (art. 1, comma 21-ter) - di cui al d.-l. n. 552 del 1996, e relativa legge di conversione ed alla legge n. 662 del 1996, mantenendo il medesimo ordine di priorita' - salvo l'incomprensibile riferimento, in sede di conversione in legge, ai "produttori titolari di quota" e a "tutti gli altri produttori" - (art. 1, comma 8), salvo che per le annate 1997/1998 e 1998/1999, per le quali, in deroga ai su accennati criteri ed al loro ordine, viene istituita una priorita' assoluta in favore delle regioni Marche ed Umbria (art. 1, comma 9); la non applicazione da parte dell'AIMA, per il solo periodo 1995-1996, nella esecuzione della rettifica di cui all'art. 3 del d.-l. 411 del 1997, convertito in legge n. 5 del 1998, delle riduzioni della quota B in ottemperanza alle sentenze concernenti le illegittimita' delle stesse riduzioni (art. 1 comma 1) e la fissazione del termine del 15 settembre 1999 (poi prorogato dalla legge di conversione nel 30 settembre 1999) ai fini dell'effettuazione, sulla base di dati certi e sempre ad opera dell'AIMA, delle operazioni di compensazione per il periodo 1997-1998 (art. 1, comma 7); l'obbligo in capo al produttore, qualora le somme trattenute dall'acquirente a titolo di prelievo per i periodi 1995/1996 e 1996/1997 non siano sufficienti a coprire il prelievo complessivamente dovuto, di corrispondere all'acquirente la differenza entro il quinto giorno antecedente la scadenza del termine per il versamento degli importi trattenuti dall'acquirente stesso (pari a trenta giorni dal ricevimento della comunicazione da parte dell'AIMA dei prelievi dovuti) e, in difetto, su comunicazione dell'acquirente e previa intimazione al pagamento, la riscossione coattiva del debito residuo mediante ruolo ad opera dell'AIMA (art. 1, comma 15); la fissazione, con effetto a decorrere dal periodo 1996/1997, del termine per la stipula dei contratti di affitto e vendita di quota senza trasferimento di azienda, al 31 dicembre di ciascun anno, fatti salvi gli accertamenti eseguiti ai sensi del d.-l. n. 411 del 1997, e la possibilita' che i contratti cosi' stipulati entro il 31 dicembre 1996, su concorde volonta' delle parti comunicata all'AIMA, possano avere effetti in riferimento alla stessa annata 1996/1997 (art. 1, comma 20); la ripartizione delle quote confluite nella riserva nazionale in relazione ai quantitativi individuali di riferimento allocati presso ciascuna regione e provincia autonoma accertati per i periodi 1995/1996 e 1996/1997 e l'assegnazione da parte delle singole regioni ai produttori secondo criteri di priorita' deliberati dagli stessi Enti, ma comunque in primis a favore dei produttori che hanno subito le riduzioni di cui alla legge n. 46 del 1995 (art. 1, comma 21) e con espressa esclusione dei produttori che nel corso dei periodi 1997-1998 e 1998-1999 hanno venduto ovvero affittato, in tutto o in parte, le quote di cui erano titolari (art. 1, comma 21-bis); la possibilita' in capo all'AIMA, ai fini dello svolgimento delle operazioni di compensazione contemplate dallo stesso decreto, di prendere in considerazione esclusivamente i provvedimenti giurisdizionali, anche cautelari o non definitivi, contenenti dati quantitativi e notificati entro il trentesimo giorno antecedente la scadenza del termine per l'effettuazione delle compensazioni e, in assenza delle predette indicazioni quantitative, l'obbligo in capo all'AIMA di utilizzazione dei dati accertati dalle regioni e province autonome sulla base del d.-l. n. 411 del 1997 ovvero quelli rideterminati dall'AIMA stessa nel caso in cui siano intervenute ordinanze giurisdizionali anche non definitive che hanno fatto obbligo agli acquirenti di restituire ai produttori gli importi trattenuti a titolo di anticipo per gli eventuali prelievi supplementari dovuti (art. 1, comma 11), nonche' l'improduttivita' di effetti delle decisioni amministrative o giurisdizionali notificate oltre il termine di cui al comma 11 in riferimento ai risultati complessivi delle compensazioni, che restano fermi nei confronti dei produttori estranei ai procedimenti nei quali le decisioni sono state emesse (art. 1, comma 13); l'effettuazione di un procedimento di verifica (che determina la non applicazione delle sanzioni amministrative di cui all'art. 11 della legge n. 468 del 1992 e la non punibilita' degli eventuali reati di falso commessi nella dichiarazione di commercializzazione che risulti difforme da quella accertata, nonche' dei connessi reati di cui agli artt. 640-bis c.p. e 2621 c.c. commessi ai fini di cui all'art. 61, n. 2, c.p.) rivolto alla comparazione dei dati dichiarati nei modelli L1 con quelli risultanti dagli accertamenti effettuati ai sensi del d.-l. n. 411 ed alla eventuale rettifica dei primi sulla scorta dei secondi in riferimento alle annate 1995/1996, 1996/1997 (comma 17) e 1997/1998 (comma 18). In forza dell'art. 1, comma 5, del sopradescritto d.-l. n. 43 del 1999, conv. in legge n. 118 del 1999, il Ministero delle politiche agricole ha dunque adottato, sul presupposto del raggiungimento di una supposta intesa con le regioni, il d.m. 21 maggio 1999, n. 159, recante le modalita' procedurali per addivenire, da parte delle regioni e delle province autonome, alle "determinazioni definitive" dei quantitativi individuali determinati dall'AIMA per i periodi 1997-1998 e 1998-1999 e delle produzioni commercializzate comunicate dalla stessa AIMA in riferimento al periodo 1997-1998. Preme evidenziare che nel frattempo, con d.lgs. n. 165 del 1999, in attuazione del progetto di decentralizzazione di cui alla legge di delega n. 59 del 1997, l'AIMA e' stata soppressa e posta in liquidazione; contestualmente e' stata pero' istituita l'AGEA - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura, alla quale sono stati attribuiti compiti identici a quelli prima svolti dalla soppressa AIMA, cosi' impedendo il decentramento delle funzioni a favore delle regioni che avrebbe dovuto essere attuato in esecuzione alla prima citata legge n. 59 del 1997. D i r i t t o 1. - Quanto al decreto nella sua interezza violazione degli artt. 5, 97, 115, 117 e 118 Cost. anche in riferimento al principio di leale collaborazione tra Stato e regioni e all'art. 2 del d.lgs. n. 143 del 1997. Si deve preliminarmente rilevare che il legislatore nazionale ha riconosciuto e garantito il principio di leale collaborazione tra Stato e regioni con riferimento alla elaborazione delle linee guida in tema di agricoltura; infatti, l'art. 2 del d.lgs. n. 143 del 1997, nel conferire alle regioni tutte le funzioni amministrative in materia di agricoltura - in relazione alla quale materia, la competenza delle regioni e' stata nettamente affermata da codesta ecc.ma Corte per mezzo della gia' citata sentenza n. 398 del 1998 -, prescrive che i compiti di elaborazione e coordinamento delle linee di politica agricola in coerenza con la politica comunitaria debbano essere esercitati dal Ministero per le politiche agricole (istituito con il medesimo d.lgs.) d'intesa con la conferenza permantente per i rapporti tra Stato e regioni. In materia di produzione normativa, il suddetto principio costituzionale di leale collaborazione tra Stato e regioni e' stato poi affermato dal d.lgs. n. 281 del 1997, che disciplina le attribuzioni della conferenza permanente nelle materie di interesse regionale, prevedendo, accanto a forme di collaborazione meno "intense") quali la mera consultazione, l'intesa, che si perfeziona con l'asso del Governo e di tutti i presidenti delle regioni e province autonome (cfr. art. 3 del d.lgs. citato). E' indubbio, infatti - come ha statuito di recente anche codesta ecc.ma Corte -, che il settore lattiero-caseario rientra nelle materie di competenza regionale, e comunque, in quanto la regolamentazione del sistema delle quote latte necessita di indirizzi generali ed uniformi - nonche' conformi ai principi comunitari - dettati per tutto il territorio nazionale, il principio di leale collaborazione impone il raccordo tra Stato e regioni nelle forme dell'intesa, cosi' da assicurare la maggiore partecipazione possibile di queste ultime nell'elaborazione delle stesse linea guida. Lo stesso art. 1, comma 5, del d.-l. n. 43 del 1999, cosi' come convertito in legge n. 118 del 1999, nel prevedere l'adozione del decreto ministeriale qui impugnato, prescriveva il raggiungimento dell'intesa con la Conferenza permanente Stato-regioni. In realta', il d.m. n. 159, pur dandola nelle premesse come acquisita, non e' stato preceduto da effettiva e valida intesa. La conferenza permanente del 22 aprile 1999 era stata infatti convocata per la discussione di tre argomenti previamente iscritti all'ordine del giorno (approvazione del verbale della seduta precedente; modifiche ed integrazioni alla legge n. 335 del 1976 in materia di bilancio e contabilita' delle regioni; interventi strutturali e urgenti nel settore agricolo, agrumicolo e zootecnico); il terzo argomento contemplava due "sottopunti", ovvero il disegno di legge recante "Disposizioni urgenti per il settore lattiero caseario" esaminato in via d'urgenza ed approvato dal consiglio dei Ministri nella seduta del 12 febbraio 1999 (punto 3.2.) e lo schema di decreto recante disposizioni per la disciplina delle modalita' procedurali per addivenire alle determinazioni definitive da parte delle regioni e delle province autonome dei dati comunicati ai sensi del d.-l. n. 43 del 1999 (punto 3.3.). Le regioni, per voce del presidente Ghigo, dichiaravano in ordine ad entrambi i punti da ultimo illustrati di ritenere ancora necessario "proseguire il confronto al fine di far maturare una convergenza di valutazioni in tema di distribuzione delle quote latte dell'ambito dei territorio nazionale". Il Ministro De Castro, preso atto della suddetta richiesta di rinvio, precisava che essa poteva essere accolta solo in riferimento al punto 3.2. e non in riferimento al punto 3.3., afferente il decreto qui impugnato, in quanto trattavasi di "uno schema di decreto in applicazione di un decreto-legge" in ordine al quale era stata gia' raggiunta intesa (in realta', anche in quella occasione meramente supposta). Malgrado le precisazioni del presidente in ordine alla volonta' della maggioranza delle regioni nel senso del rinvio anche del punto 3.3., lo stesso Ministro De Castro respingeva la suddetta richiesta in quanto "sul provvedimento e' previsto venga posta la questione di fiducia della Camera". La posizione del Ministro rimaneva ferma pur a seguito delle ulteriori insistenze del presidente in ordine alla richiesta di rinvio congiunto di entrambi i punti in discussione e l'intesa veniva data come raggiunta in seguito alla autonoma proposta del Ministro stesso di eliminazione dal testo del provvedimento del comma 5 dell'art. 1 (che in realta' non e' stato poi stralciato). Pur in presenza della dichiarata opposizione della maggioranza delle regioni l'intesa e' poi stata inspiegabilmente data come raggiunta sulla base dell'art. 3, comma 2, del d.lgs. n. 281 del 1997, che, viceversa, come e' peraltro noto, richiede l'espressione dell'assenso oltre che del Governo, di tutti i rappresentanti regionali e provinciali. Per mera completezza espositiva, preme sottolineare che le motivazioni poste a fondamento del rifiuto opposto dal Ministro al rinvio della questione - richiesto, come detto, a piu' riprese alla maggioranza dei rappresentanti regionali - non varrebbero neppure quali ragioni di urgenze che consentono, a norma dell'art. 2, comma 4, del d.lgs. 281 del 1997 la consultazione solo successiva della Conferenza: le "ragioni di urgenza" di cui al citato art. 2, comma 4, del d.lgs. 281 del 1997, infatti, - sempre che sussistano come tali (cosa che comunque certo non e' nel caso di specie) - possono essere fatte valere solo in caso di adozioni decreti-legge e non certo di decreti ministeriali. Ancora una volta, dunque, cosi' come accaduto per il d.-l. n. 43 del 1999 e per la legge di conversione, sulla cui base e' stato poi adottato il decreto de quo, le regioni non sono state quindi attivamente coinvolte a priori e nelle forme adeguate nel procedimento di elaborazione della nuova disciplina, come richiederebbero i principi costituzionali prima ancora che le disposizioni di legge vigenti, in quanto il Governo si e' preoccupato di sollecitare l'intervento regionale solo in un momento successivo e solo a livello di mera consultazione. Inoltre, il decreto impugnato, non solo non e' stato preceduto dalla prescritta intesa con le regioni sui contenuti del provvedimento stesso (solo la convergenza sui contenuti puo' infatti essere plausibilmente considerata intesa), ma neppure da una adeguata considerazione del parere espresso dai rappresentanti regionali successivamente alla stesura del testo (circostanza questa gia' di per se' insufficiente a garantire il rispetto del principio di leale cooperazione tra Stato e regioni e delle prerogative costituzionalmente garantite a queste ultime dagli artt. 5, 115, 117 e 118 Cost., anche per come attuati dal d.lgs. n. 281 del 1997) in relazione alla necessita' di ulteriore approfondimento della questione. Tutto cio' e' particolarmente grave in una materia in riferimento alla quale, come gia' piu' sopra rilevato, non solo lo stesso legislatore nazionale ha avvertito in termini generali la necessita' di instaurare intensi meccanismi collaborativi tra Stato e regioni, ma la stessa legge che si pretende di attuare ha imposto il raggiungimento dell'intesa. 2. - Quanto agli artt. 1, commi 1, 2, 3, 4, e 5 e art. 4, comma 1, violazione degli artt. 5, 97, 115, 117 e 118 della Costituzione. Gli articoli citati in epigrafe confermano ancora una volta in capo all'AIMA le competenze in ordine alla determinazione dei quantitativi individuali e delle produzioni commercializzate in riferimento a campagne lattiere gia' concluse ed una in via di esaurimento (ovvero, 1997-1998 e 1998-1999, 1999-2000); trattasi, dunque, ancora una volta di assegnazione retroattiva di quantitativi, che, fino alla comunicazione delle quote definitive di fine periodo (e dunque ancora in termini provvisori), costituiranno l'unico presupposto per l'effettuazione - anch'essa in termini retroattivi - delle operazioni di compensazione e di determinazione del prelievo supplementare. Si prevede poi la comunicazione dei suddetti dati alle regioni per la verifica - che si impone come "tempestiva" - di ben precise anomalie - indicate tassativamente dal comma 4 -, in ordine alla cui individuazione ancora le regioni sono state totalmente estromesse. Infine, si conferma l'autorizzazione alle regioni in ordine al rilascio certificazioni provvisorie degli aggiornamenti di quota che abbiano efficacia per il periodo 1999-2000, secondo le modalita' dell'art. 1, comma 4-bis, della l. n. 118 del 1999. L'insieme delle suddette disposizioni viola dunque ancora una volta il riparto delle competenze tra Stato e regioni imposto dagli artt. 117 e 118 della Costituzione e ormai riconosciuto, oltre che da codesta ecc.ma Corte per mezzo della recente sentenza n. 398 del 1998, dallo stesso legislatore, pur in modo imperfetto, con le leggi nn. 81 e 204 del 1997, che circoscrivevano i compiti dell'AIMA alle annate produttive precedenti, e con il d.lgs. n. 143 del 1997 di riorganizzazione dell'amministrazione centrale del settore e di conferimento di funzioni alle regioni: quest'ultimo testo normativo, infatti, riserva al ricostituito Ministero per le politiche agricole (e comunque non all'AIMA) solo attribuzioni di disciplina generale e coordinamento nazionale in settore che non sembrano comunque ricomprendere la produzione del latte, ma al piu' l'importazione ed esportazione di prodotti agricoli e alimentari. Inoltre, le suddette disposizioni producono in tutta evidenza effetti retroattivi in riferimento a campagne lattiere ormai da tempo concluse, con conseguenze evidentemente incontrollabili sulle stesse possibilita' di programmazione e gestione del settore. Ma v'e' di piu'. Le assegnazioni di quota che saranno operate in attuazione delle disposizioni impugnate in riferimento a campagne ormai concluse non potranno neppure considerarsi definitive, perche' rimesse al successivo vaglio delle regioni e comunque destinate ad essere superate dalle cosiddette "quote definitive di fine periodo", a totale ribaltamento del sistema. Quello che dovrebbe essere uno strumento di programmazione diventa dunque uno strumento di accertamento ai fini dell'irrogazione della sanzione del prelievo. La conseguente violazione delle norme costituzionali in epigrafe e' evidente: le regioni vengono infatti dichiaratamente spossessate della stessa possibilita' di intervento nel governo del settore. Quanto poi in particolare al comma 5 dell'art. 1, in primo luogo esso avrebbe dovuto eliminato in esito alla seduta della conferenza permanente Stato-regioni del 22 aprile 1999, inoltre alle regioni viene cosi' attribuita la facolta', in un quadro normativo di complessita' e confusione tali da impedire anche solo di intravedere il tanto invocato "aggiornamento definitivo" dei quantitativi individuali, di rilasciare attestazioni "provvisorie" sulla base di dati provvisori e percio' stesso dichiaratamente modificabili. Ovviamente, le regioni che intendono attuare una reale e razionale programmazione nel settore lattiera caseario non si avvarranno di tale facolta', ma altre potrebbero farlo e cosi' determinare l'alterazione del quadro complessivo a pregiudizio delle regioni, come il Veneto, piu' attente e scrupolose nella gestione del settore; tutto cio' in violazione, oltre che dell'art. 97 Cost., delle prerogative costituzionalmente riconosciute alle regioni in materia, e dunque in visione diretta degli artt. 5, 115, 117 e 118 Cost. 3. - Quanto agli artt. 2 e 3, commi 1, 2 e 3, e art. 4, comma 2, violazione degli artt. 5, 115, 117, 118 e 119 della Costituzione. L'art. 3 in riferimento alle annate 1997-1998 e 1998-1999 e l'art. 4 in riferimento alla stessa annata 1998-1999 e 1999-2000 da un lato attribuiscono alle regioni compiti meramente esecutivi, quali l'accertamento delle sole comunicazioni che presentano le anomalie segnalate dall'AIMA ai sensi dell'art. 1, comma 4, dall'altro introducono un nuovo sistema di "riesame" da parte delle stesse regioni delle comunicazioni de quibus ad iniziativa dei produttori, comunque ancora limitato dall'AIMA a fattispecie tipiche e predeterminate. Tali procedure di riesame, oltre che gravare interamente sulle risorse umane e finanziarie regionali (si consideri che e' prevista obbligatoriamente l'instaurazione del contraddittorio con il produttore e l'acquirente), non assicurano poi alcun accertamento dei dati produttivi, in quanto le verifiche sono limitate a fattispecie tipiche ad esito predeterminato. In altri termini, le anomalie eventualmente riscontrare dalle regioni non potranno che ricevere il "trattamento" riservato dal d.m. 17 febbraio 1998, ovvero, a seconda dei casi e a titolo meramente esemplificativo, l'azzeramento della produzione e la determinazione forfettaria della stessa. Manca dunque in capo alle Regioni qualsivoglia potesta' di intervento, correzione, o sia pure solo effettivo riesame, di quanto determinato dall'AIMA, in violazione, oltre che dell'art. 97 della costituzione per i profili sopra evidenziati, delle stesse prerogative regionali in termini di programmazione e controllo nel settore de quo. Tali disposizioni, in tutta evidenza, violano pertanto le norme citate in epigrafe perche' negano in radice i poteri programmatori che dovrebbero competere alle regioni nel settore in oggetto e si risolvono essenzialmente in un anomalo, e comunque gratuito e percio' stesso illegittimo, avvalimento degli uffici regionali. Piu' in particolare, l'attribuzione alle regioni di tali compiti meramente esecutivi confligge con la ripartizione delle competenze tra Stato e regioni di cui agli artt. 117 e 118 Cost., oltre che con i poteri di autoorganizzazione ad esse riconosciuti dall'art. 115 della Costituzione e con il principio di autonomia finanziaria di cui all'art. 119 della Costituzione. I suddetti profili di illegittimita' valgono anche in riferimento all'art. 2 del decreto impugnato, che attribuisce alle regioni il compito di rinnovo dell'inoltro delle comunicazioni di cui al comma 1 nel caso di restituzione del plico al mittente in occasione dell'invio effettuato in prima battuta dall'AIMA. Anche in tale caso le regioni vengono infatti relegate all'esecuzione di operazioni materiali, peraltro in assenza di adeguato trasferimento di risorse finanziarie da parte dello Stato. 4. - Quanto all'art. 5, commi 2 e 3, violazione degli artt. 5, 97, 115, 117 e 118 Cost. L'intero decreto presuppone in capo al Ministero e all'AIMA e poi l'art. 5 attribuisce espressamente in capo ai medesimi l'attivita' di coordinamento necessaria ai fini dell'uniforme applicazione del decreto stesso sul territorio nazionale. Al di la' della denominazione, l'articolo in questione attribuisce al Ministero un vero e proprio potere di indirizzo e coordinamento al di fuori delle regole stabilite dalla Costituzione e recepite dalla costante giurisprudenza costituzionale, dalla legge n. 400 del 1988 ed ulteriormente dall'art. 8 della legge n. 59 del 1997. Tale ultima disposizione, infatti, stabilisce che gli atti di indirizzo e coordinamento delle funzioni amministrative regionali, anche solo gli atti di coordinamento tecnico, nonche' le direttive relative all'esercizio delle funzioni delegate, debbono essere adottate dal Consiglio dei Ministri e previa intesa con la, conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome, o con la singola regione interessata. Inoltre, suddetto riconoscimento di competenze in capo al Ministero, pregiudicando direttamente le prerogative regionali, si scontra con le ormai note incapacita' dimostrate dallo stesso Ministero e dall'AIMA nella gestione del settore e rilevate dalla stessa Commissione Governativa d'Indagine, e percio' potenzialmente aggrava la gia' grave situazione in cui versa lo stesso settore lattiero caseario. La lesione delle norme costituzionali in epigrafe e' dunque evidente: Le regioni vengono, infatti, dichiaratamente spossessate di qualsivoglia potere di intervento e relegate ad un ruolo meramente esecutivo, per di piu' nell'ambito di un quadro procedurale che, per quanto confuso, e' pur sempre accentrato a livello nazionale, e dunque insuscettibile di adeguamento alcuno alle particolari situazioni locali.
P. Q. M. La regione ricorrente chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare che non spetta allo Stato, e per esso al Ministero delle politiche agricole, dare attuazione all'art. 1, comma 5, del d.-l. 1 marzo 1999, n. 43, convertito in legge 27 aprile 1999, n. 118, con d.m. 21 maggio 1999, n. 159, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale serie generale. n. 131 del 7 giugno 1999 (in violazione degli artt. 5, 97, 115, 117, 118 e 119 Cost.), e per conseguenza annullare il d.m. impugnato nella totalita' ed in particolare quanto agli art. 1, commi 1, 2, 3, 4 e 5, art. 2, art. 3, commi 1, 2, 3, art. 4, commi 1 e 2, e art. 5, commi 2 e 3. Milano-Roma, addi' 27 luglio 1999. Avv. prof. Giuseppe Franco Ferrari - avv. prof. Massimo Luciani 99C0898