N. 364 SENTENZA 24 - 28 novembre 1997

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Ordinamento   penitenziario   -   Incompatibilita'   del  giudice  -
 Magistrato di sorveglianza che  abbia  provveduto  sulla  domanda  di
 rinvio  immediato  dell'esecuzione  della  pena  detentiva,  ai sensi
 dell'art. 684, secondo comma, c.p.p. - Partecipazione al collegio del
 tribunale di sorveglianza  chiamato  ad  adottare  le  determinazioni
 definitive   -   Divieto  -  Omessa  previsione  -  Riferimento  alla
 giurisprudenza della Corte in materia (vedi sentenza n.  432/1995)  -
 Insussistenza  di  una  anticipazione  di un giudizio di merito - Non
 fondatezza.
 
 (Legge  26  luglio  1975,  n.  354,  art.  70, comma sesto, nel testo
 sostituito dall'art. 22 della legge 10 ottobre 1986, n. 663).
 
 (Cost., artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma).
 
(GU n.49 del 3-12-1997 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici: prof. Giuliano VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,    prof.
 Cesare  MIRABELLI,    prof. Fernando SANTOSUOSSO,  avv. Massimo VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,    dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.   Gustavo
 ZAGREBELSKY,  prof.  Valerio  ONIDA,   prof. Carlo MEZZANOTTE,   avv.
 Fernanda CONTRI, prof. Guido  NEPPI  MODONA,    prof.  Piero  Alberto
 CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 70, comma 6,
 della  legge  26  luglio  1975,  n.   354   (Norme   sull'ordinamento
 penitenziario  e sulla esecuzione delle misure privative e limitative
 della liberta'), come sostituito dall'art. 22 della legge 10  ottobre
 1986,  n.  663 (Modifiche alla legge sull'ordinamento penitenziario e
 sulla esecuzione delle misure privative e limitative della liberta'),
 promosso con ordinanza emessa il 19 dicembre 1996  dal  tribunale  di
 sorveglianza  di  Bari  sull'istanza  proposta da Ignazio Passantino,
 iscritta al n. 135 del registro ordinanze  1997  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  14, prima serie speciale,
 dell'anno 1997;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  18 giugno 1997 il giudice
 relatore Cesare Mirabelli.
                           Ritenuto in fatto
   1. -   Giudicando su un'istanza  di  rinvio  dell'esecuzione  della
 pena,  il  tribunale di sorveglianza di Bari, con ordinanza emessa il
 19 dicembre 1996, ha sollevato, in riferimento agli  artt.  3,  primo
 comma,   e  24,  secondo  comma,  della  Costituzione,  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 70 (esattamente: comma 6) della
 legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario  e
 sulla  esecuzione delle misure privative e limitative della liberta')
 - nel testo sostituito con l'art. 22 della legge 10 ottobre 1986,  n.
 663  (Modifiche  alla  legge  sull'ordinamento  penitenziario e sulla
 esecuzione delle misure privative e  limitative  della  liberta'),  -
 nella  parte in cui non prevede che il magistrato di sorveglianza, il
 quale  abbia   provveduto   sulla   domanda   di   rinvio   immediato
 dell'esecuzione della pena detentiva ai sensi dell'art. 684, comma 2,
 cod.  proc.   pen., non possa far parte del collegio del tribunale di
 sorveglianza chiamato ad adottare le  determinazioni  definitive  sul
 caso, ai sensi dell'art. 147, primo comma, numero 2, cod. pen.
    La  disposizione  denunciata,  nel  disciplinare  le funzioni ed i
 provvedimenti  del  tribunale  di  sorveglianza,  costituito   presso
 ciascun  distretto di corte d'appello, prevede che uno dei magistrati
 ordinari che compongono il collegio sia il magistrato di sorveglianza
 sotto la cui giurisdizione e' posto il condannato, in ordine alla cui
 posizione si deve provvedere.
   Il  tribunale  di  sorveglianza  di  Bari  era  stato  chiamato   a
 pronunciarsi  sul  rinvio  dell'esecuzione  della  pena detentiva per
 grave infermita' fisica del condannato (art. 147, primo comma, numero
 2, cod. pen.), sull'istanza del quale il magistrato di  sorveglianza,
 poi chiamato a presiedere il tribunale che decideva nel merito, aveva
 ritenuto  che  non  sussistessero  i  presupposti per il differimento
 immediato dell'esecuzione in attesa  della  decisione  del  tribunale
 (art. 684, comma 2, cod. proc. pen.).
   Il  giudice  rimettente  richiama  la giurisprudenza costituzionale
 che, con riguardo a varie situazioni  processuali,  ha  affermato  il
 principio   secondo   il   quale  il  giudice  penale,  nel  decidere
 conclusivamente  sul  merito  dell'imputazione,   non   deve   essere
 condizionato  dalla  cosiddetta  forza della prevenzione, cioe' dalla
 naturale tendenza a mantenere un  giudizio  gia'  espresso  in  altri
 momenti  dello stesso procedimento (sentenza n. 432 del 1995). Questa
 situazione si verificherebbe anche per il magistrato di  sorveglianza
 che  ha  provveduto  in  via  immediata  su  una  domanda  di  rinvio
 dell'esecuzione e debba poi comporre il tribunale di sorveglianza per
 le definitive determinazioni. Ad avviso del  giudice  rimettente,  le
 due   decisioni,   provvisoria  e  definitiva,  sarebbero  del  tutto
 sovrapponibili,  sicche'  il  magistrato  di  sorveglianza   potrebbe
 sentirsi  indotto  a  difendere  il proprio provvedimento mediante un
 giudizio conforme del tribunale.
   La partecipazione del magistrato  di  sorveglianza,  sotto  la  cui
 giurisdizione  e'  posto  il condannato, al collegio del tribunale di
 sorveglianza si giustificherebbe  quando  il  giudizio  riguardi  non
 fatti,   bensi'   persone,  delle  quali  debba  essere  valutata  in
 particolare la pericolosita' sociale o il percorso  di  reinserimento
 sociale.  In tal caso la partecipazione al collegio del magistrato di
 sorveglianza  assicurerebbe  l'introduzione  nel giudizio del maggior
 numero di elementi di conoscenza della personalita' del condannato  e
 del  grado  di maturazione dallo stesso conseguita con il trattamento
 rieducativo.
   Diverso sarebbe, invece, il caso del rinvio  dell'esecuzione  della
 pena, nel quale il giudice non e' chiamato a valutare la personalita'
 del  condannato,  la sua pericolosita' o la motivazione a reinserirsi
 nel tessuto sociale, ma deve invece verificare se l'esecuzione  della
 pena  detentiva  debba  considerarsi  contraria  al senso di umanita'
 (art. 27 della Costituzione), a causa di una grave infermita'  fisica
 del  condannato,  ovvero se la salute di questi  sia pregiudicata per
 la  inadeguatezza del trattamento sanitario che puo' essere praticato
 nel corso dell'espiazione della pena. In questo caso  si  tratterebbe
 di  un  giudizio non sulla persona del condannato, ma sul suo diritto
 alla salute in conflitto con altri interessi giuridicamente tutelati,
 sicche' il condizionamento del giudicante che ha gia' manifestato  il
 proprio  convincimento  sulla  medesima  situazione determinerebbe il
 denunciato contrasto con la Costituzione.
   2. - Nel giudizio e' intervenuto il Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
   Ad  avviso  dell'Avvocatura,   la   giurisprudenza   costituzionale
 sull'incompatibilita'   del  giudice  risponderebbe  all'esigenza  di
 garantire il "giusto processo", con riferimento  alla  decisione  sul
 merito  della pretesa punitiva nell'ambito del giudizio di cognizione
 (sentenze n. 432 del 1995 e n. 131 del 1996). Una esigenza di  eguale
 pregnanza  non potrebbe essere configurata in rapporto alla decisione
 sull'istanza di differimento della pena (art. 147 cod. pen.), che  si
 inserisce  come un incidente nella fase esecutiva ed attiene soltanto
 alle concrete modalita' di attuazione di una pretesa  punitiva  ormai
 definitivamente accertata.
   In riferimento alla denunciata violazione dell'art. 3, primo comma,
 della Costituzione, mancherebbe inoltre, nell'ordinanza di rinvio, un
 idoneo  elemento  di  comparazione  che consenta la valutazione della
 disparita'  di  trattamento,  giacche'   la   situazione   presa   in
 considerazione  non  sarebbe  omologa  a quella prevista dall'art. 34
 cod. proc. pen., cui si riferiscono  le  pronunce  di  illegittimita'
 costituzionale.
   L'Avvocatura  sottolinea  che,  nei  casi  in  cui  il tribunale di
 sorveglianza  decide  in  sede  di  appello  sui  ricorsi  avverso  i
 provvedimenti  del  magistrato  di  sorveglianza, quest'ultimo non fa
 parte del collegio (art. 70, comma 2, della legge n. 354  del  1975).
 Ma  nel caso del rinvio dell'esecuzione della pena non si tratterebbe
 dell'impugnazionedi un provvedimento del magistrato di  sorveglianza,
 giacche' la decisione che questi e' chiamato ad emettere sull'istanza
 di   differimento  immediato  ha  carattere  meramente  delibativo  e
 finalita' puramente cautelare, mirando ad evitare, in via interinale,
 un danno imminente al condannato.   Si sarebbe  in  presenza  di  una
 "cautela"     piuttosto    in    senso    processual-civilistico    o
 amministrativistico che non  in  senso  penalistico,  trattandosi  di
 misura  diretta  ad  evitare che il tempo necessario per aver ragione
 torni a danno di chi ha ragione.  Ed  in  questo  quadro  l'identita'
 della  persona  fisica del giudicante nelle due fasi, della cautela e
 del merito, non pregiudicherebbe il principio del giusto processo.
                         Considerato in diritto
   1. -   La questione di  legittimita'  costituzionale  attiene  alla
 composizione del tribunale di sorveglianza nel giudizio per il rinvio
 dell'esecuzione  della pena restrittiva della liberta' personale, che
 puo' essere differita, tra l'altro, quando il condannato si trova  in
 condizioni di grave infermita' fisica.
   L'art.  70,  comma  6, delle norme sull'ordinamento penitenziario e
 sull'esecuzione delle misure privative e  limitative  della  liberta'
 personale  (legge  26  luglio 1975, n. 354), nel testo sostituito con
 l'art. 22 della legge 10 ottobre 1986, n. 663, prevede  che  uno  dei
 magistrati  ordinari  che  compongono  il  collegio  debba  essere il
 magistrato  di  sorveglianza  sotto  la cui giurisdizione e' posto il
 condannato o l'internato,  in  ordine  alla  cui  posizione  si  deve
 provvedere.
   Il   tribunale   di   sorveglianza   di  Bari  ritiene  che  questa
 disposizione   possa   essere   in   contrasto   con   il   principio
 costituzionale di eguaglianza e con la garanzia del diritto di difesa
 (artt.  3,  primo  comma,  e  24, secondo comma, della Costituzione),
 quando il tribunale di sorveglianza  sia  chiamato  a  giudicare  sul
 rinvio   dell'esecuzione,   in  ordine  al  quale  il  magistrato  di
 sorveglianza abbia adottato un provvedimento provvisorio, positivo  o
 negativo.  Tale  provvedimento puo' essere adottato, con effetti sino
 alla decisione del tribunale, quando  la  detenzione  puo'  cagionare
 grave  pregiudizio  al condannato o vi e' fondato motivo per ritenere
 che sussistano i presupposti perche' il tribunale disponga il  rinvio
 dell'esecuzione (art. 684, comma 2, cod. proc. pen.).
   In  questo  caso, ad avviso del giudice rimettente, l'imparzialita'
 del giudice sarebbe pregiudicata, avendo un componente  del  collegio
 giudicante  gia'  adottato,  nello stesso procedimento, una decisione
 che  implica  una  valutazione  di  merito  sovrapponibile  a  quella
 definitiva del tribunale.
   2. - La questione non e' fondata.
   L'ordinamento  penitenziario,  nel  delineare  l'articolazione e le
 competenze  dei   giudici   di   sorveglianza,   attribuisce   alcuni
 provvedimenti alla cognizione del magistrato di sorveglianza, giudice
 monocratico  che,  oltre  ad  esercitare la vigilanza sull'esecuzione
 della pena e sull'attuazione della rieducazione, decide  sui  reclami
 dei  detenuti  e  provvede  in  materia  di pericolosita' sociale del
 condannato o di misure di sicurezza (art. 69 della legge n.  354  del
 1975).  Altri provvedimenti, che riguardano la durata, l'estinzione o
 il rinvio dell'esecuzione della pena, sono attribuiti alla competenza
 del tribunale di sorveglianza, alla cui composizione il magistrato di
 sorveglianza ordinariamente concorre.
   Nel sistema delineato dal legislatore, contro i  provvedimenti  del
 magistrato di sorveglianza nelle materie che incidono sulle misure di
 sicurezza  personali  (art. 69, comma 4, della legge n. 354 del 1975)
 e' ammesso appello al tribunale di  sorveglianza.  In  tal  caso,  il
 giudice  che  ha  adottato  la  decisione sottoposta a gravame non fa
 parte del collegio (art. 70, comma 2, della stessa legge).
   Diversa e' la situazione per il rinvio della esecuzione della pena,
 direttamente   attribuita   alla   cognizione   del   tribunale    di
 sorveglianza,  alla  cui  composizione  concorre,  secondo  la regola
 generale, il magistrato di  sorveglianza  che  ha  giurisdizione  sul
 condannato (art. 70, comma 6, della legge n. 354 del 1975).
   In  tal caso non si ha un provvedimento del giudice monocratico che
 ha definito il merito del giudizio  ed  e'  sottoposto  a  gravame  o
 riesame  collegiale,  ma,  invece, una competenza propria del giudice
 collegiale. Cio' non  esclude,  tuttavia,  che  vi  possa  essere  un
 provvedimento provvisorio ed urgente che, in attesa della definizione
 del  giudizio, mantenga le condizioni perche' il giudizio possa avere
 effetto, assicurando in concreto  la  protezione  del  bene  tutelato
 suscettibile  di  rimanere  irreparabilmente  compromesso nell'attesa
 della  decisione.  Difatti   le   situazioni   che   legittimano   il
 differimento  della  esecuzione della pena detentiva, in linea con il
 senso di umanita' che deve essere  rispettato  dalla  pena  (art.  27
 della  Costituzione),  possono  essere tali da rendere immediatamente
 incompatibile lo stato e le  condizioni  della  detenzione  con  beni
 essenziali  della  persona,  quali  la maternita' o la salute, la cui
 protezione si intende assicurare.
   Il legislatore ha  corrisposto  all'esigenza  cautelare  prevedendo
 che,  in  attesa  del  giudizio di merito sul rinvio dell'esecuzione,
 possa essere adottato un  provvedimento  che  ha  effetto  sino  alla
 decisione  del tribunale, essenzialmente basato sul grave pregiudizio
 che arrecherebbe al condannato la immediata esecuzione della  pena  o
 la  protrazione  dello  stato  di detenzione (art. 684, comma 2, cod.
 proc. pen.). Si tratta di una valutazione che implica la ricognizione
 dell'esistenza  dei  presupposti  previsti  dal  legislatore  per  il
 rinvio,  ma che rimane incentrata sulla necessita' di immediatezza di
 un provvedimento idoneo ad  evitare  che  risultino  irreparabilmente
 pregiudicate,  nell'attesa  del  giudizio,  la  efficacia in concreto
 della decisione di merito che potra' essere adottata e  la  finalita'
 stessa del rinvio dell'esecuzione.
   La  natura del provvedimento ed i limiti della delibazione che esso
 comporta, ristretti alla esistenza estrinseca dei presupposti per  la
 richiesta  di rinvio ed alla valutazione della immediata gravita' del
 danno,  consentono  di  ritenere  che  esso   non   implichi   quella
 anticipazione   del   giudizio   di   merito   che,  incidendo  sulla
 imparzialita'    del    giudice,    e'    idonea    a    determinarne
 l'incompatibilita' a garanzia del giusto processo.
   Cosi'  ricostruito il contesto nel quale si colloca la disposizione
 denunciata e delineati i limiti del contenuto normativo di essa,  non
 sussiste la prospettata illegittimita' costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 70, comma 6, della legge 26  luglio  1975,  n.  354  (Norme
 sull'ordinamento   penitenziario  e  sulla  esecuzione  delle  misure
 privative e limitative della liberta') -  nel  testo  sostituito  con
 l'art.  22  della legge 10 ottobre 1986, n. 663 (Modifiche alla legge
 sull'ordinamento  penitenziario  e  sulla  esecuzione  delle   misure
 privative  e  limitative  della liberta') - sollevata, in riferimento
 agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma,  della  Costituzione,
 dal  tribunale  di  sorveglianza  di Bari con l'ordinanza indicata in
 epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 24 novembre 1997.
                        Il Presidente: Granata
                        Il redattore: Mirabelli
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 28 novembre 1997.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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