N. 330 SENTENZA 10 - 14 novembre 1997

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Incompatibilita' alla funzione di giudizio per  il
 giudice  che,  in precedente processo, abbia disposto la trasmissione
 degli atti al  p.m.  per  l'esercizio  dell'azione  penale  -  Omessa
 previsione  -  Erroneita'  delle premesse interpretative da parte dei
 giudici rimettenti - Non fondatezza.
 
 (C.P.P., art. 34, commi 1 e 2).
 
 (Cost., artt. 3, 24 e 27).
 
(GU n.47 del 19-11-1997 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: dott. Renato GRANATA;
  Giudici:  prof.  Giuliano  VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,   prof.
 Cesare MIRABELLI,  prof. Fernando SANTOSUOSSO,   avv.  Massimo  VARI,
 dott.   Cesare   RUPERTO,   dott.  Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo
 ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,   prof.  Carlo  MEZZANOTTE,    avv.
 Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI  MODONA,   prof. Piero Alberto
 CAPOTOSTI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nei giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 34, commi 1 e 2,
 del codice di procedura penale, promossi con n. 2 ordinanze emesse il
 6 ottobre 1995 dal pretore di Ancona e il 13 giugno 1996 dal  pretore
 di  Padova,  sezione  distaccata di Montagnana, iscritte ai nn. 384 e
 921 del registro ordinanze 1996 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica nn. 19 e 39, prima serie speciale, dell'anno 1996;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del  18 giugno 1997 il giudice
 relatore Carlo Mezzanotte.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Dovendo celebrare il dibattimento a carico di un imputato  nei
 cui  confronti,  in occasione della sua precedente condanna per altro
 reato,  aveva  ritenuto  configurabili  ulteriori  reati  e   percio'
 trasmesso  i  relativi atti al pubblico ministero per il promovimento
 dell'azione penale, il pretore di Ancona, con ordinanza del 6 ottobre
 1995, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 34, comma 2, del codice di procedura penale, assumendone il contrasto
 con gli artt. 3 e 24 della Costituzione.
   Il remittente richiama, per identita' di ratio la sentenza  n.  455
 del  1994,  con  la quale questa Corte ha dichiarato l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 34, comma 2, del codice di procedura penale,
 nella parte in cui non prevede l'incompatibilita'  alla  funzione  di
 giudizio  del  giudice  che,  all'esito  di  precedente dibattimento,
 riguardante il medesimo fatto storico a carico del medesimo imputato,
 abbia ordinato la trasmissione degli atti al  pubblico  ministero  ai
 sensi dell'art.  521, comma 2, del codice di procedura penale, avendo
 accertato  che  il fatto e' diverso da come descritto nel decreto che
 dispone il giudizio ovvero nella  contestazione  effettuata  a  norma
 degli artt.  516, 517 e 518, comma 2.
   A maggior ragione, pertanto, secondo il pretore di Ancona, l'omessa
 previsione  dell'incompatibilita'  alla  funzione  di giudizio per il
 giudice che abbia, in altro processo, trasmesso gli atti al  pubblico
 ministero  per  avere  ravvisato  la sussistenza di ulteriori reati a
 carico dello stesso imputato, sarebbe costituzionalmente illegittima.
 Risulterebbero, infatti, violati  l'art.  3  della  Costituzione  per
 l'ingiustificata  disparita'  di  trattamento  rispetto  ad  analoghe
 situazioni  di  incompatibilita',  previste  dall'art.  34,  anche  a
 seguito  delle numerose pronunce additive di questa Corte e l'art. 24
 della Costituzione, poiche' l'imputato si vedrebbe imposto un giudice
 privo dell'indispensabile carattere di terzieta'.
   1.1. - Il Presidente del Consiglio dei  Ministri,  rappresentato  e
 difeso  dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,  ha  chiesto  che la
 questione sia dichiarata infondata.
   Secondo  l'Avvocatura,  per  la  sussistenza  dell'incompatibilita'
 sarebbe  indispensabile  che  il giudice abbia compiuto in precedenza
 una penetrante delibazione della regiudicanda, definendo il  processo
 con  sentenza.  Al  contrario  la trasmissione degli atti al pubblico
 ministero  per  l'eventuale  esercizio dell'azione penale sarebbe una
 attivita' ordinatoria di tipo meramente processuale, dalla quale  non
 potrebbe desumersi un condizionamento del giudicante.
   2.  - Dovendo celebrare il dibattimento a carico di un imputato nei
 cui confronti, in occasione della condanna di altro  soggetto,  aveva
 ritenuto  configurabili  i  medesimi  reati a quest'ultimo ascritti e
 percio' trasmesso gli atti  al  pubblico  ministero  per  l'esercizio
 dell'azione  penale,  il  pretore  di  Padova,  sezione distaccata di
 Montagnana, con ordinanza in data 13 giugno 1996,  ha  sollevato,  in
 riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 27 della Costituzione,
 questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 34, comma 1, del
 codice di procedura penale.
   Il giudice a quo ritiene di avere gia'  compiuto  una  "valutazione
 contenutistica della consistenza dell'ipotesi accusatoria", rilevando
 che  l'oggetto  delle valutazioni che egli e' chiamato a compiere nel
 celebrando dibattimento sarebbe  identico  a  quello  del  precedente
 processo  conclusosi  con  la  restituzione  degli  atti  al pubblico
 ministero per l'esercizio  dell'azione  penale  anche  nei  confronti
 dell'imputato attualmente sottoposto al suo giudizio.
   L'art.   34   del   codice   di   procedura   penale  tuttavia  non
 contemplerebbe, secondo il remittente, come causa di incompatibilita'
 l'ipotesi in cui il giudice abbia, in altro giudizio, ravvisato per i
 medesimi reati ulteriori responsabilita', trasmettendo  gli  atti  al
 pubblico  ministero per le sue determinazioni in ordine all'eventuale
 promovimento dell'azione penale: tale omessa previsione violerebbe il
 principio del giusto processo, che esige un giudice terzo e libero da
 convinzioni precostituite.
                         Considerato in diritto
   1. -  Le due ordinanze di rimessione hanno ad  oggetto  l'art.  34,
 comma  1,  e,  rispettivamente,  l'art.  34,  comma  2, del codice di
 procedura penale,  in  quanto  non  prevede  l'incompatibilita'  alla
 funzione  di  giudizio  per  il  giudice che, in precedente processo,
 abbia disposto la trasmissione degli atti al pubblico  ministero  per
 l'esercizio dell'azione penale.
   Il  pretore  di  Ancona  e'  chiamato a celebrare il dibattimento a
 carico di un imputato nei  cui  confronti,  in  occasione  della  sua
 precedente  condanna  per  altro  reato, aveva ritenuto configurabili
 ulteriori reati e  quindi  trasmesso  i  relativi  atti  al  pubblico
 ministero.  Prospettando  la  violazione  degli  artt.  3  e 24 della
 Costituzione, il giudice a quo richiama, per identita'  di  ratio  la
 sentenza  n.  455  del  1994,  con  la  quale  questa Corte ha esteso
 l'incompatibilita' sancita dall'art.  34, comma 2,  cod.  proc.  pen.
 all'ipotesi del giudice che, all'esito di un precedente dibattimento,
 abbia  ordinato  la  trasmissione degli atti del pubblico ministero a
 norma dell'art. 521, comma 2, cod.   proc. pen.  per  diversita'  del
 fatto rispetto a quello contestato.
   Il  pretore  di  Padova,  sezione  distaccata  di  Montagnana, deve
 giudicare della imputazione elevata a carico di un soggetto a seguito
 della trasmissione degli atti da lui disposta all'esito del  processo
 a  carico  di  altro  imputato  del  medesimo  reato.  Ad  avviso del
 remittente, la mancata previsione di una  causa  di  incompatibilita'
 per  tale  situazione  violerebbe  il  principio del giusto processo,
 desumibile  dagli  artt.    3,  24,  secondo  comma,   e   27   della
 Costituzione, poiche' l'imputato sarebbe privato della garanzia di un
 giudice  dotato  del  necessario carattere di terzieta', essendo gia'
 stata compiuta, nei suoi confronti,  una  valutazione  contenutistica
 della   consistenza   dell'ipotesi   accusatoria   al  momento  della
 trasmissione degli atti al pubblico ministero.
   Poiche' le ordinanze di rimessione pongono la medesima questione, i
 relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi con unica sentenza.
   2.  -  La  questione  non  e'  fondata   per   l'erronea   premessa
 interpretativa  dalla quale muovono i giudici remittenti. In entrambe
 le ordinanze si assume, sia pure implicitamente, che l'ipotesi in cui
 il giudice abbia trasmesso gli atti al pubblico  ministero  affinche'
 questi  assuma  le  proprie  determinazioni in ordine al promovimento
 dell'azione penale per il medesimo fatto a carico di un terzo  ovvero
 per   fatti  ulteriori  a  carico  dello  stesso  imputato,  non  sia
 contemplata come causa di incompatibilita' dall'art. 34 del codice di
 procedura penale. Al contrario: l'ipotesi prospettata dai  giudici  a
 quibus  rientra appieno tra quelle indicate nel terzo comma dell'art.
 34 cod. proc. pen.  Il provvedimento di trasmissione  degli  atti  si
 risolve,  infatti,  come  questa Corte ha puntualmente rilevato nella
 sentenza n. 292 del 1992, in una vera e propria denuncia obbligatoria
 che, costituendo "attivita' di propulsione  prodromica  all'esercizio
 dell'azione  penale, si colloca nell'orbita della funzione requirente
 in quanto strumentale al suo esercizio. Il considerarla come fonte di
 incompatibilita' al giudizio e', percio',  coerente  con  un  sistema
 processuale   ispirato   alla  necessaria  distinzione  tra  funzioni
 requirenti e giudicanti".
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti  i  giudizi,  dichiara  non   fondata   la   questione   di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 34, commi 1 e 2, del codice di
 procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt.  3,  24  e  27
 della  Costituzione,  dal  pretore di Ancona e dal pretore di Padova,
 sezione distaccata  di  Montagnana,  con  le  ordinanze  indicate  in
 epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 10 novembre 1997.
                        Il Presidente: Granata
                       Il redattore: Mezzanotte
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 14 novembre 1997.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
 97C1275