N. 78 ORDINANZA 11 - 18 marzo 1999

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale - Utilizzabilita' delle dichiarazioni rese nel corso
 delle indagini preliminari da imputati in procedimento  connesso  che
 si  avvalgano  in  dibattimento  della  facolta'  di non rispondere -
 Analoghe questioni gia' decise con sentenza n. 361/1998 - Esigenza di
 nuova valutazione della questione  da  parte  del  giudice  a  quo  a
 seguito  della  citata sentenza della Corte - Restituzione degli atti
 al giudice rimettente.
 
 (C.P.P. art. 513, secondo comma come modificato dalla legge 7  agosto
 1997, n. 267; legge n. 267/1997, art. 6, commi 2 e 5).
 
 (Cost., art. 3).
 
(GU n.12 del 24-3-1999 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Renato GRANATA;
 Giudici:  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.
 Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO,  dott.
 Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI
 MODONA,  prof.  Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nei  giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 513, comma 2,
 del codice di procedura penale, come modificato dalla legge 7  agosto
 1997,  n,  267  (Modifica  delle disposizioni del codice di procedura
 penale in tema di valutazione delle prove) e 6, commi 2  e  5,  della
 stessa  legge,  promossi  con ordinanze emesse il 22 ottobre 1997 dal
 Tribunale di Pordenone, il 15 gennaio 1998 dal Tribunale di Roma e il
 13 marzo 1998 dal Tribunale di Modena,  rispettivamente  iscritte  ai
 nn.  32,  349  e  423  del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn.  6,  21  e  24,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1998.
   Visto l'atto di costituzione di R.R. nonche' gli atti di intervento
 del Presidente del Consiglio dei Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 27 gennaio 1999 il giudice
 relatore Guido Neppi Modona.
   Ritenuto che il Tribunale di Pordenone, il Tribunale di Modena e il
 Tribunale  di  Roma  hanno  sollevato   questione   di   legittimita'
 costituzionale  dell'art.  513,  comma  2,  del  codice  di procedura
 penale, come modificato dalla legge 7 agosto 1997, n.  267  (Modifica
 delle  disposizioni  del  codice  di  procedura  penale  in  tema  di
 valutazione delle prove) e  dell'art.  6  della  medesima  legge,  in
 riferimento agli artt. 2, 3, 24, 101 e 112 della Costituzione;
     che  il  Tribunale  di  Pordenone  (r.o.  n. 32 del 1998) censura
 l'art.  513, comma 2, cod. proc. pen. nella parte  in  cui  subordina
 all'accordo  delle  parti  l'utilizzabilita' delle dichiarazioni rese
 nel corso delle indagini  preliminari  da  imputati  in  procedimento
 connesso  che  si  avvalgano  in  dibattimento  della facolta' di non
 rispondere, in riferimento agli artt. 2, 3, 101 e 112 Cost;
     che l'art. 6, commi 2 e  5,  della  legge  n.  267  del  1997  e'
 censurato   dal  medesimo  rimettente  nella  parte  in  cui,  per  i
 procedimenti in corso alla data di entrata  in  vigore  della  legge,
 prevede  che - ove le persone indicate nell'art. 513 cod. proc. pen.,
 gia' esaminate prima della novella, abbiano esercitato la facolta' di
 non  rispondere  e  poi, nuovamente citate, abbiano ancora esercitato
 tale facolta' - le dichiarazioni in precedenza  rese  possono  essere
 valutate  come  prova  dei  fatti  in  esse affermati solo se la loro
 attendibilita' e' confermata da elementi di prova che non siano stati
 acquisiti ai sensi del  previgente  art.  513  cod.  proc.  pen.,  in
 riferimento agli artt. 3, 24 e 112 Cost;
     che  in particolare, ad avviso del Tribunale di Pordenone, l'art.
 513 cod. proc. pen. violerebbe: l'art. 3 Cost., per la  irragionevole
 disparita'  di  trattamento rispetto alle situazioni, sostanzialmente
 analoghe, in cui gli elementi probatori  acquisiti  nel  corso  delle
 indagini  preliminari  siano irripetibili ai sensi dell'art. 512 cod.
 proc. pen., ovvero  quando  gli  imputati  in  procedimento  connesso
 ritrattino  o rifiutino di rispondere a singole domande; gli artt. 2,
 101 e 112 Cost., perche' consente alle parti di disporre della prova,
 in contrasto con i principi della  soggezione  del  giudice  soltanto
 alla  legge  e  della obbligatorieta' dell'azione penale, nonche' con
 l'esigenza di accertamento  del  fatto  storico  finalizzata  ad  una
 giusta decisione;
     che  l'art.  6,  commi  2  e  5,  della  legge n. 267 del 1997 si
 porrebbe in contrasto con gli artt. 3, 24 e  112  della  Costituzione
 per  la  irragionevole  disparita'  di  trattamento determinata dalla
 regola di valutazione introdotta con  la  disciplina  transitoria  in
 relazione  all'ipotesi  in cui gli altri elementi di prova che devono
 fungere da riscontro siano irripetibili ai sensi dell'art.  512  cod.
 proc.    pen.  e  perche'  introduce  un criterio di valutazione piu'
 rigoroso rispetto a quello previsto dall'art. 192 cod. proc. pen. per
 le dichiarazioni rese dai soggetti indicati nell'art. 513 cod.  proc.
 pen.  citati per la prima volta dopo l'entrata in vigore della legge:
 cosi' determinando  una  disparita'  di  trattamento  fra  situazioni
 analoghe, con pregiudizio della posizione delle parti;
     che  la  questione  e' stata sollevata dal Tribunale di Pordenone
 nel corso di un dibattimento nel quale erano state acquisite a  norma
 dell'art.  513  cod. proc. pen. previgente dichiarazioni rese durante
 le indagini preliminari da alcuni imputati in  procedimento  connesso
 che,  citati  a comparire prima dell'entrata in vigore della legge n.
 267 del 1997, si erano avvalsi della facolta' di  non  rispondere,  e
 che,  nuovamente  citati ai sensi del comma 2 dell'art. 6 della legge
 n.  267  del  1997,  si  avvalevano  ancora  della  facolta'  di  non
 rispondere;
     che il Tribunale di Roma (r.o. n. 349 del 1998) e il Tribunale di
 Modena  (r.o. n. 423 del 1998) censurano gli artt. 513, comma 2, cod.
 proc. pen. e 6, commi 2 e 5, della legge n. 267 del 1997 in relazione
 alla  mancata  estensione  della  regola  di  valutazione  probatoria
 contenuta   nel  comma  5  dell'art.  6  della  medesima  legge  alle
 dichiarazioni rese dai soggetti indicati  nell'art.  513  cod.  proc.
 pen.   che  si  avvalgono  in  dibattimento  della  facolta'  di  non
 rispondere al di fuori della situazione regolata dal  comma  2  della
 medesima   disposizione,   e   cioe'  nel  caso  in  cui  al  momento
 dell'entrata in vigore della predetta  legge  non  sia  stata  ancora
 disposta  la  lettura  delle  dichiarazioni  rese  in  precedenza, in
 riferimento agli artt. 3, 24 e 112 Cost;
     che secondo i rimettenti la norma  impugnata  contrasta  con  gli
 artt.  3  (r.o. nn. 349/1998 e 423/1998), 24 e 112 (r.o. n. 423/1998)
 Cost.,   perche',   precludendo   la   lettura    di    dichiarazioni
 legittimamente  acquisite  quando  non  era  possibile  prevederne la
 successiva  inutilizzabilita',  contrasta  sia  con  il  principio di
 ragionevolezza,  determinando  una  disparita'  di  trattamento   tra
 imputati in ragione di fattori meramente temporali quali lo stato del
 procedimento,  sia  con  il  principio  della  non  dispersione degli
 elementi di prova non compiutamente o  non  genuinamente  acquisibili
 con  il  metodo  orale,  cosi' eludendo il fine, proprio del processo
 penale, della ricerca della verita';
     che la questione e' stata  proposta  nel  corso  di  dibattimenti
 iniziati  prima  dell'entrata  in vigore della legge n. 267 del 1997,
 nei quali alcuni imputati di reati connessi,  sentiti  per  la  prima
 volta  dopo  l'entrata  in vigore della legge, si erano avvalsi della
 facolta'  di  non  rispondere  e  la  difesa  si  era  opposta   alla
 acquisizione dei verbali delle precedenti dichiarazioni;
     che in tutti i giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio
 dei  Ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
 Stato, riportandosi integralmente, stante l'analogia delle questioni,
 al  contenuto  dell'atto  di  intervento  relativo  ai   giudizi   di
 costituzionalita' promossi con le ordinanze iscritte ai nn. 776 e 787
 del r.o. del 1997, gia' decisi con sentenza n. 361 del 1998;
     che  nel giudizio relativo alla questione sollevata dal Tribunale
 di Roma  e'  intervenuto  l'imputato  R.R.,  rappresentato  e  difeso
 dall'avv.  prof. Franco Coppi e dall'avv. Massimo Biffa, i quali, con
 atto  depositato  il  16 giugno 1998, hanno concluso per la manifesta
 infondatezza della questione.
   Considerato che il Tribunale di Modena e il Tribunale di Roma,  pur
 impugnando   formalmente  anche  la  normativa  a  regime,  sollevano
 questioni  che  sostanzialmente  coinvolgono  la  sola   disposizione
 transitoria,  censurata  nella  parte  in  cui  consente la immediata
 applicabilita' nei giudizi in corso  dell'art.  513,  comma  2,  cod.
 proc.  pen., come modificato dalla legge n. 267 del 1997, fuori dalle
 ipotesi previste dal comma 2 dell'art. 6 della medesima legge;
     che, pur nella loro diversa articolazione, tutte  le  censure  di
 illegittimita'  costituzionale relative alla disposizione transitoria
 sono  riconducibili  alla  denuncia  della  irragionevolezza  di  una
 disciplina   che   assoggetta   la  valutazione  delle  dichiarazioni
 acquisite a norma dell'art. 513 cod. proc. pen. ad un nuovo  criterio
 di   giudizio,   ovvero  ne  subordina  l'utilizzazione  alle  regole
 introdotte dalla legge n.   267  del  1997,  in  base  al  mero  dato
 occasionale  che  al  momento  dell'entrata  in vigore della legge le
 dichiarazioni fossero gia' state acquisite mediante lettura;
     che tale disciplina determinerebbe ingiustificate  disparita'  di
 trattamento e la violazione dei principi della indefettibilita' della
 giurisdizione,  della obbligatorieta' dell'azione penale e del giusto
 processo;
     che la  censura  del  Tribunale  di  Pordenone,  prospettata  con
 riferimento al quadro normativo risultante dalle modifiche introdotte
 dalla  legge  n.  267  del  1997,  concerne  altresi'  il  regime  di
 inutilizzabilita' ai fini della decisione, in  mancanza  dell'accordo
 delle  parti,  delle  dichiarazioni  rese  nella  fase delle indagini
 preliminari dall'imputato in procedimento connesso che si avvalga  in
 dibattimento della facolta' di non rispondere;
     che i giudizi, attesa l'analogia delle questioni, vanno riuniti;
     che,  successivamente  alla  emissione  delle  ordinanze,  questa
 Corte, con sentenza n. 361 del 1998, ha inciso sul  quadro  normativo
 modificato dalla legge n. 267 del 1997, dichiarando la illegittimita'
 costituzionale,  tra l'altro, dell'art. 513, comma 2, ultimo periodo,
 del codice di procedura penale "nella parte in cui non  prevede  che,
 qualora  il dichiarante rifiuti o comunque ometta in tutto o in parte
 di rispondere su fatti concernenti la responsabilita' di  altri  gia'
 oggetto  delle sue precedenti dichiarazioni, in mancanza dell'accordo
 delle parti alla lettura si applica l'art. 500, commi 2-bis e 4,  del
 codice  di procedura penale", ed affermando, in relazione a questioni
 coinvolgenti le disposizioni transitorie, che doveva essere  valutato
 dai  giudici a quibus se le questioni potessero considerarsi superate
 a seguito della modifica della disciplina a regime, "che ora permette
 di recuperare mediante  il  sistema  delle  contestazioni  i  singoli
 contenuti narrativi delle dichiarazioni rese in precedenza";
     che  pertanto  occorre  restituire gli atti ai giudici rimettenti
 affinche' verifichino se, alla luce della  disciplina  applicabile  a
 seguito  della sentenza n. 361 del 1998, le questioni sollevate siano
 tuttora rilevanti.
                           per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi, ordina la restituzione degli atti  al  Tribunale
 di Pordenone, al Tribunale di Roma, al Tribunale di Modena.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'11 marzo 1999.
 Il Presidente: Granata
 Il redattore: Neppi Modoni
 Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 18 marzo 1999.
 Il direttore della cancelleria: Di Paola
 99C0275