N. 24 SENTENZA 20 gennaio - 4 febbraio 2000

 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 Espropriazione per pubblica utilita' - Opere pubbliche -  Occupazione
    di  suoli  per  ragione  di  pubblica  utilita'  (c.d.  accessione
    invertita)   -   Attribuzione   ai   proprietari   estromessi   di
    un'indennita'   pari   al  valore  venale  dimezzato  del  bene  -
    Prospettata irragionevole discriminazione dei proprietari di fondi
    occupati dalla pubblica amministrazione, rispetto a  quanti  siano
    proprietari  di  fondi  occupati  da  altri  privati (in base alla
    disciplina dell'art. 938 cod. civ.) - Diversita' delle  situazioni
    a  confronto - Inutilizzabilita' del tertium comparationis evocato
    - Non fondatezza della questione.   D.L. 11 luglio  1992,  n.  333
    (convertito,  con  modificazioni,  nella  legge  8 agosto 1992, n.
    359), art. 5-bis, comma 7-bis, introdotto dall'art. 3,  comma  65,
    della legge 23 dicembre 1996, n. 662.
  Costituzione, art. 3.
(GU n.6 del 9-2-2000 )
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
  Giudici:  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI, prof.
 Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO,  dott.
 Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI
 MODONA, prof.  Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI;
 ha pronunciato la seguente
                                Sentenza
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 5-bis, comma
 7-bis, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure  urgenti  per
 il  risanamento  della  finanza  pubblica),  convertito nella legge 8
 agosto 1992, n. 359, introdotto dall'art. 3, comma 65, della legge 23
 dicembre 1996, n. 662  (Misure  di  razionalizzazione  della  finanza
 pubblica),  promosso  con  ordinanza  emessa  il  25  aprile 1998 dal
 tribunale di Mistretta nel  procedimento  civile  vertente  tra  Bono
 Rosario  e  il  comune  di  Tusa,  iscritta  al  n.  486 del registro
 ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 27, prima serie speciale, dell'anno 1998;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito  nella  camera  di  consiglio  del 13 ottobre 1999 il giudice
 relatore Riccardo Chieppa.
                           Ritenuto in fatto
   1.  -  Nel  corso  di  un procedimento civile avente ad oggetto una
 domanda di risarcimento dei danni da c.d.  accessione  invertita,  il
 tribunale  di  Mistretta,  con  ordinanza del 25 aprile 1998 (r.o. n.
 486 del 1998), ha sollevato questione di legittimita'  costituzionale
 del combinato disposto degli artt. 938 cod. civ. (in realta', tertium
 comparationis)  e  5-bis,  comma  7-bis,  del decreto-legge 11 luglio
 1992, n.  333  (Misure  urgenti  per  il  risanamento  della  finanza
 pubblica),  convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992,
 n. 359, introdotto dall'art. 3, comma 65,  della  legge  23  dicembre
 1996, n.  662, nella parte in cui, nel disciplinare gli effetti della
 occupazione  illegittima  da  parte  della  pubblica amministrazione,
 prevede in favore del soggetto privato del suolo di sua proprieta' un
 risarcimento di entita' pressoche' pari al  valore  venale  dimezzato
 del  bene,  e,  percio' "manifestamente sperequato" rispetto a quello
 disciplinato dal predetto art. 938 cod. civ. che,  nei  rapporti  tra
 privati,  riconosce  al  proprietario  sacrificato, in una situazione
 analoga, il diritto alla corresponsione di una somma pari  al  doppio
 del valore del suolo occupato, oltre al risarcimento del danno.
   Il  tribunale rimettente osserva che il diritto vivente, al fine di
 giustificare l'istituto dell'accessione  invertita  in  favore  della
 p.a.,  ha rinvenuto nell'ordinamento un principio generale in base al
 quale regola per la composizione  del  conflitto  tra  costruttore  e
 proprietario  del  fondo  e'  l'attribuzione della proprieta' sia del
 suolo che della  costruzione  al  soggetto  portatore  dell'interesse
 ritenuto    prevalente,    secondo    una   valutazione   di   ordine
 economico-sociale correlata al livello  di  sviluppo  della  societa'
 civile.  Il  fondamento  positivo del citato principio generale viene
 ravvisato nell'art.  938 cod. civ., che  ammette  l'inversione  della
 ordinaria   regola   dell'accessione,   che  privilegia,  invece,  il
 proprietario del fondo. Peraltro, mentre nell'ipotesi, prevista dalla
 predetta norma codicistica, di rapporto  tra  costruttore  privato  e
 proprietario  del fondo, le conseguenze economiche a carico del primo
 sono quelle della corresponsione del  doppio  del  valore  del  suolo
 occupato   e   del   risarcimento   del   danno,  ingiustificatamente
 discriminatoria nei confronti del proprietario del fondo occupato  da
 un  soggetto  pubblico  costruttore  di un'opera di pubblica utilita'
 sarebbe la previsione di cui alla norma impugnata, che pone a  carico
 della  p.a. l'obbligo di corrispondere una somma pari alla indennita'
 di  esproprio  (senza  l'abbattimento  del   quaranta   per   cento),
 maggiorata del 10 per cento, equivalente, cioe', a circa la meta' del
 valore  venale  del  fondo  occupato  (circa  un  quarto,  rileva  il
 Collegio, della somma dovuta dal suo omologo costruttore privato).
   Ne' la circostanza dell'avvenuta dichiarazione di pubblica utilita'
 dell'opera  di  cui  si  tratta  costituirebbe  elemento   idoneo   a
 giustificare  la  rilevata  disparita'  di trattamento, in quanto, ad
 avviso del tribunale rimettente, solo la ritualita' del  procedimento
 ablatorio  attualizzerebbe  la  funzione  sociale  della  proprieta',
 legittimandone  il  sacrificio  a  condizioni   non   necessariamente
 corrispondenti  al  controvalore del bene ablato, purche' eque e tali
 da non rendere  irrisorio  il  ristoro  del  pregiudizio  subito  dal
 proprietario.
   2.  -  Nel giudizio innanzi alla Corte e' intervenuto il Presidente
 del Consiglio dei Ministri con il patrocinio dell'Avvocatura generale
 dello Stato, che ha concluso per  la  infondatezza  della  questione,
 rimarcando  le  differenze  esistenti  tra le due vicende acquisitive
 poste  a  confronto  dal  Collegio rimettente. Ed infatti, si osserva
 nella memoria dell'Avvocatura, ai sensi dell'art. 938 cod.  civ.,  la
 proprieta'  della  porzione occupata del suolo si acquista in capo al
 costruttore  di  buona  fede  solo  per  effetto  di  una   pronuncia
 giudiziale, mentre, nella elaborazione giurisprudenziale della figura
 della   occupazione   acquisitiva,   estinzione  della  proprieta'  e
 corrispondente acquisto del suolo in  capo  alla  p.a.  sono  effetto
 immediato della trasformazione fisica ed irreversibile del fondo. Del
 resto,  differente  e' la natura degli interessi in conflitto nei due
 casi:  entrambi  privati  nella  ipotesi  dell'art.  938  cod.  civ.,
 individuale  e pubblico - e, quindi, anche del proprietario spogliato
 - nella occupazione acquisitiva.
                        Considerato in diritto
   1. - La questione di legittimita' costituzionale, sottoposta in via
 incidentale all'esame  della  Corte,  riguarda  l'art.  5-bis,  comma
 7-bis,  del  decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per
 il   risanamento   della   finanza   pubblica),    convertito,    con
 modificazioni,   nella  legge  8  agosto  1992,  n.  359,  introdotto
 dall'art. 3, comma 65, della legge 23 dicembre 1996, n.  662  (Misure
 di razionalizzazione della finanza pubblica), nella parte in cui, nel
 disciplinare  gli effetti della c.d. accessione invertita, prevede la
 corresponsione in favore del soggetto privato  della  proprieta'  del
 suolo  ad opera della p.a. per effetto della costruzione sullo stesso
 di un'opera di pubblica utilita', di una  somma  corrispondente  alla
 indennita'  di esproprio (senza abbattimento del 40%), maggiorata del
 10%, pressoche' pari al valore venale dimezzato del bene.
   La questione e' proposta  dall'ordinanza  di  remissione  sotto  il
 profilo  della  violazione  dell'art.  3  della  Costituzione  per la
 irragionevole  discriminazione  rispetto  alla  previsione   di   cui
 all'art. 938 cod.  civ., che, con riferimento alla analoga situazione
 del  proprietario  del  fondo  occupato  da  un  costruttore privato,
 dispone la corresponsione in favore del primo di una  somma  pari  al
 doppio  del  valore  della superficie occupata, oltre al risarcimento
 del danno.
   2. - La questione e' priva di fondamento, in quanto il  termine  di
 comparazione, invocato per sostenere la irragionevole discriminazione
 e   sperequazione,   non   e'   suscettibile  di  essere  utilizzato,
 trattandosi di ipotesi di accessione completamente diverse sia  sotto
 il profilo dei soggetti che dei presupposti di applicabilita' e della
 natura delle norme.
   Infatti,  l'art.  938 cod. civ. regola l'occupazione di porzione di
 fondo contiguo, quale modo di acquisto della proprieta', nel rapporto
 tra soggetti privati in  posizione  paritaria,  caratterizzata  dalla
 natura  privata  altresi' dell'edificio realizzato (in parte su suolo
 del costruttore ed in parte sul  fondo  attiguo),  ed  insieme  dalla
 posizione  di  buona  fede  (ignoranza di costruire sul suolo altrui)
 dello  stesso  costruttore,  di  fronte  alla  inerzia  (mancanza  di
 opposizione  entro  un  termine a pena di decadenza) del proprietario
 per  un  periodo  di  tre   mesi   dall'inizio   della   costruzione.
 L'attribuzione   della   proprieta'   al   costruttore   avviene  non
 automaticamente, per il semplice fatto della esistenza dei  requisiti
 materiali  previsti  dalla  legge,  ma ope iudicis, sulla base di una
 domanda e per  effetto  di  una  decisione  del  giudice  civile  non
 assolutamente vincolata, ma secondo una valutazione delle circostanze
 dello sconfinamento e dell'opportunita' del trasferimento secondo una
 ponderazione degli interessi (ambedue privati) in gioco.
   Invece,  elemento essenziale, nella ipotesi contemplata dalla norma
 denunciata,  e'  la  occupazione  di  suoli  per  causa  di  pubblica
 utilita',  rimanendo  irrilevanti  sia  la  circostanza dell'avvenuto
 sconfinamento in buona fede nel fondo altrui, sia l'esistenza di  una
 contigua  proprieta' preesistente del costruttore. Si tratta, quindi,
 di  attivita'  della  pubblica   amministrazione   (o   di   un   suo
 concessionario)  destinata  alla  realizzazione  dell'opera pubblica,
 che,  con  la  irreversibile  trasformazione  del   suolo   occupato,
 determina   l'acquisto   della   proprieta'  da  parte  della  stessa
 amministrazione, senza necessita' di intervento del giudice civile.
   In tale ipotesi non si ha una  mera  apprensione  senza  titolo  da
 parte  di  un  soggetto  privato di un bene parimenti privato, ma una
 occupazione, ancorche' illegittima, della  pubblica  amministrazione,
 sostenuta  da  valida dichiarazione di pubblica utilita', di modo che
 in  mancanza  di  tale  dichiarazione  (cui   viene   equiparata   la
 dichiarazione  annullata)  si  e' al di fuori dell'ambito della norma
 denunciata, secondo un indirizzo giurisprudenziale di legittimita'.
   La stessa norma  inoltre,  a  differenza  di  quella  assunta  come
 tertium  comparationis, avente carattere permanente, risulta inserita
 in un testo di dichiarata temporaneita', collegata alla emanazione di
 una nuova disciplina organica per tutte le espropriazioni preordinate
 alla realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilita',  ed  ha
 finalita'  egualmente  temporanee  e  di emergenza rivolte a regolare
 situazioni passate  (occupazioni  anteriori  al  30  settembre  1996:
 sentenza n. 148 del 1999).
   Infine, si e' in presenza di una diversa finalita' dell'intervento,
 nella  specie  pubblico,  con contrapposizione tra interessi pubblici
 relativi all'opera di pubblica utilita' e privati dei proprietari del
 suolo, che puo' giustificare un diverso  bilanciamento  degli  stessi
 interessi  (sentenza n. 148 del 1999), mentre la disciplina dell'art.
 938 cod. civ.  e'  destinata  ad  operare  nell'ambito  esclusivo  di
 rapporti tra privati.
   3. - Pertanto, la norma invocata come termine di comparazione (art.
 938  cod.  civ.)  risulta  palesemente  disomogenea rispetto a quella
 denunciata, trattandosi di previsioni del tutto diversificate -  come
 sopra sottolineato - per di piu' con finalita' profondamente distinte
 ed  autonome,  che nell'art. 938 cod. civ. si riconducono alla tutela
 in via permanente, attraverso una  valutazione  e  una  sentenza  del
 giudice  civile,  del generale interesse allo sviluppo e mantenimento
 delle costruzioni di privati, nonche'  alla  protezione  della  buona
 fede  del  costruttore  privato di fronte al comportamento inerte del
 proprietario del  fondo,  comunque  garantito  sul  piano  economico.
 Invece,  lo  scopo  della  norma  denunciata  e' quello di assicurare
 sempre, nella scelta del  legislatore,  in  presenza  di  determinati
 presupposti,  una  prevalente  tutela  del  pubblico  interesse  alla
 conservazione dell'opera  pubblica  realizzata,  con  una  previsione
 risarcitoria  ragionevolmente limitata, rivolta a regolare situazioni
 passate.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 5-bis, comma 7-bis, del decreto-legge 11  luglio  1992,  n.
 333  (Misure  urgenti  per  il  risanamento  della finanza pubblica),
 convertito, con modificazioni,  in  legge  8  agosto  1992,  n.  359,
 introdotto  dall'art.   3, comma 65, della legge 23 dicembre 1996, n.
 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica),  sollevata,
 in riferimento all'art. 3 della
  Costituzione,  dal  tribunale di Mistretta con la ordinanza indicata
 in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 20 gennaio 2000.
                        Il Presidente: Vassalli
                          Il relatore: Chieppa
                        Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 4 febbraio 2000.
                Il direttore della cancelleria: Di Paola
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