N. 32 SENTENZA 30 gennaio - 10 febbraio 1997

 
 
 Giudizio sulla ammissibilita' della richiesta di referendum popolare.
 
 Costituzione  della  Repubblica  italiana  -  Referendum  -  Caccia -
 Abolizione  della  possibilita'  per   il   cacciatore   di   entrare
 liberamente  nel  fondo  altrui - Chiarezza, univocita' e omogeneita'
 del quesito referendario - Ammissibilita'.
 
 (Cost., art. 842, approvato con r.d. 16 marzo 1942, n. 262,  primo  e
 secondo comma).
(GU n.7 del 12-2-1997 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,   prof.
 Cesare MIRABELLI,  prof. Fernando SANTOSUOSSO,   avv.  Massimo  VARI,
 dott.  Cesare  RUPERTO,    prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio
 ONIDA,  prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv. Fernanda CONTRI,   prof.  Guido
 NEPPI MODONA,  prof. Piero Alberto CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
  Sentenza
 nel  giudizio  di  ammissibilita', ai sensi dell'art. 2, primo comma,
 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1,  della  richiesta  di
 referendum  popolare  per  l'abrogazione  dell'art.  842  del  codice
 civile, approvato con regio decreto del 16 marzo 1942, n. 262,  comma
 primo ("Il proprietario di un fondo non puo' impedire che vi si entri
 per l'esercizio della caccia, a meno che il fondo sia chiuso nei modi
 stabiliti  dalla  legge  sulla  caccia  o  vi  siano  colture in atto
 suscettibili di danno.") e comma 2 ("Egli puo' sempre opporsi  a  chi
 non e' munito della licenza rilasciata dall'autorita'."), iscritto al
 n. 100 del registro referendum;
   Vista  l'ordinanza  dell'11-13 dicembre 1996 con la quale l'Ufficio
 centrale  per  il  referendum  presso  la  Corte  di  cassazione   ha
 dichiarato legittima la richiesta;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  9 gennaio 1997 il giudice
 relatore Cesare Mirabelli;
   Uditi  gli  avvocati  Massimo  Luciani,  Claudio  Chiola  e  Angelo
 Clarizia  per  il "Comitato per il NO al referendum per l'abrogazione
 dell'art.   842  c.c."  ed  altri  e  Achille  Chiappetti,  Beniamino
 Caravita  di  Toritto  e Stefano Nespor per i presentatori Bernardini
 Rita e Sabatano Mauro.
                           Ritenuto in fatto
   1. - L'Ufficio centrale per il  referendum,  costituito  presso  la
 Corte  di  cassazione  in applicazione della legge 25 maggio 1970, n.
 352, esaminata la richiesta di referendum popolare  -  presentata  da
 Sergio   Augusto   Stanzani  Ghedini,  Lorenzo  Strik  Lievers,  Rita
 Bernardini,  Mauro  Sabatano  e  Fiorella   Mancuso   -   concernente
 l'abrogazione  dell'art.    842  del  codice civile, ha verificato la
 regolarita' della richiesta e ne ha dichiarato  la  legittimita'  con
 ordinanza dell'11-13 dicembre 1996.
   La  richiesta  di  referendum  ha  per oggetto il seguente quesito:
 "Volete voi che  sia  abrogato  l'articolo  842  del  codice  civile,
 approvato  con  regio  decreto del 16 marzo 1942, n. 262, comma primo
 ("Il proprietario di un fondo non puo' impedire che vi si  entri  per
 l'esercizio  della  caccia,  a  meno che il fondo sia chiuso nei modi
 stabiliti dalla legge  sulla  caccia  o  vi  siano  colture  in  atto
 suscettibili  di danno.) e comma secondo ("Egli puo' sempre opporsi a
 chi non e' munito della licenza rilasciata dall'autorita'.)?".
   Al  fine  di  identificare  l'oggetto  del  referendum,   l'Ufficio
 centrale  ha  anche  stabilito  (in applicazione dell'art. 32, ultimo
 comma, della legge n. 352 del  1970,  introdotto  dall'art.  1  della
 legge  17  maggio  1995,  n. 173) la seguente denominazione: "Caccia:
 Abolizione  della  possibilita'  per   il   cacciatore   di   entrare
 liberamente nel fondo altrui".
   2.  -  Ricevuta comunicazione dell'ordinanza dell'Ufficio centrale,
 il Presidente ha convocato la Corte in camera di consiglio per  il  9
 gennaio  1997,  disponendo,  in  applicazione  dell'art.  33, secondo
 comma, della legge n. 352 del 1970, che ne fosse  data  comunicazione
 ai  promotori  della  richiesta  di  referendum  ed al Presidente del
 Consiglio dei Ministri.
   3.  -  I  promotori  e presentatori del referendum, rappresentati e
 difesi dall'avv. Stefano Nespor, avvalendosi della facolta'  prevista
 dall'art.  33,  terzo  comma,  della  legge  n.  352  del 1970, hanno
 depositato  il  31  dicembre  1996   una   memoria,   per   sostenere
 l'ammissibilita'  della  richiesta.  Essi  hanno  sottolineato che il
 quesito referendario tende alla estensione del  generale  divieto  di
 accesso  sul  fondo  altrui,  quando  non  vi  sia  il  consenso  del
 proprietario,  anche  per  chi   pratichi   la   caccia,   eliminando
 l'eccezione prevista per questi ultimi dall'art.  842 cod. civ.
   La  difesa  dei promotori ricorda che, con sentenza n. 63 del 1990,
 e' gia' stato dichiarato  ammissibile  un  analogo  quesito.  Non  vi
 sarebbero  ora  ragioni  per  escludere questa nuova richiesta, sulla
 quale non interferirebbe la legge, nel frattempo  intervenuta,  sulla
 protezione  della  fauna selvatica omeoterma e sul prelievo venatorio
 (11 febbraio 1992, n. 157). Difatti l'art. 842 cod. civ. non  sarebbe
 stato  abrogato,  modificato  o  integrato da tale legge, ma dovrebbe
 essere solo interpretato  in  connessione  con  la  nuova  legge  che
 regolamenta la caccia.
   4.  -  Un  unico  "atto  di  intervento  e  di  deduzioni" e' stato
 depositato, il 4 gennaio 1997,  da  numerose  associazioni  e  da  un
 comitato  appositamente  costituitosi:  il  Comitato  per  il  NO  al
 referendum per l'abrogazione dell'art. 842  c.c.,  la  UNAVI  (Unione
 nazionale  delle  associazioni venatorie italiane), il CNCN (Comitato
 nazionale caccia e natura), la Federazione italiana della caccia,  la
 Unione   nazionale  ENALCACCIA  pesca  e  tiro,  la  ARCI-Caccia,  la
 Associazione  nazionale  libera  caccia,  la  Associazione  nazionale
 migratoristi  italiani  ANUU,  la  Associazione italiana della caccia
 Italcaccia.
   I comitati e le associazioni venatorie hanno  affermato  di  essere
 legittimati ad intervenire ed hanno sostenuto la inammissibilita' del
 quesito referendario.
   5.  -  In  prossimita'  della  camera di consiglio, i promotori del
 referendum hanno depositato una memoria per sostenere che i  comitati
 e le associazioni venatorie non sono legittimati ad intervenire.
   6. - Nella camera di consiglio del 9 gennaio 1997, essendo presenti
 i   rappresentanti   e   difensori   sia   dei  promotori  che  degli
 intervenienti, sono stati ascoltati gli avv. Massimo Luciani, Claudio
 Chiola e Angelo Clarizia, i quali, per i comitati e  le  associazioni
 venatorie, hanno sostenuto la legittimazione ad intervenire di questi
 ultimi, legittimazione contestata invece, per i promotori, dagli avv.
 Stefano Nespor, Achille Chiappetti e Beniamino Caravita di Toritto.
   La Corte, con ordinanza di cui e' stata data lettura, ha dichiarato
 inammissibile  l'intervento,  giacche'  l'art. 33, terzo comma, della
 legge n. 352 del 1970 indica e circoscrive l'organo e i soggetti  che
 hanno  la  facolta'  di partecipare al giudizio di ammissibilita' del
 referendum.
   Successivamente  i  difensori  dei  promotori  hanno  illustrato  e
 ribadito   le   argomentazioni  a  sostegno  dell'ammissibilita'  del
 referendum.
                         Considerato in diritto
   1. - La richiesta di  referendum  abrogativo  investe  il  primo  e
 secondo  comma  dell'art. 842 del codice civile che, sotto la rubrica
 "Caccia e pesca", stabilisce, al primo comma, che il proprietario  di
 un  fondo  non  puo'  impedire  che vi si entri per l'esercizio della
 caccia,  a  meno  che  il  fondo sia chiuso, nei modi stabiliti dalla
 legge sulla caccia, o vi siano colture in atto suscettibili di danno.
 Lo stesso articolo stabilisce  inoltre,  al  secondo  comma,  che  il
 proprietario  puo'  sempre  opporsi  a  chi  non e' munito di licenza
 rilasciata dall'autorita'.
   2. - Una precedente richiesta di referendum, di identico contenuto,
 e' stata in passato  dichiarata  ammissibile.  Il  medesimo  quesito,
 consistente  nell'abrogazione  dell'art.  842, primo e secondo comma,
 del codice civile, e' stato, difatti, ritenuto  "chiaro,  univoco  ed
 omogeneo:  tale quindi da consentire all'elettore di esprimere la sua
 volonta' con piena consapevolezza. Esso manifesta  inequivocabilmente
 l'intento  di  generalizzare  il divieto di accedere nel fondo altrui
 per  l'esercizio  della  caccia,  anche  se  non  ricorrano  le   due
 condizioni  attualmente  previste  dalla  disposizione in discussione
 (recinzione del fondo o esistenza di colture suscettibili di  danno)"
 (sentenza n. 63 del 1990).
   Il  referendum  popolare  sul  quesito  allora ammesso, indetto con
 d.P.R. 26 marzo 1990, non ha tuttavia avuto esito,  perche',  secondo
 quanto  ha  accertato  l'Ufficio centrale per il referendum (ai sensi
 dell'art. 36 della legge n. 352 del  1970),  alla  votazione  non  ha
 partecipato  la maggioranza degli aventi diritto, cosi' come richiede
 l'art. 75 della Costituzione.
   3. - Lo stesso quesito viene ora riproposto, senza  che  sussistano
 ragioni  per  discostarsi  dalla  valutazione  di  ammissibilita'  in
 precedenza espressa.
    Nel frattempo sono state emanate nuove  norme  per  la  protezione
 della  fauna selvatica e per il prelievo venatorio (legge 11 febbraio
 1992, n. 157), che innovano profondamente  la  precedente  disciplina
 (testo  unico  delle  norme  per la protezione della selvaggina e per
 l'esercizio della caccia, approvato con regio decreto 5 giugno  1939,
 n.  1016;  legge  27  dicembre  1977, n. 968). Difatti la nuova legge
 delinea     un     sistema     di     pianificazione     territoriale
 faunistico-venatoria  e  di  gestione  programmata  della caccia, che
 tende  a  realizzare   un'utilizzazione   ponderata   delle   risorse
 faunistiche ed ambientali sul territorio nazionale.
   Ma  questa nuova disciplina, che pure attribuisce maggiore rilievo,
 ai fini dell'inclusione del terreno da  parte  delle  Regioni  in  un
 ambito  territoriale di caccia (art. 15 della legge n. 157 del 1992),
 alla posizione del  proprietario  o  del  conduttore  del  fondo  che
 intenda  vietare  sullo  stesso l'esercizio dell'attivita' venatoria,
 non ha abrogato l'art. 842 del codice civile. In caso contrario,  del
 resto,  l'Ufficio  centrale  per  il  referendum, competente per tale
 valutazione, non avrebbe dato corso alle operazioni referendarie.
   Permane, dunque, nell'ambito dei rapporti tra privati, il contenuto
 normativo della  disposizione  che  si  chiede  di  abrogare  con  la
 finalita'  di espandere il diritto del proprietario di godere in modo
 pieno ed esclusivo del fondo, senza piu' il limite imposto  dall'art.
 842 cod. civ.
   La disciplina del codice civile e quella della legge speciale sulla
 caccia,  che  sulla  prima  si innesta, muovono su piani diversi. Non
 sussistono, quindi, problemi di completezza del quesito, in relazione
 alle disposizioni della legge n. 157  del  1992  che  si  riferiscono
 all'attivita' venatoria.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  ammissibile  la  richiesta  di  referendum  popolare  per
 l'abrogazione dell'art. 842 del codice civile,  approvato  con  regio
 decreto  16  marzo  1942, n. 262, comma primo ("Il proprietario di un
 fondo non puo' impedire che vi si entri per l'esercizio della caccia,
 a meno che il Fondo sia chiuso nei modi stabiliti dalla  legge  sulla
 caccia  o  vi  siano colture in atto suscettibili di danno.") e comma
 secondo ("Egli puo' sempre opporsi a chi non e' munito della  licenza
 rilasciata  dall'autorita'."),  richiesta  dichiarata  legittima, con
 ordinanza dell'11-13 dicembre  1996,  dall'Ufficio  centrale  per  il
 referendum costituito presso la Corte di cassazione.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 30 gennaio 1997.
                        Il Presidente: Granata
                        Il redattore: Mirabelli
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 10 febbraio 1997.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
                                                              Allegato
                                                      Reg. ref. n. 100
     Ordinanza letta nella camera di consiglio del 9 gennaio 1997
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Premesso che hanno unitariamente depositato "atto di intervento  in
 giudizio  e  deduzioni"  il  Comitato  per  il  NO  al referendum per
 l'abrogazione  dell'art.   842   c.c.,   l'Unione   nazionale   delle
 associazioni  venatorie  (U.N.A.V.I),  il Comitato nazionale caccia e
 natura (C.N.C.N.), la Federazione  italiana  della  caccia,  l'Unione
 nazionale  Enalcaccia  pesca  e  tiro,  l'ARCI-Caccia, l'Associazione
 libera  caccia,  l'Associazione  nazionale   migratoristi   italiani,
 l'Associazione italiana della caccia - Italcaccia.
   Ritenuto  che,  secondo  la  costante  giurisprudenza  della  Corte
 (sentenza n. 10 del 1972 e, da ultimo, sentenze n. 47 del  1991,  nn.
 32, 33 e 37 del 1993), sono legittimati ad intervenire nei giudizi di
 ammissibilita'  della richiesta di referendum, in base alla normativa
 che disciplina questa particolare procedura (art.  33,  terzo  comma,
 della  legge  25  maggio 1970, n. 352), soltanto il Governo nonche' i
 delegati e i presentatori;
     che i  soggetti  sopra  indicati  non  rivestono  tale  qualita',
 sicche' il loro intervento risulta inammissibile.
                           Per questi motivi
                               La Corte
   Dichiara inammissibile l'intervento sopra indicato.
                        Il Presidente: Granata
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