N. 410 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 febbraio 1998

                                N. 410
  Ordinanza emessa il 24 febbraio 1998 dal tribunale  di  Sondrio  nel
 procedimento penale a carico di Bettinelli Pierantonio ed altro
 Reati  contro  la  pubblica  amministrazione  -  Abuso  di  ufficio -
    Disciplina   previgente   -   Asserita   indeterminatezza    della
    fattispecie incriminatrice - Violazione del principio di legalita'
    - Lesione del diritto di difesa.
 (C.P., art. 323).
 (Cost., art. 24 e 25).
(GU n.24 del 17-6-1998 )
                             IL TRIBUNALE
   Ha  emesso  la  seguente  ordinanza di trasmissione degli atti alla
 Corte costituzionale (art. 23, legge 11 marzo 1953, n. 87).
   Nel processo n. 24/1996 r.g.  trib.  nei  confronti  di  Bettinelli
 Pierantonio  e  Gemma  Sebastiano imputati "A) del delitto previsto e
 punito dagi artt. 110 e 323, comma 2, c.p., perche', in concorso  tra
 loro,  nelle  rispettive  qualita'  di  Commissario  regionale presso
 l'ospedale di Bormio e  Sondalo  e  di  direttore  sanitario  facente
 funzioni,  al  fine  di  procurare a Robustelli Test Luca un ingiusto
 vantaggio  patrimoniale  consistito  nella  maggiore  retribuzione  a
 seguito  della  trasformazione  del rapporto di lavoro, abusavano del
 loro ufficio, in particolare disponendo, con delibera n. 336/1994, in
 violazione del d.P.C.M. n. 117/1989 e nonostante il parere  contrario
 del  direttore  amministrativo,  la  trasformazione  del  rapporto di
 lavoro  da  part-time  a  tempo   pieno,   relativo   al   coadiutore
 amministrativo  di  ruolo  Robustelli  Test  Luca.  Fatto commesso in
 Sondalo il 2 maggio 1994".
   Decidendo  sulla   eccezione   di   illegittimita'   costituzionale
 dell'art.   323, c.p., in relazione all'art. 25, secondo comma, Cost.
 sollevata dalla difesa degli imputati nel corso della odierna udienza
 dibattimentale
   Sentito il p.m.;
                             O s s e r v a
   1. - Premessa.
   In  sede  dibattimentale  il  giudice  ha   il   potere/dovere   di
 pronunciare  sentenza  di  non doversi procedere o di assoluzione nel
 caso in cui "il fatto non e' previsto dalla legge come reato".
   Primo  compito  del giudice e' pertanto quello di verificare se, in
 seguito alla modifica normativa  dell'art.  323  c.p.  apportata  con
 legge 16 luglio 1997, n. 234, ricorrano i presupposti per pronunciare
 sentenza  di  proscioglimento perche' il fatto non e' (piu') previsto
 dalla legge come reato.
   Ove tale riscontro dia esito positivo  (ossia  si  ritenga  la  non
 riconducibilita'  della condotta contestata nel precetto dell'attuale
 art. 323 c.p.), il giudice  deve  prosciogliere  l'imputato  in  base
 all'art.  2,  comma  2,  c.p.,  trattandosi di fatto che, secondo una
 legge  posteriore,  non  costituisce  reato.  In  tale  ipotesi   una
 questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 323 vecchio testo
 c.p. sarebbe, di tutta evidenza, non rilevante ai sensi dell'art. 23,
 secondo comma, legge n. 87/1953.
   Qualora invece la condotta ascritta all'imputato sia  astrattamente
 riconducibile nella nuova fattispecie incriminatrice, la norma di cui
 all'art. 323 antevigente troverebbe necessaria applicazione in virtu'
 dei principi di cui all'art. 2, commi 1 e 3, c.p., dovendo il giudice
 verificare  se  la  condotta  de  qua  rientri anche nella precedente
 fattispecie incriminatrice, in vigore al  momento  della  commissione
 del fatto.
   In  tal  caso,  la  risoluzione  della  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 323 antevigente  si  pone  come  presupposto
 indispensabile  per  la definizione del giudizio, dal momento che, se
 quella    fattispecie    normativa    dovesse    essere    dichiarata
 costituzionalmente    illegittima    (con    conseguente   espunzione
 dall'ordinamento giuridico), il giudice altro non potrebbe  fare  che
 rendere   sentenza  di  proscioglimento,  perche'  il  fatto  non  e'
 (rectius: non era) previsto dalla legge come reato,  in  ossequio  al
 principio di irretroattivita' della legge penale.
   In  sostanza,  qualora  il fatto contestato, commesso nella vigenza
 dell'art. 323 vecchio testo  c.p.,  sia  astrattamente  riconducibile
 anche  nella fattispecie dell'art. 323 nuovo testo c.p., la questione
 della legittimita' costituzionale della  prima  norma  e'  certamente
 rilevante,  laddove,  in  caso  contrario,  il  giudizio  puo' essere
 definito senza ricorrere all'intervento della Corte costituzionale.
   2. - Quanto alla rilevanza.
   Fatta questa premessa si deve quindi  procedere  alla  verifica  in
 astratto  della  riconducibilita'  del fatto contestato agli imputati
 Bettinelli e Gemma nella fattispecie normativa  del  nuovo  art.  323
 c.p.,  al  fine  di  accertare  se  tutti  agli  elementi costitutivi
 dell'illecito penale come  individuato  nella  vigente  norma  "siano
 stati  ritualmente descritti nell'imputazione o altrimenti contestati
 all'imputato" (Cosi' Cass. 25 gennaio 1993, n. 553),  o  comunque  se
 gia'  dalla  stessa  formulazione  del  capo  d'imputazione si evinca
 l'insussistenza di almeno un elemento costitutivo del nuovo reato  in
 oggetto.
   Si  ritiene  che,  nel caso di specie, non sussistano i presupposti
 per  l'emanazione  di  una  sentenza  di   proscioglimento,   poiche'
 dall'esame  del capo d'imputazone risulta che nello stesso sono state
 contestate agli imputati condotte di abuso astrattamente  sussumibili
 nel  nuovo  testo dell'art. 323 c.p., essendo, la condotta descritta,
 avvenuta  nell'esercizio  delle  funzioni  di  Commissario  regionale
 presso  l'ospedale  di  Bormio  e  Sondalo  e  di direttore sanitario
 facente  funzioni  ed  attraverso  la  violazione  di  legge   o   di
 regolamento.
   Essendosi,  poi,  il  reato contestato, consumato il 2 maggio 1994,
 non sussistono neppure i presupposti per dichiarare  la  sopravvenuta
 prescrizione del reato.
   Risulta   pertanto   rilevante   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale in oggetto.
   3. - Quanto alla non manifesta infondatezza.
    Si ritiene al riguardo che il principio  di  tassativita'  cui,  a
 norma dell'art. 25, secondo comma, Cost., devono conformarsi le norme
 incriminatrici penali, esprima l'esigenza di evitare la genericita' e
 l'indeterminatezza  della  fattispecie  astratta,  in  modo  che  non
 soltanto sia assicurata al giudice la possibilita' di individuare,  a
 mezzo   degli  usuali  metodi  ermeneutici,  la  condotta  penalmente
 rilevante,  ma  anche  per  consentire  ai  consociati  di  conoscere
 preventivamente cio' che e' reato da cio' che non lo e'.
   Cio'  posto, l'interpretazione corrente della norma di cui all'art.
 323 testo previgente  ricomprende  nella  condotta  dell'abuso  "ogni
 violazione  del  parametro  di  doverosita' come risulta dalle regole
 normative improntate ai principi di legalita', imparzialita'  e  buon
 andamento  della  p.a."  (cosi'  Cass. n. 9730/1992), e "qualsivoglia
 comportamento del pubblico ufficiale  esplicantesi  in  una  illecita
 deviazione   dai  fini  istituzionali  della  p.a."  (cosi  Cass.  n.
 5340/1993), nonche' ali atti viziati da eccesso di potere.
   La suddetta interpretazione, che costituisce diritto  vivente,  non
 consente  di  escludere dubbi sull'indeterminatezza della fattispecie
 penale di cui  trattasi,  stante  la  aleatorieta'  di  figure  quali
 "parametro  di doverosita'" e "fini istituzionali" e l'assenza di una
 definizione normativa della figura  dell'eccesso  di  potere,  i  cui
 contenuti  sono  stati  individuati soltanto ex post dalla dottrina e
 dalla giurisprudenza amministrativa ed e' figura il cui contenuto  e'
 in costante evoluzione e cambiamento.
   Si  ritiene  inoltre  che la incertezza della norma di cui all'art.
 323 non  permetta  un  efficace  esercizio  del  diritto  di  difesa,
 costituzionalmente garantito (art. 24, secondo comma, Cost.).
   Pertanto  non  appare  manifestamente  infondata  la  questione  di
 legittimita' costituzionale come sopra sollevata.
                                P. Q. M.
   Visto l'art. 23, legge n. 87/1953;
   Dichiara rilevante e non manifesamente infondata  la  questione  di
 legittimita'  costituzionale  dell'art. 323, formulazione antevigente
 del codice penale, in relazione agli artt. 24, secondo comma,  e  25,
 secondo comma, della Costituzione;
   Sospende  il  presente  processo,  disponendo la trasmissione degli
 atti alla Corte costituzionale;
   Dispone  che  questa  ordinanza  sia  notificata,  a   cura   della
 cancelleria,  al pubblico ministero in sede, agli imputati ed ai loro
 difensori ed al Presidente del  Consiglio  dei  Ministri  e  che  sia
 comunicata al Presidente del Senato della Repubblica ed al Presidente
 della Camera dei deputati.
     Sondrio, addi' 24 febbraio 1998
                       Il presidente: Cerracchio
                                          I giudici: Giorgi - Camnasio
 98C0634