N. 638 ORDINANZA (Atto di promovimento) 21 novembre 1997- 14 agosto 1998
N. 638 Ordinanza emessa il 21 novembre 1997 (pervenuta alla Corte costituzionale il 14 agosto 1998) dal tribunale di Busto Arsizio nel procedimento civile vertente tra Gariboldi Lidia ed altre e comune di Busto Arsizio Espropriazione per pubblica utilita' - Criterio per la determinazione delle indennita' espropriative per la realizzazione di opere da parte o per conto dello Stato o di altri enti pubblici (media tra il valore dei terreni ed il reddito dominicale rivalutato, con la riduzione dell'importo cosi' determinato del quaranta per cento) - Estensione di detto criterio di valutazione anche alla misura dei risarcimenti dovuti per illegittime occupazioni acquisitive, con l'aumento dell'importo stesso del 10 per cento in considerazione della incostituzionalita' del precedente criterio dichiarata con sentenza n. 369/1996 - Ritenuta persistente inadeguatezza della nuova misura del risarcimento - Incidenza sul principio di uguaglianza e sul diritto di proprieta'. (Legge 8 agosto 1992, n. 359, art. 5-bis, comma 7-bis, aggiunto dalla legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 3, comma 65). (Cost., artt. 3, primo comma e 42, secondo comma).(GU n.38 del 23-9-1998 )
IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 1056/89 r.g. promossa da Gariboldi Lidia, Bellotti Velia, Bellotti Piera, con l'avv. G. Dal Molin, attrici, contro il comune di Busto Arsizio, con l'avv. G. Candiani, convenuto. Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 24 luglio 1989, Gariboldi Lidia, Bellotti Velia e Bellotti Piera, convenivano in giudizio il comune di Busto Arsizio al fine di ottenere il risarcimento dei danni per "accessione invertita" od occupazione appropriativa, pari al valore di mercato dei terreni all'epoca della loro irreversibile trasformazione per la realizzazione dell'opera pubblica, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi, nonche' ottenere l'indennita' di occupazione per il periodo di occupazione legittima, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi. Assumevano le attrici di essere proprietarie, in qualita' di eredi da Bellotti Antonio, di un'area sita in Busto Arsizio, di cui al mappale n. 25608, foglio n. 15, per una superficie complessiva di mq. 2882, 50; che, parte di detta area in data 25 novembre 1981 veniva occupata, in via d'urgenza, dal comune di Busto Arsizio, nell'ambito di un procedimento espropriativo in vista della realizzazione di una strada comunale; che, nonostante l'avvenuto completamento dei lavori, l'edificazione della strada e le reiterate richieste delle proprietarie, il comune non procedeva all'emissione del decreto di esproprio, ne' corrispondeva alle attrici le dovute indennita' di occupazione ed espropriazione. Si costituiva in giudizio il comune di Busto Arsizio, in persona del sindaco pro-tempore contestando tutto quanto ex adverso dedotto, facendo presente che tra le parti pendeva un bonario accordo per la compravendita degli immobili de quibus, ma che non era stato possibile stipulare il rogito notarile per l'esistenza di una ipoteca sull'immobile. Il comune chiedeva, quindi, il rigetto delle domande attrici ed, in via riconvenzionale, l'emissione di una sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. che tenesse luogo del consenso di vendere degli attori e disponesse il trasferimento dell'area in capo al comune. Nel corso del giudizio, il g.i., su istanza di parte convenuta, ordinava la chiamata in causa di Giovanni Bellotti, in quanto anch'egli avrebbe manifestato il proprio consenso alla vendita dei terreni nell'ambito della trattativa bonaria poi non riuscita. Successivamente risultava che Giovanni Bellotti era totalmente estraneo al giudizio pendente, inoltre, non essendo lo stesso stato citato da alcuna parte, il g.i. ordinava la cancellazione della causa dal ruolo. Il presente giudizio veniva riassunto con atto di citazione notificato il 7 novembre 1991 al convenuto che si costituiva nuovamente, deducendo le medesime censure gia' formulate con il precedente scritto difensivo. Nel corso del giudizio veniva disposta una c.t.u., indi il g.i., all'udienza del 26 giugno 1996 rimetteva la causa al collegio per la decisione sulle conclusioni sopra riportate. Con sentenza non definitiva depositata contestualmente alla presente ordinanza, il tribunale rigettava l'eccezione di prescrizione del diritto risarcitorio sollevata dal convenuto in comparsa conclusionale e disponeva la sospensione del giudizio rimettendo gli atti alla Corte costituzionale. Motivi della decisione Superata, come sopra accennato, l'eccezione di prescrizione del diritto risarcitorio, ritiene, il tribunale che, sulle principali domande delle parti, ossia quelle inerenti al risarcimento dei danni derivanti dall'"accessione invertita", non possa esprimersi giudizio meritale poiche' si profila questione rilevante e non manifestamente infondata di legittimita' costituzionale delle norme che risultano da applicarsi nel dirimere la controversia in ordine a tali domande. Risulta comprovato che il comune di Busto Arsizio ha occupato, in data 25 novembre 1981, in via d'urgenza, il terreno di proprieta' delle attrici ed ha ivi realizzato una strada comunale senza, peraltro, emettere, nell'ambito della procedura espropriativa, il decreto di esproprio. Ci si trova, pertanto, di fronte alla fattispecie, di creazione dottrinale giurisprudenziale, della c.d. "occupazione acquisitiva" ovvero accessione invertita. Il tribunale ha, quindi, il compito di determinare la somma che va attribuita alle attrici a titolo di risarcimento danni. Nel fare cio' non vi e' dubbio che si debba applicare l'art. 3, comma 65, legge 23 dicembre 1996, n. 662, con cui si aggiungeva un comma 7-bis, all'art. 5-bis, della legge n. 359/1992, gia' precedentemente modificato dall'art. 1, comma 65, legge 28 dicembre 1995, n. 549. La norma in questione, inserita nella legge di accompagnamento alla legge finanziaria del 1997 applica, alle espropriazioni illecite intervenute anteriormente al 30 settembre 1996, i criteri di determinazione dell'indennita' di cui all'art. 5-bis, comma 6, legge n. 359/1992, gia' precedentemente modificato dall'art. 1, comma 65, della legge finanziaria 28 dicembre 1995, n. 549, con esclusione della riduzione del 40%, e con l'aumento del 10% dell'importo, ripetendo la formula dell'applicazione di tale regola ai giudizi in corso non definiti con sentenza passata in giudicato. Tale normativa e' successiva alla pronuncia della Corte costituzionale 2 novembre 1996, n. 369, che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale del comma 6 del citato art. 5-bis, come sostituito dall'art. 1, comma 65, legge 28 dicembre 1995, n. 549, pocosopra indicata, nella parte in cui applicava al risarcimento del danno i criteri di determinazione stabiliti per "il prezzo, l'entita' dell'indennizzo", cosi' indebitamente uniformando gli effetti patrimoniali di due fattispecie ontologicamente diverse quali l'espropriazione legittima e l'occupazione c.d. appropriativa. A giudizio del tribunale, neppure la successiva normativa (art. 3, comma 65, legge finanziaria 23 dicembre 1996, n. 662) va esente da ragionevoli dubbi di legittimita' costituzionale che, appunto, reclamano un nuovo scrutinio di costituzionalita'. In primo luogo, infatti, detta norma ripropone, surrettiziamente, lo stesso meccanismo di determinazione del risarcimento del danno, introdotto dalla precedente disciplina gia' dichiarata costituzionalmente illegittima, cosi' esponendosi alle stesse ragioni di perplessita' che ne avevano determinato la censura. L'ammontare del risarcimento dei danni da espropriazione illecita, infatti, viene fissata in misura pari all'indennizzo ex art. 5-bis, maggiorato del 10% e senza la riduzione prevista in caso di mancato accordo tra autorita' pubblica e proprietario. Il legislatore ha ritenuto, cosi' facendo, di adeguarsi ai principi enunciati nella sopra citata pronuncia della Corte costituzionale, evitando l'equiparazione tra indennita' e risarcimento mediante l'aggiunta di quel "poco di piu'", considerato sufficiente a ripristinare l'equilibrio economico delle posizioni in conflitto. In realta', a parere di questo tribunale, la nuova disciplina si pone ancora in contrasto: a) con l'art. 3, primo comma, Cost., per l'ingiustificata parificazione che si viene a creare tra proprietari di beni che vengono legittimamente espropriati e quelli che vengono illecitamente ablati per effetto di accessione invertita, non potendosi ritenere che l'esigua differenza del 10% di cui all'art. 5-bis, comma 7-bis, legge n. 662/1996, possa realizzare un adeguato risarcimento per il privato; b) con l'art. 42, comma secondo, Cost., non apprestando la norma in questione una adeguata tutela al diritto di proprieta' sacrificato. Le considerazioni sopra espresse costituiscono, a giudizio del tribunale, i principali motivi per officiosamente, rilevare la non manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' dell'art. 5-bis, comma 7-bis, legge n. 662/1996, gia' oggetto, peraltro di esame anche da parte di altre a.g. (Corte d'appello di Torino, 11 febbraio 1997; Corte d'appello di Reggio Calabria, 27 gennaio 1997). Va disposta, quindi, la sospensione del processo e date le ulteriori provvidenze di cui in dispositivo, come per legge.
P. Q. M. Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5-bis, comma 7-bis, della legge 8 agosto 1992, n. 359, aggiunto dall'art. 3, comma 65, legge 23 dicembre 1996, n. 662, per violazione degli artt. 3, primo comma e 42, secondo comma della Costituzione; Dispone la sospensione del processo; Si trasmetta alla Corte costituzionale; si notifichi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e si comunichi ai Presidenti del Senato e della Camera di deputati nonche' alle parti. Busto Arsizio, addi' 21 novembre 1997 Il presidente: Ruccia Il giudice estensore: Marchegiani 98C1036