N. 213 ORDINANZA (Atto di promovimento) 26 gennaio 1990
N. 213 Ordinanza emessa il 26 gennaio 1990 dal pretore di Pisa nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Massetani Luciano e l'I.N.P.S. ed altro Processo penale - Codice previgente - Decreto penale esecutivo perche' non opposto - Autorita' di giudicato nel giudizio civile in ordine ai fatti (nella specie, unilateralmente accertati dall'ispettore del lavoro) - Irrazionalita' - Compressione del diritto di difesa. (C.P.P., art. 28, approvato con r.d. 19 ottobre 1930, n. 1399). (Cost., artt. 3 e 24).(GU n.19 del 9-5-1990 )
IL PRETORE A scioglimento della riserva di cui al verbale di udienza in data 10 novembre 1989; sulle prospettate questioni di legittimita' costituzionale sollevate dall'opponente; O S S E R V A Nel procedimento che ci occupa l'I.N.P.S. agisce per il recupero dei contributi previdenziali omessi con riferimento alla presunta instaurazione di un rapporto di lavoro subordinato con due artigiani e cio' sulla base di un verbale di accertamento dell'Ispettorato del lavoro. Sulla base delle risultanze di tale verbale di accertamento si era istaurato procedimento penale a carico del datore di lavoro, conclusosi con un decreto penale divenuto esecutivo in ordine alle imputazioni di cui agli artt. 5 della legge 10 gennaio 1935, n. 112, ed 1 della legge 5 gennaio 1953, n. 4, ed il cui presupposto logico-giuridico era proprio la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato fra l'odierno opponente ed i due artigiani. Ai sensi dell'art. 28 del codice di procedura penale approvato con r.d. n. 1399/1930, il decreto penale esecutivo fa stato nel giudizio civile in ordine ai fatti materiali accertati in sede penale e tale disposto trova vigenza ancora oggi dopo l'entrata in vigore del nuovo codice di rito ai sensi del combinato disposto degli artt. 258, 241, e 242 del d.l. n. 271/1989, mentre, come e' noto in nuovo codice di procedura penale esclude esplicitamente che il decreto penale possa avere efficacia di giudicato nel giudizio civile od amministrativo (art. 460). Tali essendo le regole, questo giudice ritiene che il disposto dell'art. 28 del vecchio codice di procedura penale presenti rilevanti profili di incostituzionalita' sia sotto il profilo della irrazionalita' (art. 3 della Costituzione) che sotto quello ulteriore del diritto di difesa (art 24 della Costituzione). Ed invero nel mentre appare del tutto razionale conferire alla sentenza penale esecutiva l'efficacia di giudicato nel giudizio civile, perche' la sentenza allora resa in dibattimento presupponeva un convreto accertamento in punto di fatto e quindi sulla effettiva materialita' dei fatti (che, quindi, non diversamente potevano essere assunti nella sede civile od amministrativa), altrettanto non puo' dirsi per il caso del decreto penale esecutivo perche' non opposto, in quanto in tali casi non si aveva un vero e proprio accertamento del fatto in contraddittorio con l'imputato, come nel caso di specie, in cui il decreto penale e' stato adottato sulla base degli accertamenti e delle determinazioni dell'ispettorato del lavoro e quindi di un organo di amministrazione attiva. Ne' e' privo di rilevanza concreta (per gli accennati profili di lesione del diritto alla difesa) porre mente a quanto normalmente si verifica nella prassi giudiziaria, allorche' la modesta somma comminata come sanzione penale induce l'imputato a pagare "la multa" senza che costui abbia la consapevolezza delle pregiudizievoli conseguenze che cio' potra' comportare nell'eventuale giudizio civile per le pretese patrimoniali dell'ente previdenziale. E' nelle cose che il destinatario del decreto penale non avverta neppure la natura di atto penale del decreto medesimo e come spesso avviene non lo oppone per la semplice ragione che appare subito piu' economico pagare le 20 o 30.000 lire di multa piuttosto che ricorrere a piu' costosi rimedi: e cio' perche', come si e' visto il concreto il decreto penale di condanna e' ricevuto con lo stesso animo con cui si riceva una sanzione amministrativa per sosta vietata (e nell'esperienza di questo giudice la sanzione penale del decreto di condanna in seguito a verbali ispettivi e' stata quasi sempre trattata come "multa conseguente al verbale dell'ispettorato del lavoro", che il consulente del lavoro dell'imputato avra' senz'altro consigliato di pagare). Per le ragioni espresse questo giudice ritiene non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 28 del c.p.p. approvato con r.d. 19 ottobre 1930 con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. La rilevanza della questione e' in re ipsa, poiche' se la pregiudiziale penale facesse stato, la sussistenza del rapporto di subordinazione che qui si contesta sarebbe un dato indiscusso ai fini della decisione.
P. Q. M. Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 28 del c.p.p. approvato con r.d. 19 ottobre 1930, n. 1399, con riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione; Dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale; Dispone che la presente ordinanza sia notificata alle parti nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia inoltre comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento; Visto l'art. 295 del c.p.c. dispone la sospensione necessaria del giudizio. Pisa, addi' 26 gennaio 1990 Il pretore: NISTICO' 90C0506