N. 428 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 aprile 1999
N. 428 Ordinanza emessa il 29 aprile 1999 dalla Corte militare di appello nel procedimento penale a carico di Valdrighi Alessandro ed altro Reati militari - Reati puniti con la pena della reclusione militare non superiore nel massimo a sei mesi - Procedibilita' condizionata alla richiesta del comandante di corpo - Preclusione della richiesta nell'ipotesi in cui per lo stesso fatto sia stata gia' inflitta la sanzione disciplinare della consegna di rigore - Mancata previsione - Irragionevolezza, posta la preclusione dell'irrogazione della sanzione disciplinare quando sia stato gia' richiesto il procedimento penale - Lesione dei diritti inviolabili dell'uomo. (C.P.M.P., art. 260, secondo comma). (Cost., artt. 2 e 3).(GU n.36 del 8-9-1999 )
LA CORTE MILITARE DI APPELLO Ha pronunciato in pubblica udienza la seguente ordinanza nel procedimento a carico di: 1) Valdrighi Alessandro, nato il 5 ottobre 1975 a Vigevano (Pavia), ivi residente in via Beccaria n. 24, soldato, libero; 2) Cifrodelli Fabio, nato il 29 febbraio 1976 a Wiesbaden (Germania), residente a Saltrio (Varese) in via Tinello n. 3, soldato libero, per i reati di: A) concorso in percosse continuate (art. 110 e 81 c.p., 222 C.p.m.p.); B) concorso in ingiuria continuata (artt. 110 e 81 cpv. c.p., 226 C.p.m.p); C) concorso in minaccia aggravata (art. 110, c.p., 229, comma 1 e 3 C.p.m.p. e 339 c.p.). Fatto e diritto All'esito di una complessa vicenda processuale Valdrighi Alessandro e Cifrodelli Fabio sono sottoposti al giudizio di questa Corte per i reati di concorso in percosse continuate e concorso in ingiuria continuata, reati perseguibili a richiesta del comandante di corpo ai sensi dell'art. 260, comma 2, c.p.m.p., nonche' per il reato di concorso in minaccia aggravata, reato perseguibile di ufficio, in forza della contestazione dell'aggravante, di cui all'art. 339 c.p. relativa al "modo simbolico" della minaccia. Nei motivi di appello il difensore ha tuttavia contestato, con argomenti che non appaiono prima facie infondati, la sussistenza dell'aggravante: ne consegue che anche per tale reato rileva accertare se il comandante di corpo abbia proposto, in relazione ai fatti per cui si procede, una valida richiesta di procedimento. Con la sentenza in data 4 marzo 1997 (confermata dalla Corte militare di appello, sez. dist. in Verona, in data 21 maggio 1998) il tribunale militare di Padova ha ritenuto illegittima la richiesta formulata dal comandante di corpo il 23 agosto 1995 ed ha conseguentemente dichiarato il non doversi procedere nei confronti degli imputati. Il tribunale, rilevato che la richiesta era stata proposta dal comandante dopo che questi aveva disposto, per gli stessi fatti, la consegna di rigore, rispettivamente di giorni dieci e di giorni sette, nei confronti di Valdrighi e Cifrodelli, ha ritenuto sussistente in materia un principio di ne bis in idem, che conduce alla alternativita' fra la sanzione penale e la sanzione disciplinare. Pur essendo previsto espressamente, nel regolamento di disciplina militare (approvato con d.P.R. 18 luglio 1986, n. 545) che il comandante di corpo e' obbligato ad instaurare il procedimento disciplinare per tutti i fatti punibili con la consegna di rigore, nel cui ambito sono compresi i reati con pena non superiore a sei mesi di reclusione militare, la sanzione disciplinare non e' piu' irrogabile quando sia stato chiesto il procedimento penale (art. 65, comma 7, lett. a). Questa regola non avrebbe senso se non ammettendo la reciproca: che non puo' piu' essere chiesto il procedimento penale quando sia stata irrogata la sanzione disciplinare. La Corte di cassazione non ha condiviso tale prospettazione e, ritenendo che la preclusione all'azione penale e' istituto di carattere eccezionale che deve costituire oggetto di espressa previsione legislativa, ha annullato la sentenza impugnata (della Corte militare di appello, sez. dist. in Verona) ed ha ordinato la trasmissione degli atti a questa Corte. Nel presente giudizio di rinvio la questione interpretativa concernente la validita' della richiesta di procedimento proposta dopo l'irrogazione della consegna di rigore per gli stessi fatti non puo' piu' essere posta in discussione, dovendosi applicare il principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione: ritiene tuttavia il collegio che sia rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 260 c.p.m.p., nella parte in cui non preclude la proposizione della richiesta di procedimento, da parte del comandante di corpo, quando per lo stesso fatto e' stata gia' inflitta la sanzione disciplinare della consegna di rigore. Va anzitutto osservato, al riguardo, che la previsione di cui all'art. 65, comma 7, lett. a) reg. disc. mil. (riprodotta in termini identici nella nota introduttiva all'elenco dei "Comportamenti che possono essere puniti con la consegna di rigore: all. C allo stesso regolamento), secondo cui con la sanzione della consegna di rigore possono essere puniti anche fatti previsti come reato, ma solo nei casi nei quali "il comandante di corpo non ritenga di richiedere il procedimento, nell'ambito delle facolta' concessegli dalla legge penale", risponde alla ratio di stabilire - in deroga alla normale cumulabilita' fra sanzione penale e sanzione disciplinare - l'alternativita' fra la sanzione penale e la sanzione disciplinare della consegna di rigore. L'aver stabilito una regola del tutto peculiare per la sola consegna di rigore non appare arbitrario, considerato il singolare carattere di tale sanzione, che, ai sensi dell'art. 14, comma 5, della legge 11 luglio 1978, n. 382, "comporta il vincolo di rimanere, fino al massimo di quindici giorni, in apposito spazio dell'ambiente militare - in caserma o a bordo di navi - o nel proprio alloggio, secondo le modalita' stabilite dal regolamento di disciplina". Pur essendo stata espressa anche l'opinione che tale sanzione comporti una limitazione soltanto alla liberta' morale del soggetto, secondo la tesi dominante la consegna di rigore va configurata come sanzione restrittiva della liberta' personale; appare comunque indubbio che la consegna di rigore, cosi' come la sanzione penale, incide su aspetti essenziali della liberta' individuale ed ha quindi, sostanzialmente, lo stesso contenuto afflittivo. La possibilita' di una applicazione congiunta della sanzione penale e della consegna di rigore comporterebbe quindi una inammissibile compressione della liberta' individuale dell'autore dell'illecito che, per lo stesso fatto, sarebbe punito due volte con sanzioni di contenuto analogo. In questi termini questa Corte ravvisa un contrasto con l'art. 2 della Costituzione che riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo. Se quella sopra indicata e' la ratio della previsione di cui all'art. 65, comma 7, lett. b) del reg. disc. mil., appare anche contrastante con il principio di razionalita' (ai sensi dell'art. 3 Cost.) l'aver stabilito l'inammissibilita' di una applicazione cumulativa delle due sanzioni solo quando sia prima formulata la richiesta di procedinento ex art. 260 c.p.m.p. e non nel caso inverso. In questo modo il cumulo fra consegna di rigore e sanzione penale sarebbe o meno consentito, in relazione ad una circostanza accidentale quale quella relativa ai tempi di definizione del procedimento disciplinare. Cosi' il comandante potrebbe irrogare, purche' lo faccia nel termine massimo di trenta giorni (previsto dall'art. 260 c.p.m.p.), quella sanzione disciplinare che dopo la proposizione della richiesta di procedimento gli sarebbe preclusa. La razionalita' della disciplina normativa non e' assicurata dalla previsione (art. 65, comma 7, lett. b) secondo cui possono essere puniti con la consegna di rigore anche i fatti che abbiano determinato un "giudizio" - nella nota introduttiva all'allegato C: "giudicato" - penale a seguito del quale sia stato instaurato un procedimento disciplinare. Dalla stessa norma si desume, anzitutto, che in questo caso, e in deroga al principio di cui all'art. 58, ultimo comma, reg. disc. mil., l'azione disciplinare non e' obbligatoria ma facoltativa. Inoltre, e soprattutto, se si condivide l'assunto secondo cui e' inammissibile punire uno stesso fatto, sia pure nell'ambito di procedimenti (penale e disciplinare) aventi diversa natura e finalita', con piu' sanzioni aventi uno stesso contenuto limitativo della liberta' individuale, l'intera previsione in ultimo citata dovrebbe ritenersi contraria alla Costituzione (mentre e' ovvio che nessun dubbio appare determinato dalla possibilita' di un cumulo fra sanzione penale e la c.d. "sanzione disciplinare di stato"). Nel presente procedimento gia' e' stata sollevata una questione di legittimita' costituzionale (dichiarata manifestamente infondata dalla Corte costituzionale con ordinanza 9 dicembre 1996, n. 396), in relazione, tuttavia, a profili del tutto diversi da quelli presi qui in considerazione. In quel caso, anzi, la rilevanza della questione era espressamente affermata in relazione alla ritenuta illegittimita' della richiesta di procedimento nel caso di specie. La rilevanza della dedotta questione di costituzionalita' ai fini della definizione del presente procedimento appare evidente: nel caso di accoglimento della medesima la richiesta formulata il 23 agosto 1995 dovrebbe essere ritenuta illegittima e dovrebbe pertanto essere dichiarato il non doversi procedere, nei confronti degli imputati, per i reati di concorso in percosse continuate e concorso in ingiuria continuata e, se l'appello del difensore relativo alla aggravante dovesse essere ritenuto fondato, anche per il reato di concorso in minaccia aggravata.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 2 e 3 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 260, comma 2 c.p.m.p., nella parte in cui non preclude la proposizione della richiesta di procedimento, da parte del comandante di corpo, quando per lo stesso fatto e' stata gia' inflitta la sanzione disciplinare della consegna di rigore. Dispone la sospensione del procedimento in corso e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Ordina che la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Roma, addi' 29 aprile 1999. Il presidente: Monica Il giudice estensore: Mazzi 99C0819