N. 19 ORDINANZA 12 - 21 gennaio 2000

Ordinanza 12-21 gennaio 2000
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
Processo   penale   -  Procedimento  di  primo  grado  -  Assoluzione
  dell'imputato  &bi;ex  art.  129  cod.  proc.  pen.  -  Appello del
  pubblico ministero - Ritenuta preclusione per il giudice di appello
  di  pronunciare  sentenza  di applicazione della pena concordata in
  primo  grado  -  Denunciata  disparita'  di  trattamento rispetto a
  quanto  previsto  nelle  ipotesi  di  ingiustificato  dissenso  del
  pubblico ministero - &bi;Ius superveniens - Restituzione degli atti
  al giudice &bi;a quo.
- Cod. proc. pen., art. 448.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.4 del 26-1-2000 )
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
  Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
  Giudici:  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare MIRABELLI, prof.
Fernando  SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO, dott.
Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
prof.  Carlo  MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof. Guido NEPPI
MODONA,  prof.  Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI, dott.
Franco BILE;
ha pronunciato la seguente


                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 448 del codice
di  procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 26 maggio 1998
dalla  Corte d'appello di Venezia nel procedimento penale a carico di
S.I.,  iscritta  al  n. 849  del registro ordinanze 1998 e pubblicata
nella   Gazzetta   Ufficiale  della  Repubblica  n. 47,  prima  serie
speciale, dell'anno 1998.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
Ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 24 novembre 1999 il giudice
relatore Guido Neppi Modona.
    Ritenuto  che  la  Corte  di  appello di Venezia ha sollevato, in
riferimento  all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 448  del  codice di procedura penale, nella
parte  in  cui  non  prevede  il  potere  del  giudice  di appello di
pronunciare  sentenza  di  applicazione  della pena concordata tra le
parti  nel  giudizio  di  primo  grado  anche quando in tale giudizio
l'imputato sia stato assolto a norma dell'art. 129 cod. proc. pen;
        che  il  rimettente  premette  che  il pretore di Bassano del
Grappa, che procedeva nei confronti di un imputato di furto aggravato
che  aveva  presentato  richiesta  di applicazione della pena, per la
quale  il  pubblico  ministero  aveva prestato il consenso, ritenendo
contraddittori  gli  elementi di prova, aveva pronunciato sentenza di
assoluzione ai sensi degli artt. 129 e 530, comma 2, cod. proc. pen;
        che    la    Corte    di    appello   rimettente,   investita
dell'impugnazione  del  procuratore  generale  che  aveva chiesto, in
riforma  della  sentenza appellata, la condanna dell'imputato, rileva
che,  ove  si  dovesse  pervenire,  in conformita' alla richiesta del
procuratore  generale,  ad  una  pronuncia  di  condanna,  l'imputato
verrebbe  privato  della  possibilita'  di ottenere la diminuzione di
pena ex art. 444 cod. proc. pen; diminuzione di cui invece l'imputato
potrebbe usufruire, a norma dell'art. 448 cod. proc. pen., in caso di
dissenso del pubblico ministero all'applicazione della pena, ritenuto
ingiustificato dal giudice di appello;
        che  a  parere  del  giudice  rimettente  l'impossibilita' di
disciplinare il caso in esame mediante un meccanismo analogo a quello
previsto  dall'art. 448  cod.  proc.  pen., che consente, appunto, di
applicare  la  pena  nella  misura  richiesta dall'imputato quando il
giudice  ritenga  ingiustificato il dissenso del pubblico ministero e
congrua  la  pena  stessa,  determina una irragionevole disparita' di
trattamento,  in  quanto anche il caso di specie e' caratterizzato da
una  "ingiustificata  mancata  applicazione  della ... diminuzione di
pena ricollegata alla richiesta di patteggiamento";
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  Ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  che  ha  concluso  chiedendo  che la questione sia dichiarata
inammissibile  e  comunque  infondata,  richiamando,  tra l'altro, il
principio,  affermato  dalla sentenza della Corte di cassazione, sez.
VI,  2 giugno 1992, Cannone, secondo cui in sede di impugnazione deve
essere   comunque   riconosciuto  all'imputato  che  ne  abbia  fatto
tempestivamente  richiesta  nel  giudizio  di primo grado ex art. 444
cod.  proc. pen., anche fuori del caso di dissenso ingiustificato del
pubblico  ministero,  il diritto alla riduzione della pena, quando il
giudice  riconosce che la richiesta era fondata in relazione sia alla
qualifica del reato che alla pena da applicare.
    Considerato che il giudice rimettente, nel sollevare la questione
di legittimita' costituzionale relativa all'art. 448 cod. proc. pen.,
si   basa   sul  presupposto  che  la  norma  censurata  precluda  la
possibilita'  di  procedere  all'applicazione della pena richiesta ex
art. 444  cod.  proc.  pen. anche  nel  caso in cui tale pena non sia
stata  ingiustificatamente  applicata  dal giudice di primo grado per
effetto  dell'erronea pronuncia di una sentenza di assoluzione emessa
a norma degli artt. 129 e 530, comma 2, cod. proc. pen;
        che  tale  presupposto  interpretativo  e'  peraltro smentito
dallo specifico precedente, citato dall'Avvocatura dello Stato, della
Corte  di  cassazione, la quale ha affermato il principio che in sede
di impugnazione deve comunque essere riconosciuto all'imputato che ne
abbia  fatto  richiesta  ex  art. 444,  comma  1,  cod. proc. pen. il
diritto  alla  diminuzione della pena, anche al di fuori dell'ipotesi
di  dissenso ingiustificato del pubblico ministero, quando il giudice
riconosca  che  la  richiesta  era  fondata  in  relazione  sia  alla
qualificazione giuridica del fatto, sia alla pena da applicare;
        che,   comunque,  la  norma  censurata  e'  stata  modificata
dall'art. 34  della  legge 16 dicembre 1999, n. 479, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 296 del 18 dicembre 1999;
        che  la nuova formulazione dell'art. 448, comma 1, cod. proc.
pen. prevede  espressamente,  per  quanto interessa il caso in esame,
che nel giudizio di impugnazione il giudice puo' pronunciare sentenza
di  applicazione della pena anche nel caso di rigetto della richiesta
formulata ex art. 444, comma 1, cod. proc. pen;
        che  pertanto  va  disposta  la  restituzione  degli  atti al
giudice  rimettente  perche'  valuti  se, a seguito della intervenuta
modifica  legislativa  della disposizione denunciata, la questione di
legittimita' sia tuttora rilevante.
                          Per questi motivi
                       LA CORTE COSTITUZIONALE
    Ordina  la  restituzione  degli  atti  alla  Corte  di appello di
Venezia.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 2000.
                       Il Presidente: Vassalli
                     Il redattore: Neppi Modona
                      Il cancelliere: Di Paola
    Depositata in cancelleria il 21 gennaio 2000.
              Il direttore della cancelleria: Di Paola
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