N. 73 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 novembre 1989

                                 N. 73
  Ordinanza emessa il 20 novembre 1989 dalla commissione tributaria di
    primo grado di Verbania sul ricorso proposto da Pasquino Pietro
               contro ufficio imposte dirette di Verbania
 Contenzioso  tributario  - Componenti delle commissioni tributarie di
 primo e secondo grado - Mancata previsione del divieto di  far  parte
 di   dette  commissioni  per  i  funzionari  di  prefettura  e  della
 intendenza di finanza e per tutti coloro  che  sono  alle  dipendenze
 dell'esecutivo  -  Diversa  disciplina  prevista  per  la commissione
 tributaria centrale di cui possono essere nominati componenti anche i
 predetti  soggetti se collocati fuori ruolo Ingiustificata disparita'
 di trattamento di situazioni analoghe Violazione del principio  della
 soggezione  dei  giudici  solo  alla legge e della indipendenza delle
 magistrature  anche  speciali  dall'esecutivo  -  Altra  questione  -
 Mancata  previsione  del  divieto  di  far  parte  delle  commissioni
 tributarie  di  primo  e  secondo  grado  degli  iscritti  agli  albi
 professionali  di  cui  all'art.  3 del d.P.R. n. 636/1972 (avvocati,
 procuratori,  notai,  dottori  commercialisti,  ragionieri,  ecc.)  -
 Violazione  dei  principi  di  uguaglianza,  di  imparzialita' e buon
 andamento della p.a., di soggezione  dei  giudici  alla  legge  e  di
 indipendenza dei giudici anche speciali dall'esecutivo.
 (D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, artt. 9, terzo comma, e 5).
 (Cost., artt. 3, 97, 101 e 108).
(GU n.9 del 28-2-1990 )
                LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso prodotto da
 Pasquino Pietro, residente in Verbania, via  San  Bernardino  n.  46,
 avverso ufficio imposte dirette di verbania;
    Letti gli atti;
    Sentite le parti in causa;
    Udito il relatore Mario Piscitello;
                           RITENUTO IN FATTO
    Pasquino  Pietro, residente in Verbania, via San Bernardino n. 46,
 in data 22 febbraio 1989 proponeva ricorso  contro  le  iscrizioni  a
 ruolo di complessive L. 55.077.000 - di cui alla cartella esattoriale
 n. 9005350, notificata in data 31 gennaio 1989 - per Irpef ed Ilor ed
 accessori relativi ai periodi di imposta 1979, 1980 e 1981.
    Il ricorrente eccepiva l'illegittimita' delle anzidette iscrizioni
 a ruolo, delle quali chiedeva l'annullamento, in  quanto  fondate  su
 avvisi  di accertamento dallo stesso impugnati con ricorsi che, a suo
 dire,  sarebbero  stati  decisi  e  respinti  da  questa  commissione
 tributaria senza un preventivo "avviso di fissazione dell'udienza" e,
 quindi, all'insaputa del ricorrente.
    L'ufficio  imposte  dirette  di  Verbania non presentava deduzioni
 scritte ma, all'udienza odierna, esibiva le ricevute concernenti  gli
 "avvisi  di  fissazione  dell'udienza" e le notifiche delle decisioni
 sui ricorsi contro gli avvisi di accertamento.
    La  decisione  del  presente ricorso, a parere di questo collegio,
 deve  essere  preceduta  dalla  soluzione  di  alcune  questioni   di
 legittimita'   costituzionale   concernenti   la  composizione  delle
 commissioni tributarie.
    La  legge  ordinaria  dovrebbe  assicurare  "il  buon  andamento e
 l'imparzialita' dell'amministrazione" (non solo  dell'amministrazione
 in senso stretto, ma anche dell'amministrazione della giustizia) art.
 97,  primo  comma,  della  Costituzione  -  e   dovrebbe   assicurare
 l'indipendenza  di  tutti  i  giudici  ed,  in  particolare,  in base
 all'art. 108, secondo comma, della Costituzione,  l'indipendenza  dei
 giudici   delle   giurisdizioni   speciali  e,  quindi,  anche  delle
 commissioni tributarie.
    E, forse, per dare attuazione ai suddetti principi costituzionali,
 il legislatore, con l'art. 5 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n.  636,  ha
 stabilito  alcune  situazioni  di  incompatibilita'  con la carica di
 componente di commissione tributaria di primo e di secondo grado.
    L'elenco di cui al citato art. 5, pero', presenta alcune omissioni
 che non possono non nuocere all'indipendenza,  al  buon  andamento  e
 all'imparzialita' delle commissioni tributarie.
     A)  Delle  commissioni  tributarie,  per  quanto risulta a questo
 collegio, fanno  parte  non  pochi  funzionari  delle  intendenze  di
 finanza,  avvocati  dello  Stato,  insegnanti  ecc., tutti, comunque,
 "alle dipendenze dell'esecutivo".
    La  Corte  costituzionale, pero', con la sua recentissima sentenza
 n. 451 del 19-27 luglio 1989,  ha  ritenuto  fondata  l'eccezione  di
 illegittimita' costituzionale relativa alla composizione della g.p.a.
 - sezione speciale per  i  tributi  locali  (art.  283  del  r.d.  14
 settembre  1931,  n. 1177, come modificato dall'art. 14 del d.lgs. 26
 marzo 1948, n. 261) ed ha affermato che ". . .  per  quanto  riguarda
 tale  organo  di  giustizia  tributaria  ricorrono  gli  stessi  vizi
 riscontrati con la sentenza n. 30/1967 (concernente lo stesso  organo
 nell'ordinaria  sede giurisdizionale): esso, invero, e' composto, tra
 l'altro, oltre che dal prefetto e dall'intendente di  finanza,  anche
 da  funzionari  di  prefettura  e dell'intendenza di finanza, i quali
 continuano ad espletare  le  loro  funzioni  istituzionali  e  quindi
 permandono alle dipendenze dell'esecutivo;
   .  .  .  Tutto  cio'  chiaramente  esclude che ricorra il requisito
 dell'indipendenza, quale  elemento  caratteristico  e  indispensabile
 dell'organo giurisdizionale".
    Pertanto,  considerato  che  anche  le commissioni tributarie sono
 "organi di giustizia tributaria" per le quali non possono non  valere
 i  principi  affermati  dalla  Corte  costituzionale  con  la  citata
 sentenza, deve ritenersi che l'art. 5 del d.P.R. 26 ottobre 1972,  n.
 636, nella parte in cui non comprende, tra coloro che non possono far
 parte delle commissioni tributarie, anche "i funzionari di prefettura
 e  delle  intendenze  di finanza" e, forse, anche tutti coloro che, a
 qualsiasi titolo, sono  "alle  dipendenze  dell'esecutivo",  potrebbe
 essere  costituzionalmente  illegittimo  in  relazione  all'art. 101,
 secondo comma, della Costituzione "I giudici sono  soggetti  soltanto
 alla  legge"  e  all'art.  108, secondo comma, della Costituzione "La
 legge  assicura  l'indipendenza  dei  giudici   delle   giurisdizioni
 speciali. . .".
     B)  Devesi,  pero',  evidenziare  che  i  giudici tributari "alle
 dipendenze dell'esecutivo" non si troverebbero nella situazione sopra
 esposta,  di non indipendenza, se per essi (e non soltanto per alcuni
 di loro) si applicasse la  disposizione  di  cui  all'art.  9,  terzo
 comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, "Gli impiegati di cui alla
 lett. f) del primo comma - impiegati dell'amministrazione finanziaria
 centrale, con qualifica di direttore generale o di ispettore generale
 - se accettano la nomina (a componenti  della  commissione  centrale)
 sono messi fuori ruolo. . .".
    Non si rinviene alcuna razionale giustificazione perche' la citata
 disposizione,  che  prevede  il  collocamento  in  una  irreversibile
 posizione   di  fuori  ruolo  e  quindi  la  definitiva  rottura  con
 l'amministrazione di  provenienza,  non  debba  valere  per  tutti  i
 giudici tributari.
    L'art.  9,  terzo  comma,  del  d.P.R. n. 636/1972 potrebbe essere
 costituzionalmente illegittimo, in relazione  all'art.  3  Cost.,  in
 quanto,  senza  alcuna  razionale  giustificazione,  regola  in  modo
 diverso situazioni identiche.
    Delle due questioni di legittimita' costituzionale, sopra esposte,
 la seconda ha, a parere  di  questo  Collegio,  carattere  principale
 perche'  l'eventuale  dichiarazione  di  illegittimita'  dell'art. 9,
 terzo comma, del d.P.R. n. 636/1972, per i motivi anzidetti,  farebbe
 venir  meno  i  dubbi  sull'indipendenza  dei giudici tributari "alle
 dipendenze dell'esecutivo".
     C)  Nell'elenco  di  cui  all'art.  5 del d.P.R. n. 636/1972, nel
 quale  sono  indicati  coloro  che  non  possono  far   parte   delle
 commissioni  tributarie,  non  sono  compresi neanche coloro che sono
 iscritti in uno degli albi professionali previsti  dall'art.  30  del
 d.P.R.  n.  636/1972,  nel  testo  modificato  dal d.P.R. n. 739/1981
 (avvocati, procuratori, notai, dottori commercialisti. . . ragionieri
 ecc.)  e  cioe'  coloro  che  possono  assistere  e  rappresentare in
 giudizio i contribuenti (o gli evasori).
    La  normativa  vigente, come da piu' parti e' stato autorevolmente
 evidenziato, consente, non  senza  discredito  per  la  giustizia  e,
 forse,  anche  con  danno per lo Stato, lo svolgimento di una duplice
 funzione e cioe' quella di giudice e quella di difensore.
    Certo,  si  potrebbe  facilmente obiettare - qualora ci si volesse
 nascondere dietro un dito - che l'art. 5, primo comma, lett. h),  del
 d.P.R.  n.  636/1972  prevede  anche  che non possono far parte delle
 commissioni tributarie di primo e di secondo grado  "le  persone  che
 esercitano   abitualmente   l'assistenza   a   la  rappresentanza  di
 contribuenti in vertenze di carattere tributario"  e  che  l'art.  6,
 primo  comma, lett. e), dello stesso decreto prevede la decadenza per
 i  componenti  delle  commissioni   tributarie   che   "assistono   o
 rappresentano contribuenti in vertenze tributarie".
    Le  disposizioni  anzidette, infatti, possono essere facilmente (e
 legittimamente|) eluse in quanto i contribuenti, in base all'art.  30
 del  d.P.R.  n. 636/1972, davanti alle commissioni tributarie possono
 agire personalmente e quindi possono sottoscrivere ricorsi redatti da
 altri. . . avvocati, dottori commercialisti, ragionieri ecc.
    Ovviamente,   il   professionista-giudice  tributario  che  avesse
 redatto uno o piu' ricorsi avrebbe il dovere giuridico di  astenersi,
 ma,  a  prescindere  dall'eventuale  inosservanza  di un tale dovere,
 l'astensione eviterebbe soltanto di  svolgere,  nella  stessa  causa,
 funzioni  di  difensore  e  di  giudice e non anche il cumulo, in una
 stessa persona, di qualifiche e funzioni incompatibili.
    L'omessa  previsione  di una situazione di incompatibilita' con la
 carica di componente di commissione tributaria di primo e di  secondo
 grado   per  tutti  coloro  che  sono  iscritti  in  uno  degli  albi
 professionali indicati nell'art.  30,  terzo  comma,  del  d.P.R.  n.
 636/1972  -  nel  testo  modificato dal d.P.R. n. 739/1981 - e' anche
 irrazionale,  se  si  considera  che  lo  stesso   legislatore,   nel
 disciplinare  la  composizione della commissione tributaria centrale,
 ha consentito la nomina  di  "professori  universitari  di  ruolo  di
 materie  giuridiche  o  economiche, purche' non iscritti in uno degli
 albi professionali indicati nell'art. 30, terzo comma", e di avvocati
 "che.  .  . rinuncino all'iscrizione all'albo professionale" (art. 9,
 primo e secondo comma, del d.P.R. n. 636/1972).
    Pertanto,   l'art.  5  del  d.P.R.  n.  636/1972,  in  quanto  non
 comprende, tra coloro che non possono  far  parte  delle  commissioni
 tributarie,  coloro che sono iscritti in uno degli albi professionali
 previsti dall'art. 30, terzo comma, del citato decreto  -  nel  testo
 modificato    dal    d.P.R.    n.    739/1981   -   potrebbe   essere
 costituzionalmente illegittimo, in relazione  agli  artt.  97,  primo
 comma, 108, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione.
    Le  suddette  questioni  di  legittimita'  costituzionali,  per le
 argomentazioni esposte,  a  parere  di  questo  Collegio,  sono  "non
 manifestamente  infondate"  ed  anche "rilevanti" in quanto attengono
 alla composizione e alla capacita' dell'organo giurisdizionale ed  in
 quanto  uno  dei  componenti  il  collegio  giudicante trovasi in una
 situazione di dubbia legittimita' costituzionale.
                                P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
 1953, n. 87;
    Dichiara,  d'ufficio,  "non manifestamente infondata" la questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 9, terzo comma,  del  d.P.R.
 26  ottobre  1972,  n.  636,  in quanto detto articolo non prevede il
 collocamento  fuori  ruolo  per  tutti  i  giudici  tributari   "alle
 dipendenze  dell'esecutivo",  in  relazione  all'art. 3, primo comma,
 della Costituzione e "rilevante" per quanto in motivazione;
    Dichiara,  d'ufficio,  "non manifestamente infondata" la questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 5  del  d.P.R.   26  ottobre
 1972,  n. 636, in quanto detto articolo non comprende, tra coloro che
 non possono far parte delle commissioni  tributarie  di  primo  e  di
 secondo grado, anche i funzionari di prefettura e delle intendenze di
 finanza  ed,  in  genere,  tutti  coloro  che  sono  alle  dipendenze
 dell'esecutivo,  in  relazione  agli artt. 101, secondo comma, e 108,
 secondo  comma,  della  Costituzione  e  "rilevante"  per  quanto  in
 motivazione;
    Dichiara,  d'ufficio,  "non manifestamente infondata" la questione
 di legittimita' costituzionale dell'art. 5  del  d.P.R.   26  ottobre
 1972,  n. 636, in quanto detto articolo non comprende, tra coloro che
 non possono far parte delle commissioni  tributarie  di  primo  e  di
 secondo  grado,  anche  gli  iscritti  in  uno  degli  albi  indicati
 dall'art.  30,  terzo  comma,  dello  stesso  decreto  -  nel   testo
 modificato  dal  d.P.R.  n. 739/1981 - (avvocati, procuratori, notai,
 dottori commercialisti, ragionieri ecc.), in relazione agli artt. 97,
 primo comma, 108, secondo comma, e 3, primo comma, della Costituzione
 e "rilevante" per quanto in motivazione;
    Sospende   il   procedimento   in   corso  ed  ordina  l'immediata
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone  che, a cura della segreteria, la presente ordinanza venga
 notificata al ricorrente  e  all'ufficio  delle  imposte  dirette  di
 Verbania  e  al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Verbania, addi' 20 novembre 1989
                       Il presidente: PISCITELLO

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