N. 13 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 novembre 1999

                                 N. 13
  Ordinanza emessa il 19  novembre  1999  dal  tribunale  militare  di
 Verona nel procedimento penale a carico di Nuccio Benedetto
 Tribunali  militari  - Assegnazione di magistrati supplenti - Sistema
    tabellare  predeterminato   -   Omessa   previsione   -   Asserita
    conseguente impossibilita' di considerare attinenti alla capacita'
    del  giudice  le  disposizioni  di  assegnazione  degli  stessi  -
    Disparita' di  trattamento  rispetto  a  quanto  previsto  per  la
    magistratura  ordinaria - Irragionevolezza - Lesione del principio
    del giudice naturale precostituito per legge.    Cod.  proc.  pen.
    1988,  art.  33, comma 2 in relazione alla legge 7 maggio 1981, n.
    180, art. 1; r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, art. 7-bis e 97; r.d.  9
    settembre 1941, n. 1022.
  Costituzione, artt. 3 e 25.
(GU n.6 del 9-2-2000 )
                          IL TRIBUNALE MILITARE
   Nel procedimento a carico di Nuccio Benedetto, nato a Palermo il 23
 giugno  1965, atto di nascita n. 3200 p.I.s.A., residente a Verona in
 via Friuli n. 7/b, appuntato CC in servizio presso la Stazione CC. di
 Verona Principale, eletto  domicilio  legale  presso  lo  studio  dei
 propri difensori di fiducia, libero, presente; imputato del reato di:
 "Truffa  militare  pluriaggravata"  (artt.  234, commi 1 e 2, 47 n. 2
 c.p.m.p.) perche', all'epoca dei fatti, carabiniere  in  servizio  in
 Verona  presso  il  Comando F.T.A.S.E., dopo essersi fatto rilasciare
 dalla direzione dell'Hotel Eton di Roma una ricevuta fiscale  per  un
 soggiorno  in  realta'  non  avvenuto  presso  il  predetto esercizio
 alberghiero  il  giorno  19  agosto  1993,  per  un importo pari a L.
 130.000 ed una ricevuta fiscale per due cene e due pranzi in  realta'
 non  consumati per un importo complessivo pari a L. 144.000, induceva
 in  errore  le  competenti  autorita'   militari   ed   indebitamente
 percepiva,  riscuotendola in Verona il 22 settembre 1993, la cifra di
 L. 274.000, corrispondente alla somma degli  importi  indicati  nelle
 ricevute fiscali che il medesimo Carabiniere aveva allegato al foglio
 di  viaggio  n.    107/18  datato 19 agosto 1993 a lui rilasciato dal
 Comando di appartenenza, cosi' procurando a se' un ingiusto  profitto
 di   complessive   L.   274.000   con   correlativo   danno   per  la
 amministrazione militare. Con  l'aggravante  del  grado  rivestito  e
 dell'essere il fatto commesso ai danni dall'amministrazione militare.
   Ha  pronunciato  in  pubblica  udienza  la seguente ordinanza sulla
 questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  33,  comma  2
 c.p.p., in relazione agli artt. 1 c.p.v., legge 7 maggio 1981, 7-bis,
 e  97, r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 cosi' come novellati dalla legge 4
 maggio 1998, n. 133, r.d. 9 settembre 1941, n. 1022.
                             O s s e r v a
   In data odierna si apriva l'udienza pubblica del processo penale  a
 carico  dell'imputato  in  rubrica  accusato  del  delitto di "Truffa
 militare pluriaggravata" (artt. 24, commi 1 e 2, 47, n. 2 c.p.m.p.).
   Preliminarmente, il tribunale  militare  ha  verificato  che  quale
 giudice  a  latere togato figura magistrato di tribunale, in servizio
 quale  g.i.p.-g.u.p.  al  tribunale  militare  di  Torino,   nominato
 supplente  per l'odierna causa in sostituzione del legittimo giudice,
 impedito  all'esercizio  della  giurisdizione  per   incompatibilita'
 (avendo svolto in medesima causa le funzioni di g.u.p.).
   Il  provvedimento  di conferimento delle funzioni supplenza, emesso
 dal Presidente della Corte militare di appello in  data  16  novembre
 1999  e'  immotivato  e,  pertanto, non si e' in grado di conoscere i
 criteri logici da esso sottesi.
   Alla carenza  di  motivazione  si  aggiunge  l'assenza  di  criteri
 oggettivi  e predeterminati nell'individuazione del giudice designato
 a supplire (poiche' mancano,  nell'attuale  struttura  organizzativa,
 tabelle automatiche infradistrettuali all'uopo predisposte).
   Cio', nel vulnerare i principi di imparzialita' ed indipendenza del
 giudice,  crea  il legittimo sospetto di una sua soggezione al potere
 amministrativo (che discrezionalmente lo individua). Con  conseguente
 legittimo  sospetto  di  incostituzionalita'  delle  norme  che  cio'
 consentono.
   Si ha modo di rilevare che con l'art. 6 della legge 4 maggio  1998,
 n.  133  il  legislatore  ha  nollevato  anche  gli  artt. 7-bis e 97
 dell'ordinamento giudiziario ordinario prescrivendo come obbligatorie
 le tabelle infradistrettuali oggettive e  predeterminate  alla  causa
 per   l'adozione  da  parte  del  Presidente  Corte  di  appello  dei
 provvedimenti di supplenza e/o applicazione.
   Si ha modo di ritenere che non essendosi fatto  luogo  nell'odierna
 causa  a  siffatta procedura, giacche' come detto il provvedimento di
 conferimento di supplenza del Presidente Corte militare di appello  a
 favore  dell'odierno  giudice  a  latere  assume  i connotati di atto
 altamente  discrezionale,  per  di  piu'  immotivato,  si  sia   reso
 irriconoscibile  il giudice naturale precostituito per legge con cio'
 violando la norma costituzionale di cui all'art. 25,  comma  1  della
 Costituzione.
   In particolare, si ritiene rilevante e non manifestamente infondata
 la  questione  di  costituzionalita' dell'art. 33, comma 2 c.p.p., in
 relazione ai parametri di cui agli artt. 3 e 25, primo  comma,  della
 Costituzione   dovendosi  dedurre  la  violazione  dei  principi  del
 "giudice  naturale  precostituito  per  legge"  e  della  parita'  di
 trattamento  sussistendo  in  realta'  due  diverse  modalita', l'una
 discrezionale ed immotivata, l'altra predeterminata e  tabellare,  di
 individuazione  del  giudice  componente  del collegio e, quindi, del
 giudice naturale, a seconda che la  supplenza  venga  adottata  negli
 uffici giudiziari militari oppure ordinari.
   Il  legislatore  nel  novellare  con la legge n. 133/1998 gli artt.
 7-bis e 97 dell'ordinamento giudiziario  comune,  con  l'introduzione
 dei  commi  3-bis, 3-ter, 3-quater, 3-quinquies, 3-sexies, prevedendo
 l'introduzione di tabelle infradistrettuali degli uffici requirenti e
 giudicanti, che ricomprendano tutti i  magistrati  ad  eccezione  dei
 capi degli uffici, per permettere la successiva ed eventuale adozione
 dei  provvedimenti  di  supplenza da parte del Presidente della Corte
 d'appello,  ha  inteso  riferirsi  inspiegabilmente  ai  solo  uffici
 giudiziari ordinari.
   In  tutta  la  normativa  si fa riferimento ad organi estranei alla
 giustizia militare; Consiglio superiore della magistratura,  Ministro
 di  grazia  e giustizia, organi cui sono delegate competenze apposite
 nell'individuazione ed approvazione delle tabelle infradistrettuali.
   Gia' la circostanza che ad un anno di distanza  il  Ministro  della
 difesa  ed  il  Consiglio  della  magistratura  militare non si siano
 attivati a dare esecuzione al disposto normativo per  quanto  attiene
 all'organizzazione giudiziaria militare fa comprendere come non possa
 imputarsi   al   presidente   della   Corte  militare  d'appello  una
 inosservanza  della  novella  e  dei   principi   costituzionali   di
 imparzialita' ed indipendenza sottesi alla stessa.
   Dato  il  tenore  letterale  della  fonte normativa non si rinviene
 quindi una  irregolarita'  formale  nel  provvedimento  di  supplenza
 oggetto dell'eccezione.
   Dalle  precedenti considerazioni consegue pero' e lo si ripete, che
 sia non manifestamente infondata la  questione  di  costituzionalita'
 dell'art.  33, comma 2 c.p.p. in relazione agli artt. 1, c.p.v. legge
 n. 180/1981, 7-bis e 97, 30 gennaio 1941, n. 12 cosi' come  novellati
 dalla  legge  n.  133/1988  (ordinamento  giudiziario comune), r.d. 9
 settembre 1941, n. 1022 (ordinamento giudiziario militare), e laddove
 non  prescrivendo  un  regime  tabellare  predeterminato   al   thema
 decidendum come regola automatica per l'adozione dei provvedimenti di
 supplenza  dei  giudici  da parte del presidente della Corte militare
 d'appello, cosi' come vigenti per i magistrati  ordinari,  permettono
 non  possano  considerarsi  attinenti  alle  capacita' del giudice le
 disposizioni di assegnazione di giudici quali supplenti  nei  collegi
 giudicanti mediante atti altamente discrezionali ed immotivati.
   La  disposizione  di  cui  all'art.  33,  comma 2 c.p.p. stabilisce
 infatti, che non si considerano attinenti alle  capacita' del giudice
 anche le  disposizioni  sull'assegnazione  del  giudice  agli  uffici
 giudiziari e sulla formazione dei collegi.
   Tale   norma  consente,  come  e'  successo  nel  caso  di  specie,
 l'applicazione di criteri discrezionali e immotivati di  assegnazione
 di   giudici   per   comporre   i   collegi  giudicanti  in  caso  di
 incompatibilita' dei magistrati originariamente preposti,  senza  che
 operi  la  nullita'  assoluta,  rilevabile  d'ufficio in ogni stato e
 grado   del   procedimento,   prevista   per   l'inosservanza   delle
 disposizioni concernenti le condizioni di capacita' del giudice ed il
 numero  dei  giudici  necessari  per costituire i collegi (artt. 178,
 comma 1, lett. a) e 179 c.p.p.).
   La norma di cui all'art. 1, c.p.v., legge n. 180/1981 che prescrive
 che lo stato giuridico e le garanzie di indipendenza  dei  magistrati
 militari siano regolati dalle disposizioni in vigore per i magistrati
 ordinari  e'  norma di principio che data la sua valenza generale mal
 si attaglia  all'odierna  problematica  e  non  ha  impedito  che  il
 legislatore con la legge del 4 maggio 1998, n. 133 tralasciasse, come
 consueto, di incidere anche nell'ordinamento giudiziario militare.
   Il r.d. n. 1022/1941 (ordinamento giudiziario militare) nelle parti
 ancora  in  vigore,  perche'  non  abrogate dalla legge di riforma n.
 180/1981, nulla riferisce circa i criteri per la  adozione  da  parte
 del  Presidente  della  corte militare d'appello dei provvedimenti di
 supplenza  e  applicazione  dei  giudici  lasciando  cosi'  di  fatto
 l'arbitrio  nella  scelta  dei  criteri  da adottare, stante anche il
 diretto riferimento alla sola magistratura ordinaria del gia'  citato
 regime  tabellare  infrastrutturale  di  cui  art.  6  della legge n.
 133/1998.
   Tutto cio' viola le norme di cui agli artt. 3  e  25,  primo  comma
 della Costituzione.
   Con  riferimento  all'art.  3 della Costituzione cui sono sottesi i
 principi di uguaglianza e ragionevolezza: sussiste una ingiustificata
 disparita'  di  trattamento  relativamente  alla   disciplina   delle
 adozioni dei provvedimenti di supplenze e applicazioni dei giudici da
 parte  del  Presidente della corte d'appello, a seconda che si tratti
 di  magistratura  militare  oppure  ordinaria  e,  quando  lo   stato
 giuridico  e  le  garanzie  di indipendenza delle due magistrature e'
 identico e, quando, soprattutto, e' lo stesso codice penale  di  rito
 ad  applicarsi  stante  il  principio  di  complementarieta'  di  cui
 all'art. 261 c.p.m.p.
   Come  gia'  detto  per  la  sola   magistratura   ordinaria   trova
 applicazione  ex  art.  6,  legge  n.  133/1998  il  regime tabellare
 infradistrettuale per le adozioni dei provvedimenti di applicazione e
 supplenza dei giudici; in quella militare, come e' successo nel  caso
 in esame, si suole adottare provvedimenti di supplenza discrezionali,
 senza alcun criterio oggettivo ed automatico e, per di piu', privi di
 motivazione.
   Trattandosi  di  due  organizzazioni  giudiziarie  aventi lo stesso
 settore giurisdizionale penalistico come campo  d'azione  ed  essendo
 comuni agli interessi "ad un piu' adeguato funzionamento degli uffici
 giudiziari"  (ved.  art.  6, legge n. 133/1998) ed alla continuita' e
 prontezza della funzione giurisdizionale,  e'  irragionevole  che  il
 legislatore  non  abbia disposto un regime tabellare automatico anche
 per l'adozione dei provvedimenti  di  applicazione  e  supplenza  dei
 magistrati militari negli uffici giudicanti e/o requirenti militari.
   E'  irragionevole  e  priva  di qualsiasi giustificazione l'attuale
 situazione che permette  che  negli  uffici  giudiziari  militari  si
 possano   designare   magistrati  supplenti  sulla  base  di  fattori
 puramente discrezionali e, come e' successo nel caso che  ci  occupa,
 determinando  un  giudice  nemmeno della piu' vicina sede giudiziaria
 che rispetto a Verona e' quella di Padova.
   Con  riferimento al principio di cui all'art. 25, primo comma della
 Costituzione per  cui  "nessuno  puo'  essere  distolto  dal  giudice
 naturale  precostituito  per  legge":  l'art.  25,  primo comma della
 Costituzione, stabilendo, fra i diritti dei  cittadini,  che  nessuno
 puo'  essere  distolto  dal  giudice naturale precostituito per legge
 attribuisce ad essi  la  garanzia  che  la  competenza  degli  organi
 giudiziari e' sottratta ad ogni possibilita' di arbitrio.
   Sottesa  alla  suddetta  norma  costituzionale  vi  e'  una nozione
 "formale"  che  stabilisce  una  riserva  assoluta  di  legge   nella
 individuazione e modificazione del giudice.
   L'attuale  situazione  normativa  sopra  delineata ha indebitamente
 demandato ad autorita'  giurisdizionale  (Presidente  corte  militare
 d'appello)   il   compito   di   incidere   con  atto  amministrativo
 discrezionale ed immotivato su materia riservata.
   Il disposto costituzionale  non  permette  cio'  anche  perche'  ne
 deriva  che  gli  atti  cui  viene  interdetto  ogni intervento sulla
 materia riservata che non si concreti  in  una  mera  esecuzione  del
 precetto  legislativo  sono  tutti  quelli  che nella gerarchia delle
 fonti del diritto occupano una posizione  subordinata  rispetto  alla
 legge ordinaria.
   Nella  materia de quo non possono intervenirvi ne' regolamenti, ne'
 atti singolari a carattere discrezionale come nel caso che ci occupa.
   La   determinazione   del   giudice   competente   deve   risultare
 necessariamente  da  un  accertamento  obiettivo che la singola causa
 presenta  caratteristiche  di  fatto  corrispondenti  ad  un  modello
 astratto e generalmente previsto dalla legge.
   E   la  riserva  assoluta  di  legge  involge  non  solo  le  norme
 attributive di competenza ma, anche la scelta del giudice  e  la  sua
 eventuale modifica.
   Per  di  piu',  come  la  migliore  dottrina  ha detto da anni, per
 giudice naturale deve intendersi anche il magistrato, persona  fisica
 e,  cio', pena la dismissione del fine perseguito dall'art. 25, primo
 comma della Costituzione.
   La funzione del precetto  e'  quella  di  impedire  che  un  affare
 giudiziario  possa  essere  sottoposto  alla  decisione di un giudice
 diverso da quello che risulta dall'applicazione automatica di criteri
 tabellari precostituiti, al fine di ottenere  un  esito  dalla  causa
 almeno   ipoteticamente  diverso  da  quello  che  si  sarebbe  avuto
 attraverso l'opera del giudice naturale.
   E'  ovvio  che  tale  intendimento  puo'   essere   evitato   anche
 modificando  il  collegio oppure, scegliendo un dato giudice al posto
 di un altro quale supplente e tramite atti  discrezionali  immotivati
 (e,  percio'  sottratti  anche  al   controllo ed alla verifica delle
 parti processuali) presi da autorita', pur giurisdizionali,  ex  post
 rispetto alla  regiudicanda.
   Sembra  evidente  che  se  il  principio  del giudice naturale deve
 assolvere  questa   funzione   di   garanzia   di   indipendenza   ed
 imparzialita'  dell'attivita'  giurisdizionale  esso,  non  puo'  non
 riguardare anche il giudice inteso come persona  fisica  destinato  a
 "costituire" l'organo giudiziario.
   Le  norme  dell'ordinamento giudiziario comune prevedono, come gia'
 detto, dei criteri  oggettivi  e  predeterminati  per  l'assegnazione
 degli  affari agli organi giudiziari, alle relative sezioni e, con la
 legge n. 133/1988 anche per l'adozione dei provvedimenti di supplenza
 ed applicazione di giudici sui collegi giudicanti.
   Tutto  cio'  difetta  nell'ordinamento giudiziario militare di pace
 pur essendo vigente la norma di cui  all'art.  1,  c.p.v.,  legge  n.
 180/1981   che   parifica   lo  stato  giuridico  e  la  garanzia  di
 indipendenza fra magistrati ordinari  e militari.
   Tutto cio' detto, le  prospettate  questioni  di  costituzionalita'
 sono  altresi'  rilevanti  poiche',  in  caso di accoglimento, questo
 giudice, cosi' come e' stato composto a seguito di provvedimento  del
 Presidente  della  corte militare di appello, dovrebbe riconoscere di
 non  essere  il  giudice   naturale   precostituito   per   legge   e
 conseguentemente  emettere  ordinanza  di declaratoria di nullita' ex
 art. 178, comma 1, lettera a) e 179 c.p.p.
                               P. Q. M.
   Visti gli artt. 3 e 25 Cost., 23, legge n.  87/53,  33  c.p.c.,  1,
 legge n. 180/1981, 261 c.p.m.p.;
   Solleva  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 33,
 comma 2 c.p.p., in relazione agli artt. 1, legge n. 180/1981, 7-bis e
 97 r.d. n. 12/1941, r.d. n. 1022/1941, per violazione degli artt.   3
 e  25  della   Costituzione, laddove prevede non siano attinenti alla
 capacita' del giudice le norme degli ordinamenti giudiziari comune  e
 militare,  nella parte in cui non prescrivono che il Presidente della
 Corte militare di appello, nel disporre  una  supplenza  dei  giudici
 militari, debba attenersi al disposto dell'art. 6, legge n. 133/1998,
 sostituito  al  Consiglio  superiore  della magistratura il Consiglio
 della magistratura militare ed al Ministro di grazia e  giustizia  il
 Ministro della difesa;
   Dispone    l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
   Sospende il processo fino all'esito del  giudizio  di  legittimita'
 costituzionale;
   Ordina  che  la  presente  ordinanza  sia  notificata, a cura della
 cancelleria, alle parti, al Presidente del Consiglio dei  Ministri  e
 comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento.
     Verona, addi' 19 novembre 1999.
                       Il presidente: Pagliarulo
                                         Il giudice estensore: Roberti
 00C0066