N. 375 ORDINANZA 14 - 28 luglio 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Esecuzione penale - Sospensione - Istanza del condannato detenuto per
 l'ammissione  alla  misura  alternativa  dell'affidamento in prova al
 servizio sociale - Sussistenza dei presupposti per la  concedibilita'
 della  misura extracarceraria - Possibilita' che, fino alla decisione
 del tribunale, il magistrato di  sorveglianza  sospenda  l'esecuzione
 della  pena  e  ordini  la  liberazione del condannato - Applicazione
 provvisoria della detenzione domiciliare ai  condannati  istanti  per
 l'affidamento  al  servizio sociale - Omessa previsione - Prospettato
 contrasto con il principio di indefettibilita' della sanzione  penale
 e  con  quello  della  gradualita',  lamentata  irrazionalita'  della
 previsione in rapporto alla finalita' rieducativa della pena  e  alla
 eventuale   inosservanza  dei  termini  da  parte  dei  tribunali  di
 sorveglianza nonche'  disparita'  di  trattamento  tra  condannati  -
 Manifesta infondatezza della questione
 
 (Legge  26  luglio  1975,  n.  354, art. 47, comma 4, come sostituito
 dall'art. 2 della legge 27 maggio 1998, n. 165, e art. 47-ter,  comma
 1-quater, aggiunto dall'art. 4 della legge 27 maggio 1998, n. 165).
 
 (Cost., artt. 3, 25, secondo comma, 27, terzo comma, 101 e 112).
 
(GU n.31 del 4-8-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
 Giudici:  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.
 Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO,  dott.
 Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI
 MODONA, prof.  Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 47, comma 4,
 e 47-ter, comma 1-quater, della legge 26 luglio 1975, n.  354  (Norme
 sull'ordinamento   penitenziario   e   sull'esecuzione  delle  misure
 privative e limitative della liberta'), come modificata,  da  ultimo,
 dalla legge 27 maggio 1998, n. 165 (Modifiche all'art. 656 del codice
 di  procedura  penale  ed  alla  legge  26  luglio  1975,  n.  354, e
 successive modificazioni), promosso con ordinanza emessa il 21 luglio
 1998 dal Magistrato di sorveglianza di Cagliari, iscritta al  n.  822
 del  registro  ordinanze  1998  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 45, prima serie speciale, dell'anno 1998.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  7  luglio 1999 il giudice
 relatore Valerio Onida.
   Ritenuto  che  il  Magistrato  di  sorveglianza  di  Cagliari,  con
 ordinanza  emessa  il  21 luglio 1998, pervenuta a questa Corte il 21
 ottobre 1998, ha sollevato questione di legittimita'  costituzionale:
 a)  dell'art.  47, comma 4, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme
 sull'ordinamento  penitenziario  e   sull'esecuzione   delle   misure
 privative  e  limitative della liberta'), come modificato, da ultimo,
 dall'art. 2 della legge 27 maggio 1998, n.  165  (Modifiche  all'art.
 656  del  codice di procedura penale ed alla legge 26 luglio 1975, n.
 354, e successive modificazioni), "nella parte in cui prevede che  il
 magistrato  di  sorveglianza cui e' rivolta istanza di affidamento in
 prova al servizio sociale, se sono offerte  concrete  indicazioni  in
 ordine    alla   sussistenza   dei   presupposti   per   l'ammissione
 all'affidamento ed al grave pregiudizio derivante  dalla  protrazione
 dello  stato  di  detenzione  e  se  non vi e' pericolo di fuga, puo'
 sospendere l'esecuzione della pena  e  ordinare  la  liberazione  del
 condannato   fino   alla  decisione  del  tribunale  di  sorveglianza
 sull'istanza di affidamento", per contrasto con gli articoli  3,  25,
 secondo  comma,  27,  terzo  comma,  101 e 112 della Costituzione; b)
 dell'art. 47-ter, comma 1-quater, della predetta  legge  n.  354  del
 1975, aggiunto dall'art. 4 della citata legge n. 165 del 1998, "nella
 parte  in  cui  non  prevede che il magistrato di sorveglianza cui e'
 rivolta istanza di affidamento in  prova  al  servizio  sociale  puo'
 disporre  l'applicazione  provvisoria,  nei confronti del condannato,
 della detenzione domiciliare qualora, sussistendo  i  presupposti  di
 cui  al  comma 1-bis dello stesso articolo, la pena che il condannato
 deve espiare e' superiore a due anni, pur essendo inferiore ai limiti
 previsti dall'art. 47, comma 1", della stessa legge n. 354  del  1975
 in tema di ammissione all'affidamento, per contrasto con l'articolo 3
 della Costituzione;
     che,  ad  avviso  del  remittente,  il nuovo comma 4 dell'art. 47
 della  legge   sull'ordinamento   penitenziario,   che   prevede   la
 possibilita'   per   il  magistrato  di  sorveglianza  di  sospendere
 l'esecuzione  della  pena  e  di  disporre   la   scarcerazione   del
 condannato,   in   vista   di   esigenze   cautelari   che   non   si
 identificherebbero con  la  necessita'  di  evitare,  nell'esecuzione
 penale, trattamenti contrari al senso di umanita', contrasterebbe, in
 primo  luogo,  con  il  principio  di indefettibilita' della sanzione
 penale nei confronti di tutti gli autori dei reati, principio che  si
 ricaverebbe  dal  combinato  disposto degli articoli 3, 25, 101 e 112
 della Costituzione;
     che  la  medesima  norma,  in  secondo  luogo,  consentirebbe  il
 verificarsi   di   risultati   illogici  e  irrazionali  in  rapporto
 all'esigenza di garantire la  finalita'  rieducativa  della  pena,  e
 dunque  sarebbe  in  contrasto  con  l'art.  27,  terzo  comma, della
 Costituzione, in quanto permetterebbe di porre il condannato in stato
 di liberta' fino alla decisione  del  tribunale  di  sorveglianza,  e
 dunque  per un tempo che potrebbe di fatto essere assai lungo, per la
 pratica impossibilita' che il tribunale di sorveglianza decida - come
 previsto dalla stessa norma -  entro  il  termine  di  quarantacinque
 giorni,  ritenuto  del  tutto inadeguato e comunque privo di sanzione
 processuale: con la conseguenza che durante la  sospensione  verrebbe
 meno  ogni  trattamento,  e  che  a  seguito dell'eventuale reiezione
 dell'istanza si attuerebbe il  trattamento  del  condannato  in  modo
 frammentario  e  potenzialmente  desocializzante, in contrasto con il
 principio di gradualita' in tema di esecuzione della pena;
     che,  inoltre,  sempre  secondo  il  giudice  a  quo,  la   norma
 denunciata  sarebbe  in contrasto con l'art. 3 della Costituzione per
 la disparita' di trattamento  che  realizzerebbe  nei  confronti  dei
 condannati  instanti per la concessione della detenzione domiciliare,
 ai quali  l'art.    47-ter,  comma  1-quater,  della  medesima  legge
 consente  di  applicare  provvisoriamente, ad opera del magistrato di
 sorveglianza,  quest'ultima   misura   alternativa:   disparita'   di
 trattamento sia nel senso che i condannati instanti per l'affidamento
 al   servizio  sociale,  a  differenza  di  quelli  instanti  per  la
 detenzione domiciliare, vengono esposti  al  rischio  dell'attuazione
 frammentaria  del  trattamento  nel  caso  di rigetto dell'istanza da
 parte del tribunale, sia nel senso che i condannati instanti  per  la
 detenzione   domiciliare   verrebbero   posti   in   posizione   piu'
 sfavorevole, dal punto di vista dello status libertatis, rispetto  ai
 condannati  instanti  per l'affidamento al servizio sociale, cui puo'
 essere concessa la sospensione dell'esecuzione;
     che pertanto, secondo l'autorita' remittente, il nuovo  art.  47,
 comma  4,  dell'ordinamento  penitenziario dovrebbe essere oggetto di
 una pronuncia di "totale illegittimita' costituzionale"  nella  parte
 in  cui  esso  e'  applicabile  in  tema di istanze di affidamento al
 servizio sociale, nonche', in forza del rinvio  di  cui  all'art.  50
 della   stessa   legge,   in  tema  di  istanze  di  ammissione  alla
 semiliberta',   dovendosi   individuare,   invece,   l'unica   misura
 interinale  idonea  a conciliare i principi esposti, senza conseguire
 risultati  illogici,   nell'ammissione   del   condannato,   in   via
 provvisoria, alla detenzione domiciliare;
     che  il  giudice  a  quo  prosegue sostenendo che, in base ad una
 interpretazione conforme al favor rei si  potrebbe  invero  applicare
 provvisoriamente la detenzione domiciliare al condannato instante per
 l'affidamento al servizio sociale, in applicazione dell'art.  47-ter,
 comma  1-quater,  in relazione al comma 1-bis, della stessa legge, ma
 che  cio'  sarebbe  possibile solo se la pena da espiare non superi i
 due anni (limite  per  l'applicazione  della  detenzione  domiciliare
 "generica" di cui all'art. 47-ter, comma 1-bis), e non se la pena sia
 invece  superiore  a  due  anni, ancorche' compresa entro i tre anni,
 cioe' entro  il  limite  massimo  di  pena  che  consente,  ai  sensi
 dell'art.  47, comma 1, l'affidamento al servizio sociale;
     che  pertanto,  secondo  il  remittente, il predetto art. 47-ter,
 comma 1-quater,  nella  parte  in  cui  non  consente  l'applicazione
 provvisoria  della  detenzione domiciliare ai condannati instanti per
 l'affidamento al  servizio  sociale,  la  cui  pena  da  espiare  sia
 superiore  a  due  anni,  ma  compresa  entro  il limite di tre anni,
 sarebbe  in  contrasto  con  l'art.  3  della  Costituzione,  per  la
 ingiustificata disparita' di trattamento che si verificherebbe, da un
 lato,  fra i detenuti instanti per l'affidamento al servizio sociale,
 sulla mera base del quantum di pena da espiare, a cui non si potrebbe
 attribuire rilievo decisivo,  quanto  alla  meritevolezza  di  tutela
 dell'interesse  del  condannato  alla risocializzazione, se non sulla
 base di una valutazione in concreto; dall'altro lato, fra  condannati
 detenuti  con  pena da espiare superiore a due anni ma non a tre anni
 alla data di entrata in vigore della legge n. 165 del 1998, ai  quali
 non  puo'  applicarsi in via provvisoria la detenzione domiciliare, e
 condannati in analoga situazione che si trovassero, al momento in cui
 la condanna e' diventata definitiva, sottoposti alla misura cautelare
 degli arresti domiciliari per il  fatto  oggetto  della  condanna  da
 eseguire,  i  quali, in forza del combinato disposto dei commi 5 e 10
 dell'art. 656 cod. proc.  pen.,  potrebbero  essere  ammessi  in  via
 interinale alla detenzione domiciliare;
     che  e'  intervenuto  nel  giudizio  il Presidente del Consiglio,
 chiedendo che le questioni siano dichiarate infondate.
   Considerato che, ancorche'  il  remittente  proponga  due  distinte
 questioni  di  legittimita'  costituzionale, relative rispettivamente
 all'art.  47,  comma  4,   e   all'art.   47-ter,   comma   1-quater,
 dell'ordinamento  penitenziario,  in  sostanza le censure prospettate
 mirano all'unico risultato di eliminare dall'ordinamento la facolta',
 attribuita al magistrato di sorveglianza dal comma 4 dell'art. 47, di
 sospendere  l'esecuzione  della  pena  per  i  condannati   detenuti,
 instanti  per  l'affidamento  al  servizio  sociale, sostituendovi la
 facolta' di concedere, anche quando la pena da espiare superi  i  due
 anni   ma  sia  compresa  nel  limite  di  tre  anni,  la  detenzione
 domiciliare: e dunque  le  questioni  possono  essere  congiuntamente
 considerate;
     che,  in realta', il remittente formula nei confronti delle norme
 legislative in esame una serie di critiche che possono apparire  piu'
 o  meno  persuasive  sotto  il  profilo delle valutazioni di politica
 penitenziaria, ma che non sono tali da assurgere a censure, dotate di
 qualche consistenza, sul piano della legittimita' costituzionale;
     che, infatti, i precetti costituzionali invocati,  dai  quali  il
 remittente  ricava  il  principio di indefettibilita' della pena, non
 comportano la inammissibilita' di misure cautelari,  legislativamente
 previste   e   ragionevolmente  giustificate,  di  sospensione  della
 esecuzione della pena, anche gia' iniziata, in attesa della decisione
 sulla  applicazione  di  misure  alternative   che   il   legislatore
 considera,  a  certe condizioni, strumento da preferire rispetto alla
 detenzione in carcere;
     che  la  impugnata  norma dell'art. 47, comma 4, dell'ordinamento
 penitenziario tende a rendere possibile, anche a chi non abbia potuto
 usufruire della sospensione della esecuzione prima del suo inizio, ai
 sensi del nuovo art. 656, comma  5,  cod.  proc.  pen.,  evitare,  in
 attesa della decisione del tribunale di sorveglianza, la prosecuzione
 della  detenzione  in carcere per una pena, non superiore a tre anni,
 destinata  presumibilmente  ad  essere  scontata,  a  seguito   della
 decisione medesima, nella forma alternativa dell'affidamento in prova
 al servizio sociale: e cio' in presenza dei presupposti tipici di una
 misura   cautelare,   rimessi   all'apprezzamento   in  concreto  del
 magistrato  di  sorveglianza,  e  consistenti  nella   esistenza   di
 "concrete   indicazioni"   circa   la   concedibilita'  della  misura
 alternativa    extracarceraria    e    il    pregiudizio    derivante
 all'interessato dalla protrazione dello stato di detenzione, e sempre
 che,  inoltre,  non  vi  sia  pericolo  di  fuga;  onde la previsione
 legislativa   della   sospensione   appare   non    irragionevolmente
 giustificata;
     che   per   sostenere   l'illegittimita'   costituzionale   della
 previsione,  non  puo'  invocarsi  l'asserita  probabilita'   che   i
 tribunali  di  sorveglianza  decidano sulle istanze di affidamento al
 servizio sociale senza osservare il termine imposto dalla legge,  non
 potendosi,  dalla  eventualita'  di  fatto dell'inosservanza, o dalle
 difficolta' organizzative che potrebbero esserne  alla  base,  trarre
 motivi  di  censura costituzionale della legge, e non solo, caso mai,
 argomenti di critica politica alle  scelte  del  legislatore  o  alle
 mancate misure di adeguamento organizzativo;
     che  nemmeno  sussiste  la  violazione dell'art. 27, terzo comma,
 della Costituzione, non  potendosi,  manifestamente,  considerare  in
 contrasto  con  la  finalita'  rieducativa  una  misura  cautelare di
 semplice sospensione dell'esecuzione della  pena,  che  si  limita  a
 rinviare  nel  tempo  l'esecuzione  medesima;  ne' potendosi ritenere
 costituzionalmente preclusa,  in  forza  dell'invocato  principio  di
 gradualita',  l'adozione  in  via  interinale  di una siffatta misura
 sospensiva, nelle  more  della  decisione  sull'applicazione  di  una
 misura alternativa alla detenzione;
     che  le denunciate disparita' di trattamento, vuoi fra condannati
 instanti per l'affidamento al servizio sociale e condannati  instanti
 per  la concessione della detenzione domiciliare, vuoi fra condannati
 a pene superiori e rispettivamente inferiori a due anni, vuoi  infine
 fra  condannati  gia'  in  carcere  per  l'esecuzione  della  pena  e
 condannati che al momento in cui la condanna e'  divenuta  definitiva
 si  trovassero agli arresti domiciliari, non integrano violazioni del
 principio costituzionale di eguaglianza,  trattandosi  di  situazioni
 caratterizzate  dalla  diversita'  dei  presupposti  di fatto e della
 configurazione  normativa  delle   differenti   misure   considerate,
 rispetto   alle   quali  il  legislatore,  nell'esercizio  della  sua
 discrezionalita',   ha   apprestato   discipline   a    loro    volta
 differenziate: senza dire che il remittente prospetta a sua volta una
 soluzione  di  assai  dubbia  logicita'  quando chiede che venga reso
 possibile, attraverso  una  addizione  al  comma  1-quater  dell'art.
 47-ter  dell'ordinamento  penitenziario, applicare in via provvisoria
 la detenzione domiciliare a condannati che, per l'entita' della  pena
 da  espiare,  non  possono  vedersi  applicare  tale  misura  in  via
 definitiva (art. 47-ter, comma 1-bis);
     che,  pertanto,  le  questioni  sollevate  appaiono,  sotto  ogni
 profilo, manifestamente non fondate.
   Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11  marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara la manifesta infondatezza:
     a)  della  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 47,
 comma 4, della legge 26 luglio 1975, n. 354  (Norme  sull'ordinamento
 penitenziario  e  sull'esecuzione delle misure privative e limitative
 della liberta'), come sostituito, da ultimo, dall'art. 2 della  legge
 27  maggio  1998,  n.  165  (Modifiche all'articolo 656 del codice di
 procedura penale ed alla legge 26 luglio 1975, n. 354,  e  successive
 modificazioni),  sollevata,  in  riferimento  agli  articoli  3,  25,
 secondo comma, 27, terzo comma, 101 e  112  della  Costituzione,  dal
 Magistrato di sorveglianza di Cagliari con l'ordinanza in epigrafe;
     b)  della  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.
 47-ter, comma  1-quater,  della  predetta  legge  n.  354  del  1975,
 aggiunto  dall'art.    4  della  predetta  legge  n.  165  del  1998,
 sollevata,  in  riferimento  all'art.  3  della   Costituzione,   dal
 Magistrato di sorveglianza di Cagliari con l'ordinanza in epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1999.
                        Il Presidente: Granata
                          Il redattore: Onida
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 28 luglio 1999.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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