N. 9 ORDINANZA 10 - 12 gennaio 2000

 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 Impiego  pubblico  -  Trattamento  di  fine  rapporto  -   Anticipata
    liquidazione,   nella  misura  massima  del  70%  -  Esclusione  -
    Prospettata  violazione  del   principio   di   eguaglianza,   per
    ingiustificata discriminazione dei dipendenti pubblici rispetto ai
    lavoratori del settore privato, nonche' lamentato contrasto con la
    garanzia   della   destinazione   del  risparmio  alla  proprieta'
    dell'abitazione - Manifesta infondatezza della  questione.    Cod.
    civ.,  art.  2120;  d.P.R.  29  dicembre  1973,  n. 1032, art. 26,
    settimo comma; legge 29 maggio 1982, n. 297, art. 4, sesto  comma;
    legge 8 agosto 1995, n. 335, art. 2, comma 7.
  Costituzione, artt. 2, 3, 36 e 47, secondo comma.

(GU n.3 del 19-1-2000 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
  Giudici:  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI, prof.
 Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO,  dott.
 Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI
 MODONA,    prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI,   prof. Annibale MARINI,
 dott. Franco BILE
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 2120, ottavo
 comma, del codice civile, 4, sesto comma, della legge 29 maggio 1982,
 n. 297 (Disciplina del  trattamento  di  fine  rapporto  e  norme  in
 materia pensionistica), 2, comma 7, della legge 8 agosto 1995, n. 335
 (Riforma  del  sistema  pensionistico obbligatorio e complementare) e
 dell'art.  26 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 (Approvazione  del
 testo  unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei
 dipendenti civili e militari dello  Stato),  promosso  con  ordinanza
 emessa  il  26  maggio  1998  dal TAR per la Sicilia sez. staccata di
 Catania sul ricorso proposto da Di  Gesu  Giuseppe  contro  l'INPDAP,
 iscritta  al  n.  779  del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  43,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1998.
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del 24  novembre  1999  il  giudice
 relatore Cesare Ruperto.
   Ritenuto che, nel corso di un giudizio amministrativo - promosso da
 un  avvocato  dello Stato, in possesso della prescritta anzianita' di
 servizio,   avverso   il   provvedimento   dell'INPDAP   di   rigetto
 dell'istanza  volta  ad  ottenere  (per destinarla all'acquisto della
 prima casa di abitazione  per  la  figlia)  la  liquidazione  di  una
 anticipazione  sul trattamento di fine rapporto, pari alla misura del
 70% -, il TAR per la Sicilia,  sezione  distaccata  di  Catania,  con
 ordinanza  emessa  il  26  maggio  1998,  ha  sollevato  questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 2120 cod.  civ.,  dell'art.  26
 (settimo  comma)  del d.P.R.  29 dicembre 1973, n. 1032 (Approvazione
 del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a  favore
 dei  dipendenti  civili  e  militari dello Stato), dell'art. 4 (sesto
 comma) della legge 29 maggio 1982, n. 297 (Disciplina del trattamento
 di fine rapporto e norme  in  materia  pensionistica),  dell'art.  2,
 comma  7,  della  legge  8  agosto  1995, n. 335 (Riforma del sistema
 pensionistico obbligatorio e  complementare),  "nella  parte  in  cui
 escludono  i  pubblici  dipendenti  dal  beneficio  della concessione
 dell'anticipazione nella misura massima del 70%  sul  trattamento  di
 fine  rapporto,  ricorrendo  i casi tipici individuati dall'art. 2120
 del codice civile, ed in particolare dal comma 8, lett. b)  beneficio
 riconosciuto ai soli lavoratori dipendenti del settore privato";
     che  il  rimettente  afferma  l'infondatezza  della  domanda,  in
 ragione sia dell'esplicito divieto sancito dal combinato disposto dei
 censurati artt. 4 della legge n. 297 del 1982 e  26,  settimo  comma,
 del  d.P.R.    n. 1032 del 1973, sia dell'impossibilita' di applicare
 nella fattispecie quanto previsto dall'art. 2, comma 5,  della  legge
 n.  335  del  1995, il quale, relativamente ai dipendenti pubblici in
 servizio alla data del 1 gennaio 1996,  demanda  alla  contrattazione
 collettiva  le  modalita'  di  omogeneizzazione  con  i  privati  del
 trattamento di fine rapporto;
     che, secondo il rimettente, l'esclusione dal detto beneficio  dei
 pubblici  dipendenti  e',  innanzitutto, lesiva degli artt. 2, 3 e 36
 della Costituzione perche' ingiustificatamente discriminatoria a loro
 danno, soprattutto nell'attuale momento caratterizzato dalla linea di
 tendenza  della  "privatizzazione"  del rapporto, resa evidente nella
 materia previdenziale proprio dal menzionato art. 2, comma  5,  della
 legge  n.  335  del  1995,  il  quale equipara il trattamento di fine
 rapporto per i dipendenti pubblici assunti a partire  dal  1  gennaio
 1996  a  quello  previsto  per i lavoratori privati (con disposizione
 che, sotto altro aspetto, fa risultare altrettanto discriminatorio  e
 irragionevole  il  rinvio  ad  un'ulteriore  disciplina  -  di  fonte
 contrattuale o legislativa - esclusivamente per i dipendenti pubblici
 in servizio alla predetta data);
     che inoltre - sempre secondo il rimettente - le denunciate  norme
 contrastano con l'art. 47, secondo comma, Cost., in quanto consentono
 di  dare rilevanza e attuazione concreta alla garanzia costituzionale
 del diritto all'abitazione solo nei confronti dei lavoratori privati,
 ai quali e' assicurata  una  chance  in  piu'  rispetto  ai  pubblici
 dipendenti;
     che  e'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato,  concludendo  per  la  declaratoria  di manifesta infondatezza
 della sollevata questione.
   Considerato  che  il  rimettente  prospetta   i   suoi   dubbi   di
 legittimita'  costituzionale muovendo dal presupposto che la linea di
 tendenziale armonizzazione  del  trattamento  di  fine  rapporto  dei
 lavoratori  pubblici  e  dei  lavoratori  privati  - legislativamente
 affermata, nel  contesto  della  "privatizzazione"  del  rapporto  di
 pubblico  impiego,  dall'art.    2, commi 5-8, della legge n. 335 del
 1995 - renda ormai non piu' giustificabile l'esclusione, per i primi,
 della possibilita'  di  richiedere  l'anticipazione  del  trattamento
 medesimo;  con  conseguente  violazione,  dunque,  del  principio  di
 uguaglianza, sia sotto il profilo di una deteriore tutela retributiva
 e previdenziale sia sotto il profilo di una discriminata  attuazione,
 in concreto, del diritto all'abitazione;
     che,  cosi', esso rimettente - pur riconoscendo che la disciplina
 del rapporto d'impiego degli Avvocati  dello  Stato  rimane  estranea
 alla  contrattazione  collettiva  -  trascura di considerare che tale
 categoria di dipendenti e' stata espressamente  sottratta  al  regime
 stesso  di  privatizzazione  (v.  artt. 2, lettera e), della legge 23
 ottobre 1992, n. 421,  e  2,  comma  4,  del  decreto  legislativo  3
 febbraio  1993,  n.  29)  e,  quindi,  mantiene  la  sua peculiarita'
 ordinamentale;
     che tanto basta per escludere la  supposta  omogeneita'  rispetto
 all'indicato  tertium comparationis e, dunque, l'asserita lesione del
 principio di uguaglianza;
     che, d'altronde,  la  mancata  estensione  dell'anticipazione  in
 esame  non  puo'  di per se' costituire alcun'altra delle prospettate
 offese   al   dettato   costituzionale,   rientrando   nella    piena
 discrezionalita'    del    legislatore    dimensionare   la   portata
 dell'istituto, il quale - come questa Corte ha gia'  avuto  occasione
 di  affermare  -  legittimamente puo' essere addirittura non previsto
 affatto (sentenza n. 142 del 1991);
     che,  pertanto,  la   sollevata   questione   e'   manifestamente
 infondata.
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara la manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
 costituzionale   dell'art.  2120  del  codice  civile,  dell'art.  26
 (settimo comma) del d.P.R. 29 dicembre 1973,  n.  1032  (Approvazione
 del  testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore
 dei dipendenti civili e militari dello  Stato),  dell'art.  4  (sesto
 comma) della legge 29 maggio 1982, n. 297 (Disciplina del trattamento
 di  fine  rapporto  e  norme  in materia pensionistica), dell'art. 2,
 comma 7, della legge 8 agosto  1995,  n.  335  (Riforma  del  sistema
 pensionistico   obbligatorio   e   complementare),   sollevata  -  in
 riferimento  agli  artt.  2,  3,  36  e  47,  secondo  comma,   della
 Costituzione  - dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia
 -  sezione  distaccata  di  Catania,  con  l'ordinanza  indicata   in
 epigrafe.
   Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 10 gennaio 2000.
                        Il Presidente: Vassalli
                         Il redattore: Ruperto
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 12 gennaio 2000.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
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