N. 28 ORDINANZA 20 gennaio - 4 febbraio 2000

 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 Edilizia economica e popolare - Aree comprese nei piani  di  edilizia
    popolare  -  Concessione del diritto di superficie - Corrispettivo
    dovuto - Commisurazione al costo  di  acquisizione  sostenuto  dal
    Comune concedente, pari a un'indennita' di esproprio non inferiore
    al  valore  di  mercato  del  bene  -  Prospettata  disparita'  di
    trattamento  priva  di  giustificazione  degli  acquirenti  di  un
    diritto   reale   limitato  rispetto  a  quanti  possono,  invece,
    acquistare, agli stessi costi, la proprieta' piena dei  terreni  -
    Difetto di motivazione sulla rilevanza della questione - Manifesta
    inammissibilita'.   Legge 18 aprile 1962, n. 167, art. 10, settimo
    comma, introdotto dall'art. 35 della legge  22  ottobre  1971,  n.
    865.
  Costituzione, art. 3.

(GU n.6 del 9-2-2000 )
                         LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
  Presidente: prof. Giuliano VASSALLI;
  Giudici:  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI, prof.
 Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI, dott. Cesare RUPERTO,  dott.
 Riccardo  CHIEPPA,  prof.  Gustavo  ZAGREBELSKY, prof. Valerio ONIDA,
 prof. Carlo MEZZANOTTE,  avv.  Fernanda  CONTRI,  prof.  Guido  NEPPI
 MODONA,  prof.  Piero Alberto CAPOTOSTI, prof. Annibale MARINI, dott.
 Franco BILE;
 ha pronunciato la seguente
                               Ordinanza
 nel giudizio di legittimita'  costituzionale  dell'art.  10,  settimo
 comma,  della legge 18 aprile 1962, n. 167 (Disposizioni per favorire
 l'acquisizione  di  aree  fabbricabili  per  l'edilizia  economica  e
 popolare),  nel  testo introdotto dall'art. 35 della legge 22 ottobre
 1971, n.  865 (Programmi e coordinamento  dell'edilizia  residenziale
 pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilita'; modifiche
 ed  integrazioni  alle leggi 17 agosto 1942, n. 1150; 18 aprile 1962,
 n. 167; 29 settembre 1964, n. 847; ed  autorizzazione  di  spesa  per
 interventi   straordinari  nel  settore  dell'edilizia  residenziale,
 agevolata e convenzionata),  promosso  con  ordinanza  emessa  il  25
 febbraio  1998  dalla  Corte  d'appello  di  Catania nel procedimento
 civile vertente tra la Coop. Edilizia "San Cristoforo" a  r.l.  e  il
 comune  di  Ragusa,  iscritta al n. 618 del registro ordinanze 1998 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  37,  prima
 serie speciale, dell'anno 1998;
   Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
   Udito nella camera di consiglio del 10  novembre  1999  il  giudice
 relatore Riccardo Chieppa;
   Ritenuto  che  nel corso di un giudizio promosso in primo grado dal
 comune di Ragusa contro una societa'  cooperativa,  e  proseguito  in
 secondo  grado  da  quest'ultima,  avente  ad  oggetto la condanna al
 pagamento del corrispettivo del diritto di superficie ceduto su  aree
 comprese  nei  piani  di  edilizia  economica  e  popolare,  la Corte
 d'appello di Catania, con ordinanza del 25  febbraio-14  maggio  1998
 (r.o.  n.  618  del  1998),  ha  sollevato  questione di legittimita'
 costituzionale,  per  violazione  dell'art.  3  della   Costituzione,
 dell'art.  10,  settimo  comma,  della  legge  18 aprile 1962, n. 167
 (Disposizioni per favorire l'acquisizione di  aree  fabbricabili  per
 l'edilizia  economica  e popolare), nel testo introdotto dall'art. 35
 della legge 22 ottobre 1971, n.  865;
     che  la  denunciata  violazione   del   precetto   costituzionale
 riguarda, in particolare, la disposizione dell'art. 35, che commisura
 il  corrispettivo  della  concessione del diritto di superficie sulle
 predette aree al costo sostenuto dal comune per la loro acquisizione,
 con particolare riferimento al caso in cui tale costo e' stato, a sua
 volta, corrispondente all'indennita'  di  esproprio  calcolata  sulla
 base  del  valore  di  mercato  del bene, ai sensi dell'art. 39 della
 legge 25 giugno 1865, n. 2359;
     che la controversia posta all'attenzione del  giudice  remittente
 concerne  il  pagamento  del  corrispettivo  dovuto  proprio  per  la
 concessione del diritto di superficie sulle aree comprese in un piano
 di zona;
     che nella convenzione stipulata tra la societa' cooperativa ed il
 comune di Ragusa, ad integrazione ed "in  sanatoria"  dell'anticipato
 affidamento  del  terreno,  si  era  previsto, tra l'altro, l'obbligo
 della  societa'  di  corrispondere  una  somma  pari  al   costo   di
 acquisizione  sostenuto  dal  comune  "nelle  misure  previste  dalle
 vigenti disposizioni in materia di espropriazione o in  quelle  altre
 che   saranno   emanate   in   ossequio  alla  sentenza  della  Corte
 costituzionale n. 5 del 1980";
     che il giudice a quo ha  osservato,  in  specie,  che  il  comune
 espropriante,  in  esito  a  separato  giudizio, aveva corrisposto ai
 proprietari espropriati la relativa indennita' per un importo pari al
 valore di mercato delle aree, per effetto del regime  instauratosi  a
 seguito   della   declaratoria   di   illegittimita'  costituzionale,
 pronunciata dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 5 del 1980,
 delle norme della stessa legge n.  865 del 1971, che avevano ancorato
 la misura dell'indennizzo al parametro del valore agricolo medio;
     che la conseguenza di tale presupposto, ha  proseguito  la  Corte
 d'appello,  in virtu' del dettato dell'art. 35, che collega l'importo
 del corrispettivo di cessione al costo di acquisizione delle aree, e'
 quella di obbligare la societa' assegnataria a pagare, a fronte della
 cessione  di  un  diritto  reale  limitato  (quale  il   diritto   di
 superficie),  la  maggior  somma  corrispondente al valore di mercato
 della piena proprieta' del bene;
     che la diversita' tra il diritto di  superficie  a  termine  (sia
 pure  eventualmente fissato nel limite massimo di novantanove anni) e
 la piena proprieta' del bene confermerebbe, secondo il giudice a  quo
 l'esistenza  di  un'ingiustificata  disparita'  di trattamento tra le
 seguenti  categorie  di soggetti: da una parte, le persone e gli enti
 che, per acquistare il diritto di superficie, ai sensi dell'art.   35
 della  legge n. 865 del 1971, hanno dovuto e devono ancor oggi pagare
 un corrispettivo pari ad un'indennita' di esproprio non inferiore  al
 valore  di  mercato  (pieno)  del bene (nel regime anteriore all'art.
 5-bis del d.-l. 11 luglio 1992, n.  333,  convertito  nella  legge  8
 agosto 1992, n. 359); dall'altra parte, tutti coloro che, operando in
 regime  di  libero mercato, mediante pagamento della medesima somma e
 senza aggravio sostanziale degli  oneri  economici,  sono  invece  in
 condizione di acquistare la piena proprieta' dei terreni;
     che  questa  disparita'  di  trattamento,  ha  precisato la Corte
 d'appello, concernerebbe solo quelle concessioni  di  superficie  che
 hanno  assunto come parametro l'indennita' di esproprio calcolata col
 criterio del valore venale del terreno,  di  cui  all'art.  39  della
 legge  25  giugno  1865,  n. 2359, poiche', a seguito dell'entrata in
 vigore del nuovo criterio di cui all'art. 5-bis del d.-l. n. 333  del
 1992, l'equilibrio tra commisurazione dell'indennizzo espropriativo e
 corrispettivo  della  concessione  superficiaria  sarebbe  nuovamente
 garantito;
     che un secondo profilo applicativo, che implicherebbe  disparita'
 di  trattamento  rilevante ai fini dell'art. 3 della Costituzione, e'
 stato  riscontrato  dal  giudice  remittente  con  riferimento   alle
 situazioni  disciplinate  dal  settimo comma e dodicesimo comma dello
 stesso  art.  35,  i  quali  prevedono,   oltre   all'ipotesi   della
 concessione  del  diritto  di  superficie  a  termine,  quella  della
 cessione in proprieta' delle medesime aree;
     che anche nel caso della cessione in proprieta' la legge  prevede
 la  commisurazione  del  corrispettivo ai costi di acquisizione delle
 aree  sostenuti  dal  comune,  sicche'  ne  risulterebbe  un  sistema
 normativo  di dubbia ragionevolezza, nel quale la somma dovuta per la
 cessione delle aree e' la medesima, sebbene diversi siano  i  diritti
 reali  (proprieta'  e  superficie)  ceduti su immobili compresi nello
 stesso piano di zona;
     che e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri,
 rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha
 prospettato l'opportunita' di restituire gli atti al  giudice  a  quo
 per  rinnovare  il  giudizio  sulla  rilevanza  della  questione, ed,
 inoltre, ne ha eccepito l'inammissibilita', in quanto  sollevata  con
 riferimento ad una norma da ritenere ormai (implicitamente) abrogata,
 per  effetto  delle  disposizioni  dettate dall'art. 3 della legge 28
 dicembre 1995, n. 549 e dall'art. 3 della legge 23 dicembre 1996,  n.
 662,  norme  non  oggetto  di  adeguata valutazione nell'ordinanza di
 rimessione;
     che, secondo la Presidenza del Consiglio, il  combinato  disposto
 dell'ottavo comma, lettera a), e dodicesimo comma, dell'art. 35 della
 predetta  legge  n.  865 del 1971, cosi' come modificato dall'art. 3,
 comma  63,  della  legge  n.  662   del   1996,   individuerebbe   il
 corrispettivo  della  concessione  in  diritto di superficie mediante
 riferimento al "metro cubo edificabile", fissandone la misura massima
 al 60% del prezzo di cessione dello stesso volume;
     che - sempre secondo la Presidenza  del  Consiglio  -  l'art.  3,
 comma    61,    della    legge   n.   662   del   1996,   provvedendo
 all'interpretazione autentica dell'art. 3,  settantasettesimo  comma,
 della legge n. 549 del 1995 stabilirebbe che tale ultima disposizione
 debba intendersi nel senso che il prezzo delle aree (gia' concesse in
 diritto  di  superficie  ed  ora  trasferibili in proprieta' ai sensi
 dell'art. 3, settantacinquesimo comma, della legge n. 549  del  1995)
 viene determinato dall'UTE in conformita' all'art. 5-bis comma 1, del
 d.-l.  n.  333  del 1992, convertito in legge n. 359 del 1992, con la
 conseguenza di una significativa modificazione (anteriore alla stessa
 ordinanza di  rimessione)  della  norma  che  il  giudice  a  quo  ha
 sottoposto allo scrutinio di costituzionalita'.
   Considerato  che  l'ordinanza  di  rimessione  omette  del tutto di
 valutare gli effetti delle disposizioni contenute nell'art.  3  della
 legge  28 dicembre 1995, n. 549 e nell'art. 3 della legge 23 dicembre
 1996, n. 662 (in particolare nei comma 61 e 63) -  come  sottolineato
 dalla  difesa  del  Presidente  del  Consiglio dei Ministri -, con la
 conseguenza della mancanza di completa  motivazione  sulla  rilevanza
 della questione prospettata;
     che,  inoltre,  l'ordinanza  che  ha  sollevato  la questione non
 compie  alcuna  valutazione  sulla  portata  della   clausola   della
 convenzione  stipulata  tra  la  societa' cooperativa ed il comune in
 ordine all'obbligazione assunta dalla  societa'  circa  le  somme  da
 corrispondere  al  comune  per  le  spese  di  acquisizione dell'area
 sostenute dallo stesso comune;
     che  pertanto  e'  preliminare  la  dichiarazione  di   manifesta
 inammissibilita'   della   questione  per  omessa  motivazione  sulla
 rilevanza   in   relazione   alla   normativa   vigente   alla   data
 dell'ordinanza  di rimessione, a prescindere dalla considerazione che
 le predette disposizioni hanno subito - con la sopravvenuta legge  23
 dicembre 1998, n. 448, art.  31, comma 45-50 - una integrazione delle
 facolta'  di  chi  aveva  ottenuto  la  concessione  del  diritto  di
 superficie, accompagnata da abrogazione di alcune delle  disposizioni
 soprarichiamate;
   Visti  gli  artt.  26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la  manifesta   inammissibilita'   della   questione   di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 10, settimo comma, della legge
 18 aprile 1962, n. 167 (Disposizioni per favorire  l'acquisizione  di
 aree  fabbricabili  per  l'edilizia  economica e popolare), nel testo
 introdotto dall'art.    35  della  legge  22  ottobre  1971,  n.  865
 (Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme
 sulla espropriazione per pubblica utilita'; modifiche ed integrazioni
 alle  leggi  17  agosto  1942,  n.  1150;  18 aprile 1962, n. 167; 29
 settembre 1964, n. 847; ed autorizzazione  di  spesa  per  interventi
 straordinari  nel  settore  dell'edilizia  residenziale,  agevolata e
 convenzionata),   sollevata   in   riferimento   all'art.   3   della
 Costituzione,  dalla  Corte  d'appello  di  Catania  con  l'ordinanza
 indicata in epigrafe.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 20 gennaio 2000.
                        Il Presidente: Vassalli
                          Il relatore: Chieppa
                        Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 4 febbraio 2000.
                Il direttore della cancelleria: Di Paola
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