N. 749 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 novembre 1999

Ordinanza  emessa  il  18  novembre 1999 dalla Corte di appello di di
Bari nel procedimento penale a carico di Elia Velia
Processo   penale   -   Competenza   per  territorio  -  Procedimenti
  riguardanti  i  collaboratori  di cancelleria che prestino servizio
  nello  stesso  ufficio  giudiziario  cui  appartengono i magistrati
  giudicanti  -  Inapplicabilita'  della  disciplina  prevista  per i
  procedimenti  riguardanti  i magistrati - Disparita' di trattamento
  tra identiche situazioni.
- C.P.P. 1988, art. 11.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.4 del 26-1-2000 )
LA CORTE DI APPELLO     Letti gli atti del processo penale
  (troncone di una piu' complessa inscindibile indagine conclusasi in
  parte  davanti  al  tribunale  di Potenza, ai sensi dell'art. 2 del
  cod. proc. penale) contro Elia Velia;
Rileva       1.  -  La  Elia,  collaboratrice  di  cancelleria,
  all'epoca dei fatti in servizio presso la sezione gip del tribunale
  di  Bari  (dal quale e' stata condannata ad anni uno e mesi otto di
  reclusione  -  pena  sospesa  e  non menzione - con sentenza del 24
  novembre   del  1998,  per  violazione  di  segreti  di  ufficio  e
  favoreggiamento  personale,  artt. 326  e 378 del cod. pen.), nelle
  more  del  processo di appello, proposto avverso la citata sentenza
  del  tribunale,  e'  stata  trasferita a questa Corte e le e' stato
  affidato il servizio "incidenti di esecuzione";
    2.   -   Per   ragioni   del  suo  servizio  la  Elia,  piu'  che
  collaboratrice  di  cancelleria,  e' stata, ed e', quindi, tuttora,
  collaboratrice  dei  consiglieri  della Corte, quantomeno di quelli
  addetti  alle  sezioni  penali,  e  frequenti sono stati, e sono, i
  rapporti, quantomeno di conoscenza, oltre che di collaborazione, in
  particolare  con  il  sottoscritto  relatore-presidente, essendo il
  dott.  Salvatore  Paracampo,  presidente della 2a sezione penale di
  questa  Corte,  spesso impegnato nella locale 2a Corte di assise di
  appello, di cui pure e' presidente;
    3.  -  Per via dei predetti rapporti, non appare possibile che la
  Elia  venga  giudicata  dai  magistrati  con  i quali collabora per
  ragioni  del  suo  servizio  istituzionale,  potendo il rapporto di
  collaborazione e di conoscenza turbare, astrattamente, la serenita'
  funzionale  dei  giudici  stessi,  con  grave  pregiudizio  per  la
  corretta amministrazione della giustizia;
    4.  -  Nell'amministrazione  della  giustizia sono fondamentali e
  prevalenti  la  garanzia di serenita' ed obbiettivita' dei giudizi,
  nonche'  la  imparzialita' e la terzieta' del giudice, ed ancora la
  salvaguardia  del  diritto di difesa e del principio di eguaglianza
  dei cittadini (Corte costituzionale, sentenza n. 390 del 31 ottobre
  1991);
    5.  - Dette garanzie devono essere salvaguardate in ogni caso, ed
  il  loro  possibile  pregiudizio  non  puo' considerarsi attenuato,
  nella  specie,  dalla  previsione  dell'astensione (art. 36 c.p.p.)
  perche'   la   relativa   istanza,   presentata   dal  sottoscritto
  presidente-relatore  il  21  settembre  1999, istanza dettata anche
  dalla  esigenza  di  eliminare  presso  l'opinione  pubblica ed, in
  particolare,  ambientale  locale, qualsiasi sospetto di parzialita'
  determinato  dal rapporto di collaborazione, di frequentazione e di
  conoscenza  con  la  Elia,  e'  stata  rigettata dal capo di questa
  Corte,  con  provvedimento  del  27  settembre  1999, allegato alla
  presente;
    6.  -  La  situazione  attuale,  peraltro,  si  e'  ulteriormente
  aggravata, in quanto, essendo stati affidati alla Elia, a decorrere
  dal 1o ottobre 1999, come comunicato dal presidente di questa Corte
  con  il citato provvedimento di rigetto dell'istanza di astensione,
  i  servizi  "esecuzione"  (penale)  e "corpi di reato", ancora piu'
  frequenti  saranno  i  rapporti  tra  costei ed i consiglieri delle
  sezioni penali della Corte;
    7.  -  Per  la salvaguardia delle suddette garanzie, aventi tutte
  fondamento  nella  Costituzione  (artt. 3-24-101-107)  il succitato
  articolo  2 del c.p.p., gia' in parte dichiarato illegittimo con la
  citata  sentenza  n. 390 del 31 ottobre della Corte costituzionale,
  pur  nel  testo  modificato  con  la  legge 2 dicembre 1998 n. 420,
  prevede   la   deroga  alla  competenza  territoriale  solo  per  i
  magistrati,   e   le   ragioni,  secondo  la  Corte  costituzionale
  (ordinanza  30  dicembre  1997  n. 462  -  Campiglio) vanno appunto
  ravvisate  "nella  necessita'  di  assicurare  la  serenita'  e  la
  obbiettivita'  dei giudizi, nonche' la imparzialita' e la terzieta'
  del  giudice,  anche  con  riferimento  alla esigenza di eliminare,
  presso  la  opinione  pubblica,  qualsiasi sospetto di parzialita',
  determinato   dal   rapporto   di   colleganza   e   dalla  normale
  frequentazione   tra   magistrati  operanti  in  uffici  giudiziari
  appartenenti al medesimo distretto di Corte di appello";
    8.  - Detta esigenza sussiste anche nel caso in esame, ed anzi e'
  ancora  piu'  sentita,  e  peraltro  non  e' altrimenti superabile,
  essendo  stata rigettata l'istanza di astensione, perche' mentre il
  mero  formale rapporto di colleganza, ad avviso della Corte, e' del
  tutto   irrilevante   (del  resto  anche  il  magistrato  designato
  dall'art. 2  del  cod.  proc.  penale,  e'  collega  del magistrato
  inquisito  o  parte  lesa),  spesso  manca  qualsiasi altro tipo di
  rapporto  (si  pensi,  ad  esempio,  ai magistrati dei tribunali, o
  degli  uffici giudiziari in genere, di Foggia o di Lucera, distanti
  da  Bari  oltre 100 km, pur facenti parte dello stesso distretto di
  Corte  di  appello,  magistrati  che,  di  regola, non si conoscono
  nemmeno di vista - da parte dei consiglieri della Corte - coi quali
  probabilmente  non  si  e' mai avuto uno scambio di parola, per cui
  puo'  ben dirsi che al posto di una "normale frequentazione con gli
  stessi", vi e' mancanza assoluta di frequentazione);
    9.  -  Ben diverso e ben piu' intenso e' il rapporto instauratosi
  con   la   Elia,   per   ragioni  del  suo  servizio:  rapporto  di
  collaborazione  e di frequentazione ripetuta, sempre per ragioni di
  ufficio  (cosa  assolutamente  mancante tra magistrati che prestano
  servizio presso uffici giudiziari distanti diecine e diecine di Km,
  pur  se  nell'ambito  dello stesso distretto di Corte di appello) e
  persino di normale saluto durante i casuali incontri nei corridoi e
  nelle cancellerie penali di questa Corte;
    10.  -  Tali rapporti, e' quasi superfluo dirlo, sussistono tra i
  magistrati  e  tutto  il personale della cancelleria penale facente
  parte dello stesso ufficio di servizio dei primi, ed e' ben diverso
  da  quello  che  si  instaura  tra magistrati ed avvocati esercenti
  nello   stesso   distretto,  per  la  semplice  considerazione  che
  l'avvocato sta sempre dall'altra parte, per cui non si puo' parlare
  di  collaborazione  nello stesso ufficio, e comunque l'avvocato non
  fa  parte  del  personale  giudiziario, di cui invece fanno parte i
  collaboratori di cancelleria;
    11.  -  Tanto premesso, si avverte la necessita' di sollevare, ex
  officio,  la  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 2
  c.p.p.,  in relazione all'art. 3 della Costituzione, nella parte in
  cui  non  prevede  che  la disciplina sulla deroga della competenza
  territoriale  dettata  per i magistrati, imputati o parti lese, sia
  estesa,  quantomeno,  anche  ai  collaboratori  di  cancelleria che
  prestino  servizio  nello  stesso ufficio del magistrato giudicante
  (nel caso, stesse sezioni penali della stessa Corte di appello);
    12.  -  Sussistono  indubbiamente i requisiti della non manifesta
  infondatezza  della  questione  sollevata  e  della rilevanza della
  stessa;
    13. - Quanto alla prima la Corte osserva, come emerge dai rilievi
  precedentemente   fatti,   che  attualmente  vi  e'  disparita'  di
  trattamento  per  situazioni  identiche (e quindi palese violazione
  dell'art. 3  della  Carta  costituzionale)  ed oltretutto non vi e'
  altra possibilita' di salvaguardare quelle fondamentali garanzie di
  cui  ai  precedenti  numeri  4  e  7,  atteso  il  disposto rigetto
  dell'istanza  di astensione, a meno che non ci si voglia esporre ad
  una   grave   deleteria   compromissione   dell'immagine   pubblica
  dell'amministrazione della giustizia (il processo, del quale quello
  contro  la  Elia e' un "troncone" si e' detto in epigrafe, ha avuto
  risonanza  a livello nazionale per le complesse implicazioni che ha
  comportato), specialmente in un'epoca, come l'attuale, nella quale,
  attesa  la  crescente  conflittualita',  sia  l'eventuale  doveroso
  esercizio  dell'azione  penale,  sia l'esito del giudizio medesimo,
  possono   ulteriormente   prestarsi  a  valutazioni  strumentali  e
  comunque, di sicuro, gravemente pregiudizievoli per la credibilita'
  nelle istituzioni;
    14.  -  La  questione  di  legittimita' costituzionale del citato
  art. 2  del  cod.  proc.  pen. e' inoltre sicuramente rilevante nel
  presente  giudizio  di  appello  perche',  ove  accolta dalla Corte
  costituzionale,  competente  a  giudicare  diventerebbe la Corte di
  appello  di  Potenza,  citta'  nella  quale,  peraltro,  si e' gia'
  conclusa parte della complessa vicenda;
    15.  -  La  necessita' di far celebrare il giudizio in altra sede
  giudiziaria diversa da quella di Bari, non poteva essere sentita in
  primo grado perche' la Elia non prestava servizio presso le sezioni
  dibattimento  del  tribunale  di  Bari, ma presso la sezione gip di
  detto  tribunale, cioe' in un ufficio completamente diverso; non vi
  era  rapporto  di  collaborazione tra la Elia ed i magistrati delle
  sezioni  dibattimento, che probabilmente non la conoscevano nemmeno
  di  vista,  e quindi tra questi e quella mancava qualsiasi rapporto
  di  frequentazione, persino di incontro in ufficio e per ragioni di
  ufficio.
P. Q. M.      Visto  l'art. 23 della legge costituzionale n. 87
  dell'11 marzo 1953.
    Dichiara  rilevante  nel  presente  giudizio e non manifestamente
  infondata, in relazione all'art. 3 della Costituzione, la questione
  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 2  del cod. proc. pen.,
  nella  parte  in  cui  non prevede che la disciplina ivi dettata in
  materia  di  competenza  territoriale  per i magistrati inquisiti o
  parti  lese,  si  applichi  anche,  quantomeno, ai collaboratori di
  cancelleria,  inquisiti  o  parti lese, che prestino servizio nello
  stesso  ufficio  giudiziario  cui  appartengono i magistrati che li
  dovrebbero giudicare.
    Dispone  che il presente provvedimento, a cura della cancelleria,
  sia  notificato  al  Presidente  del Consiglio dei Ministri ed alla
  Elia,  nonche' comunicato al Presidente del Senato ed al Presidente
  della Camera dei Deputati.
    Sospende  il  presente  processo  penale a carico dell'appellante
  Elia  Velia  e  dispone  la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
  costituzionale.
    Lette in udienza pubblica.
        Bari, addi' 18 novembre 1999.
                        Il presidente: Rizzi
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