N. 695 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 luglio 1990
N. 695 Ordinanza emessa il 2 luglio 1990 dal tribunale di Cagliari nel procedimento penale a carico di Del Prete Sergio Reati tributari - Istanza di definizione in via amministrativa - Presentazione - Previsione di termini in data inesistente (31 novembre 1989) - Riconoscimento dell'inesattezza e modifica, con il provvedimento di concessione dell'amnistia, della precedente data in quella del 31 dicembre 1989 - Conseguente disparita' di trattamento tra chi, ritenendo che il termine fosse gia' scaduto a fine novembre, aveva omesso di presentare l'istanza e chi, invece, ha provveduto agli adempimenti. (D.P.R. 12 aprile 1990, n. 75, art. 2, ultimo comma; legge 27 aprile 1989, n. 154, art. 21, primo comma). (Cost., art. 3).(GU n.45 del 14-11-1990 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale contro Del Prete Sergio imputato come in atti, sull'eccezione sollevata dalla difesa di illegittimita' costituzionale dell'art. 2, secondo comma, della legge n. 516/1982 in relazione all'art. 3 della Costituzione laddove punisce l'omesso versamento delle ritenute effettivamente operate, cosi' creando un'ingiustificata disparita' di trattamento tra coloro che commettono questo reato ed a favore di chi, pur realizzando condotte sostanzialmente uguali come l'omissione delle ritenute sugli emolumenti corrisposti in natura o sugli utili distribuiti in natura e delle ritenute sui dividendi previsti dall'art. 27, primo e secondo comma, del d.P.R. n. 600/1973 e 8, primo comma, n. 4, del d.P.R. n. 602/1973, non incorre in sanzioni penali; nonche' dell'art. 2, ultimo comma, del d.P.R. n. 75/1990, sempre in relazione all'art. 3 della Costituzione, che ha esteso l'amnistia a favore dei sostituti d'imposta che abbiano presentato istanza di definizione ex art. 21, quinto comma, della legge 27 aprile 1989, n. 154 e non anche a coloro che avendo pagato, pur in ritardo, le ritenute, le soprattasse e gli interessi prima dell'entrata in vigore di tale legge, non avevano ragione di proporre l'istanza di definizione in essa prevista posto che per "comune interpretazione anche giurisprudenziale" l'istanza era destinata ad incidere solo sulle sanzioni amministrative e soltanto con la sopravvenienza - irrazionale e trasgressiva del principio di uguaglianza - della norma contestata, successiva alla scadenza del termine utile per presentare l'istanza, si e' esteso l'effetto estintivo anche all'illecito penale. Osserva il collegio, relativamente alla prima questione, che essa appare manifestamente infondata. Si condividono, infatti, le considerazioni espresse dal tribunale di Cagliari (seconda sezione penale) con sentenza in data 2 febbraio 1990, in risposta ad identica eccezione sollevata in quella sede e che qui si intendono integralmente riportate, circa l'applicazione del trattamento sanzionatorio previsto dall'art. 2 della legge n. 516/1982 anche alle fattispecie indicate dalla difesa laddove si risolvono in un ritardato od omesso versamento delle ritenute sugli emolumenti in natura o sugli utili distribuiti concretamente. In ogni caso, anche a voler ritenere che quelle ipotesi non siano penalmente sanzionate, deve rilevarsi che rientra nella discrezionalita' del legislatore "stabilire quali comportamenti debbano essere puniti e quali debbano essere la qualita' e la misura della pena..." (da ultimo ordinanza della Corte costituzionale n. 760/1988) si' che non spetta al tribunale tramite l'intervento della Corte costituzionale sindacare l'operato legislativo, nel caso in esame non palesamente arbitrario trattandosi di fattispecie non identiche. Per quanto concerne la seconda questione occorre precisare che l'ultimo comma dell'art. 2 del d.P.R. n. 75/1990 non estende l'amnistia a coloro che avevano presentato istanza ex art. 21 della legge n. 154/1989, ma fornisce l'interpretazione di tale norma nel senso che il pagamento della somma stabilita dal quinto comma doveva considerarsi estintiva anche degli effetti penali. La norma criticata appare effettivamente assai discutibile sia per la sua collocazione in un testo che ha per oggetto la disciplina di una diversa causa estintiva, sia per il suo contenuto. L'interpretazione offerta, che il tenore dell'art. 21 citato difficilmente consentiva e contrastante, tra l'altro, con l'ordinamento prevalente della giurisprudenza di merito, ha privilegiato, infatti, coloro che avevano proposto l'istanza di definizione in via amministrativa dell'illecito tributario, quale quello in oggetto, pagando soltanto la somma di L. 1.000.000 per ciascun periodo d'imposta a scapito di chi, come nella specie, all'entrata in vigore della legge n. 154/1989 aveva viceversa gia' pagato tutte le ritenute dovute con aggiunta delle sovrattasse e degli interessi e aveva ritenuto percio' di non dover osservare la procedura della legge suddetta confidando nell'opinione, a quell'epoca generalizzata, che questa non prevedesse una causa estintiva anche dell'illecito penale: causa estintiva di cui ormai, scaduti i prescritti termini, non puo' piu' usufruire. In realta' tale situazione sarebbe stata nella sostanza ben piu' meritevole di tutela rispetto all'altra, se non altro in considerazione dell'avvenuta integrale reintegrazione dell'interesse offeso dal reato. L'eccezione proposta dalla difesa, tuttavia, posta in questi termini non e' fondata poiche' l'ultimo comma dell'art. 2 del d.P.R. n. 75/1990 contiene una norma interpretativa in forza della quale doveva essere chiara fin dall'entrata in vigore della legge n. 154/1989 che il meccanismo ivi disciplinato avrebbe comportato l'estinzione anche degli effetti penali. Con la conseguenza che anche coloro che allora avessero pagato tutte le sanzioni amministrative avrebbero dovuto ugualmente presentare l'istanza di definizione ai soli fini dell'estinzione del reato. Nessuna formale violazione al principio di uguaglianza appare, quindi, ravvisabile in questa ipotesi non potendosi considerare identiche le posizioni di chi aveva proposto l'istanza definizione e pagato la somma determinata nella legge n. 154/1989 e chi tale istanza non aveva presentato, ne' potendosi censurare la scelta del legislatore che nell'esercizio legittimo della sua discrezionalita' ha inteso premiare solo i primi. La questione di legittimita' costituzionale puo', tuttavia, essere avanzata sotto un altro profilo. L'art. 21 piu' volte citato prevedeva, invero, come termine ultimo per la presentazione dell'istanza quello del 31 novembre 1989, termine inesistente ed evidentemente errato, ma non forniva alcun elemento che consentisse di stabilire a quale data il legislatore volesse riferirsi, potendo qull'indicazione normativa prestarsi a piu' interpretazioni. L'art. 2, ultimo comma, del decreto di amnistia, prendendo atto dell'errore, ha stabilito che "in conseguenza della errata indicazione del termine del 31 novembre 1989... si considerano regolarmente adempiuti gli adempimenti eseguiti entro il 31 dicembre 1989". Ebbene, la norma cosi' come formulata appare manifestamente irragionevole poiche' ha introdotto un termine quando questo era ormai decorso beneficiando, questa volta in modo ingiustificato, chi aveva ugualmente presentato l'istanza di definizione e provveduto ai prescritti adempimenti nel mese di dicembre rispetto a chi, con un'interpretazione pure legittima, aveva evitato di proporre l'istanza ritenendo scaduto il termine per la stessa. Disparita' questa ancor piu' iniqua ove si tenga conto che tra gli esclusi vi e' anche la situazione, sopra considerata, di chi ha interamente adempiuto il suo debito nei confronti dell'erario. In questa prospettiva le due norme appaiono contrastare con il dettato dell'art. 3 della Costituzione e inducono questo tribunale a sollecitare l'intervento della Corte costituzionale per l'abrogazione delle stesse nella parte in cui prevedono il termine di scadenza della proposizione dell'istanza di definizione ai fini amministrativi e penali. La questione e' evidentemente rilevante nel presente procedimento poiche' una pronuncia della Corte in tal senso consentirebbe all'imputato di servirsi della procedura prevista dalla legge n. 154/1989 per godere della causa estintiva ivi prevista.
P. Q. M. Visti gli artt. 23 e segg. della legge 11 marzo 1953, n. 87; Ritiene manifestamente fondata e rilevante la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, ultimo comma, del d.P.R. 12 aprile 1990, n. 75, e 21, primo comma, della legge 27 aprile 1989, n. 154, in relazione all'art. 3 della Costituzione e sospende il procedimento in corso in attesa della decisione della Corte costituzionale; Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e ordina che a cura della cancelleria detta ordinanza sia notificata all'imputato contumace ed al Presidente del Consiglio dei Ministri e venga comunicata anche ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Cagliari, addi' 2 luglio 1990 Il presidente: (firma illeggibile) 90C1341