N. 75 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 ottobre 1989
N. 75 Ordinanza emessa il 12 ottobre 1989 dal tribunale regionale di giustizia amministrativa di Trento sul ricorso proposto dalla S.p.a. Porto Arco c/sindaco del comune di Arco Edilizia e urbanistica - Provincia di Trento - Piano urbanistico provinciale - Aree di protezione dei laghi - Imposizione di vincoli o limiti specifici temporalmente illimitati di destinazione a fini di utilizzazione sociale, con preclusione di interventi di trasformazione urbanistica ed edilizia a fini privati - Asserita natura espropriativa di detti vincoli, senza le garanzie del "giusto procedimento" - Richiamo alle sentenze della Corte nn. 55/1968, 92/1982, 1164/1z988 e 143/1989. (Legge della provincia autonoma di Trento 9 novembre 1987, n. 26, art. 9, terzo comma, prima parte, in relazione all'art. 9, secondo comma, stessa legge). (Cost., art. 42).(GU n.9 del 28-2-1990 )
IL TRIBUNALE REGIONALE DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 70/1988 proposto dalla Porto Arco S.p.a., in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dagli avv.ti prof. Giuseppe Abbamonte, Ivone Cacciavillani e Lorenzo Savorana, ed elettivamente domiciliata presso il terzo, in Trento, via Grazioli, 31, contro il comune di Arco, in persona del sindaco pro-tempore rappresentato e difeso dall'avv. Marco Dalla Fior ed elettivamente domiciliato presso lo stesso, in Trento, via Oss Mazzurana, 72, per l'annullamento del provvedimento del sindaco di Arco di data 21 dicembre 1987 n. 1987, avente ad oggetto diniego di concessione edilizia per la costruzione di una strada; nonche' di tutti gli atti comunque presupposti e/o connessi con quello impugnato; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune di Arco; Viste le memorie peodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Uditi alla pubblica udienza del 14 luglio 1989 il relatore consigliere Giaccardi e uditi, altresi', gli avv.ti Savorana e Cacciavillani per la ricorrente e l'avv. Dalla Fior per l'amministrazione resistente; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue; F A T T O Con ricorso notificato il 17 febbraio 1988 la S.p.a. Porto Arco impugnativa, chiedendone l'annullamento, il provvedimento del sindaco di Arco di cui in epigafe, recante diniego di concessione edilizia per la costruzione di una strada a servizio di una lottizzazione in zona turistico-residenziale, per contrasto del previsto intervento con l'art. 9 delle norme di attuazione del piano urbanistico provinciale, approvato con legge provinciale 9 novembre 1987, n. 26, che qualifica la zona in questione con "area di protezione dei laghi", consentendone la trasformazione urbanisitca solo per destinazioni finalizzate a pubblico interesse. Premesso che, con delibera consiliare 4 agosto 1986, n. 81, il comune di di Arco ebbe ad approvare un piano di lottizzazione relativo ad aree di proprieta' del ricorrente in riva al lago di Garda, contemplate fra l'altro la costruzione di un porto turistico; che detto piano fu altresi' approvato dalla giunta provinciale con deliberazione in data 29 settembre 1986, a seguito della quale venne regolarmente stipulata la convenzione di lottizzazione; ed infine che la strada oggetto dell'impugnato diniego di concessione edilizia era puntualmente prevista dal menzionato strumento urbanistico attuativo, la ricorrente deduce, quale unico motivo di gravame, l'illegittimita' derivata dalla illegittimita' costituzionale che affliggerebbe la disposizione di legge (art. 9 legge provinciale n. 26/1987) addotta come preclusiva dell'attuazione dell'intervento-lottizzatorio e costituente unico presupposto dell'impugnato diniego di concessione. Nel richiamare integralmente analoga questione di legittimita' costituzionale gia' sollevata da questo tribunale (ordinanza n. 37/88 del 3 febbraio 1988) con riguardo all'art. 14 della legge provinciale 2 marzo 1964, n. 2, e all'art. 21 del decreto del Presidente della Repubblica 22 marzo 1974, n. 381 (norme parimenti denunziate di incostituzionalita' anche in questa sede, in quanto costituenti "presupposto" di quella denunziata in via principale), la ricorrente assune che l'approvazione del piano urbanistico provinciale di Trento con atto legislativo comporterebbe, da un lato, la sottrazione degli atti del procedimento pianificatorio al naturale controllo del giudice amministrativo, con conseguente lesione della tutela giurisdizionale garantita nei confronti degli atti amministrativi dall'art. 113, primo comma, della Costituzione, e dall'altro comporterebbe violazione del principio di eguaglianza ex art. 3, primo comma, della Costituzione stante la ingiustificata disparita' di trattamento esistente, quanto alla possibilita' di tutela giurisdizionale nei confronti di omologhe prescrizioni urbanistiche lesive, tra i proprietari di aree in provincia di Trento e i proprietari di suoli localizzati nel restante territorio nazionale. La ricorrente conclusiva, pertanto, chiedendo l'annullamento del provvedimento impugnato, previa sospensione del giudizio e rimessione degli atti alla Corte costituzionale per la definizione del dedotto incidente di costituzionalita'. Si costituiva in giudizio l'intimato comune di Arco, eccepende pregiudizialmente l'inammissibilita' e/o improcedibilita' del ricorso (sul presupposto dell'omessa tempestiva impugnazione da parte della ricorrente della deliberazione della giunta provinciale n. 1152 di data 24 febbraio 1987, con la quale e' stato adottato il piano urbanistico provinciale e dalla quale scaturisce l'obbligatoria applicazione delle misure di salvaguardia) e chiedendone comunque la reiezione nel merito, previa declaratoria di manifesta infondatezza della dedotta questione di costituzionalita'. Alle eccezioni ex adverso la ricorrente ha replicato con memorie illustrative depositate il 13 ottobre 1988 e 3 luglio 1989, e successive note d'udienza del 14 luglio 1989, insistendo preliminarmente per la riunione del presente ricorso con altro (n. 206/1987) proposto dalla stessa ricorrente nei confronti della deliberazione provinciale n. 1152/1987, di adozione del progetto di revisione del piano urbanistico provinciale, ed insistendo quindi per la sospensione di ambedue i giudizi in relazione alla dedotta questione di costituzionalita' (di cui si ridadisce la non manifesta infondatezza, nonostante la Corte costituzionale abbia, nelle more, respinto con sentenza 8-21 marzo 1989, n. 143, analoga questione gia' sollevata da questo tribunale con ordinanza n. 37/1988). In esito a discussione orale, alla pubblica udienza del 14 luglio 1989, la causa e' stata ritenuta in decisione. D I R I T T O 1. - Preliminarmente deve essere disattesa l'eccezione di inammissibilita'-improcedibilita' del ricorso sollevata in memoria del resistente del comune di Arco, essendo infondato in quanto di fatto il presupposto dal quale la stessa trae origine: che, cioe' la ricorrente non abbia a suo tempo impugnato la deliberazione della giunta provinciale n. 1152 di data 24 febbraio 1987, con la quale fu adottato il progetto di revisione del piano urbanistico provinciale successivamente approvato con legge provonciale n. 26/1987. La predetta deliberazione e' stata infatti impugnata dall'odierna ricorrente con separato ricorso (n. 207/1987), chiamato anch'esso in discussione alla pubblica udienza del 14 luglio 1989, per il quale e' in atti istanza di riunione al presente gravame. In ogni caso, al collegio non paiono fondate neppure in linee di diritto le argomentazioni sviluppate in memoria dalla difesa del comune circa i rapporti configurabili tra le predette impugnative. Ed infatti, mentre e' da condividersi l'assunto relativo alla diretta ed immediata impugnativa della deliberazione di adozione del piano urbanistico provinciale, sulla scorta di un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale relativo alla generalita' degli strumenti urbanistici (cfr. per tutte Consiglio di Stato, adunanza plenaria, 16 giugno 1978, n. 17), non altrettanto puo' dirsi con riguardo all'asserita perdurante procedibilita' del gravame, una volta che l'iter procedimentale di formazione si sia completato con la definitiva approvazione del piano mediante legge provinciale. A partire da tale data, infatti, la delibera di adozione risulta interamente assorbita dal sopravvenuto atto legislativo, il quale evidentemente non puo' essere coinvolto (ne' tanto meno travolto) dall'eventuale prununzia del giudice amministrativo. Ne', d'altra parte, nel giudizio proposto avverso gli atti del procedimento di formazione del piano potrebbe assumere rilevanza un'eventuale questione di legittimita' costituzionale della legge di approvazione: una tale questione, al contrario, puo' se mai venire in considerazione nel giudizio relativo all'impugnazione di atti successivi all'approvazione legislativa (quale, ad esempio, il diniego di concessione edilizia di cui al presente ricorso), che su di essa si fondino, e non gia' con riguardo ad atti antecedenti all'entrata in vigore della legge, destinati ad esaurire la loro efficacia (interinale) all'interno del procedimento di cui fanno parte. Ne discende che, mentre da un lato va dichiarata (con separata sentenza) la sopravvenuta improcedibilita' del ricorso n. 206/1987 in ragione dell'entrata in vigore della legge di approvazione del piano urbanistico provinciale, d'altro lato va ritenuta l'ammissibilita' e procedibilita' del presente ricorso (n. 70/1988) che, denunziando di illegittimita' costituzionale il predetto atto legislativo, mira a conseguire in via derivata l'annullamento del provvedimento di diniego di concessione edilizia che assume lo stesso quale unico presupposto. 2. - Nel merito, la ricorrente deduce, con l'unico motivo di gravame, l'illegittimita' costituzionale degli artt. 9 della legge provinciale n. 26/1987, 14 della legge provinciale n. 2/1964 e 21 del d.P.R. n. 381/1974, in relazione agli artt. 113, primo comma, e 3, primo comma, della Costituzione, sul presupposto che l'approvazione del piano urbanistico provinciale con atto legislativo privi i soggetti lesi dalla tutela giurisdizionale garantita nei confronti degli atti amministrativi ed ingeneri ingiustificata disparita' di trattamento tra i proprietari di aree in provincia di Trento e i proprietari di suoli localizzati nel restante territorio nazionale. La questione, pur rilevante in forza delle considerazioni svolte deve essere dichiarata manifestamente infondata alla luce della recente sentenza della Corte costituzionale 8-21 marzo 1989, n. 143, che ha rigettato un'identica questione di legittimita' costituzionale sollevata da questo tribunale con ordinanza 3 febbraio 1988, n. 37 (sia pure soltanto con riferimento alle citate norme della legge provinciale n. 2/1964 e del d.P.R. n. 381/1974 che prevedono che il piano urbanistico provinciale sia approvato con legge provinciale). Ne' le difese, scritte ed orali, svolte in giudizio da parte ricorrente dopo la citata pronunzia costituzionale introducono nuovi apprezzabili elementi di valutazione che non siano gia' "coperti" dalla decisione reiettiva, si' da indurre ad un meditato ripensamento della stessa. In particolare, la manifesta infondatezza della dedotta questione di costituzionalita' discende dal triplice rilievo: a) dell'assenza di una riserva costituzionale di attivita' amministrativa a favore degli organi della amministrazione, con conseguente ammissibilita' delle c.d. leggi-provvedimento (sia statali che regionali); b) dell'inerenza della garanzia di tutela giurisdizionale ex art. 113 della Costituzionale ai soli atti formalmente amministrativi (laddove per gli atti legislativi a contenuto particolare e concreto vige il diverso strumento di tutela previsto dall'art. 134 della Costituzione in relazione alla costituzionalita' delle leggi); c) della ragionevolezza della previsione relativa all'approvazione con legge dei piani urbanistici provinciali, in rapporto alla natura ad essi propria di piani di coordinamento, costituenti la manifestazione piu' elevata dell'indirizzo urbanistico della provincia, e come tali approvati con l'atto (legislativo) che esprime la suprena volonta' politica dell'organo direttamente rappresentativo della popolazione provinciale. 3. - La ritenuta manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' sollevata con riguardo alle fonti regolatrici del procedimento di formazione del piano urbanistico provinciale non esclude naturalmente (ed anzi implica, secondo la puntuale indicazione resa dalla Corte costituzionale nella sentenza citata) l'assoggettabilita' a giudizio di costituzionalita' della legge provinciale (n. 26/1987) con la quale il piano e' stato approvato, se e nella misura in cui la stessa presenti vizi sostanziali o procedimentali suoi propri (e non quindi come semplice riflesso, o conseguenza, della questione deducibile e in concreto dedotta nei confronti delle fonti normative che contemplano l'approvazione del piano con atto legislativo). Giova anzi sottolinare come la stessa sentenza costituzionale n. 143/1989 fornisca al riguardo alcune preziose enunciazioni, laddove la stessa, nel rimarcare le peculiari modalita' in cui si estrinseca la tutela (giurisdizionale e non) dei privati nei confronti di un atto di pianificazione territoriale assunto in forma di legge, indica altresi' nelle linee essenziali gli elementi contenutistici e procedimentali che debbono in concreto sussistere al fine di garantire la compatibilita' della legge di piano con il disegno costituzionale. Due indicazioni, in particolare, sembrano assumere un rilievo centrale anche ai fini del presente giudizio: da un lato il riferimento al principio del "giusto procedimento" (di cui, sia pure con formula velatamente dubitativa, la Corte sebra voler finalmente affermare la rilevanza costituzionale nell'ambito dell'art. 42, terzo comma, della Costituzione, quanto meno con riguardo quei momenti del complessivo intervento pubblico diretto a limitare il pieno godimento della proprieta' privata che si sostanzino nell'imposizione di vincoli o limiti specifici); dall'altro il rilievo, piu' volte ribadito, secondo cui nel sistema urbanistico della provincia di Trento il piano provinciale funge da piano territoriale di coordinamento (art. 6 della legge provinciale n. 2/1964) ed e', come tale, diretto di norma a porre vincoli soltanto nei confronti delle amministrazioni che debbono poi adottare, con atti amministrativi, gli strumenti urbanistici sottordinati a contenuto direttamente vincolistico, nei confronti dei quali i provati conservano intatta la possibilita' di tutela giurisdizionale. 4. - Alla stregua di tali enunciazioni precettive deve, pertanto, essere commisurata, in concreto, la leggittimita' costituzionale della specifica disposizione delle norme di attuazione del piani urbanistico provinciale (art. 9), che il sindaco di Arco ha ritenuto di per se' ostativa all'assentimento della richiesta concessione edilizia. La norma in esame, intitolata alle "aree di protezione dei laghi", sancisce al terzo comma, prima parte, che nelle aree di protezione (cartograficamente individuate ai sensi del precedente secondo comma) "sono consentite trasformazioni edilizie ed urbanistiche solo per destinazioni finalizzate al pubblico interesse, con esclusione di nuove attrezzature ricettive permanenti o temporanee". Non sembra contestabile che la trascritta disposizione, lungi dal costituire una semplice norma di indirizzo per la futura attivita' amministrativa di pianificazione comprensoriale e comunale contenga viceversa un vincolo puntuale e specifico, immediatamente gravante su aree esattamente individuate nei loro confini, sulle quali vengono inibiti specifici e topologicamente identificati interventi trasformativi. Ne', d'altra parte, sembra potersi affermare che il vincolo in tal guisa imposto di limiti ad esplicitare, in funzione ricognitiva, una qualita' gia' ontologicamente propria dei beni identificati quali "aree di protezione dei laghi", si' da ricondursi piuttosto alla materia della tutela ambientale e paesaggistica anziche' a quella della disciplina stricto sensu urbanistica, secondo un criterio distintivo emergente da ormai risalente giurisrudenza della Corte costituzionale (cfr., al riguardo, le sentenze nn. 55 e 56 del 1968). Basti considerare, in proposito, che gia' il primo comma dell'art. 9 in esame identifica un duplice ordine di finalita' cui assolve il regime di salvaguardia delle aree poste lungo le rive dei laghi, identificando accanto a fini di "conservazione ambientale" anche fini di "utilizzazione sociale". Appunto a questo secondo ordine di finalita', piuttosto che al primo, appare ispirata la censurata disposizione del successivo terzo comma, se e' vero che l'impatto ambientale di eventuali trasformazioni urbanistico-edilizie finalizzate a destinazioni di pubblico interesse (come tali non inibite dal legislatore provinciale) ben potrebbe risultare in definitiva maggiore rispetto a quello proprio di eventuali "nuove attrezzature ricettive permanenti o temporanee" che viceversa, in quanto destinate ad assolvere a finalita' privatistiche, sono state radicalmente escluse dalla norma di piano, sulla base di una tipica scelta discrezionale di indole squisitamente urbanistica. La valenza urbanistica e la portata immediatamente vincolistica della norma in esame sono quindi i due fattori qualificanti che inducono il collegio a dubitare della legittimita' costituzionale delle stessa: e cio' sotto un duplice profilo. 5. - Sul piano sostanziale l'art. 9, terzo comma, prima parte, delle norme di attuazione del piano urbanistico provinciale, approvato con legge provinciale n. 96/1987, senbra porsi in contrasto con l'art. 42, terzo comma, della Costituzione nella misura in cui, imponendo direttamente, di singole aree specificamente individuate ai sensi del precedente secondo comma, un vincolo termporalmente illimitato di destinazione a fini di utilizzazione sociale, e precludendo correlativamente qualsiasi intervento di trasformazione urbanistica ed edilizia a fini privati, integra gli estremi di un'espropriazione senza indennizzo, secondo l'orientamento ripetutamente espresso dalla Corte costituzionale con sentenze nn. 55/1968 e 92/1982. Sotto questo profilo, invero, sembra potersi cogliere un'ulteriore implicazione del richiamo ripetutamente operato dalla piu' recente sentenza n. 143/1989 della stessa Corte in merito alla natura di piano territoriale di coordinamento propria del piano urbanistico della provincia di Trento. Nulla quaestio fintanto che il piano legislativamente approvato si limiti ad assolvere alla propria istituzionale funzione di "assicurare l'unita' di indirizzo e l'organicita' di sviluppo della pianificazione di grado subordinato, indicando le zone soggette a tutela paesaggistica, la ripartizione del territorio provinciale in comprensori, la localizzazione delle strutture e delle infrastrutture, nonche' i vincoli di carattere generale" (cosi' Corte costituzionale n. 143/1989 cit.). Qualora, invece, il legislatore provinciale sia andato oltre i confini istituzionalmente propri della potesta' pianificatoria di coordinamento, imponendo su singole aree vincoli immediatamente operativi tali da sottrarre o menomare le pregresse facolta' di godimento e di utilizzazione del bene in rapporto alla sua naturale destinazione, non sembra che la fonte legislativa primaria possa, a pena di incostituzionalita', sottrarsi all'onere di delimitare nel tempo l'afficacia della propria previsione vincolistica (raccordando eventualmente la stessa agli ulteriori interventi pianificatori di livello sottordinato), ovvero alternativamente di contemplare la corresponsione di un'indennita' a favore dei proprietari delle aree indefinitamente vincolate. 6. - Un ulteriore profilo di incostituzionalita', coinvolgente non la sola previsione normativa in precedenza considerata, ma anche le previsioni degli allegati cartografici e della relazione illustrativa specificatamente riguardanti l'area di proprieta' della ricorrente, sembra sussistere, sempre in rapporto all'art. 42, terzo comma, della Costituzione, sotto il profilo della violazione del giusto procedimento (cui, come ricordato, la sentenza n. 143/1989 riconosce valore di garanzia costituzionale "in relazione ai procedimenti comportanti vincoli o limiti per i privati"). La mera previsione legislativa (art. 9, terzo comma, della legge provinciale n. 2/1964) di una fase partecipativa successiva all'adozione del progetto di piano da parte della giunta provinciale, nella quale i privati interessati possono formulare "osservazioni nel pubblico interesse", soddisfa bensi' alla garanzia procedimentale in discussione nei limiti in cui il piano provinciale funga effettivamente - ed esclusivamente - da piano territoriale di coordinamento diretto a porre vincoli soltanto nei confronti delle amministrazioni, che debbono quindi adottare, con propri atti amministrativi, gli strumenti urbanistici sottordinati dai quali scaturiranno i vincoli per i privati (cosi', espressamente, la sentenza Corte costituzionale n. 143/1989, che richiama sul punto la precedente sentenza n. 1164/1988). Qualora, invece, la legge-provvedimento contenga, come nella specie, specifiche prescrizioni a contenuto immediatamente vincolistico per i soggetti privati, lo sviluppo logico-argomentativo della citata giurisprudenza costituzionale sembrra condurre inevitabilmente al riconoscimento di piu' incisive ed efficaci garanzie idonee a recuperare, sul terreno del procedimento di formazione della strumento pianificatorio, la perdita di effettivita' a livello di tutela giurisprudenziale che inerisce alla forma legislativa dell'atto di approvazione. Tali garanzie procedimentali vanno ricercate, in particolare, nell'onere di notivazione da cui debbono essere sussidiate tutte le scelte pianificatorie a contenuto puntualmente vincolistico, ogni volta in cui le stesse si caratterizzano per la loro specifica incidenza, in senso peggiorativo per l'interessato, su determinate situazioni che siano meritevoli di particolare considerazione per la singolarita' del sacrificio imposto o per la preesistenza di aspettative ingenerate nel privato, quali ad esempio (ma non soltanto) quelle nascenti da una lottizzazione regolarmente appovata e convenzionata. Un tale onere di motivazione, affermato da costante giurispridenza con riguardo agli strumenti urbanistici generali approvati con atto amministrativo (cfr., tra le piu' recenti, Consiglio di Stato, IV, 19 febbraio 1988, n. 79; 17 gennaio 1989, n. 5, e 6 marzo 1989, n. 148), non sembra in verita' possa essere eluso dalla scelta dello strumento formale dell'atto legislativo, risultandone incise soltanto le modalita' attuative dei rispettivi mezzi di tutela, che nel caso in esame si ricondurranno, dopo l'avvenuta approvazione del piano, alla possibilita' di denunziarne in via incidentale l'illegittimita' costituzionale nell'ambito di un giudizio impugnatorio di successivi atti amministrativi che ne abbiano fatto applicazione. 7. - Nella specie, la titolarita' in capo alla societa' ricorrente di una qualificata posizione soggettiva, meritevole di particolare considerazione in ragione di pregressi affidamenti, discende da un duplice ordine di circostanze: da un lato, lo stesso piano urbanistico provinciale contemplava, nella stesura originariamente adottata con deliberazione 10 giugno 1985, n. 5252, una nuova infrastruttura portuale per la navigazione turistica localizzata in prossimita' della foce del fiume Sarca, conformemente alle previsioni dello strumento urbanistico comunale vigente (programma di fabbricazione del comune di Arco, approvato nel 1984) e di quello comprensoriale in itinere; d'altro lato, in attuazione di dette previsioni urbanistiche di livello superiore, con deliberazione 4 agosto 1986, n. 81, il consuglio comunale di Arco approvava un piano di lottizzazione convenzionata contemplante, sulle aree di proprieta' della ricorrente, un insediamento turistico-ricettvo comprensivo di un porto per la navigazione lacustre. Siffatta previsione insediativa risulta, per contro, totalmente cancellata in sede di adozione delle variazioni a piano urbanistico provinciale (deliberazione n. 1152 di data 24 febbraio 1987), ai sensi dell'art. 12 della legge provinciale n. 2/1964, dopo la avvenuta presentazione di osservazioni da parte degli interessati (ex art. 9, terzo comma) e l'avvenuta formulazione del parere da parte della commissione urbanistica provinciale ( ex art. 10). Ne' le osservazioni accolte, ne' il parere acquisito contenevano, peraltro, rilievi di sorta in ordine alla localizzazione dell'insediamento di cui trattasi, il cui stralcio appare viceversa frutto di autonome revirement da parte della giunta provinciale, motivato (nella relazione aggiuntiva, costituente allegato B della delibera n. 1152/1987, sub 4.23) da un asserito eccesso di strutture portuali di reale rilevanza provinciale, tale da richiedere "una razionale selezione all'interno del sistema complessivo", e da una piu' rigorosa politica di tutela ambientale, in particolare per i territori costieri gia' compromessi ed assoggettati a piu' forte pressione insediativa. Pare al collegio che una tale motivazione, per la sua genericita' ed apoditticita', per l'assoluta mancanza di riscontri obiettivi a carattere tecnico-documentale, ed infine per la sua intrinseca contraddittorieta' (l'inclusione dell'area di proprieta' della ricorrente fra quelle di protezione dei laghi non esclude, come gia' rilevato, la realizzabilita' di insediamenti finalizzati a pubblico interesse e nondimeno incompatibili con le esigenze di salvaguardia ambientale che si pretende voler tutelare), non sia idonea ad assolvere alla peculiaria funzione garantistica che ad essa compete con riguardo a scelte pianificatorie incidenti in modo puntuale su posizioni soggettive consolidate. Si tratta, in buona sostanza, di una pura e semplice scelta politica, legata verosimilmente al mutamento del quadro politico-istituzionale e dei rapporti di equlibrio all'interno dell'organo di governo provinciale: una scelta che, al fine di acquisire legittimazione giuridica, avrebbe dovuto esprimersi, quanto meno, in termini di trasparenza procedimentale tali da assicurare un'adeguata tutela delle posizioni soggettive private gia' consolidatesi in forza di scelte pregresse e che, in mancanza, non puo' sfuggire a rilievi di legittimita' costituzionale sotto il profilo, qui considerato, della violazione del principio del giusto procedimento. 8. - In forza delle premesse considerazioni, questo tribunale ritiene pertanto non manifestamente infondata (oltre che rilevante per le considerazioni scolte sub 1) la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, terzo comma, prima parte, in relazione al precedente secondo comma, delle norme di attuazione del piano urbanistico provinciale di Trento, approvato con legge provinciale 9 novembre 1987, n. 26, nonche' di tutte le inerenti previsioni, cartografiche e della relazione illustrativa riguardanti specificamente l'area di proprieta' della ricorrente di cui e' giudizio, in relazione all'art. 42, terzo comma, della Costituzione, sotto il duplice profilo della previsione di un intervento espropriativo senza indennizzo, e della violazione del principio del giusto procedimento nell'imposizione di vincoli specifici sulla proprieta' privata. La questione come sopra precisata deve pertanto essere rimessa all'esame della Corte costituzionale, previa sospensione del giudizio ai sensi dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.
P. Q. M. Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, terzo comma, prima parte, in relazione al precedente secondo comma, delle norme di attuazione del piano urbanistico provinciale di Trento approvato con legge provinciale 9 novembre 1987, n. 26, nonche' delle inerenti previsioni delle planimetrie e della relazione illustrativa facenti parte del piano anzidetto relativa alle aree di proprieta' della ricorrente di cui e' giudizio, in relazione all'art. 42, terzo comma, della Costituzione; Sospende il giudizio in corso ed ordina l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Manda alla segreteria di provvedere alla notificazione della presente ordinanza alle parti in causa, alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed al presidente della giunta provinciale di Trento e di darne comunicazione ai Presidenti delle due Camere del Parlamento ed al presidente del consiglio provinciale di Trento. Cosi' deciso in Trento, nella camera di consiglio del 12 ottobre 1989, in prosecuzione di quella del 14 luglio 1989. Il presidente: PERRI Il consigliere estensore: GIACCARDI Il consigliere: MARONI 90C0185