N. 326 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 febbraio 1997

                                N. 326
  Ordinanza  emessa  il  28  febbraio  1997 dal pretore di Firenze nel
 procedimento  di  esecuzione  proposto  da  I.N.P.S.  contro  Mangani
 Maurizio
 Esecuzione forzata - Pignoramento di armi da sparo - Divieto assoluto
    di  vendita  delle  stesse  nelle  pubbliche aste anche a soggetti
    muniti di regolare permesso di porto d'armi -  Irragionevolezza  -
    Disparita' di trattamento rispetto alla vendita e cessione di armi
    a  privati,  ai  sensi dell'art.35 r.d. n 773/1931 - Disparita' di
    trattamento tra i creditori muniti di titolo esecutivo  a  seconda
    dei beni esecutati - Incidenza sul diritto di azione.
 (Legge  18  aprile  1975,  n.  110,  art. 33, modificato dal d.-l. 13
    maggio 1991, n. 152, art. 10-bis; convertito in  legge  12  luglio
    1991, n.  203).
 (Cost., artt. 3 e 24, primo comma).
(GU n.23 del 9-6-1999 )
                              IL PRETORE
   Letti  gli  atti di causa, sciogliendo la riserva formulata, rileva
 quanto segue circa lo svolgimento del processo;
   Su istanza dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, veniva
 promossa procedura  esecutiva  nei  confronti  di  Mangani  Maurizio,
 titolare  della  ditta  omonima  avente  sede  a San Casciano V. Pesa
 (Firenze), per il  credito  complessivo  di  L.  111.170.866  di  cui
 all'atto  di  precetto  notificato  al  debitore in seguito a decreto
 ingiuntivo  emesso  dal  pretore  di  Firenze  nel  gennaio  1996   e
 dichiarato provvisoriamente esecutivo;
   In  data 29 marzo 1996 l'ufficiale giudiziario, non avendo ottenuto
 il creditore il pagamento dovuto, procedeva ad  eseguire,  presso  il
 domicilio  del  debitore,  il  pignoramento dei beni mobili di cui al
 verbale in atti, tra cui  n.  3  fucili  da  caccia  (marca  Benelli,
 Beretta,   Krupp)   aventi   un   valore   stimato  di  L.  1.000.000
 complessivamente;
   Il giudice  dell'esecuzione  fissava  la  vendita  all'incanto  dei
 suddetti beni per il giorno 5 luglio 1996;
   Su  istanza  del debitore esecutato, il pretore, all'udienza del 26
 luglio 1996, fissava la vendita sul posto per  il  giorno  8  ottobre
 1996;
   In  tale  data  si  procedeva  alla  vendita  all'incanto  dei beni
 descritti nel verbale di pignoramento del 29 marzo 1996, ad eccezione
 dei tre fucili da caccia, i  quali  non  venivano  messi  all'incanto
 dall'Istituto  vendite  giudiziarie  in  quanto oggetti non vendibili
 nelle pubbliche aste in virtu' della vigente normativa (art. 33 della
 legge n. 110/1975, come modificato  dall'art.  10-bis  del  d.-l.  n.
 152/1991 convertito in legge n. 203/1991);
   Il   pretore,   visto   l'esito   della  vendita,  fissava  per  la
 comparizione delle parti, onde sentirle in merito alla  distribuzione
 del ricavato, l'udienza del 10 dicembre 1996;
   In  tale udienza, l'I.N.P.S. chiedeva la liquidazione delle spese e
 la distribuzione della somma ricavata  dalla  vendita,  riservandosi,
 quanto ai fucili pignorati e non messi all'asta in considerazione del
 divieto  stabilito dalla vigente normativa, di sollevare questione di
 legittimita' costituzionale della normativa stessa;
   Il pretore, alla medesima udienza, attribuiva al creditore I.N.P.S.
 la somma di L. 3.589.780 ricavata dalla vendita a saldo  delle  spese
 di  esecuzione  ed in conto capitale, previa liquidazione delle spese
 stesse, rinviando la causa al 18 febbraio 1997;
   In  tale  ultima  udienza,  l'I.N.P.S.  eccepiva   l'illegittimita'
 dell'art.    33  della  legge  n. 110/1975, come modificato dall'art.
 10-bis del d.-l. n. 152/1991 (convertito in legge  n.  203/1991),  in
 relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione.
   La   questione   di   costituzionalita'   sollevata  dal  creditore
 esecutante  e'  certamente  rilevante     nell'ambito  del   presente
 procedimento,  in quanto l'applicazione della norma sopra citata, che
 vieta la vendita nelle pubbliche aste delle  armi  comuni  da  sparo,
 comporta  che  debba essere dichiarato inefficace, in questa sede, il
 pignoramento dei tre fucili da caccia, di marca  Benelli,  Beretta  e
 Krupp,  eseguito  in  data  29  marzo  1996  nei confronti di Mangani
 Maurizio, con conseguente sottrazione di tali oggetti alla  procedura
 esecutiva de qua e restituzione degli stessi al debitore esecutato.
   La  questione, inoltre, non e' manifestamente infondata, atteso che
 dubbi di legittimita' costituzionale  della  normativa  in  esame  si
 pongono in relazione al profili che seguono:
     A)  possibile  violazione dell'art. 3, comma 1 della Costituzione
 per irragionevole disparita' di trattamento di situazioni analoghe.
   A tal riguardo, onde operare una valutazione circa l'esistenza  del
 predetto  vizio  di  incostituzionalita', e' innanzitutto necessaria,
 come insegna autorevole  dottrina,  l'individuazione  di  un  tertium
 comparationis,  e  cioe'  di altra norma vigente nell'ordinamento che
 dia una disciplina della fattispecie in  maniera  diversa  da  quella
 data  dalla  norma  legislativa  da  valutare  sotto il profilo della
 conformita' a Costituzione.
   Nel  caso  di  specie,  il  tertium  comparationis  e'   costituito
 dall'art.  35, terzo comma del r.d. 18 giugno 1931 n. 773 (t.u. delle
 leggi di pubblica sicurezza), il quale vieta la vendita e la cessione
 di  armi  a  privati,  a  meno che questi siano muniti di permesso di
 porto  d'armi  ovvero  di  uno  speciale  nulla   osta   all'acquisto
 rilasciato  dal  questore.  E'  del  tutto  evidente,  allora, che la
 medesima situazione  (vendita  di  armi)  e'  stata  considerata  dal
 legislatore  in maniera assolutamente diversa nei due testi normativi
 posti a raffronto, con conseguente  rottura  della  coerenza  interna
 dell'ordinamento  giuridico:   l'art. 35 r.d. n. 773/1931 consente la
 vendita di armi a privati che siano in possesso di permesso di  porto
 d'armi,   mentre   l'art.      33   della  legge  n.  110/1975  (come
 successivamente modificato dall'art.   10-bis del d.-l.  n.  152/1991
 convertito  in  legge  n. 203/1991) stabilisce un divieto assoluto di
 vendita, nelle pubbliche aste, delle armi comuni da sparo, prevedendo
 altresi' una sanzione penale  in  caso  di  violazione  del  medesimo
 divieto.  La  disparita'  di trattamento della stessa fattispecie, ad
 avviso di questo giudice, e' ingiustificata:   se, infatti,  le  armi
 comuni  da  sparo  (sono  questi i beni che ora interessa prendere in
 considerazione) possono essere lecitamente vendute a privati, purche'
 in possesso di permesso di porto d'armi, non si vede proprio  perche'
 non possano parimenti formare oggetto di vendita nelle pubbliche aste
 alla  condizione  che  la  partecipazione alle stesse sia riservata a
 soggetti muniti del suddetto.
   Tale ultima  condizione  consente  di  contemperare  l'esigenza  di
 controllo  sulla  circolazione  delle  armi  e sui soggetti detentori
 delle stesse, che e' alla base  della  disciplina  del  commercio  di
 questi   beni,  con  l'esigenza  tipica  della  procedura  esecutiva.
 Inoltre, la disparita' di trattamento  sopra  evidenziata,  oltre  ad
 essere    ingiustificata    in    se',   crea   altresi'   arbitrarie
 discriminazioni tra creditori che, muniti di titolo esecutivo per  un
 diritto certo, liquido ed esigibile, aggrediscano in sede esecutiva i
 beni  del  debitore: e' evidente, infatti, che, permanendo il divieto
 de quo, assai svantaggiato e' chi sia  titolare  di  un  credito  nei
 confronti  di  un  soggetto proprietario sostanzialmente di sole armi
 (si pensi, per fare un esempio, al creditore di soggetto titolare  di
 un'armeria)  e  che,  a  causa  di cio', non trovandosi altri beni da
 pignorare o trovandosene di valore inferiore rispetto all'importo del
 credito,  non  possa  ottenere  integrale   soddisfazione   in   sede
 esecutiva.  Anche  sotto  tale  profilo,  pertanto,  si prospetta una
 violazione dell'art. 3 comma 1 della Costituzione per  disparita'  di
 trattamento.
     B)  altro  profilo  di  incostituzionalita' riguarda la possibile
 violazione dell'art. 24 comma 1 della Costituzione.
   Tale  norma  garantisce,  infatti,  il diritto di tutti di agire in
 giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi.   E'
 del  tutto  evidente  che  il  diritto  di azione, costituzionalmente
 salvaguardato, comprende non soltanto la fase cognitoria e cautelare,
 ma anche quella esecutiva, atteso che scopo del processo e' quello di
 "dare per quanto e' possibile praticamente a chi ha un diritto  tutto
 quello  e  proprio  quello  ch'egli ha diritto di conseguire" e che a
 nulla varrebbe il riconoscimento astratto del diritto  del  creditore
 se  poi  non  vi  fossero meccanismi procedimentali volti a garantire
 coattivamente la  soddisfazione  concreta  del  diritto  medesimo  in
 mancanza della spontanea cooperazione dell'obbligato. Ne consegue che
 ogni  ingiustificata  limitazione  di  tale possibilita' satisfattiva
 viola il diritto del creditore di agire esecutivamente  e,  pertanto,
 lede   il   principio   sancito  dall'art.  24,  primo  comma,  della
 Costituzione.
   Invero, non si  capisce  proprio  per  quale  motivo  un  creditore
 dovrebbe  rimanere  insoddisfatto  in  relazione al proprio credito a
 causa della impossibilita' di aggredire esecutivamente  armi  (magari
 di notevole valore) di proprieta' del debitore.
   Cio'  premesso, se ne deve dedurre che non manifestamente infondata
 e' la questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  32  della
 legge  n.  110/1975 (come successivamente modificato dall'art. 10-bis
 del d.-l. n. 152/1991 convertito in legge n. 203/1991),  nella  parte
 in  cui  vieta la vendita, nelle pubbliche aste, delle armi comuni da
 sparo a soggetti muniti di regolare  permesso  di  porto  d'armi,  in
 relazione  non  soltanto  all'art.  3  della  Costituzione  ma  anche
 all'art. 24, primo comma.
                               P. Q. M.
   Dichiara non manifestamente infondata la questione di  legittimita'
 costituzionale   dell'art.   33   della   legge   n.  110/1975  (come
 successivamente modificato dall'art. 10-bis  del  d.-l.  n.  152/1991
 convertito in legge n. 203/1991) per contrasto con gli artt. 3, comma
 1 e 24,  comma 1 della Costituzione;
   Dispone  la  sospensione del procedimento esecutivo e la rimessione
 degli atti alla Corte costituzionale;
   Dispone che la presente ordinanza sia notificata alle  parti  e  al
 Presidente  del Consiglio dei Ministri e sia comunicata ai Presidenti
 del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.
     Firenze, addi'  28 febbraio 1997
                          Il pretore: Mascagni
 99C0559