N. 15 ORDINANZA 11 - 17 gennaio 2000

Ordinanza 11-17 gennaio 2000
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Procedimento  civile  -  Procedimento  per  convalida  di  sfratto  -
  Notifica dell'atto di intimazione effettuata ai sensi dell'art. 143
  cod.  proc.  civ.  -  Obbligo,  in  tale  ipotesi,  per l'ufficiale
  giudiziario  di  spedire  avviso  all'intimato  a  mezzo di lettera
  raccomandata  e  di allegare all'originale dell'atto la ricevuta di
  spedizione   -   Mancata   esclusione   -   Conseguente  denunciata
  impossibilita'  di ricorso al procedimento per convalida di sfratto
  -  Irragionevole disparita' di trattamento, rispetto all'ipotesi di
  notificazione  ai  sensi dell'art. 140 cod. proc. civ., e contrasto
  con il diritto di azione - Manifesta infondatezza della questione.
- Cod. proc. civ., art. 660, ultimo comma.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.4 del 26-1-2000 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
  Giudici:  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare MIRABELLI, prof.
Fernando  SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof. Guido NEPPI
MODONA,  prof.  Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI, dott.
Franco BILE;
ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 660, ultimo
comma,  del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa
il  10 luglio  1998  dal  pretore di Reggio Calabria nel procedimento
civile  vertente tra Lo Prestino Domenica e Bosurgi Basilio, iscritta
al  n. 869  del  registro  ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale  della  Repubblica  n. 49,  prima serie speciale, dell'anno
1998.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 24 novembre 1999 il giudice
relatore Cesare Ruperto.
    Ritenuto  che,  nel  corso  di  un  procedimento per convalida di
sfratto  per  morosita', il pretore di Reggio Calabria, con ordinanza
del   10 luglio   1998,   ha   sollevato  questione  di  legittimita'
costituzionale  - in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione
-  dell'art. 660, ultimo comma, del codice di procedura civile, nella
parte in cui non esclude la necessita' per l'ufficiale giudiziario di
"spedire  avviso  all'intimato  a  mezzo  di  lettera  raccomandata e
allegare   all'originale   dell'atto   la   ricevuta  di  spedizione"
nell'ipotesi  in  cui  la notifica dell'atto di intimazione sia stata
effettuata ai sensi dell'art. 143 cod. proc. civ;
        che,  secondo  il  rimettente, il ricorso al procedimento per
convalida  di  sfratto  non  e'  consentito  nel  caso di intimazione
notificata  appunto  ai  sensi  dell'art. 143 cod. proc. civ., stante
l'impossibilita',    a    cagione    dell'oggettiva   irreperibilita'
dell'intimato,  di  adempiere alla necessaria formalita' dell'invio a
quest'ultimo  dell'avviso per mezzo posta, richiesto dalla denunciata
norma nell'ipotesi di notificazione non effettuata a mani proprie del
conduttore;
        che  di  conseguenza  -  sempre  secondo  il  rimettente - la
denunciata    norma   contrasta:   a)   con   l'art. 3   Cost.,   per
l'irragionevole  disparita'  di  trattamento  rispetto all'ipotesi di
notificazione  dell'intimazione  ai  sensi  dell'art. 140  cod. proc.
civ.,  la quale pure da' luogo - cosi' come la notificazione ai sensi
dell'art. 143  cod.  proc.  civ.  -  ad  una  conoscenza legale e non
necessariamente  effettiva  dell'atto,  senza  tuttavia  impedire  il
ricorso  al  procedimento  per convalida di sfratto; b) con l'art. 24
Cost.,  perche'  viene  inibito al locatore, il quale incolpevolmente
ignori  il  luogo  di  abitazione  od  il recapito del conduttore, di
avvalersi del suddetto procedimento;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  Ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  concludendo  per  la  declaratoria  di  inammissibilita' o di
infondatezza della questione.
    Considerato  che  il  presupposto  interpretativo da cui muove il
giudice   a  quo,  e  cioe'  l'incompatibilita'  della  notificazione
dell'intimazione  ai  sensi  dell'art. 143  cod.  proc.  civ.  con il
procedimento  per  convalida  di  sfratto, e' plausibilmente motivato
alla stregua dei comuni canoni dell'interpretazione;
        che, pertanto, non e' fondata l'eccezione di inammissibilita'
sollevata  al riguardo dall'Avvocatura generale dello Stato, e dunque
deve passarsi all'esame di merito;
        che,  nell'ambito del procedimento per convalida di licenza o
di sfratto - improntato ad un equo contemperamento delle contrapposte
ragioni  dei  soggetti  del rapporto di locazione (v. sentenza n. 171
del  1974)  -,  la  decisiva  importanza  della  mancata comparizione
dell'intimato   all'udienza   o   della   sua   mancata   opposizione
(v. sentenza  n. 89 del 1972), le quali comportano la convalida della
licenza  o  dello  sfratto,  impone  al  legislatore  una particolare
cautela  onde  assicurare  il maggior  grado  possibile  di  certezza
sull'effettiva  conoscenza,  da  parte  del conduttore, del contenuto
dell'intimazione;
        che  proprio  in  questa ottica il legislatore ha previsto la
necessita'  dell'avviso  di  cui  alla  norma  denunciata, cosi' come
previsto  ha  pure  l'esclusione della notificazione dell'intimazione
nel  domicilio  eletto  (art. 660,  primo  comma,  cod. proc. civ.) e
l'attribuzione  al  giudice  del  potere  di ordinare la rinnovazione
della citazione ove risulti od appaia probabile la mancata conoscenza
di questa (art. 663, primo comma, cod. proc. civ.);
        che  l'esigenza  di  imputare  gli  effetti sfavorevoli della
mancata  comparizione o della mancata opposizione ad un comportamento
volontario  ex informata conscientia dell'interessato, ha ispirato il
legislatore  anche nell'inibire il ricorso ad altre diverse procedure
speciali:  v.,  ad  esempio,  l'art. 460, quarto comma, del codice di
procedura penale, dove e' sancita l'incompatibilita' tra procedimento
per  decreto  penale  di  condanna  ed  irreperibilita' dell'imputato
(sentenza n. 89 del 1972);
        che,  dunque,  non e' ravvisabile l'asserita irragionevolezza
della  scelta  legislativa  -  risultante  dalla interpretazione come
sopra fatta dal giudice a quo - di inibire il ricorso al procedimento
per   convalida   di   licenza   o   di   sfratto   (stante   appunto
l'impossibilita'  di  indirizzare  l'avviso  di  cui  alla denunciata
norma)  nel  caso  in  cui  la notificazione dell'intimazione sarebbe
possibile  solo  ai  sensi  dell'art. 143  cod. proc. civ., cioe' con
modalita'  non  idonee  a  realizzare una sufficiente probabilita' di
conoscenza effettiva dell'atto;
        che,  inoltre,  la  disomogeneita'  delle  situazioni poste a
raffronto  rende evidente l'insussistenza dell'asserita disparita' di
trattamento   rispetto   al  locatore  che  abbia  potuto  notificare
l'intimazione  ai  sensi dell'art. 140 cod. proc. civ.: caso, questo,
in cui si realizza una maggiore probabilita' di conoscenza dell'atto,
essendo  solo  soggettiva l'irreperibilita' dell'intimato e parimenti
necessario (come riconosciuto dal diritto vivente) l'ulteriore avviso
previsto dalla norma denunciata;
        che,  infine,  rientra nella discrezionalita' del legislatore
differenziare,  con  riguardo  alle  particolarita'  del  rapporto da
tutelare,  i  modi  della  tutela  giurisdizionale; la quale e' nella
specie  comunque assicurata, potendo il locatore esperire l'ordinaria
azione contrattuale pur nell'ipotesi di oggettiva irreperibilita' del
conduttore,  per  cui  e'  anche  da escludere la prospettata lesione
dell'art. 24;
        che   pertanto   la  sollevata  questione  e'  manifestamente
infondata.

    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara   la   manifesta   infondatezza   della   questione   di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 660, ultimo comma, del codice
di  procedura  civile, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24
della  Costituzione,  dal pretore di Reggio Calabria, con l'ordinanza
indicata in epigrafe.

    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, l'11 gennaio 2000.
                       Il Presidente: Vassalli
                        Il redattore: Ruperto
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 17 gennaio 2000.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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