N. 169 ORDINANZA (Atto di promovimento) 3 ottobre 2017
Ordinanza del 3 ottobre 2017 del Commissario regionale per gli usi civici per le Regioni Lazio, Umbria e Toscana nel procedimento vertente tra Calvano Mauro e Valentino Giovanni contro Universita' agraria di Valmontone e Societa' Opere per il sottosuolo a r.l. . Usi civici - Norme della Regione Lazio - Norme per l'alienazione di terreni di proprieta' collettiva ad uso civico edificati o edificabili - Possibilita' per i Comuni, le frazioni di Comuni, le universita' e le associazioni agrarie di alienare i terreni di proprieta' collettiva di uso civico posseduti dagli stessi agli occupatori, se gia' edificati, a condizione che le costruzioni siano state legittimamente realizzate o che siano condonate. - Legge della Regione Lazio 3 gennaio 1986, n. 1 (Regime urbanistico dei terreni di uso civico e relative norme transitorie), art. 8, come modificato dall'art. 8 della legge regionale 27 gennaio 2005, n. 6 ("Modifiche alla legge regionale 3 gennaio 1986, n. 1 (Regime urbanistico dei terreni di uso civico e relative norme transitorie) e successive modifiche ed alla legge regionale 6 agosto 1999, n. 14 (Organizzazione delle funzioni a livello regionale e locale per la realizzazione del decentramento amministrativo) e successive modifiche").(GU n.48 del 29-11-2017 )
IL COMMISSARIO PER LA LIQUIDAZIONE DEGLI USI CIVICI PER LE REGIONI LAZIO, UMBRIA E TOSCANA Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento iscritto al n. 10 del registro generale contenzioso civile dell'anno 2016 vertente, tra i signori Calvano Mauro e Valentino Giovanni, rappresentati e difesi dall'Avvocato Edoardo Di Giovanni, l'Universita' agraria di Valmontone rappresentata e difesa dall'avvocato Marco Tagliente, e la societa' Opere per il sottosuolo a r.l. rappresentata e difesa dall'avvocato Giorgio Franciosa, avente ad oggetto: accertamento qualitas soli. F a t t o A seguito dell'esposto con cui i Consiglieri dell'Universita' agraria di Valmontone lamentavano il tentativo di vendita di «un Terreno con annesso Magazzino a colle le pastena in Valmontone nonostante non vi sia il certificato edilizio di sanatoria» il Commissario iniziava - d'ufficio - un processo volto ad accertare la qualitas dei beni promessi in vendita. Con delibera n. 9 del 5 giugno 2015, l'Universita' agraria decideva di alienare alla soc. Opere del sottosuolo l'appezzamento di terreno distinto in catasto al foglio 31, part. 568 di Ha 0,7587, approvando la relativa perizia redatta dal Perito Demaniale dott. Cacioni il 12 dicembre 2014 e chiedendo alla Regione Lazio il cambio di destinazione d'uso ai sensi della legge n. 1766/27. Quest'ultima, con nota protocollo 493864 del 16 settembre 2015, evidenziava che: «trattandosi di alienazione di terreni demaniali edificati, ai sensi e per gli effetti del comma 1, lettera a) dell'art. 8 della L.R. n. 1/1986 e s.m.i. si precisa che e' compito degli Enti titolari dei diritti civici, procedere autonomamente all'alienazione senza la necessita' di acquisire l'autorizzazione regionale, stante la competenza». L'Universita' agraria di Valmontone decideva pertanto di avvalersi della facolta' concessa dall'art. 8 della legge della Regione Lazio n. 1 del 1986 - cosi' come modificato dall'art. 8 della legge della Regione Lazio n. 6 del 2005 - che cosi' stabilisce: «1. I comuni, le frazioni di comuni, le universita' e le associazioni agrarie comunque denominate possono alienare i terreni di proprieta' collettiva di uso civico posseduti dagli stessi: a) occupatori, se gia' edificati; b) con le procedure di asta pubblica, se divenuti edificabili. 2. L'alienazione di cui al comma 1, lettera a), puo' essere effettuata a condizione che le costruzioni siano state legittimamente realizzate o che siano condonate ai sensi della normativa vigente in materia di sanatoria di abusi edilizi...». Nelle more del giudizio il Comune di Valmontone rilasciava il permesso di costruire in sanatoria n. 313 del 27 dicembre 2016 e cio' determina l'alienabilita' dei beni ai sensi dell'art. 8 della legge della Regione Lazio n. 1 del 1986, cosi' come modificato dall'art. 8 della legge della Regione Lazio n. 6 del 2005. All'udienza del 5 giugno 2017 la causa veniva trattenuta in decisione previa concessione alle parti del termine di sessanta giorni per il deposito delle comparse conclusionali e di ulteriori venti giorni per le memorie di replica. Diritto 1. Esaminati gli atti del procedimento, ritiene il giudicante di dover sollevare d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8 della legge della Regione Lazio n. 1 del 1986, cosi' come modificato dall'art. 8 della legge della Regione Lazio n. 6 del 2005 - in riferimento agli articoli 3, 9, 117, secondo comma, lettere l) e s), e 118 della Costituzione. Infatti la legge regionale sopra richiamata determina il venir meno degli usi civici e conseguentemente del vincolo ambientale a seguito del rilascio del permesso di costruire in sanatoria. 2. La questione e' rilevante ai fini del presente giudizio in quanto, in base alla normativa regionale, a seguito della presentazione della domanda di condono e del rilascio del permesso di costruire in sanatoria n. 313 del 27 dicembre 2016 il bene avrebbe automaticamente acquisito natura disponibile e sarebbe legittimamente alienabile talche' questo Giudice dovrebbe limitarsi a prendere atto dell'avvenuta trasformazione del bene demaniale in allodiale e, conseguentemente, dichiarare l'avvenuta estinzione dei diritti di uso civico gravanti sui terreni oggetto di causa. L'univocita' della previsione legislativa non consente diverse interpretazioni e la sdemanializzazione deriva direttamente dalla legge impugnata non essendo necessari ulteriori atti amministrativi. Neppure e' necessario svolgere alcuna attivita' istruttoria essendo pacifici i fatti di causa e l'originaria presenza degli usi civici tanto che la causa, sull'accordo delle parti, veniva trattenuta in decisione. 3. La questione poi non e' manifestamente infondata. 4. Invero la Regione Lazio emanava, in data 3 gennaio 1986, la legge n. 1 contenente il «Regime urbanistico dei terreni di uso civico e relative norme transitorie» poi modificata dalla legge regionale n. 6 del 27 gennaio 2005. In questa sede viene censurato l'art. 8 della predetta legge della Regione che cosi' stabilisce: «1. I comuni, le frazioni di comuni, le universita' e le associazioni agrarie comunque denominate possono alienare i terreni di proprieta' collettiva di uso civico posseduti dagli stessi: a) agli occupatori, se gia' edificati; b) con le procedure di asta pubblica, se divenuti edificabili. 2. L'alienazione di cui al comma 1, lettera a), puo' essere effettuata a condizione che le costruzioni siano state legittimamente realizzate o che siano condonate ai sensi della normativa vigente in materia di sanatoria di abusi edilizi...». 5. Deve osservarsi che la materia degli usi civici e' disciplinata in modo tendenzialmente esaustivo da norme statali: legge 16 giugno 1927 n. 1766 e Regolamento approvato con regio decreto n. 322 del 1928. Tali norme prevedono speciali procedure di liquidazione degli usi civici. Alle Regioni sono state trasferite, dai decreti presidenziali n. 11 del 15 gennaio 1972 e 616 del 24 luglio 1977, le sole funzioni amministrative connesse alle ipotesi di liquidazione degli usi civici e quindi la Regione Lazio non avrebbe potuto emanare norme derogatorie di quelle statali introducendo nuove ipotesi di liquidazione degli usi civici non previste dalla normativa statale. Infatti la sottrazione dei terreni gravati da usi civici alla loro destinazione viene realizzata dalla legge regionale attraverso una procedura diversa da quelle previste dal legislatore statale onde garantire l'interesse della collettivita' alla conservazione degli usi civici e alla salvaguardia dell'ambiente e del paesaggio. Giova osservare che gli usi civici sono stati configurati dal legislatore statale come tendenzialmente imprescrittibili, inusucapibili ed indisponibili (art. 12, secondo comma, della legge n. 1766 del 1927). Il regime di indisponibilita' dei beni gravati da uso civico e' stato interpretato restrittivamente dalla giurisprudenza (ex plurimis, Cassazione, sezione seconda, 24 luglio 1963, n. 2062) mentre la legge regionale li considera liberamente alienabili a seguito della mera edificabilita' dei terreni ovvero della loro edificazione anche se originariamente abusiva ma successivamente sanata. Invece la sottrazione di un bene gravato da usi civici a detta destinazione puo' avvenire solo con le forme e nei limiti previsti dalla normativa primaria. Inoltre, mentre per i beni demaniali e' prevista, seppure in casi eccezionali, la classificazione tacita del suolo, per i beni civici tale classificazione e' esclusa, anzi vietata, come ha precisato la Corte di Cassazione con la sentenza 12 dicembre 1953, n. 3690. Pertanto la legge impugnata si pone in irriducibile contrasto con la legislazione nazionale, perche' le norme statali contenute nella legge 16 giugno 1927, n. 1766, sul riordinamento degli usi civici nel Regno, e nell'art. 41, regio decreto 26 febbraio 1928 n. 332, regolamento di esecuzione legge n. 1766 del 1927, richiedono che le limitazioni o la liquidazione dei diritti di uso civico siano precedute dall'assegnazione dei suoli alla categoria sub lettera a) dell'art. 11 legge n. 1766 del 1927. Solo i beni inclusi nella categoria a. possono essere alienati o mutati nella destinazione previa autorizzazione ministeriale. Infine costituisce principio fondamentale in materia che le eccezionali ipotesi di legittimazione o di alienazione non possano mai interrompere la continuita' del patrimonio collettivo altrimenti ne verrebbe compromessa la fruibilita' nel suo complesso. Nel caso di specie tale esigenza non e' in alcun modo tutelata. 6. Sotto altro profilo deve osservarsi che, l'art. 1, lettera h), della legge 8 agosto 1985 n. 431, ha sottoposto a vincolo paesaggistico, ai sensi della legge 29 giugno 1939, n. 1497 «le aree assegnate alle Universita' agrarie e le zone gravate da usi civici». Tale previsione viene ribadita dall'art. 142 del decreto legislativo n. 42 del 2004 che dichiara di interesse paesaggistico, tra le altre, «le aree assegnate alle universita' agrarie e le zone gravate da usi civici» (lettera f) che quindi vengono inserite nel Codice dei beni culturali e del paesaggio. Si tratta di norme di grande riforma economico-sociale (Cfr. Corte costituzionale, sentenze n. 210 del 2014, n. 207 e n. 66 del 2012, n. 226 e n. 164 del 2009) con conseguenti limiti all'esercizio della competenza legislativa primaria delle Regioni. Ritiene il remittente che questa norma imponga di rivedere tutte le competenze in materia di usi civili. Invero la qualificazione dei terreni gravati da uso civico quali beni di rilevo ambientale non puo' non avere ricadute sulla loro disciplina. 7. La funzione di tutela dell'ambiente svolta dagli usi civici e' stata magistralmente ricostruita dalla giurisprudenza della Corte costituzionale (si vedano per tutte l'ordinanza n. 316 del 1998 e le sentenze nn. 46/95 e 133/93). La Corte costituzionale ha evidenziato un «interesse unitario della comunita' nazionale alla conservazione degli usi civici, in quanto e nella misura in cui concorrono a determinare la forma del territorio su cui si esercitano, intesa quale prodotto di "una integrazione fra uomo e ambiente naturale"» (sentenza n. 46 del 1995). Essi incidono sull'ambiente e sul paesaggio, perche' contribuiscono alla salvaguardia di questi ultimi. In particolare la Corte costituzionale, nella sentenza n. 391 del 1989, ha affermato che nell'ordinamento costituzionale vigente prevale - nel caso dei beni civici - l'interesse «di conservazione dell'ambiente naturale in vista di una [loro] utilizzazione, come beni ecologici, tutelato dall'art. 9, secondo comma, Cost.». In sostanza, e' lo stesso aspetto del territorio, per i contenuti ambientali e culturali che contiene, che e' di per se' un valore costituzionale (sentenza n. 367 del 2007). Anche la Cassazione ha ricostruito la nozione di bene pubblico «quale strumento finalizzato alla realizzazione di valori costituzionali» (Corte di Cassazione, Sezioni unite civili, sentenza n. 3811 del 2011). L'art. 117 della Costituzione, lettera s), riserva alla legislazione esclusiva dello Stato la «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali» (ex plurimis, sentenza n. 367 del 2007). Si legge nella sentenza n. 103 del 2017 che: «Il riconoscimento normativo della valenza ambientale dei beni civici ha determinato, da un lato, l'introduzione di vincoli diversi e piu' penetranti e, dall'altro, la sopravvivenza del principio tradizionale, secondo cui eventuali mutamenti di destinazione - salvo i casi eccezionali di legittimazione delle occupazioni e di alienazione dei beni silvo-pastorali - devono essere compatibili con l'interesse generale della comunita' che ne e' titolare». Ne deriva che la Regione: «non possa assumere, unilateralmente, decisioni che liberano dal vincolo ambientale porzioni del territorio. Oltre alle ipotesi di mutamento di destinazione, che sostanzialmente rimodellano il vincolo ambientale verso una nuova finalita' comunque conforme agli interessi della collettivita', devono assolutamente soggiacere al meccanismo concertativo le ipotesi di sclassificazione, che sottraggono in via definitiva il bene alla collettivita' ed al patrimonio tutelato» (Cfr. Corte costituzionale n. 103 del 2017). Invece la Regione Lazio, con la norma impugnata, ha profondamente inciso su tale materia consentendo che aree del suo territorio potessero essere sottratte alla normativa statale in materia di tutela ambientale. Quindi la Regione Lazio ha determinato una sostanziale sclassificazione dei terreni gravati da uso civico in quanto edificabili od, addirittura, abusivamente edificati e quindi condonati ma la normativa regionale «non puo', salvo i casi suscettibili di alienazione e legittimazione previsti dalla legge n. 1766 del 1927, servire a sanare indiscriminatamente occupazioni abusive» (cfr. Corte costituzionale n. 103 del 2017). 8. E evidente che tale norma eccede dalla competenza regionale, incidendo in materie - «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali» - riservate al legislatore statale dall'art. 117, lettera s) come peraltro gia' riconosciuto dalla Corte costituzionale, da ultimo, nelle sentenze nn. 210/2014 e 103/2017. La competenza legislativa regionale in materia incontra poi il limite delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica quali le evocate disposizioni del codice dei beni culturali e del paesaggio (Cfr. Corte costituzionale sentenza n. 210 del 2014). La competenza statale esclusiva in materia viene violata anche sotto il profilo della pianificazione paesaggistica (Cfr. art. 143 del Codice dei beni culturali e del paesaggio quale norma di grande riforma economico-sociale). 9. La legge statale n. 47/1985 consente la sanatoria delle opere abusive sorte su aree vincolate solo attraverso determinate procedure. Tale possibilita' non e' piu' concessa dalla normativa sopravvenuta (decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001). Invece la legge regionale impugnata consente il venir meno dei vincoli ambientali a seguito di irreversibili trasformazioni del suolo dovute ad interventi urbanistici anche non autorizzati. Tale attivita' determina cosi' insieme il venir meno del vincolo ambientale ed il trasferimento della proprieta' del suolo. Essa consente altresi' un ampiamento delle possibilita' di sanatorie edilizie che, ugualmente, e' riservata alle leggi dello Stato (Corte costituzionale sentenze nn. 117 del 2015 e n. 196 del 2004). 10. La norma si pone altresi' in contrasto con l'art. 118 Cost. per il mancato rispetto del principio di leale collaborazione, stante la «connessione indissolubile tra materie di diversa attribuzione» anche alla luce della sentenza n. 210 del 2014. Invero il legislatore regionale ha proceduto con modalita' unilaterali preclusive della considerazione degli interessi sottesi alla competenza legislativa di cui lo Stato e' titolare. 11. La legge Regionale confligge infine con il principio di ragionevolezza (a. 3 della Costituzione) e di coerenza dell'ordinamento in quanto consente all'autore di un illecito (nella maggioranza dei casi di rilievo penale) di divenire proprietario del bene che ha manomesso con pari danno per la collettivita'. Invece la disciplina civilistica prevede che: «Qualunque piantagione, costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario di questo» (art. 934 c.c.) stabilendo cosi' il contrario principio dell'accessione. L'art. 31 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, a sua volta, stabilisce che nel caso di illeciti edilizi, qualora il proprietario non adempia all'ordine di demolizione, si determini l'acquisizione gratuita al patrimonio del comune del «bene e l'area di sedime, nonche' quella necessaria, secondo le vigenti prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive». Nel caso in esame invece il trasgressore che ha eseguito l'opera su beni gravati da uso civico e sottoposti a vincolo ambientale viene «premiato» consentendogli l'acquisizione a prezzi modici dell'area di sedime in contrasto con le previsioni della normativa statale configurando cosi' una ipotesi di accessione invertita. Viene quindi prevista un'ipotesi in cui un atto illecito (spesso costituente reato) produce la trasformazione del demanio in allodio.
P. Q. M. Visti gli articoli 134 della Costituzione, 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8 della legge della Regione Lazio n. 1 del 1986, cosi' come modificato dall'art. 8 della legge della Regione Lazio n. 6 del 2005 - in riferimento agli articoli - 3, 9, 117, secondo comma, lettere l) e s), e 118 della Costituzione. Dispone, l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale e sospende il giudizio; Ordina che, a cura della segreteria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed alla regione Lazio in persona del Presidente in carica, ed al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica. Cosi' deciso in Roma il 3 ottobre 2017. Il Commissario aggiunto: Perinelli