N. 429 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 aprile 1999
N. 429 Ordinanza emessa il 23 aprile 1999 dal giudice istruttore del tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra Duel S.r.l. e T.N.T. Express Worldwide S.p.a. Astensione e ricusazione del giudice - Giudice istruttore che, dopo la chiusura dell'istruzione, si sia pronunciato sulla richiesta di ordinanza ex art. 186-quater cod. proc. civ. (nella specie, rigettandola per intervenuta decadenza e condannando l'istante alle spese processuali) - Obbligo di astenersi dalla decisione della causa - Mancata previsione - Lesione del principio di imparzialita' del giudice e, conseguentemente, del diritto di difesa - Riferimento alle sentenze costituzionali nn. 341/1998, 326/1997 e 131/1996. (C.P.C., art. 51, n. 4). (Cost., art. 24).(GU n.36 del 8-9-1999 )
IL TRIBUNALE CIVILE E PENALE Nella causa n. 2478/97 r.g. promossa da Duel S.r.l. con gli avv.ti Maria Grazia Di Tondo e Remo Rusconi, attrice; Contro T.N.T. Express Worldwide S.p.a., con gli avv.ti Carlo Cigolini e Michele Tamburini, convenuta; Ha pronunciato la seguente ordinanza: F a t t o Con memoria autorizzata del 29 maggio 1998, l'attrice formulava istanza ex art. 186-quater c.p.c., questo giudice, con ordinanza, rigettava le istanze istruttorie proposte dalle parti in quanto inammissibili ed irrilevanti, accoglieva l'eccezione di decadenza sollevata dalla convenuta e, per l'effetto, respingeva l'istanza formulata dall'attrice condannandola al pagamento delle spese processuali. Le parti precisavano le conclusioni ed il giudice, disposto lo scambio delle sole comparse conclusionali, all'udienza di discussione ex art. 190-bis, capoverso, c.p.c., ne riservava la decisione. Proposta da questo giudice istanza di astensione al Presidente del tribunale per "gravi ragioni di convenienza" (art. 51, cpv., c.p.c.), la medesima veniva rigettata. Diritto e rilevanza della questione Questo giudice solleva d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 51, n. 4, c.p.c., nella parte in cui non prevede l'obbligo di astensione del giudice che abbia con ordinanza, deciso sull'istanza ex art. 186-quater c.p.c. e, nella specie, l'abbia rigettata per intervenuta decadenza dell'istante dal diritto, condannando quest'ultimo al pagamento, in favore dell'altra parte, delle spese processuali. Ritiene, infatti, il giudicante di non poter procedere alla pronuncia della sentenza - in funzione di giudice unico ex art. 190-bis c.p.c. - indipendentemente dalla deliberazione della questione di legittimita' costituzionale della norma enunciata, derivando dalla stessa l'obbligatorieta' o meno per questo giudice di astenersi dal giudizio. Infatti, nella fattispecie concreta, il g.i. ha respinto l'istanza ex art. 186-quater c.p.c. formulata dall'attrice, condannandola alla refusione delle spese processuali. Consegue che, ove ne ricorra l'obbligo, questo giudice ha il dovere di astenersi facendone espressa dichiarazione e dandone immediata notizia al capo dell'ufficio competente (art. 78, comma 2, disp. art.). Qualora, invece, non ricorra tale obbligo, deve proseguire nella fase decisoria della causa pronunciandosi con sentenza, atteso che questa non e' stata rinunciata ed il processo non si e', ad oggi, estinto. Non manifesta infondatezza La questione di legittimita' costituzionale della norma in esame deve essere valutata come non manifestamente infondata con riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione. Contrasto con l'art. 24 della Costituzione 1. - L'art. 51, n. 4 c.p.c., prevede l'obbligo del giudice di astenersi se ha avuto conoscenza della causa in altro grado del processo. La norma enunciata "e' funzionale al principio di imparzialita'-terzieta' della giurisdizione, che ha pieno valore costituzionale con riferimento a qualunque tipo di processo, in relazione specifica al quale, peraltro, puo' e deve trovare attuazione (Corte costituzionale sent. 27 ottobre-7 novembre 1997, n 326). Tale principio risponde all'esigenza di proteggere il giudizio del merito della causa dal pregiudizio effettivo o anche solo potenziale derivante da valutazioni emesse in occasione di provvedimenti adottati in un momento precedente. Il pericolo della compromissione dell'imparzialita' del giudice sussiste in concreto ove questi, "sia costretto, nel decidere, a ripercorrere l'identico itinerario logico precedentemente seguito" (Corte costituzionale, sent. 14-24 luglio 1998, n. 341). Cio' si verifica, in particolare, quando preesistono valutazioni di contenuto che cadono sulla stessa res udicanda ossia quando vi sia la duplicazione di giudizi, non meramente formali, della medesima natura, presso lo stesso giudice (Corte costituzionale, sent. 24 aprile 1996, n. 131). In questo caso sussiste, infatti, il rischio di un effettivo condizionamento del giudice in quanto "l'ambito della precedente cognizione e quello della successiva sono il medesimo" (Corte costituzionale n. 326/1997, citata). 2. - Ritiene questo giudice che, alla stregua dei principi enunciati, non sia manifestamente infondato il dubbio circa la costituzionalita' dell'art. 51, n. 4), c.p.c. nella parte in cui non prevede l'obbligo del giudice che abbia provveduto sull'istanza ex art. 186-quater c.p.c. - accogliendola o respingendola all'esito dell'esame del merito della controversia - di astenersi dalla decisione della causa. L'ordinanza successiva all'istruzione e', infatti, un provvedimento a cognizione piena - dal contenuto decisorio ed esecutivo - potenzialmente idoneo ad acquistare l'efficacia di sentenza. In particolare, la decisione in ordine all'istanza e' assunta quando il contraddittorio si e' sviluppato pienamente; inoltre, il giudice ha l'obbligo di valutare l'istruzione eventualmente svolta, tutti i documenti e le eccezioni sollevate dalle parti. L'art. 186-quater, comma 3, c.p.c. stabilisce, poi, che l'ordinanza "e revocabile con la sentenza che definisce il giudizio"; quindi, ove - come nel caso di specie - il processo non si estingua e la pronuncia della sentenza non sia rinunciata, il giudice e' tenuto ad esaminare nuovamente gli atti delle parti ed il materiale probatorio in base al quale ha emesso l'ordinanza. Cio' comporta la duplicazione di un giudizio contenutistico, della stessa natura, da parte del medesimo giudice. Diversamente, infatti, da quanto avviene con riferimento a provvedimento cautelare (che - rispetto alla decisione di merito - si fonda su diversi presupposti ed e' adottato all'esito dell'esame di diverso materiale probatorio), l'ordinanza e' funzionale alla soluzione anticipata - rispetto alla sentenza - della controversia, quindi la valutazione del giudice e' operata sulla medesima res judicanda. Appare, quindi logico presumere che possa esservi una naturale tendenza a mantenere, in sede di redazione della sentenza, il giudizio gia' espresso in altro momento decisionale - a cognizione piena del medesimo procedimento. Cio' determinerebbe la compromissione - che non si giustifica nemmeno in ragione della particolare funzione anticipatrice assolta dai provvedimento in esame - del principio dell'imparzialita' del giudice, con pregiudizio del diritto inviolabile alla difesa in ogni stato e grado del processo. Ne' puo' ritenersi che l'eventuale successiva precisazione delle conclusioni ed il deposito di comparse conclusionali, espressione dell'impulso paritario delle parti, possano efficacemente condizionare la conclusione del giudizio ed influire sul meccanismo psicologico che presiede alla formazione del convincimento del giudice. A parere di questo giudice, nel caso in esame, ricorrono, pertanto, tutte le condizioni necessarie per dover ritenere un'incompatibilita' endoprocessuale tale da rendere doverosa l'astensione. 3. - L'art. 51, capoverso, c.p.c. prevede invero l'obbligo dal giudice di richiedere al capo dell'ufficio l'autorizzazione ad astenersi in ogni caso in cui "esistano gravi ragioni di convenienza". Tale rimedio, peraltro, se ben si attaglia a tutti i casi in cui la sovrapposizione di giudizi e' meramente eventuale, non puo' trovare applicazione quando cio' avvenga, come nella fattispecie in esame, in via generale. 4. - Questo giudice, infine, e' consapevole che l'eventuale accoglimento della questione di costituzionalita' in esame potrebbe comportare notevoli difficolta' nella organizzazione degli uffici giudiziari: un giudice decidera' sull'istanza ex art. 186-quater c.p.c.; un diverso giudice redigera' la sentenza (salve le residuali ipotesi in cui l'ordinanza acquisti efficacia di sentenza). Il legislatore, nell'esercizio della sua insindacabile discrezionalita', con il d.-l. 21 giugno 1995, n. 238 (convertito con legge 20 dicembre 1995, n. 534), tra le varie ipotesi normative, ha optato per un'ordinanza che solo eccezionalmente acquista efficacia di sentenza. E' appena il caso di ricordare che il C.S.M. - nel parere deliberato nella seduta del 23 novembre 1995, in relazione al disegno di legge di conversione (tra l'altro) del d.-l. 21 giugno 1995 n. 238 - aveva auspicato l'adozione di una diversa ordinanza: "esaurita l'istruzione, su istanza di parte, il g.i. definisce il giudizio con ordinanza avente efficacia di sentenza". Tuttavia il giudice e soggetto soltanto alla legge ed ha l'obbligo di applicarla fino a che ritenga che non sia manifestamente infondato il dubbio del suo contrasto con una norma della Costituzione.
P. Q. M. Visti gli artt. 134 della Costituzione e 23 della legge n. 87/1953; Ritenutane la rilevanza e la non manifesta infondatezza in relazione all'art. 24 della Costituzione; Solleva d'ufficio la questione della legittimita' costituzionale dell'art. 51, n. 4), c.p.c., nella parte in cui non prevede l'obbligo di astensione del giudice che abbia, con ordinanza, deciso sull'istanza ex art. 186-quater c.p.c.; Sospende il presente giudizio; Manda alla cancelleria di provvedere alla immedata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Manda alla cancelleria di notificare la presente ordinanza alle parti ed al Presidente del Consiglio dei Ministri; Manda alla cancelleria di comunicare la presente ordinanza ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Milano, addi' 23 aprile 1999 Il giudice istuttore: Spera 99C0820