N. 49 SENTENZA 3 - 7 febbraio 2000

 Giudizio di ammissibilita' di richiesta di referendum abrogativo.
 Referendum abrogativo - Lavoro (tutela del) - Lavoro  a  domicilio  -
    Proposta  referendaria volta ad abrogare l'intera disciplina sulla
    materia - Disciplina speciale quale specifica e diretta attuazione
    della tutela costituzionale - Doverosita' di tutela non generica e
    indistinta - Conseguenze - Riconosciuta possibilita' di modificare
    o sostituire la disciplina speciale - Impossibilita' di  eliminare
    la   disciplina   stessa,   con  effetto  abolitivo  della  tutela
    precedentemente  concessa  -  Inammissibilita'   della   richiesta
    referendaria.  Legge 18 dicembre 1973, n. 877.
  Costituzione, art. 35.

(GU n.7 del 11-2-2000 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta  dai  signori: Presidente: prof. Giuliano VASSALLI; Giudici:
 prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando
 SANTOSUOSSO, dott. Riccardo CHIEPPA, prof. Gustavo ZAGREBELSKY, prof.
 Valerio  ONIDA,  prof.  Carlo MEZZANOTTE, avv. Fernanda CONTRI, prof.
 Guido NEPPI MODONA, prof. Piero  Alberto  CAPOTOSTI,  prof.  Annibale
 MARINI, dott. Franco BILE;
 ha pronunciato la seguente
                           Sentenza
 nel  giudizio  di  ammissibilita', ai sensi dell'art. 2, primo comma,
 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1,  della  richiesta  di
 referendum  popolare  per l'abrogazione della legge 18 dicembre 1973,
 n. 877, recante "Nuove norme per la tutela del lavoro a domicilio"  e
 successive  modificazioni, limitatamente a:  articolo 2, comma 2: "E'
 fatto    divieto   alle   aziende   interessate   da   programmi   di
 ristrutturazione,  riorganizzazione  e  di  conversione  che  abbiano
 comportato licenziamenti o sospensioni dal lavoro, di affidare lavoro
 a  domicilio  per  la  durata  di un anno rispettivamente dall'ultimo
 provvedimento   di   licenziamento   e   dalla    cessazione    delle
 sospensioni.",  comma 3: "Le domande di iscrizione al registro di cui
 all'art. 3 dovranno essere respinte quando risulti che  la  richiesta
 di  lavoro da eseguirsi a domicilio viene fatta a seguito di cessione
 - a qualsiasi titolo - di macchinari e attrezzature trasferite  fuori
 dell'azienda  richiedente e che questa intenda in tal modo proseguire
 lavorazioni  per  le  quali  aveva  organizzato  propri  reparti  con
 lavoratori  da  essa dipendenti.", nonche' comma 4: "E' fatto divieto
 ai committenti  di  lavoro  a  domicilio  di  valersi  dell'opera  di
 mediatori  o  di intermediari comunque denominati i quali, unitamente
 alle persone alle quali  hanno  commesso  lavoro  a  domicilio,  sono
 considerati,  a  tutti  gli  effetti,  alle  dipendenze del datore di
 lavoro per conto e nell'interesse del  quale  hanno  svolto  la  loro
 attivita'."; articolo 3; articolo 4; articolo 5; articolo 6; articolo
 7;  articolo  8;  articolo  9; articolo 10; articolo 11; articolo 12;
 articolo 13;  articolo  14;  Giudizio  iscritto  al  numero  131  del
 registro referendum.  Vista l'ordinanza del 7-13 dicembre 1999 con la
 quale  l'Ufficio  centrale  per  il  referendum  presso  la  Corte di
 cassazione ha dichiarato conforme a legge la richiesta;  Udito  nella
 camera  di consiglio del 13 gennaio 2000 il giudice relatore Annibale
 Marini; Uditi l'avvocato Ghera Edoardo per i  presentatori  Capezzone
 Daniele,  Giustino  Mariano  e  De  Lucia Michele e l'avvocato Alleva
 Piergiovanni per la Federazione dei Verdi,  l'Associazione  Nazionale
 per  la  Sinistra,  Grandi Alfiero nella sua qualita' di responsabile
 lavoro dei D.S.   - Democratici  di  Sinistra,  il  Comitato  per  le
 liberta'  e  i  diritti  sociali  e  il  Partito  della  Rifondazione
 comunista.
                           Ritenuto in fatto
   1. - Con ordinanza del 7-13 dicembre 1999 l'Ufficio centrale per il
 referendum,  costituito  presso  la  Corte  di  cassazione  ai  sensi
 dell'art.  12  della  legge  25  maggio  1970,  n.  352  e successive
 modificazioni ed integrazioni, ha dichiarato legittima  la  richiesta
 di  referendum  popolare,  presentata  l'8  marzo 1999 da quattordici
 cittadini elettori, sul  seguente  quesito:    "Volete  voi  che  sia
 abrogata  la legge 18 dicembre 1973, n. 877, recante "Nuove norme per
 la  tutela  del  lavoro  a  domicilio"  e  successive  modificazioni,
 limitatamente a:  articolo 2, comma 2: "E' fatto divieto alle aziende
 interessate  da  programmi di ristrutturazione, riorganizzazione e di
 conversione che abbiano comportato licenziamenti  o  sospensioni  dal
 lavoro,  di  affidare  lavoro  a  domicilio  per la durata di un anno
 rispettivamente dall'ultimo provvedimento di  licenziamento  e  dalla
 cessazione delle sospensioni.", comma 3: "Le domande di iscrizione al
 registro  di  cui  all'art. 3 dovranno essere respinte quando risulti
 che la richiesta di lavoro da eseguirsi a  domicilio  viene  fatta  a
 seguito   di  cessione  -  a  qualsiasi  titolo  -  di  macchinari  e
 attrezzature trasferite fuori dell'azienda richiedente e  che  questa
 intenda  in  tal  modo  proseguire  lavorazioni  per  le  quali aveva
 organizzato propri  reparti  con  lavoratori  da  essa  dipendenti.",
 nonche'  comma  4:  "E'  fatto  divieto  ai  committenti  di lavoro a
 domicilio di  valersi  dell'opera  di  mediatori  o  di  intermediari
 comunque denominati i quali, unitamente alle persone alle quali hanno
 commesso  lavoro  a domicilio, sono considerati, a tutti gli effetti,
 alle dipendenze del datore di lavoro per conto e  nell'interesse  del
 quale  hanno  svolto  la  loro  attivita'.";  articolo 3; articolo 4;
 articolo 5; articolo 6; articolo 7; articolo 8; articolo 9;  articolo
 10;  articolo  11;  articolo  12;  articolo  13; articolo 14 ?".   Al
 quesito l'Ufficio centrale ha attribuito il seguente titolo:  "Lavoro
 a domicilio: abolizione delle norme di tutela speciale".
   2. - Ricevuta comunicazione dell'ordinanza  dell'Ufficio  centrale,
 il  Presidente  di  questa  Corte  ha  fissato,  per  la  conseguente
 deliberazione, la camera di consiglio del 13 gennaio 2000, disponendo
 che ne fosse data comunicazione ai presentatori  della  richiesta  di
 referendum  e  al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri ai sensi
 dell'art. 33, secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352.
   3. - Nell'imminenza della  camera  di  consiglio  hanno  depositato
 memoria  i  Signori  Daniele Capezzone, Mariano Giustino e Michele De
 Lucia, presentatori del referendum insistendo per la declaratoria  di
 ammissibilita' della richiesta.  Rilevano innanzitutto i presentatori
 come le disposizioni che si intenderebbero abrogare non rientrino tra
 quelle  per  le  quali l'art.   75, secondo comma, della Costituzione
 esclude  la  possibilita'  di  referendum  abrogativo.  Il   quesito,
 infatti,  oltre  ad  essere  estraneo  alle  materie  elencate  nella
 predetta norma  costituzionale,  non  andrebbe  neanche  incontro  ai
 limiti   posti   da  leggi  strumentali  all'attuazione  di  trattati
 internazionali  in  quanto,  allo  stato,  l'Italia  non  ha   ancora
 provveduto  a ratificare la convenzione OIL n. 177 del 22 giugno 1996
 sul lavoro a domicilio. D'altronde, detta convenzione si  limiterebbe
 a stabilire un generale principio di non discriminazione o parita' di
 trattamento   in  favore  dei  lavoratori  a  domicilio,  nonche'  ad
 impegnare gli  Stati  membri  dell'OIL  all'adozione  di  appropriate
 misure di politica nazionale per controllare e monitorare il fenomeno
 del lavoro a domicilio, lasciando agli Stati ampia liberta' di scelta
 sugli  strumenti  e  sulle  norme  protettive.  Sicche',  l'eventuale
 abrogazione  delle  norme  speciali   di   tutela   dei   lavoratori,
 attualmente  vigenti,  non  potrebbe  determinare  una  situazione di
 inadempienza rispetto agli obblighi che deriverebbero dalla possibile
 ratifica della convenzione, i cui principi,  in  tal  caso,  potranno
 essere    attuati    dal    legislatore    nell'ambito    della   sua
 discrezionalita'.   Sempre   ad   avviso    dei    presentatori,    e
 conclusivamente  sul  punto,  il  quesito,  non incidendo sulla norma
 dell'art. 1 della legge n. 877 del 1973  concernente  la  definizione
 del  lavoro  a  domicilio,  e  lasciando  comunque in vigore la norma
 generale di cui all'art.   2128 del codice  civile  (che  estende  al
 lavoro   a   domicilio   le   disposizioni   sul  lavoro  subordinato
 nell'impresa in quanto compatibili con la specialita' del  rapporto),
 non  si porrebbe in contrasto con i principi - peraltro generici - di
 detta  convenzione.    Il  quesito  risulterebbe,  poi,   di   natura
 semplicemente  abrogativa,  investendo  l'intera  legge  con  le sole
 eccezioni dell'intero art.   1 e del primo  comma  dell'art.  2.  Non
 sarebbe stata infatti adottata alcuna tecnica manipolativa cosiddetta
 di  ritaglio  diretta  a  creare  nuove  norme, tant'e' che all'esito
 abrogativo corrisponderebbe la naturale espansione  della  disciplina
 generale prevista nell'ordinamento per il lavoro subordinato senza la
 creazione di alcuna disciplina innovativa di risulta.  Non si sarebbe
 inoltre   in   presenza,   proseguono   i   presentatori,   di  norme
 costituzionalmente necessitate, ne'  a  contenuto  costituzionalmente
 vincolato,  poiche'  la  disciplina  del  lavoro  a  domicilio non e'
 prevista dalla Costituzione ed e' rimessa alla  discrezionalita'  del
 legislatore  ordinario.  Cio',  anche per quel che riguarda la tutela
 previdenziale  garantita   dall'art.   38,   secondo   comma,   della
 Costituzione.  Spetterebbe infatti al legislatore ordinario stabilire
 discrezionalmente quali tipi di assicurazione sociale debbano  essere
 previsti  per i lavoratori a domicilio e quale debba essere la misura
 della  loro  tutela  previdenziale.    In  ogni  caso,   il   quesito
 referendario,  pur  comprendendo  l'abrogazione  dell'art.  9 che, al
 primo comma, richiama l'applicazione delle norme vigenti  in  materia
 di   assicurazioni   sociali   (ad   esclusione   della  integrazione
 salariale), non determinerebbe alcuna riduzione degli attuali livelli
 di tutela. In particolare, ai sensi dell'art. 37, secondo comma,  del
 regio  decreto-legge  4  ottobre  1935, n. 1827, rimarrebbe garantita
 l'assicurazione per i casi  di  invalidita'  e  vecchiaia  e  per  la
 tubercolosi  nonche',  ai  sensi  del secondo comma dell'art.   4 del
 decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno  1965,  n.    1124,
 l'assicurazione  obbligatoria  contro  gli  infortuni sul lavoro e le
 malattie professionali.  Infine, conclude la difesa dei presentatori,
 il quesito risponderebbe ai requisiti di  omogeneita',  chiarezza  ed
 univocita'.  Risulterebbe,  infatti, evidente la finalita' intrinseca
 della  richiesta  referendaria  che   consentirebbe   agli   elettori
 l'espressione  di  un  voto consapevole sul mantenimento o meno della
 vigente disciplina vincolativa  del  lavoro  a  domicilio.  L'effetto
 dell'eventuale  accoglimento  della  richiesta  referendaria sarebbe,
 dunque, chiarissimo, conseguendone  l'eliminazione  della  disciplina
 speciale  del  lavoro  a  domicilio  subordinato, al quale rimarrebbe
 applicabile la regola generale dell'art. 2128 del codice  civile  che
 estende  al lavoro a domicilio le disposizioni sul lavoro subordinato
 nell'impresa in quanto compatibili con la specialita' del rapporto.
   4. - Nell'imminenza della  camera  di  consiglio  hanno  depositato
 memorie   la  Federazione  dei  Verdi  in  persona  del  responsabile
 nazionale del  settore  economia-lavoro  senatore  Natale  Ripamonti,
 l'Associazione  Nazionale  per  la Sinistra in persona del presidente
 onorevole Andrea Sergio Garavini, Alfiero Grandi nella  sua  qualita'
 di  responsabile  lavoro  dei  D.S.  -  Democratici  di  Sinistra, il
 Comitato  per  le  liberta'  e  i  diritti  sociali  in  persona  del
 presidente  Paolo  Cagna  Ninchi,  ed  il  Partito della Rifondazione
 comunista  in  persona  del  segretario  generale  onorevole   Fausto
 Bertinotti,   deducendo   tutti  l'inammissibilita'  della  richiesta
 referendaria.  Questa,  infatti,  da  un  lato  sarebbe  inidonea  al
 dichiarato  fine  di  definitiva  "liberalizzazione" del contratto di
 lavoro  a  domicilio,  risolvendosi  nella   mera   ablazione   della
 disciplina  vigente;  dall'altro,  se  intesa come introduttiva di un
 divieto di normazione limitativa di quel rapporto, assumerebbe un non
 consentito  carattere  propositivo.  L'iniziativa   referendaria   si
 porrebbe  altresi' in contrasto con specifici obblighi internazionali
 derivanti dalla sottoscrizione della convenzione OIL n. 177 del 1996,
 che all'art. 4 indica espressamente i profili del rapporto di  lavoro
 a  domicilio che devono essere regolati onde realizzare la parita' di
 trattamento con gli altri lavoratori.
   5.  -  Nella  camera  di  consiglio  del  13  gennaio 2000 e' stato
 ascoltato per i presentatori,  l'avv.  Edoardo  Ghera,  il  quale  ha
 eccepito   preliminarmente   che   le  memorie  e  l'audizione  della
 Federazione dei Verdi, dell'Associazione nazionale per  la  Sinistra,
 di  Alfiero Grandi, del Comitato per le liberta' ed i diritti sociali
 e  del  Partito  della  Rifondazione  comunista  costituirebbero   un
 inammissibile  intervento  in giudizio di soggetti non legittimati ed
 ha richiamato sul  punto  la  giurisprudenza  di  questa  Corte  che,
 secondo  quanto  sostenuto,  sarebbe  ostativa all'ammissibilita' sia
 delle memorie che dell'audizione dei soggetti sopra specificati.  Nel
 merito, l'avvocato Ghera ha illustrato le argomentazioni  a  sostegno
 dell'ammissibilita'   del   referendum   prospettate   nella  memoria
 difensiva.   Essendosi la Corte riservata  di  decidere  in  sentenza
 sull'ammissibilita'   delle   memorie   e  dell'audizione,  e'  stato
 ascoltato per la Federazione dei Verdi, l'Associazione Nazionale  per
 la  Sinistra, Alfiero Grandi, il Comitato per le liberta' e i diritti
 sociali  ed  il  Partito  della  Rifondazione  comunista,  l'avvocato
 Piergiovanni  Alleva il quale, ribadita la ritualita' delle memorie e
 dell'audizione dei soggetti dallo stesso rappresentati, ha illustrato
 le  gia'  dedotte  ragioni  di   inammissibilita'   della   richiesta
 referendaria.
                         Considerato in diritto
   1.  - La richiesta di referendum investe l'intera legge 18 dicembre
 1973, n. 877 (Nuove norme per la tutela del  lavoro  a  domicilio)  e
 successive  modificazioni,  ad  eccezione dell'articolo 1 e del primo
 comma dell'articolo 2.
   Piu' precisamente essa riguarda:
     A) le disposizioni contenute nei commi secondo,  terzo  e  quarto
 dell'articolo  2.  La  prima  di  tali  disposizioni fa divieto "alle
 aziende    interessate    da    programmi    di     ristrutturazione,
 riorganizzazione    e   di   conversione   che   abbiano   comportato
 licenziamenti  o  sospensioni  dal  lavoro,  di  affidare  lavoro   a
 domicilio  per  la  durata  di  un  anno  rispettivamente dall'ultimo
 provvedimento di licenziamento e dalla cessazione della sospensione".
   Secondo la disposizione successiva  le  domande  di  iscrizione  al
 registro  dei  committenti  di  cui  all'art. 3 della legge "dovranno
 essere  respinte  quando  risulti  che  la  richiesta  di  lavoro  da
 eseguirsi a domicilio viene fatta a seguito di cessione - a qualsiasi
 titolo  -  di macchinari e attrezzature trasferite fuori dell'azienda
 richiedente e che questa intenda in tal modo  proseguire  lavorazioni
 per  le quali aveva organizzato propri reparti con lavoratori da essa
 dipendenti".
   Il quarto comma dello  stesso  articolo  vieta  ai  committenti  di
 lavoro   a   domicilio  di  valersi  dell'opera  di  mediatori  o  di
 intermediari comunque denominati;
     B)  l'intero  articolo  3,  che   istituisce   presso   l'ufficio
 provinciale  del  lavoro  e della massima occupazione un registro dei
 committenti  nel  quale  devono  iscriversi  coloro   che   intendono
 commettere lavoro a domicilio e impone al datore di lavoro che faccia
 eseguire  lavoro  al  di  fuori  della  propria  azienda di tenere un
 apposito registro "sul quale debbono essere trascritti il  nominativo
 ed   il   relativo   domicilio   dei  lavoratori  esterni  all'unita'
 produttiva, nonche' l'indicazione del  tipo  e  della  quantita'  del
 lavoro da eseguire e la misura della retribuzione" (comma quinto);
     C)  l'intero  articolo  4, che istituisce presso ciascuna sezione
 comunale  dell'ufficio  provinciale  del  lavoro  e   della   massima
 occupazione  un  registro dei lavoratori a domicilio e stabilisce che
 l'impiego dei lavoratori a domicilio avviene  esclusivamente  per  il
 tramite  delle  sezioni  comunali  di  collocamento.  Ferma  restando
 l'ammissibilita' della richiesta nominativa;
     D) l'intero articolo 5, che  prevede  l'istituzione  presso  ogni
 ufficio  provinciale  del  lavoro  e della massima occupazione di una
 commissione per il controllo del lavoro  a  domicilio  definendone  i
 relativi compiti;
     E)  l'intero  articolo  6, che prevede la istituzione presso ogni
 ufficio regionale del lavoro  e  della  massima  occupazione  di  una
 commissione  regionale  per  il lavoro a domicilio disciplinandone la
 composizione, i compiti e la durata in carica dei membri.
   Occorre, peraltro, precisare che, ai sensi di quanto  disposto  dal
 comma 2 dell'art. 6 del d.lgs. 23 dicembre 1997, n. 469, "con effetto
 dalla costituzione della commissione provinciale di cui al comma 1 (e
 cioe'  della  commissione al livello provinciale per le politiche del
 lavoro) i seguenti organi collegiali sono  soppressi  e  le  relative
 funzioni e competenze sono trasferite alla provincia:
     a)(omissis);
     b)(omissis);
     c) commissione regionale per il lavoro a domicilio;
     d) commissione provinciale per il lavoro a domicilio;
     e) commissione comunale per il lavoro a domicilio";
     F)  l'intero  articolo  7, che istituisce presso il Ministero del
 lavoro e della previdenza sociale  la  commissione  centrale  per  il
 lavoro  a  domicilio  e ne disciplina la composizione, i compiti e la
 durata in carica dei membri;
     G) l'intero articolo 8, che dispone che i lavoratori a  domicilio
 debbono essere retribuiti sulla base di tariffe di cottimo pieno;
     H)  l'intero  articolo  9,  che  estende,  nel  primo  comma,  ai
 lavoratori a domicilio le norme vigenti per i lavoratori  subordinati
 in  materia  di  assicurazioni  sociali e di assegni familiari, fatta
 eccezione di quelle in materia di integrazione salariale; mentre  nel
 secondo  comma si prevede che, con decreto del Ministro per il lavoro
 e la previdenza sociale di concerto con il Ministro  per  il  tesoro,
 siano  stabilite,  anche  per  singole  zone territoriali, tabelle di
 retribuzioni  convenzionali  ai  fini  del  calcolo  dei   contributi
 previdenziali e assistenziali;
     I)  l'intero  articolo  10,  che  dispone  che  il  lavoratore  a
 domicilio  debba  essere  munito  a  cura  dell'imprenditore  di  uno
 speciale libretto personale di controllo;
     L)  l'intero  articolo  11, che stabilisce nel primo comma che il
 lavoratore a domicilio "deve prestare la sua attivita' con diligenza,
 custodire il segreto sui modelli del lavoro affidatogli  e  attenersi
 alle   istruzioni   ricevute  dall'imprenditore  nell'esecuzione  del
 lavoro".
   Il divieto di svolgere attivita' lavorativa per conto proprio o  di
 terzi in concorrenza con l'imprenditore e' disposto dal secondo comma
 dello  stesso  articolo  ed  e'  condizionato  all'affidamento di una
 quantita' di lavoro atta a procurare al  lavoratore  una  prestazione
 continuativa  corrispondente  all'orario normale di lavoro secondo le
 disposizioni vigenti e quelle stabilite dal contratto  collettivo  di
 lavoro di categoria;
     M)    l'intero    articolo    12,   che   affida   la   vigilanza
 sull'applicazione  della  legge  al  Ministero  del  lavoro  e  della
 previdenza sociale per il tramite dell'ispettorato del lavoro;
     N)  l'intero  articolo  13, che per il caso di inosservanza delle
 disposizioni contenute nella legge prevede a carico  del  committente
 lavoro a domicilio un articolato sistema di sanzioni sia di carattere
 penale che amministrativo;
     O)  l'intero articolo 14, che dispone espressamente l'abrogazione
 della legge 13 marzo  1958,  n.  264  per  la  tutela  del  lavoro  a
 domicilio.
   2.  -  Va  preliminarmente dichiarata - per tutte le considerazioni
 esposte nella sentenza n.  31  del  2000  -  la  ricevibilita'  delle
 memorie   depositate   dai   soggetti  diversi  dai  presentatori  e,
 conseguentemente,  l'ammissibilita'  dell'illustrazione  orale  delle
 memorie  stesse  effettuata  nella camera di consiglio del 13 gennaio
 2000.
   3. - Il referendum e' inammissibile.
   Va evidenziato come il lavoro a domicilio, avuto  riguardo  sia  al
 luogo  ed  alle modalita' di svolgimento della prestazione lavorativa
 che ai criteri di  retribuzione,  costituisca  una  di  quelle  forme
 speciali  di  lavoro che la Repubblica, secondo quanto dispone l'art.
 35 della
  Costituzione, deve tutelare.
   La doverosita', espressa da tale precetto, di una tutela del lavoro
 non gia' generica ed indistinta, ma  articolata  e  coerente  con  la
 specificita'  delle varie forme (ed applicazioni) del lavoro si pone,
 dunque,  alla  base  di  quella  disciplina  speciale  del  lavoro  a
 domicilio,  gia'  introdotta  dal legislatore con la legge n. 264 del
 1958, (poi sostituita appunto dalla legge n. 877 del 1973) e  che  la
 proposta  referendaria  vorrebbe  ora  abrogare, cosi' eliminando una
 specifica e diretta attuazione di un principio costituzionale.
   I modi e le forme dell'attuazione della tutela costituzionale  sono
 ovviamente  rimessi  alla discrezionalita' del legislatore, cosicche'
 le leggi attraverso le quali di volta in volta si realizza la  tutela
 del   lavoro,   nelle   sue   diverse   manifestazioni,  pur  essendo
 costituzionalmente necessarie, non sono a contenuto vincolato.  Esse,
 in  quanto  dirette a rendere effettivo un diritto fondamentale della
 persona, una volta venute ad esistenza possono  essere  dallo  stesso
 legislatore  modificate  o  sostituite  con  altra disciplina, ma non
 possono essere puramente e semplicemente abrogate, cosi' da eliminare
 la tutela precedentemente concessa, pena  la  violazione  diretta  di
 quel   medesimo   precetto   costituzionale   della   cui  attuazione
 costituiscono  strumento  (si  veda,   sul   punto,   con   specifico
 riferimento all'abrogazione referendaria, la sentenza n. 35 del 1997,
 nonche' le sentenze n. 134 del 1994 e n. 106 del 1992).
   Tale  limite  si  oppone all'abrogazione della vigente normativa di
 tutela speciale del lavoro a domicilio e determina l'inammissibilita'
 della proposta referendaria.
                           Per questi motivi
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara inammissibile la  richiesta  di  referendum  popolare  per
 l'abrogazione,  nelle  parti  indicate  in  epigrafe,  della legge 18
 dicembre 1973, n. 877  (Nuove  norme  per  la  tutela  del  lavoro  a
 domicilio) e successive modificazioni, richiesta dichiarata legittima
 con  ordinanza  del  7-13  dicembre 1999 dall'Ufficio centrale per il
 referendum costituito presso la Corte di cassazione.
   Cosi' deciso  in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 3 febbraio 2000.
                        Il Presidente: Vassalli
                         Il redattore: Marini
                       Il cancelliere: Di Paola
   Depositata in cancelleria il 7 febbraio 2000.
               Il direttore della cancelleria: Di Paola
 00C0143