N. 748 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 ottobre 1999
Ordinanza emessa il 28 ottobre 1999 dal tribunale di Torre Annunziata nel procedimento penale a carico di Carfora Nicola Processo penale - Dibattimento - Partecipazione a distanza dell'imputato (cd. videoconferenza) - Detenuto sottoposto al regime di cui all'art. 41-&bi;bis dell'ordinamento penitenziario - Prevista partecipazione a distanza nella sola ipotesi in cui si proceda per taluno dei delitti indicati nell'art. 51, comma 3-&bi;bis, cod. proc. pen - Irragionevole disparita' di trattamento tra detenuti. - Cod. proc. pen., (disp. attuazione del) art. 146-bis. - Costituzione, art. 3.(GU n.4 del 26-1-2000 )
IL TRIBUNALE Sciogliendo la riserva di cui alla scorsa udienza nel processo contro Carfora Nicola, imputato dei reati di cui agli artt. 416, 56-629 cpv. c.p. O s s e r v a 1. - Alla udienza del 12 ottobre 1999 la difesa del Carfora eccepiva, sostanzialmente, l'omessa traduzione dell'imputato, detenuto per titoli diversi, in quanto assente fiscamente e presente in videoconferenza (disposta, peraltro, correttamente per un processo celebrato immediatamente prima nei confronti dello stesso) per un delitto non rientrante tra quelli indicati nell'art. 51, comma 3-bis, c.p.p.: stante la formulazione letterale dell'art. 146-bis d.a.c.p.p. il Carfora, infatti, benche' sottoposto al regime di cui all'art. 41-bis, comma 2, legge n. 354/1975 (v. provvedimento in atti), doveva essere fisicamente presente in aula. Il processo veniva rinviato in via preliminare all'odierna udienza per le conseguenziali valutazioni. 2. - Come e' noto l'art. 2 della legge 7 gennaio 1998, n. 11 ha introdotto il sistema della videoconferenza, o meglio, della c.d. partecipazione al dibattinento a distanza, introducendo - tra l'altro - nelle norme di attuazione al codice di rito il suddetto art. 146-bis. Tale norma individua, nelle lettere a), b) e c) del primo comma, tre ipotesi particolari, giustificative dell'attivazione del collegamento audiovisivo: le prime due di natura oggettiva, la terza meramente soggettiva, avuto riguardo alla qualita' del detenuto, nei cui confronti deve essere stata disposta l'applicazione delle misure di cui all'art. 41-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354 (significativamente e logicamente la norma dovrebbe trovare il suo collegamento con il secondo comma dell'art. 41-bis, al quale solo si conforma). In ogni caso, il presupposto fondamentale e prodromico e' dato dalla necessita' che si stia procedendo per uno dei delitti indicati nell'art. 51, comma 3-bis, c.p.p., e cioe', in breve, per delitti mafiosi-camorristici o di stampo affine e di funzionale competenza della procura distrettuale. La celebrazione del processo in assenza di tale presupposto, stante il testuale tenore della norma (Quando si procede per taluno dei delitti indicati...), non puo' che avvenire se non con le modalita' ordinarie e, cioe', con la presenza fisica degli interessati nell'aula dibattimentale. Orbene, l'ossequio a tale disposizione e, quindi, la celebrazione del presente processo, allo stato, si rivelerebbe possibile solo ... violando clamorosamente la ratio del 41-bis, dovendo necessariamente essere disposta la traduzione del Carfora. In tali sensi la questione mostra la sua rilevanza. Proprio recentemente l'invocata Corte, con la sentenza n. 342/1999, nel ritenere infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e seguenti della legge n. 11/1998, affrontata da una visuale completamente diversa, ha evidenziato come "le frequenti traduzioni di imputati di gravi delitti di stampo mafioso... comportavano, accanto al gravoso impegno delle forze dell'ordine per garantire adeguatamente la sicurezza e l'ordine pubblico, anche il rischio che - proprio in dipendenza dei continui trasferimenti - risultasse in concreto vanificata l'efficacia dei provvedimenti di sospensione delle ordinarie regole di trattamento penitenziario adottati nei confronti dei detenuti piu' pericolosi ai sensi dell'art. 41-bis, secondo comma della legge 26 luglio 1975, n. 354. Provvedimenti, questi, che, viceversa, apparivano essere "uno strumento essenziale per garantire l'interruzione dei rapporti fra gli associati mafiosi in vinculis ed il resto dell'associazione ". Se, dunque, e' stata questa la finalita' della norma, tesa, altresi' ad evitare che detenuti pericolosi, aventi ancora un ruolo di spicco nell'ambito dell'organizzazione criminale, possano comunicare con l'esterno in occasione delle loro traduzioni per la partecipazione ai dibattimenti, se, in sostanza, si e' voluto evitare il cd. turismo giudiziario, ancorare l'applicazione dell'istituto nell'ipotesi di cui alla lett. c), al criterio che si stia procedendo solo ed esclusivamente per uno dei reati di cui all'art. 51, comma 3-bis, c.p.p., si palesa illogico e irrazionale, dal momento che dovrebbe essere la sola qualita' del detenuto, sottoposto alle misure di cui al 41-bis, a giustificare la partecipazione a distanza. 3. - In tali termini, quindi, la questione appare altresi' fondata: e' evidente la violazione dell'art. 3 della Costituzione, espressione di un "generale canone dl coerenza dell'ordinamento normativo" (Corte cost. n. 204/1982), nonche' del principio di ragionevolezza per cui la legge deve trattare in maniera eguale situazioni eguali ed in maniera razionalmente diversa situazioni diverse. Riportandoci alle ragioni ispiratrici del 41-bis, ricordate dal "Giudice delle Leggi" con la sentenza sopra indicata, quale discrimine sostanziale, concreto, puo' dare il titolo del reato per il quale e' processo, quando e' la pregressa e attuale personalita' del detenuto a giustificare il provvedimento del Ministro della giustizia? D'altronde, e concludendo, proprio in tale provvedimento del Guardasigilli e' dato leggere, tra l'altro, "che, in un quadro di inserimento del Carfora Nicola nell'ambito del sodalizio criminoso di appartenenza in modo radicale e con ruolo di assoluto rilievo e di comando, deve ritenersi costante - in assenza di ogni elemento in senso contrario - il suo collegamento con la parte dell'organizzazione esterna al carcere, ne' il collegamento potrebbe essere venuto meno per il solo fatto della detenzione" e "che in virtu' della particolare posizione di vertice tenuta dal detenuto nell'ambito della criminalita' organizzata e del carisma delinquenziale goduto, puo' fondatamente considerarsi non affievolito non solo il legame con l'associazione di appartenenza ma anche il ruolo rivestito all'interno di questa".
P. Q. M. Letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953 n. 87; Dichiara, di ufficio, rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dellart. 146-bis delle norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale per violazione dell'art. 3 della Costituzione nella parte in cui richiede come presupposto indispensabe per attivare il collegamento audiovisivo a distanza, che si proceda per taluno dei delitti indicati nell'art. 51, comma 3-bis, c.p.p., anche nel caso previsto dalla lett. c) della norma in questione. Sospende il presente giudizio e dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Ordina che a cura della cancelleria la presente ordinanza, della quale si e' data lettura in dibattimento, sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Napoli, addi' 28 ottobre 1999. Il presidente: Dente Gattola Il giudice estensore: Palesandolo 00C0024