N. 92 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 giugno 2017
Ordinanza del 22 giugno 2017 della Corte d'appello di Torino sull'istanza proposta da Pratico' Alessandro. Procedimento civile - Spese di giustizia - Provvedimento di revoca dell'ammissione al gratuito patrocinio - Impugnazione - Applicazione, in via interpretativa, della disciplina prevista per l'opposizione al decreto di pagamento - Competenza del capo dell'ufficio giudiziario al quale appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato. - Decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 ("Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia (Testo A)"), art. 170; decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 (Disposizioni complementari al codice di procedura civile in materia di riduzione e semplificazione dei procedimenti civili di cognizione, ai sensi dell'articolo 54 della legge 18 giugno 2009, n. 69), art. 15.(GU n.25 del 19-6-2019 )
CORTE D'APPELLO DI TORINO Il Presidente delegato alla trattazione del procedimento sommario R.G. n. 655/2017, ex art. 170 decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 e art. 15 del decreto legislativo n. 150/2011, nonche' art. 702-bis del codice di procedura civile, di opposizione alla revoca della ammissione al gratuito patrocinio e di diniego di liquidazione del compenso del difensore, promosso da IQBAL IMRAN, assistito dall'avv. Alessandro Pratico', il quale si e' presentato dinanzi al presidente delegato alla udienza fissata in data 20 giugno 2017, ore 10,30, depositando copie di cortesia e attestazione della notifica, mediante PEC, alla Avvocatura dello Stato - domiciliataria ex lege del Ministro della giustizia convenuto - del ricorso in opposizione e del decreto di fissazione della udienza, quest'ultimo emanato in data 4 aprile 2017; Rilevato che l'Avvocatura dello Stato di Torino non si e' costituita per il Ministero della giustizia convenuto che, pertanto, e' stato dichiarato contumace; Sciogliendo la riserva di cui al verbale della udienza del 20 giugno 2017; Ha emesso la seguente ordinanza; Ritenuto: che l'opponente IQBAL IMRAN era stato ammesso, con decreto in data 11 agosto 2016 (v.doc.11 opponente), dal Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Torino al gratuito patrocinio a spese dello Stato per proporre appello avverso l'ordinanza del Tribunale di Torino che rigettava il ricorso ex art. 35 del decreto legislativo n. 25/2008 avverso il provvedimento di diniego della protezione internazionale e umanitaria ex art. 5 decreto legislativo n. 286/89 emesso dalla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale; che il giudizio d'appello rubricato al n. 1449/2016 RG e' stato definito con sentenza del 27 gennaio 2017 (doc. 3 dell'opponente) dalla III sezione civile di questa Corte con cui e' stata rigettata l'impugnazione proposta da IQBAL IMRAN; che con decreto del 27 gennaio 2017 della stessa III sezione della Corte e' stata revocata l'ammissione al gratuito patrocinio ex art. 136 comma 2 decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 per essere stata esercitata l'azione quanto meno con colpa grave; che con altro decreto in pari data e' stata respinta la richiesta di liquidazione del compenso per il difensore dell'appellante avv. A. Pratico'; che l'opponente si oppone ad entrambi i decreti di cui sopra lamentando il difetto di motivazione e comunque l'erroneita' della revoca del gratuito patrocinio non rilevandosi alcuna colpa grave nel proposto appello, dato che i motivi di impugnazione della ordinanza del Tribunale di Torino non apparirebbero, a suo dire, ne' inammissibili ne' manifestamente infondati, anzi emergendo la loro consistenza, plausibilita' e ragionevolezza in relazione sia alla credibilita' dell'appellante e al suo percorso di integrazione sociale che alla situazione generale del paese di origine (Pakistan); che il sottoscritto, presidente della IV sezione civile della Corte d'appello di Torino, e' stato delegato dal Presidente della Corte, in base alle tabelle organizzative di quest'ultima, alla trattazione e decisione dei procedimenti di opposizione alla revoca della ammissione al gratuito patrocinio di una parte processuale con conseguente diniego di liquidazione del compenso al difensore di detta parte per l'attivita' giudiziale dal medesimo svolta, revoca adottata in questo caso dalla III sezione civile della Corte in composizione collegiale (ma lo stesso avviene per le revoche adottate dalle sezioni penali); che questo giudice ritiene che la norma ricavabile dal disposto di cui agli articoli 170 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115, nella sua attuale formulazione, dopo le modifiche introdotte dal decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150 e, in particolare, dall'attuale art. 15 di quest'ultimo decreto legislativo - che prevede la competenza di un giudice monocratico a pronunciarsi, in sede di opposizione, su un provvedimento collegiale - sia contraria, per la sua evidente irrazionalita', all'art. 3 della Costituzione nonche' ai principi di buona amministrazione, ex art. 97 Costituzione, che dovrebbero applicarsi anche alla organizzazione del servizio giustizia e, quindi, all'ordinamento giudiziario; che la questione di costituzionalita' appare rilevante nel procedimento in oggetto e non manifestamente infondata; Solleva d'ufficio la questione di costituzionalita' alla Corte costituzionale chiedendo che quest'ultima si pronunci sulla medesima per i seguenti motivi: Come noto l'art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 prevede che, avverso il decreto di pagamento emesso a favore dell'ausiliario del magistrato, del custode e delle imprese private cui e' affidato l'incarico di demolizione e riduzione in pristino, il beneficiario e le parti' processuali, compreso il pubbico ministero, possano proporre opposizione. L'opposizione e' disciplinata dall'art. 15 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150. Quest'ultimo articolo cosi' recita: «Le controversie previste dall'art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 sono regolate dal rito sommario di cognizione ove non diversamente disposto dal presente articolo. Il ricorso e' proposto al capo dell'ufficio cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento impugnato. Per i provvedimenti emessi da magistrati dell'ufficio del giudice di pace e del pubblico ministero e' competente il presidente del Tribunale. Per i provvedimenti emessi da magistrati dell'ufficio del pubblico ministero presso la Corte d'appello e' competente il presidente della Corte d'appello. Nel giudizio di merito le parti possono stare in giudizio personalmente. L'efficacia esecutiva del provvedimento impugnato puo' essere sospesa secondo quanto previsto dall'art. 5. Il presidente puo' chiedere a chi ha provveduto alla liquidazione o a chi li detiene, gli atti, i documenti e le informazioni necessari i fini della decisione. L'ordinanza che definisce il giudizio non e' appellabile.». Come si ricava agevolmente da quanto sopra riportato il procedimento di opposizione e' un vero e proprio giudizio (seppur con l'adozione del rito sommario) di impugnazione di un provvedimento giudiziale di liquidazione del compenso all'ausiliario del magistrato (giudicante o requirente, monocratico o collegiale) ed e' prevista la competenza specifica del presidente del Tribunale o della Corte d'appello in virtu' di «capi» (dizione che richiama quella del legge speciale n. 794/1942 l) dei rispettivi uffici giudiziari, per il primo anche per la sua vigilanza sui giudici di pace. Orbene tale procedimento - e la relativa competenza monocratica - pur non essendo espressamente previsto dalla legge, e' stato esteso dalla Suprema Corte di cassazione anche ai provvedimenti di revoca della ammissione al gratuito patrocinio (v. Cassazione sez. 1 sentenza n. 13807 del 23 giugno 2011 e Cassazione n. 8516/2012), configurandosi, la disposizione di cui all'art. 170 decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002 (al momento della decisione della Suprema Corte non ancora modificata) «.. un rimedio generale contro tutti i decreti in materia di liquidazione, che non sono provvedimenti definitivi e decisori, ma mere liquidazioni o rifiuti di liquidazione e, quindi, esperibile necessariamente contro un decreto del magistrato del processo che la rifiuti» (cosi' testualmente nella massima della decisione di cui sopra n. 13807/2011). Nella fattispecie il provvedimento di revoca della ammissione al gratuito patrocinio e' stato adottato da un collegio all'esito di un giudizio d'appello in cui e' stata rigettata, nel merito, (ma lo stesso varrebbe per la declaratoria di inammissibilita' o improcedibilita'), la domanda della parte ammessa al patrocinio e il provvedimento impugnato ha esaminato la inesistenza dei presupposti per l'ammissione e, soprattutto, ha espresso un giudizio di temerarieta' della azione proposta dalla parte ammessa al patrocinio, ovvero la sussistenza, in capo a quest'ultima parte, quanto meno, di una colpa grave nella proposizione della stessa impugnazione. Ora non vi puo' essere alcun dubbio che tale giudizio di merito appare profondamente diverso dalla liquidazione eventualmente errata delle competenze spettanti all'ausiliario del magistrato (o all'avvocato difensore di una parte ammessa al gratuito patrocinio), dato che il presidente del Tribunale o della Corte d'appello, in tali casi, ha, come termine di paragone e di riferimento, le tabelle o le tariffe in base alla quali e' stato emesso il provvedimento impugnato di liquidazione del compenso dell'ausiliario (o dell'avvocato). Tale termine di paragone o di riferimento non esiste nel giudizio sulla revoca della ammissione dato che quest'ultima trova la sua origine proprio nel giudizio di merito svoltosi dinanzi al magistrato (giudicante, monocratico o collegiale che sia) e di cui la revoca e' una diretta conseguenza, nel senso che le ragioni di questa - ancorche' trasposte in un provvedimento diverso (decreto o ordinanza) da quello che definisce il giudizio di merito (sentenza o altro provvedimento definitorio del processo di merito) - non sono scindibili dalle motivazioni che hanno portato al rigetto, nel merito, della azione promossa dalla parte ammessa al gratuito patrocinio. Ergo la impugnazione del provvedimento di revoca, ai fini della liquidazione del compenso del difensore (negato con la revoca), riguarda chiaramente anche le motivazioni del giudizio di merito e la opposizione alla revoca diventa cosi una surrettizia impugnazione del merito della controversia, risolta con provvedimento diverso e altrimenti impugnabile (con ricorso per Cassazione). Infatti basta leggere le motivazioni del ricorso in opposizione, oggetto del presente procedimento, per rendersi conto che questo giudice e' chiamato a pronunciarsi - seppur indirettamente - anche sul merito dell'appello (gia' rigettato con sentenza ricorribile solo in cassazione) e che, ove accolto, potrebbe sopportare le ragioni della parte ricorrente, appunto, in Cassazione avverso la sentenza (di merito) emessa dal collegio della lIl sezione civile di questa Corte. Appare allora del tutto evidente a questo giudice la irrazionalita' della disposizione che impone la competenza monocratica a decidere anche sulle revoche delle ammissioni al gratuito patrocinio provenienti da un organo collegiale, la cui decisione e' frutto di un giudizio di merito e che e' ricorribile presso la Suprema Corte. Lo scrivente si chiede, in particolare, in virtu' di quale particolare acume, esperienza o saggezza, la impugnazione di un provvedimento collegiale debba essere decisa (monocraticamente) dal «capo dell'ufficio» a cui appartiene il magistrato che ha emesso il provvedimento opposto invece che da un organo collegiale ? (diverso, per composizione, in caso di adozione del provvedimento da parte di un collegio, sia in primo che in secondo grado ove, peraltro, in quest'ultimo caso, la collegialita' e' la regola e non l'eccezione, come in Tribunale). La questione poi si complica ulteriormente a seconda del provvedimento che «contenga» la revoca della ammissione al gratuito patrocinio, perche' la Suprema Corte di cassazione, con la sentenza sez. 6-2 n. 7191 del 13 aprile 2016, ha affermato che la revoca dell'ammissione al gratuito patrocinio adottata con le sentenza che definisce la causa va impugnata con il rimedio ordinario dell'appello, senza che sia configurabile una separata opposizione ex art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002, sicche', ove quest'ultima procedura sia stata erroneamente instaurata, il ricorso per cassazione avverso il relativo provvedimento va dichiarato inammissibile attesa l'inammissibilita' dell'intero procedimento» (cosi' in massima). Di piu', la Suprema Corte a SS.UU ha recentemente statuito, con le sentenze n. 26907 e n. 26908 del 23 dicembre 2016, che «Spetta al giudice ordinario conoscere l'opposizione proposta ex art. 15 del decreto legislativo n. 150 del 2011, avverso il decreto di liquidazione del compenso in favore di un avvocato per l'attivita' da lui prestata nell'interesse di un soggetto ammesso al patrocinio a spese dello Stato in un procedimento svoltosi dinanzi al giudice amministrativo, atteso che quello la compenso e' un diritto soggettivo non degradabile ad interesse legittimo, ne' la menzionata disposizione, qualificabile come norma sulla competenza e non anche sulla giurisdizione, ha introdotto un'ulteriore, eccezionale ipotesi di giurisdizione esclusiva del giudica amministrativo che, peraltro, ove ricorresse, determinerebbe una diminuzione di tutela in quanto, giusto l'art. 111, comma 2, Cost., avverso le decisioni di quest'ultimo il ricorso per cassazione e' ammesso peri soli motivi inerenti alla giurisdizione» (cosi' in massima). Cio' significa che al capo dell'ufficio (presidente del Tribunale ove si trova la sede del TAR) e' devoluta la competenza - quale giudice monocratico - a decidere sulla opposizione alla liquidazione (e pero' anche sulla revoca della ammissione e al rifiuto di liquidazione) del compenso spettante al difensore di una parte ammessa al gratuito patrocinio ed effettuata da un organo collegiale amministrativo (il che significa che per le opposizioni avverso i provvedimenti - di revoca del gratuito patrocinio o dl liquidazione del difensore della parte ammessa a detto beneficio - adottati dal Consiglio di Stato sara' competente il Presidente della Corte d'appello di Roma !?). Se poi dovesse applicarsi, a tutti questi casi, la rigorosa pronuncia della Suprema Corte - adottata in tema di procedimento speciale ex articoli 28 e 29 della legge n. 794 del 1942 ma estensibile anche alle vigenti disposizioni, data l'identica ratio - di cui alla sentenza sez. 2 n. 27402 del 6 dicembre 2013, secondo la quale: «la competenza del "capo dell'ufficio" giudiziario adito per il giudizio, fissata dagli articoli 28 e 29 delle legge 13 giugno 1942, n. 794 per la liquidazione delle spese e dei compensi dell'avvocato nei confronti del proprio cliente in materia civile, ha natura funzionale e inderogabile con riferimento non solo all'ufficio ma anche alla persona del titolare di questo» (ovvero la competenza a decidere sulle opposizioni alle liquidazioni degli avvocati non sarebbe delegabile, da parte del presidente del Tribunale o della Corte, ad un presidente di sezione) - si comprende ancora di piu' la irrazionalita' della disposizione che si chiede venga dichiarata incostituzionale con l'affermazione della competenza collegiale per ogni provvedimento di revoca di ammissione al gratuito patrocinio che sia adottato da un giudice monocratico o collegiale (ed eventualmente estensibile anche alle opposizioni alle liquidazioni dei compensi). Si noti, peraltro, che lo stesso legislatore, in base all'art. 14 del decreto legislativo n. 150/2011, prevede espressamente che la liquidazione degli onorari e dei diritti spettanti all'avvocato per prestazioni giudiziali (dinanzi al Tribunale, e a maggior ragione dinanzi alla Corte d'appello) a favore di una parte non ammessa al gratuito patrocinio sia devoluta alla cognizione e decisione del Tribunale «in sede collegiale» (pur applicandosi il rito sommario come previsto anche nell'art. 15 del citato decreto legislativo). Quindi, ci si deve domandare: perche' la determinazione del compenso dell'avvocato difensore di una parte ammessa al gratuito patrocinio, ove questa ammissione sia revocata da un collegio, deve essere (invece) devoluta, in sede di' opposizione alla revoca, alla decisone di un giudice monocratico ? (quale «capo dell'ufficio» del giudice collegiale che ha emesso il provvedimento di revoca). La Corte costituzionale richiede sempre che il giudice remittente indichi quale potrebbe essere una interpretazione delle norme (denunciate di incostituzionalita') che renderebbe le stesse conformi alla Costituzione e questo giudice non si sottrae all'incombente, avendo anche proposto che, nella determinazione delle tabelle organizzative della Corte d'appello di Torino, si tenesse conto della abrogazione del 2° comma dell'art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115/2002, che prevedeva la competenza inderogabile monocratica e del rilievo che l'art. 15 comma 2° del decreto legislativo n. 150/2011 fa riferimento esplicito al presidente della Corte d'appello solo con riguardo ai decreti di liquidazione del compenso degli ausiliari emessi dal magistrato (singolo) dell'ufficio del pubblico ministero e non anche ai provvedimenti collegiali (che sono la regola in appello). Tuttavia una interpretazione costituzionalmente orientata ad una impugnazione di un provvedimento di revoca della ammissione al gratuito patrocinio (monocratico o collegiale) dinanzi ad un collegio (come avviene in Tribunale con i reclami avverso i provvedimenti cautelari o interdittali possessori o, in Corte d'appello, avverso i provvedimenti cautelari emessi da una sezione della Corte, reclamabili dinanzi a diversa sezione ex art. 669-terdecies del codice di procedura civile) presterebbe comunque il fianco ad una eccezione di nullita' per vizio di costituzione del giudice, come si ricava dalla sentenza della Suprema Corte, sez. 2 n. 4362 del 413/2015, secondo cui «la pronuncia sull'opposizione al decreto di liquidazione dei compensi agli ausiliari, ex art. 170 del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (nella formulazione, applicabile ratione temporis antecedente alle modifiche introdotte dall'art. 15 del decreto legislativo 1° settembre 2011, n. 150) spetta alla competenza funzionale del presidente dell'ufficio giudiziario in composizione monocratica, con rifermento non solo all'ufficio ma anche alla persona del titolare di questo, sicche' la decisione assunta dal Tribunale in composizione collegiale e' nulla per vizio di costituzione del giudice ai sensi dell'art. 158 del codice di procedura civile in quanto esplicazione di funzioni decisorie da parte di magistrati ai quali le stesse non sono attribuite dalla legge» (cosi' in massima). Il giudice remittente, infine, non ignora che la Corte costituzionale, con sentenza n. 52 del 13 gennaio 2005, depositata in cancelleria in data 28 gennaio 2005, aveva dichiarato non fondata la questione di legittimita' dell'art. 99, comma 3 del decreto legislativo 30 maggio 2002, n. 115, sollevata in riferimento agli articoli 3 e 76 della Costituzione dal giudice del Tribunale di Gela, designato dallo stesso presidente del Tribunale. In tale sentenza la Corte ha affermato che: «Parimenti infondata e' la censura relativa alla violazione dell'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo del difetto di ragionevolezza, per essere stata ingiustificatamente attribuita la potesta' di sindacare provvedimenti di un organo collegiale ad un giudice monocratico che sarebbe, secondo il remittente, dotato di un bagaglio culturale ed esperienza professionale inferiore alla terna che compone il collegio. E' sufficiente osservare che il provvedimento sul quale si pronuncia giudice dell'opposizione e' un provvedimento amministrativo anche se adottato da un organo giudiziario, con la conseguenza, da un lato, della non pertinenza degli esempi invocati a confronto dal giudice remittente in quanto relativi ad ipotesi in cui il provvedimento impugnato e' di natura giurisdizionale, dall'altro, che nessuna irragionevolezza e' ravvisabile nella scelta del legislatore di affidare la cognizione di un provvedimento amministrativo ad un giudice monocratico». Questo giudice remittente si permette pero' di obiettare ed evidenziare che se il provvedimento di liquidazione del compenso agli ausiliari potrebbe essere definito di natura «amministrativa», la stessa natura non puo' assolutamente riconoscersi al provvedimento di revoca della ammissione al gratuito patrocinio per quanto gia' sopra riportato e, in particolare, per l'affermata (dalla Suprema Corte di cassazione) natura di «diritto soggettivo» al compenso dell'avvocato e per la motivazione «di merito» che sottende la decisione sulla revoca (peraltro impugnabile dinanzi ad un organo collegiale ove detta revoca sia contenuta in una sentenza, provvedimento sicuramente di natura non «amministrativa» nel senso inteso dalla Corte costituzionale nel passo sopra riportato della sentenza n. 52 del 2005).
P.Q.M. Rimette alla Corte costituzionale la questione di costituzionalita' - rilevante per la decisione nel procedimento de quo e non manifestamente infondata - della attuale formulazione degli articoli 170 del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 e dell'art. 15 del decreto legislativo n. 150 del 2011 in relazione all'art. 3 e 97 della Costituzione, nella parte in cui prevedono la inderogabile competenza (monocratica) del «capo» dell'ufficio giudiziario a cui appartiene il giudice che ha emesso il provvedimento opposto anche se quest'ultimo sia un giudice collegiale. Sospende il procedimento n. 655/2017 fino alla pronuncia della Corte costituzionale e dispone che la cancelleria notifichi la presente ordinanza alle parti del procedimento nonche' alla Presidenza del Consiglio dei ministri e ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, in attuazione della legge n. 87/1953. Cosi' deciso in Torino in data 22 giugno 2017 Il Presidente Delegato - Giudice Remittente Barelli Innocenti