N. 227 ORDINANZA 18 - 21 giugno 2007

Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.

Imposte e tasse - Imposta regionale sulle attivita' produttive (IRAP)
  -   Presupposto   impositivo  -  Esercizio  abituale  di  attivita'
  autonomamente  organizzata per la produzione o lo scambio di beni e
  servizi - Assoggettamento all'imposta delle attivita' professionali
  svolte   in  modo  autonomo  ma  senza  organizzazione  di  fattori
  produttivi  altrui  -  Denunciata irrazionalita' nonche' violazione
  del  principio  di capacita' contributiva e del diritto di difesa -
  Difetto  di  motivazione  sulla  rilevanza della questione e omessa
  identificazione della norma impugnata - Manifesta inammissibilita'.
- D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 2.
- Costituzione, artt. 3, 23, 24 e 53.
(GU n.25 del 27-6-2007 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: Franco BILE;
  Giudici:  Giovanni  Maria FLICK, Francesco AMIRANTE, Ugo DE SIERVO,
Alfio  FINOCCHIARO,  Alfonso  QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA,
Gaetano  SILVESTRI,  Sabino  CASSESE,  Maria  Rita  SAULLE,  Giuseppe
TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO
ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 2 del decreto
legislativo   15 dicembre   1997,  n. 446  (Istituzione  dell'imposta
regionale  sulle  attivita'  produttive,  revisione  degli scaglioni,
delle  aliquote  e  delle  detrazioni dell'IRPEF e istituzione di una
addizionale   regionale   a  tale  imposta,  nonche'  riordino  della
disciplina   dei   tributi   locali),   promosso  con  ordinanza  del
19 settembre 2006 dalla Commissione tributaria provinciale di Bologna
sul  ricorso  proposto da Ecchia Simonetta nei confronti dell'Agenzia
delle  entrate - Ufficio di Bologna 2, iscritta al n. 40 del registro
ordinanze 2007 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 8, 1ª serie speciale, dell'anno 2007;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  Camera  di  consiglio del 23 maggio 2007 il giudice
relatore Sabino Cassese;
    Ritenuto  che  nel  corso di un giudizio promosso da un agente di
commercio  nei  confronti  dell'Agenzia  delle  entrate  - Ufficio di
Bologna,  avverso  il  silenzio  rifiuto  formatosi  sull'istanza  di
rimborso  dell'IRAP  per  gli  anni  dal 1998 al 2000, la Commissione
tributaria  provinciale  di Bologna ha sollevato, in riferimento agli
artt. 3,  23,  24  e 53 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 2 del decreto legislativo 15 dicembre 1997,
n. 446    (Istituzione   dell'imposta   regionale   sulle   attivita'
produttive,   revisione  degli  scaglioni,  delle  aliquote  e  delle
detrazioni  dell'IRPEF  e  istituzione di una addizionale regionale a
tale imposta, nonche' riordino della disciplina dei tributi locali);
        che,  secondo  quanto  riferisce la Commissione, nel giudizio
principale  il  ricorrente ha dedotto la mancanza del presupposto per
l'assoggettabilita'  ad  IRAP  sulla  base della sentenza della Corte
costituzionale  n. 156  del  2001, cioe' per il difetto dell'elemento
dell'organizzazione    nel   caso   di   svolgimento   di   attivita'
professionale,  e  ha provato di aver svolto l'attivita' di agente di
commercio   in  via  esclusivamente  personale,  senza  l'ausilio  di
collaboratori   e   dipendenti   e  con  l'impiego  di  modesti  beni
strumentali;  invece,  l'Amministrazione ha sostenuto che presupposto
di  imposta e' qualunque attivita' autonomamente organizzata e che il
ricorrente,  in  quanto lavoratore autonomo, vi rientra per la natura
stessa dell'attivita' svolta;
        che  la  Commissione  premette che la suddetta sentenza della
Corte  costituzionale  e' stata oggetto di interpretazioni favorevoli
alla  tesi  del  ricorrente  e  che  la  parte  della  pronuncia meno
convincente  e'  quella che esclude, nella motivazione, «le attivita'
economiche  non  organizzate - circoscritte al solo ambito del lavoro
autonomo  derivante  dall'esercizio  di  arti  e  professioni - dalla
soggezione all'IRAP, secondo un accertamento delle condizioni e delle
modalita'  organizzative  dell'attivita'  che  dovra' necessariamente
avvenire caso per caso»;
        che,  sempre  secondo  il  rimettente,  per un verso la Corte
avrebbe   dato  prevalenza  all'attivita'  autonomamente  organizzata
(prevista   nell'art. 2   censurato),   trascurando  le  disposizioni
successive  dello  stesso  decreto  legislativo,  che  individuano  i
soggetti  passivi  mediante  categorie  (imprese,  societa',  imprese
agricole,  enti  commerciali,  enti  non  commerciali, enti pubblici,
esercenti  arti  e professioni) mutuate dal sistema delle imposte sui
redditi;  per  altro verso, il criterio impiegato dalla Corte avrebbe
eccessivamente limitato la portata dell'organizzazione, dando rilievo
alle    sole    ipotesi    di    etero-organizzazione    e   non   di
auto-organizzazione;
        che  conseguentemente,  ad avviso del rimettente, se all'IRAP
sono  assoggettate  le  sole  attivita'  di organizzazione di fattori
produttivi     altrui,     sarebbe    arbitraria    la    limitazione
dell'accertamento  caso  per  caso ai soli artisti e professionisti e
non  anche agli imprenditori; inoltre, non si comprenderebbe perche',
nel  caso  di  attivita'  imprenditoriale  svolta  nell'ambito  delle
attivita'  previste  dall'art. 2195  del codice civile, che prescinde
dal  requisito  dell'organizzazione, non operi l'accertamento di tale
requisito,  alla  stregua  del  criterio elaborato dalla stessa Corte
costituzionale,  potendo  esservi  un  soggetto  titolare del reddito
d'impresa non dotato di organizzazione autonoma;
        che,  alla  luce  delle  critiche  suddette,  la  Commissione
rimettente  ritiene  che  l'art. 2 del decreto legislativo n. 446 del
1997  contrasta  con l'art. 3 Cost., per assenza di coerenza interna:
se   la  ratio  dell'imposta  e'  nella  tassazione  della  capacita'
economica  derivante  dall'organizzazione,  ove  questa manchi non vi
sono  margini  per  l'applicazione  del tributo, rimanendo altrimenti
tradita la ragione giustificativa;
        che,  in  considerazione delle disposizioni dello statuto dei
diritti  del  contribuente,  sussisterebbe la violazione dell'art. 23
Cost.,   il   quale   impone   la   chiarezza   e  la  specificazione
dell'imposizione tributaria;
        che,  inoltre,  sarebbe  leso l'art. 53 Cost., non risultando
specificamente la capacita' contributiva da assoggettare ad IRAP, dal
momento  che  non  sarebbe  «enucleata legislativamente la nozione di
valore  aggiunto  ipotizzata  solo  in via teorica e generica, ma non
calata nella singola realta' di ogni fattispecie»;
        che,  infine,  non sarebbe garantito il diritto di difesa del
contribuente  (art. 24  Cost.),  perche'  questi  non  e' in grado di
conoscere  quali  siano  gli  obblighi  propri e quale tipo di difesa
possa  svolgere  di  fronte  ad  un  tributo  mancante della doverosa
specificazione;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
deducendo   l'inammissibilita'   e,  comunque,  l'infondatezza  della
questione sollevata;
        che, secondo l'Avvocatura, la questione sarebbe inammissibile
in  quanto  riferita  all'intero decreto legislativo e per carenza di
motivazione in ordine alla rilevanza;
        che,  rispetto  al  secondo  profilo  di inammissibilita', la
difesa  erariale  rileva  che  il  rimettente,  nel premettere che il
rimborso  e' stato chiesto da un agente di commercio, sembra assumere
che  non  sarebbe  ragionevole assoggettare ad IRAP il titolare di un
reddito  di impresa a prescindere dall'accertamento circa l'esistenza
dell'organizzazione  di  fattori produttivi altrui, ma non dice nulla
sulla  qualificazione  del  ricorrente come imprenditore, ovvero come
esercente attivita' di lavoro autonomo;
        che,  infine, la questione sarebbe infondata rispetto a tutti
i parametri evocati.
    Considerato  che  sono  molteplici  le  carenze dell'ordinanza di
rimessione;
        che, in primo luogo, dall'ordinanza di rimessione non risulta
con  chiarezza  quali  siano  le disposizioni del decreto legislativo
15 dicembre  1997,  n. 446  (Istituzione dell'imposta regionale sulle
attivita'  produttive,  revisione  degli  scaglioni, delle aliquote e
delle   detrazioni   dell'IRPEF  e  istituzione  di  una  addizionale
regionale  a  tale  imposta,  nonche'  riordino  della disciplina dei
tributi   locali)   oggetto  della  questione  di  costituzionalita';
infatti, le censure prospettate dalla Commissione tributaria sembrano
incentrarsi  sull'organizzazione quale presupposto d'imposta, a norma
dell'art. 2   del   decreto  legislativo  n. 446  del  1997,  mentre,
nell'esporre  le  critiche  alla  sentenza della Corte costituzionale
n. 156 del 2001, la Commissione rimettente fa generico riferimento ad
altre  disposizioni  dello stesso decreto legislativo, e, infine, nel
dispositivo   dell'ordinanza   di  rimessione  non  individua  alcuna
disposizione;
        che,  in  secondo  luogo, la fattispecie oggetto del giudizio
principale  -  come  descritta  dal  giudice a quo - e la censura che
sembrerebbe  rivolta  alla suddetta sentenza n. 156 del 2001, sono in
contraddizione  fra  loro; infatti, mentre nel processo principale si
discute   se   rispetto   all'agente   di   commercio,  quale  libero
professionista,   si   sia   o   meno   in  presenza  di  un'autonoma
organizzazione,  la  critica  alla  sentenza  della Corte presuppone,
invece,  che  il  giudice  rimettente  debba  giudicare  un  soggetto
titolare  di  reddito  d'impresa nell'ambito delle attivita' previste
dall'art. 2195  del codice civile; inoltre, il giudice rimettente non
si  sofferma  sulla qualificazione del ricorrente come imprenditore o
come  esercente attivita' di lavoro autonomo, con conseguente difetto
di motivazione in ordine alla rilevanza (ordinanza n. 61 del 2007);
        che,  in  terzo  luogo,  il  rimettente  non  indica in quale
direzione    la    norma   censurata   dovrebbe   essere   dichiarata
incostituzionale; quindi, la domanda rivolta dal giudice rimettente a
questa  Corte  non  e'  precisa  e  determinata (ordinanza n. 123 del
2007);
        che,   in  conclusione,  la  questione  di  costituzionalita'
sollevata  va dichiarata manifestamente inammissibile, non risultando
chiaramente  ne'  le  disposizioni oggetto di censura, ne' la domanda
avanzata, e mancando la motivazione in ordine alla qualificazione del
ricorrente  come  imprenditore  o  come esercente attivita' di lavoro
autonomo.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti
alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara    manifestamente    inammissibile   la   questione   di
legittimita'   costituzionale  dell'art. 2  del  decreto  legislativo
15 dicembre  1997,  n. 446  (Istituzione dell'imposta regionale sulle
attivita'  produttive,  revisione  degli  scaglioni, delle aliquote e
delle   detrazioni   dell'Irpef  e  istituzione  di  una  addizionale
regionale  a  tale  imposta,  nonche'  riordino  della disciplina dei
tributi  locali), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 23, 24 e
53  della  Costituzione,  dalla Commissione tributaria provinciale di
Bologna con l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 18 giugno 2007.
                         Il Presidente: Bile
                        Il redattore: Cassese
                      Il cancelliere: Fruscella
    Depositata in cancelleria il 21 giugno 2007.
                      Il cancelliere: Fruscella
07C0851