N. 753 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 ottobre 1999
Ordinanza emessa il 29 ottobre 1999 dal giudice istruttore presso il tribunale di Lecce nel procedimento blocchetto10civile vertente tra Ferrari Claudio ed altra e Credito popolare salentino s.c. a r.l. Credito (Istituto di) - Interessi bancari - Clausole relative all'anatocismo contenute nei contratti stipulati anteriormente alla delibera CICR di cui all'art. 25, d.lgs. n. 342/1999 - Prevista validita' ed efficacia fino alla data di entrata in vigore di tale delibera - Conseguente sanatoria retroattiva delle previsioni contrattuali relative alla capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori ritenute nulle da recenti pronunce della Cassazione - Eccesso di delega, per esorbitanza dai limiti di oggetto &bi;ex art. 1, comma 5, legge n. 128/1998. - D.Lgs. 4 agosto 1999, n. 342, art. 25, comma 3. - Costituzione, art. 76.(GU n.4 del 26-1-2000 )
IL TRIBUNALE Letti gli atti del procedimento n. 1865/96 r.g. tra Ferrari Claudio, Caputo Grazia Maria e Credito popolare salentino soc. coop. a r.l. avente ad oggetto opposizione a decreto ingiuntivo; O s s e r v a Con decreto emesso in data 23 maggio 1996 su ricorso del Credito popolare salentino soc. coop. a r.l. il presidente del tribunale di Lecce ingiunse il pagamento a Ferrari Claudio della somma di L. 1.123.218.428, a Caputo Grazia Maria della somma di L. 102.547.109 (oltre a L. 600.000.000 per garanzia fideiussoria del debito del Ferrari) e ad entrambi in solido della somma di L. 266.591.009, il tutto oltre accessori, per causali relative a scoperto di conto corrente, protesto di numerosi effetti a firma del Ferrari (taluni con avallo della Caputo) e prestito personale. Con citazione notificata il 31 luglio 1996 Ferrari Claudio e Caputo Grazia Maria hanno proposto opposizione dinanzi a questo Tribunale contestando, oltre alla validita' della fideiussione prestata, l'an e il quantum della pretesa azionata dall'istituto di credito con il procedimento monitorio in relazione al tasso di interesse praticato, con specifico riferimento alla dedotta nullita' della clausola avente ad oggetto la capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dal cliente, in assenza di usi normativi contrari. Costituitosi in giudizio, il Credito popolare salentino contestava specificamente i motivi posti a fondamento della spiegata opposizione. Concessi i termini di cui agli artt. 183 e 184 c.p.c. per deduzioni di merito e istruttorie, questo giudice riservava di decidere in ordine alle richieste istruttorie (consulenza tecnica d'ufficio, prova testimoniale) formulate dalle parti. Cosi' conclusivamente definiti i termini del giudizio, appare opportuno, in considerazione dei contrasti esistenti tra le parti in ordine al computo degli interessi, disporre in via preliminare consulenza tecnica d'ufficio al fine di determinare l'entita' del credito vantato dall'istituto opposto. Siffatto accertamento tecnico-contabile postula l'applicazione dell'art. 25 del d.lgs. 4 agosto 1999, n. 342, entrato in vigore il successivo 15 ottobre, disposizione che, dopo aver modificato la rubrica dell'art. 120 t.u. delle leggi in materia bancaria e creditizia (d.lgs. n. 385/1993), che ora recita "Decorrenza delle valute e modalita' di calcolo degli interessi", ed aggiunto al comma 1 del citato articolo il seguente comma: "Il CICR stabilisce modalita' e criteri per la produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni poste in essere nell'esercizio dell'attivita' bancaria, prevedendo in ogni caso che nelle operazioni in conto corrente sia assicurata nei confronti della clientela la stessa periodicita' nel conteggio degli interessi sia debitori sia creditori", al terzo comma recita: "Le clausole relative alla produzione di interessi sugli interessi maturati, contenute nei contratti stipulati anteriormente alla data di entrata in vigore della delibera di cui al comma 2, sono valide ed efficaci fino a tale data e, dopo di essa, debbono essere adeguate al disposto della menzionata delibera, che stabilira' altresi' le modalita' e i tempi dell'adeguamento. In difetto di adeguamento, le clausole divengono inefficaci e l'inefficacia puo' essere fatta valere solo dal cliente". E' di tutta evidenza che con la norma surrichiamata il legislatore delegato ha inteso disciplinare la materia dell'anatocismo bancario, dopo che il tradizionale consolidato orientamento giurisprudenziale favorevole alla legittimita' della capitalizzazione trimestrale degli interessi dovuti dalla clientela era stato di recente oggetto di un clamoroso revirement della Cassazione che con due pronunce, emesse a brevissima distanza (16 marzo 1999, n. 2374 e 30 marzo 1999 n. 3096), aveva escluso la ricorrenza di un uso normativo che consentisse la deroga alla regola racchiusa nell'art. 1283 c.c., con conseguente nullita' delle clausole dei contratti di conto corrente aventi ad oggetto la capitalizzazione trimestrale. La disposizione di cui all'art. 25 del d.lgs. n. 342/99 muove dalla riconosciuta necessita' di stabilire la medesima periodicita' nel conteggio degli interessi attivi e passivi maturati nel corso delle operazioni bancarie - non trovando alcuna valida e ragionevole giustificazione la previsione di una capitalizzazione trimestrale degli interessi debitori del cliente a fronte di una capitalizzazione annuale degli interessi creditori nei confronti della banca - demandando la specifica disciplina della materia ad un successivo provvedimento del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio da emanarsi entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del decreto. Per i contratti stipulati prima di tale data, il legislatore delegato ha, invece, stabilito la piena validita' ed efficacia delle clausole che prevedono l'anatocismo. Tale ultima previsione, avente efficacia retroattiva in deroga al disposto dell'art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale, appare inequivocabilmente volta ad operare una sanatoria delle situazioni pregresse, risolvendo in radice il contenzioso tra banche e utenti in ordine alla validita' delle clausole in tema di capitalizzazione trimestrale, vorticosamente cresciuto in seguito al richiamato recente orientamento della Suprema Corte. Non v'e' dubbio, quindi, che la normativa in parola trovi immediata applicazione nel giudizio in corso ed assuma rilevanza ai fini dell'indagine tecnico-contabile da esperire e, in definitiva, in ordine alla decisione della causa. Sussistono consistenti dubbi in merito alla legittimita' costituzionale del menzionato art. 25, comma 3, del d.lgs. n. 342/1999 in relazione all'art. 76 della Costituzione sotto il profilo dell'eccesso di delega. Detto decreto legislativo e' stato emanato in attuazione dell'art.1, comma 5 della legge 24 aprile 1998, n. 128 (legge comunitaria 1995-1997) con il quale si delegava il Governo ad emanare "disposizioni integrative e correttive del decreto legislativo 1o settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, nel rispetto dei principi e criteri direttivi e con l'osservanza della procedura indicati nell'art. 25 della legge 19 febbraio 1992, n. 142". Tale ultima norma, la cui rubrica recita: "accesso all'attivita' degli enti creditizi ed esercizio della medesima: criteri di delega", prevedeva due distinte deleghe: l'una (comma 1) per l'attuazione dei principi contenuti nella direttiva 89/646/CEE, l'altra (comma 2) volta alla emanazione di "un testo unico delle disposizioni adottate ai sensi del comma 1, coordinato con altre disposizioni vigenti nella stessa materia, apportandovi le modifiche necessarie a tal fine". La prima delega e' stata realizzata con il d.lgs. n. 481/1992, la seconda a seguito della emanazione del t.u. in materia bancaria e creditizia (d.lgs. n. 385/1993). Conformemente all'assenza di qualsivoglia riferimento all'anatocismo bancario nei principi direttivi scolpiti nell'art. 25, legge n. 142/1992 e alla inesistenza di specifiche disposizioni al riguardo (atteso il carattere di fonte non scritta dell'uso normativo relativo alla capitalizzazione trimestrale), il testo unico anzidetto non contiene alcuna disposizione in tema di anatocismo. Dall'esame delle fonti innanzi menzionate emerge quindi che la materia della produzione di interessi sugli interessi maturati nelle operazioni bancarie non trova riscontro nei criteri e principi direttivi di cui all'art. 25, legge n. 142/1992 richiamati dal legislatore delegante e neppure nello stesso testo unico in materia bancaria e creditizia, ove le disposizioni introdotte in attuazione di detti criteri e principi sono state recepite e armonizzate con le altre disposizioni del settore, dando vita cosi' ad una compiuta disciplina della materia bancaria e creditizia. Ne' a diverse conclusioni e' dato pervenire sulla base degli ulteriori criteri e principi direttivi generali contenuti nell'art. 2 della legge n. 128/1998, non essendo mutato il quadro di riferimento per l'intervento di alcuna direttiva nella materia in questione e non potendosi in alcun modo considerare l'intervento del legislatore delegato imposto dalla necessita' di evitare disarmonie con la normativa vigente. I dubbi di legittimita' costituzionale prospettati, peraltro, resistono alla possibile obiezione che il legislatore delegante, attribuendo al Governo il potere di adottare "disposizioni integrative e correttive" del t.u. bancario, abbia voluto conferire una delega cosi' ampia da consentire anche l'adozione della norma in discussione. A parte ogni considerazione in merito agli aspetti problematici che una simile impostazione comporterebbe in termini di sufficiente determinazione dell'oggetto della delega, e' da rilevare che l'attuazione di una delega legislativa, per quanto ampia, comporta sempre che la norma adottata dal legislatore delegato sia concretamente riconducibile ai principi e criteri direttivi fissati, laddove, come si e' in precedenza evidenziato, nella legge di delega in questione non e' dato ravvisare alcun parametro che legittimi la disciplina dell'anatocismo. Ne' puo' ritenersi che il legislatore delegante abbia voluto attribuire alla competenza del potere esecutivo il settore dell'attivita' bancaria e creditizia, atteso che la delega di riforma della intera materia e' stata di recente realizzata con il t.u. n. 385/1993 e tenuto altresi' conto del carattere meramente integrativo e correttivo dell'intervento demandato al legislatore delegato. Che la disciplina dell'anatocismo sia al di fuori dell'ambito della materia oggetto di delega appare confermato da ulteriori considerazioni. Lo schema di decreto legislativo trasmesso dal Governo alle Camere per il prescritto parere delle commissioni competenti non conteneva alcuna norma in materia di anatocismo. L'originario articolato predisposto dal legislatore delegante - in ossequio ai limiti fissati dal Parlamento con la legge di delegazione - non prevedeva alcunche' al riguardo per la semplice ragione che non ve ne era la necessita', dato che allorquando venne approntato lo schema di decreto l'orientamento giurisprudenziale in tema di capitalizzazione trimestrale era consolidato nel senso della legittimita' di tale sistema di calcolo degli interessi. Soltanto nella stesura definitiva del testo del decreto legislativo compare la disposizione di cui all'art. 25 che, a seguito del mutato orientamento in subiecta materia della Cassazione, recependo il principio della pari periodicita' nel conteggio degli interessi debitori, fa tuttavia salve le clausole relative alla capitalizzazione trimestrale per i contratti in precedenza stipulati. Risulta quindi di tutta evidenza come la menzionata disposizione di cui all'art. 25 del d.lgs. n. 342/1999 si risolva, nella sostanza, in una precisa presa di posizione del legislatore delegato a fronte del recente revirement del giudice di legittimita', attuata, pero', mediante lo strumento improprio del decreto legislativo reso in esecuzione di delega attribuita per finalita' diverse. In conclusione, l'art. 25, comma 3, del d.lgs. 4 agosto 1999, n. 342 appare in contrasto con l'art. 76 della Costituzione, avendo il legislatore delegato disciplinato la materia dell'anatocismo bancario, non ricompresa nell'oggetto della delega di cui all'art. 1, comma 5, legge 24 aprile 1998, n. 128. Attesa la rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale della norma suddetta, il presente procedimento, ai sensi dell'art. 23, legge costituzionale 11 marzo 1958, n. 87, deve essere sospeso e gli atti di causa trasmessi, una volta espletati gli adempimenti di rito indicati in dispositivo, alla Corte costituzionale.
P. Q. M. Visto l'art. 23, legge costituzionale n. 87/1953; Solleva d'ufficio, in quanto non manifestamente infondata e rilevante nel presente giudizio, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 25, comma 3, del d.lgs. n. 342/1999 per contrasto con l'art. 76 della Costituzione. Sospende il giudizio in corso e ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale. Si comunichi la presente ordinanza ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Si notifichi la stessa alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri. Lecce, addi' 29 ottobre 1999. Il giudice istruttore: Esposito 00C0029