N. 63 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 ottobre 1999

                                 N. 63
  Ordinanza emessa il 29 ottobre  1999  dal  tribunale  amministrativo
 regionale  per  la  Sicilia,  sezione staccata di Catania sul ricorso
 proposto da Federazione lavoratori della funzione  pubblica  C.G.I.L.
 ed altri contro la provincia regionale di Messina.
 Giustizia amministrativa - Controversie relative a rapporto di lavoro
    contrattualizzato    o    privatizzato    alle    dipendenze    di
    amministrazioni pubbliche  -  Riserva  al  giudice  amministrativo
    delle   controversie  in  materia  di  procedure  concorsuali  per
    l'assegnazione dei dipendenti delle  pubbliche  amministrazioni  -
    Mancata  previsione  della  devoluzione  al  giudice  ordinario di
    qualsiasi  controversia  riguardante   il   rapporto   di   lavoro
    contrattualizzato    o    privatizzato    alle    dipendenze    di
    amministrazioni pubbliche, ivi comprese le  procedure  concorsuali
    per  l'assegnazione  ed  in cui comunque la valutazione di un atto
    sia connesso con  questioni  concernenti  il  rapporto  di  lavoro
    presso  le  pubbliche amministrazioni, con attribuzione al giudice
    ordinario  di  un  generale  potere  di  cognizione  piena  e   di
    annullamento  degli  atti  presupposti  illegittimi,  ancorche' di
    organizzazione e non di gestione - Irrazionalita' della disciplina
    impugnata per la connessione in  subiecta  materia  tra  questioni
    attribuite  alla  cognizione  del  giudice  ordinario  e questioni
    riservate al giudice amministrativo,  con  conseguente  necessita'
    per  il  dipendente  di  adire  entrambi  i  giudici  e rischio di
    contrasto di giudicati -  Incidenza  sul  principio  della  tutela
    giurisdizionale.    D.Lgs.  3  febbraio  1993,  n.  29,  art. 68 e
    successive modificazioni.
  Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.9 del 23-2-2000 )
                  IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n.  1220/99  r.g.,
 proposto   dalla   Federazione  lavoratori  della  funzione  pubblica
 C.G.I.L.,  segreteria  provinciale  di  Messina,   in   persona   del
 segretario  pro-tempore  Teodoro  Lamonica, dalla U.I.L. Enti locali,
 segreteria  provinciale  di  Messina,  in  persona   del   segretario
 pro-tempore  Andrea  Costantino,  nonche' di Coledi Giovanni, Capillo
 Stellario, rappresentanti  e  difesi  dall'avv.  Mario  Intilisano  e
 dall'avv. Pietro Intilisano, domiciliati ex lege presso la segreteria
 del tribunale;
   Contro la provincia regionale di Messina, in persona del presidente
 pro-tempore,  rappresentata  e  difesa  dall'avv.  Andrea  Lo Castro,
 domiciliata  ex  lege  presso  la  segreteria   del   tribunale   per
 l'annullamento,  previa sospensione, della deliberazione della giunta
 provinciale di Messina n.  2112  del  31  dicembre  1998,  avente  ad
 oggetto  "Regolamento per il conferimento di incarichi di funzioni di
 direzione, dirigenziali e di  alta  specializzazione,  collaborazioni
 esterne  ad  alto contenuto di professionalita' per uffici di diretta
 collaborazione con l'organo di governo",  pubblicata  all'albo  della
 provincia regionale dal 6 gennaio 1999 al 20 gennaio 1999;
   Visto il ricorso con i relativi allegati;
   Visti gli atti tutti della causa;
   Relatore la dott.ssa Rosalia Messina;
   Uditi,  alla  pubblica  udienza  del  27 ottobre 1999, l'avv. Mario
 Intilisano per le parti ricorrenti, e l'avv. Alfio Pappalardo per  la
 resistente Provincia regionale di Messina;
   Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
                               F a t t o
 Con  ricorso  depositato il 20 marzo 1999, e deposito il successivo 3
 aprile, la Federazione lavoratori della  funzione  pubblica  C.G.I.L.
 (Federazione   provinciale   di   Messina),  la  U.I.L.  Enti  locali
 (Federazione provinciale di Messina),  Giovanni  Coledi  e  Stellario
 Capillo  hanno impugnato la deliberazione della giunta provinciale di
 Messina n.  2112 del 31 dicembre 1998, avente ad oggetto "Regolamento
 per  il  conferimento  di  incarichi  di   funzioni   di   direzione,
 dirigenziali  e  di  alta specializzazione, collaborazioni esterne ad
 alto  contenuto   di   professionalita'   per   uffici   di   diretta
 collaborazione  con  l'organo  di governo", pubblicata all'albo della
 provincia regionale dal 6  gennaio  1999  al  20  gennaio  1999.    I
 ricorrenti denunciano innanzitutto la:  illegittimita' derivata della
 deliberazione   impugnata,   sulla   quale   si   riverbererebbe   la
 illegittimita' della deliberazione del Consiglio provinciale  n.  109
 del  26 ottobre 1998, impugnata con ricorso straordinario e censurata
 per violazione del contratto collettivo nazionale sulla  dirigenza  e
 del  contratto  collettivo  nazionale  comparto  enti  locali  (primo
 motivo), violazione delle disposizioni di cui alle leggi n.  142/1990
 e  127/1997,  mancanza  assoluta  dei  requisiti  minimi richiesti al
 regolamento  dei  servizi  (secondo  motivo),  difetto  assoluto   di
 motivazione   sulla   istituzione   di   uffici  posti  alla  diretta
 collaborazione dell'organo di governo (terzo motivo), ed inoltre, per
 vizi propri, per violazione del contratto collettivo nazionale  sulla
 dirigenza  e  del contratto collettivo nazionale comparto enti locali
 (sotto altro profilo, quarto  motivo);  illegittimita'  dell'art.  3,
 comma  1,  nella  parte in cui attribuisce il potere di deliberare la
 nomina ed approvare il bando al  presidente  e  non  alla  giunta,  e
 dell'art.  2,  comma  7,  nella  parte  in  cui prevede la revoca del
 direttore generale per il venir meno del rapporto fiduciario  (quinto
 motivo);  illegittimita'  dell'art.  4  nella parte in cui prevede in
 capo al direttore generale la formazione di proposte al presidente ed
 alla  giunta  di   atti   di   indirizzo   politico   amministrativo;
 illegittimita' dell'art. 6 nella parte in cui prevede che i dirigenti
 collaborino alla formazione dell'indirizzo politico ed amministrativo
 (sesto motivo); illegittimita' dell'art. 4 nella parte in cui prevede
 in   capo   al  direttore  generale  il  potere  di  proporre  misure
 sanzionatorie a carico dei dirigenti per responsabilita' di risultato
 (settimo motivo); illegittimita' dell' art.  4  nella  parte  in  cui
 prevede  in  capo  al  direttore  generale  il potere di verificare e
 controllare l'attivita' dei  dirigenti,  anche  mediante  l'esercizio
 delegato  del  potere  di  avocazione  o sostituzione; illegittimita'
 dell'art. 9, comma 2, 3, 4 e 6 nella parte in cui attribuiscono anche
 al presidente l'esercizio del potere  di  avocazione;  illegittimita'
 del comma 5 nella parte in cui affida il potere di avocazione in caso
 di  mancata  nomina del direttore generale, ad un dirigente ad acta e
 non al segretario generale (ottavo motivo); illegittimita'  dell'art.
 8 nella parte in cui prevede come causa di revoca oltre ai criteri di
 cui  all'art.  51,  comma  6,  l'ipotesi in cui venga meno l'intuitus
 personae (nono motivo); illegittimita' dell'art. 10 per contrasto con
 l'art. 64 dello statuto della provincia  regionale  (decimo  motivo);
 illegittimita'  dell'art.  10 nella parte in cui prevede la copertura
 dei  posti  di  qualifica  dirigenziale  solo  mediante  stipula   di
 contratto di diritto privato e non di contratto di cui al C.c.n.l. di
 cui   al   d.lgs.  n.  29/1993  (undicesimo  motivo);  illegittimita'
 dell'art. 11  nella parte in cui prevede la stipula dei contratti  di
 cui  all'art.  51-bis, legge n. 142/1990 (contratti al di fuori della
 pianta organica nei limiti del  5%)  nella  forma  del  contratto  di
 diritto  privato  e  non  in  quella del contratto di cui al C.c.n.l.
 (dodicesimo motivo); illegittimita' dell'art. 10 e dell'art. 11 nella
 parte in cui attribuiscono alla giunta provinciale il solo potere  di
 conferire  la  nomina  e  non  anche il potere di deliberare riguardo
 tutto l'iter concorsuale (approvazione del bando  individuazione  del
 soggetto,  nomina);  illegittimita' del medesimo articolo nella parte
 in cui attribuisce al presidente la facolta' di decidere se coprire i
 posti vacanti in pianta organica mediante la stipula di  contratti  a
 tempo   determinato   (tredicesimo   motivo);   illegittimita',   per
 indeterminatezza, dell'art. 11, comma 3, nella parte in  cui  prevede
 il  conferimento  degli  incarichi a: b) qualificazione connessa alla
 specificita' delle prestazioni richieste;  d)  persone  impegnate  in
 attivita'   di   particolare   qualificazione   cui  e'  notoriamente
 riconosciuta  una  specifica  competenza  (quattordicesimo   motivo);
 illegittimita'  dell'art.  13  nella  parte  in  cui  ha  previsto la
 creazione di uffici di diretta collaborazione con l'organo di governo
 in mancanza di espressa previsione nei criteri generali (quindicesimo
 motivo); illegittimita' dell'art. 13, comma 7,  nella  parte  in  cui
 prevede  il  conferimento  alla giunta del potere di deliberare altre
 strutture  di  diretta  collaborazione  con  gli  organi  di  governo
 (sedicesimo  ed  ultimo motivo).   La provincia regionale di Messina,
 costituitasi  in  resistenza,  ha  eccepito  l'inammissibilita'   del
 ricorso  sotto  il  duplice  profilo del difetto di giurisdizione del
 giudice amministrativo  -  richiamando  genericamente  il  d.lgs.  n.
 80/1998  -  e  della non immediata impugnabilita' del regolamento che
 disciplina il conferimento degli incarichi,  insuscettibile,  secondo
 parte  resistente,  di  determinare ex se alcuna lesione di posizioni
 giuridiche altrui, potendosi tale  lesione  realizzare  soltanto  con
 l'emanazione  di  atti  applicativi.  Parte  resistente  ha  altresi'
 sostenuto la infondatezza del gravame.   E' emersa, nel  corso  delle
 udienze  tenutesi il 29 giugno 1999 e 28 ottobre 1999, la circostanza
 sopravvenuta  della emanazione, da parte dell'amministrazione, di una
 successiva deliberazione (della Giunta provinciale,  n.  816  del  23
 giugno  1999,  recante  modificazioni  al regolamento adottato con la
 deliberazione impugnata), che e' stata annullata dal Co.re.co.,  sez.
 provinciale  di  Messina,  con  decisione  n.  9033,  prot. n. 11165,
 adottata il 19 ottobre 1999.
   Le parti hanno  ulteriormente  illustrato  le  tesi  difensive  con
 memoria.
                             D i r i t t o
   1.  - Preliminarmente, il collegio ritiene opportuno soffermarsi su
 alcune questioni in rito, onde sgombrare  il  campo  da  dubbi  sulla
 rilevanza  della  questione  di costituzionalita' che con la presente
 ordinanza si intende sollevare d'ufficio.
   Innanzitutto, deve rilevarsi che - nonostante l'emanazione  di  una
 deliberazione  successiva  a  quella  impugnata,  e  modificativa  di
 quest'ultima - sussiste l'interesse  alla  decisione,  in  quanto  la
 seconda   deliberazione   e'  stata  annullata  dal  Co.re.co.,  sez.
 provinciale di Messina.
   Pertanto, la deliberazione della giunta provinciale di  Messina  n.
 2112  del  31  dicembre  1998,  avente ad oggetto "Regolamento per il
 conferimento di incarichi di funzioni di direzione, dirigenziali e di
 alta specializzazione, collaborazioni esterne ad  alto  contenuto  di
 professionalita' per uffici di diretta collaborazione con l'organo di
 governo", e' ancora valida ed efficace, e non ha subito modificazioni
 di sorta.
   2.  -  Il  collegio  ritiene  inoltre non fondata, almeno in parte,
 l'eccezione di inammissibilita' del gravame per asserita mancanza  di
 lesivita'   attuale   dell'impugnato   regolamento,  sollevata  dalla
 resistente provincia regionale.
   Va infatti rilevato che, se mai, di tale mancanza di  lesivita'  e'
 possibile  dubitare in relazione ai ricorrenti Coledi e Stellario, la
 cui qualita' non viene espressamente indicata nel ricorso - anche  se
 e'  altamente probabile che ad essi si riferisca un accenno, a pagina
 22 del medesimo, ai rappresentanti aziendali che avrebbero  interesse
 sia  come  tali  sia come dipendenti - e che, ove fossero puramente e
 semplicemente dipendenti dell'ente, potrebbero  ricevere  pregiudizio
 delle  loro  sfere  giuridiche  soltanto  una  volta emanati gli atti
 applicativi  del  regolamento;  altrettanto  non  puo'  dirsi  per  i
 soggetti   sindacali   (Federazione  dei  lavoratori  della  funzione
 pubblica  C.g.i.l., U.i.l. enti locali), soggetti in  capo  ai  quali
 sussiste  l'interesse  ad impugnare la deliberazione di cui trattasi,
 innanzitutto  perche'   adottata   in   asserita   violazione   delle
 disposizioni  del C.c.n.l. sulla dirigenza negli enti locali relative
 alle relazioni  sindacali,  ed  in  secondo  luogo  perche'  comunque
 ritenuta  lesiva  di  interessi  di categoria dei quali tali soggetti
 collettivi sono portatori istituzionali (cfr., in relazione  a  varie
 fattispecie  in  cui e' stata riconosciuta la legittimazione ad agire
 delle organizzazioni sindacali:    t.a.r.  Lazio,  II,  n.  318/1997;
 t.a.r.    Brescia, n. 907/1996; t.a.r.  L'Aquila, n. 592/l993; t.a.r.
 Venezia, I, n. 25/1992;   Idem, n.  637/1991;  t.a.r.  Catanzaro,  n.
 323/1991).
   Pertanto,   riservata  ovviamente  alla  sentenza  definitiva  ogni
 determinazione  sull'eccezione  in  esame,  e'  per  ora  sufficiente
 osservare  che, ad avviso del rimettente collegio, sotto tale profilo
 nulla osta alla rilevanza della questione  di  costituzionalita'  che
 fra  breve  sara'  illustrata, come invece sarebbe da ritenere ove il
 ricorso fosse inammissibile, posto che  esso  tutt'al  piu'  potrebbe
 rivelarsi   nel   prosieguo   del   giudizio   soltanto  parzialmente
 inammissibile, con riferimento alla legittimazione,  allo  stato  non
 dimostrata, dei ricorrenti Coledi e Stellario.
   3.  -  La  resistente  provincia  regionale  ha  altresi' sollevato
 l'eccezione  di  inammissibilita'  del   gravame   per   difetto   di
 giurisdizione  del  giudice  amministrativo,  sostenendo che, essendo
 stato il regolamento adottato in data successiva al 30  giugno  1998,
 la  materia rientrerebbe fra quelle devolute ormai alla giurisdizione
 del giudice ordinario (precisamente, dall'art. 68, d.lgs. n.  29/1993
 e  successive  modificazioni,  da  ultimo  intervenute con l'art. 29,
 d.lgs. n. 80/1998).
   Il  collegio  ritiene  l'eccezione  parzialmente  fondata,  per  le
 ragioni  che  saranno poco oltre piu' dettagliatamente illustrate; ed
 infatti,  come  si  vedra',  nella  controversia  in  esame   occorre
 "ritagliare"  questioni che rientrano nella giurisdizione del giudice
 ordinario, e questioni che rientrano nella giurisdizione del  giudice
 amministrativo.
   Orbene,  il collegio dubita della legittimita' costituzionale delle
 norme poco sopra citate, alla stregua degli artt. 3 e 24 della Carta,
 sotto il profilo della ingiustificata ed irragionevole disparita' che
 viene a determinarsi fra dipendenti privati, che per le  controversie
 aventi ad oggetto qualsivoglia segmento del rapporto di lavoro devono
 rivolgersi  ad  un  solo  giudice,  e  dipendenti  di amministrazioni
 pubbliche, che, a seguito della  c.d.  contrattualizzazione,  possono
 essere  costretti,  come nella fattispecie, a sottoporre una medesima
 vicenda al vaglio di entrambi i giudici, poiche' con riguardo ad  una
 medesima  ed  unitaria  vicenda  -  addirittura,  come  avviene nella
 controversia all'esame del collegio, con riguardo all'impugnativa  di
 un'unica  deliberazione  - taluni aspetti rientrano nell'ambito della
 giurisdizione del giudice ordinario, ed altri in quella  del  giudice
 amministrativo,  senza  che,  per altro - ad avviso del collegio - il
 legislatore abbia adeguatamente provveduto a regolamentare i rapporti
 fra le due  giurisdizioni  in  modo  da  non  rendere  dispendioso  e
 difficile  l'esperimento dei mezzi di tutela giurisdizionale da parte
 del dipendente  di  una  p.a.,  e  da  evitare  la  possibilita'  del
 contrasto di giudicati.
   4.  - Prima di illustrare nel dettaglio le conseguenze del fenomeno
 sopra indicato con riferimento alla specifica fattispecie  in  esame,
 anche al fine di vagliare la rilevanza la non manifesta infondatezza,
 ai  sensi  e  per  gli  effetti  dell'art. 1, legge costituzionale n.
 1/1948, e dell'art.  23/2,  legge  n.  87/1953,  della  questione  di
 costituzionalita'   delle   norme   sopra  richiamate,  e'  opportuno
 ricordare che la contrattualizzazione trova le  sue  fonti  nell'art.
 2/2,  d.lgs.  n.  29/1993 ("i rapporti di lavoro dei dipendenti delle
 amministrazioni pubbliche sono disciplinati  dalle  disposizioni  del
 capo  I,  titolo  II, del libro V del codice civile e dalle leggi sui
 rapporti  di  lavoro  subordinato   nell'impresa...".)      -   norma
 integralmente  confermata  dall'art.  2/2,  d.lgs. n. 80/1998 - e nel
 successivo comma 3 ("i rapporti individuali di lavoro di cui al comma
 2 sono regolati contrattualmente"), nonche' nell'art.   4,  comma  2,
 del ripetuto d.lgs. n. 80/1998) secondo cui, nell'ambito dei rapporti
 di lavoro privatizzati o contrattualizzati "... le determinazioni per
 l'organizzazione  degli  uffici  le misure inerenti alla gestione dei
 rapporti di lavoro sono assunte dagli organi preposti  alla  gestione
 con  la  capacita'  e  i poteri del privato datore di lavoro", mentre
 rimangono invece  qualificabili  come  atti  amministrativi  soltanto
 quegli   atti   con  cui  vengono  delineate  le  linee  fondamentali
 dell'organizzazione degli uffici di cui  all'art.  3  del  d.lgs.  n.
 29/1993,  nel  testo  sostituito dall'art. 3 del d.lgs. n. 80/1998, e
 quindi gli atti aventi funzione di indirizzo politico-amministrativo,
 di definizione  degli  obiettivi  e  dei  programmi  da  attuare,  di
 individuazione  e ripartizione delle risorse, ecc., oltre, ovviamente
 gli atti e i  provvedimenti  relativi  ai  procedimenti  concorsuali,
 cosi' come espressamente prescritto dall'art. 68/4.
   Orbene,  dal  fatto che i dipendenti pubblici devono rivolgersi per
 alcune tipologie di controversie al giudice ordinario e per altre  al
 giudice  amministrativo,  attesa la stretta connessione e l'intreccio
 continuo  tra  profili  pubblicistici  e  situazioni   privatistiche,
 derivano  -  ad  avviso del collegio - conseguenze costituzionalmente
 non  corrette.
   Di tali conseguenze si parlera'  diffusamente  in  seguito,  ma  e'
 opportuno  precisare  che  il  collegio  ritiene  che per evitarle il
 legislatore avrebbe dovuto prevedere la concentrazione  della  tutela
 del  dipendente  contrattualizzato  della p.a., e di tutte le lesioni
 della sfera giuridica che egli subisce  in  quanto  tale,  presso  un
 unico  giudice,  che,  ad avviso del collegio, non puo' che essere il
 giudice ordinario.
   L'art. 68/1, d.lgs.  n.  29/1993,  come  modificato  dall'art.  29,
 d.lgs.    n.  80/1998,  devolve  al giudice ordinario, in funzione di
 giudice del lavoro, tutte le controversie  relative  al  rapporto  di
 lavoro   dei   pubblici  dipendenti,  "...  incluse  le  controversie
 concernenti l'assunzione al lavoro e le indennita' di fine  rapporto,
 comunque  denominate  e  corrisposte,  ancorche' vengano in questione
 atti amministrativi presupposti", con la precisazione che,  ove  tali
 ultimi  atti  "siano  rilevanti  ai  fini della decisione, il giudice
 amministrativo  li  disapplica,  se  illegittimi"  ed  inoltre,   che
 "l'impugnazione   davanti   al   giudice   amministrativo   dell'atto
 amministrativo  rilevante  nella  controversia  non   e'   causa   di
 sospensione del processo".
   I    problemi    interpretativi   sorgono   soprattutto,   se   non
 esclusivamente, per la fase costitutiva del rapporto, dal momento che
 da un lato il gia' richiamato art. 29, comma 1,   d.lgs. n.  29/1993,
 come   sostituito  dall'art.  68,  d.lgs.  n.  80/1998,  affida  alla
 giurisdizione ordinaria "le controversie concernenti l'assunzione, al
 lavoro ...  ancorche'  vengano  in  questione  atti  amministrativi",
 dall'altro   il   comma  4  della  stessa  disposizione  conserva  la
 giurisdizione amministrativa  per  "le  controversie  in  materia  di
 procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche
 amministrazioni".
   Nessun  problema  di  ricerca  di  criteri discretivi la norma pone
 all'interprete in relazione a tutte le controversie  inerenti  ad  un
 rapporto  di  lavoro, gia' costituito, in cui il datore di lavoro sia
 una p.a., attesa la formulazione ampia e generica, che va letta,  per
 altro, in collegamento alle disposizioni che hanno introdotto la c.d.
 contrattualizzazione,  modificando  la natura del rapporto e di tutti
 gli  atti che dall'assunzione in poi, ed in costanza di esso, vengono
 adottati dalla p.a.
   Con riferimento all'assunzione e' invece necessario dare  un  senso
 alla  su  richiamata  duplice previsione di inclusione delle relative
 controversie fra quelle devolute al g.o. (comma 1 della norma), e  di
 attribuzione  al  g.a.  delle  controversie  relative  alle procedure
 concorsuali per l'assunzione al lavoro (comma 4).
   Il collegio ritiene, schematizzando quanto  piu'  e'  possibile  un
 discorso  complesso,  posto  che  nella  fattispecie  in  esame  tale
 specifico aspetto non rileva, che tutte le controversie che investono
 direttamente  o  indirettamente  la   "nomina"   (espressione   ormai
 destinata  a  scomparire  dalla terminologia che riguarda il pubblico
 impiego contrattualizzato,  per  essere  sostituita  dalla  locuzione
 "stipulazione  del  contratto  di lavoro") sono transitate al giudice
 ordinario,   che   disapplichera'   eventuali    atti    autoritativi
 presupposti,  come  espressamente  previsto dall'art. 68/1, d.lgs. n.
 29/1993, e, successive modificazioni ed  integrazioni,  cit.,  mentre
 quelle  il cui oggetto rimane all'interno della procedura concorsuale
 finalizzata all'assunzione al lavoro, senza riflettersi  sul  diritto
 alla "nomina" (rectius: all'assunzione) - esemplificando: impugnative
 di  bandi  che  contengano clausole che comportino l'esclusione dalla
 partecipazione,  impugnative  di  graduatorie   al   fine   esclusivo
 dell'attribuzione  di  un  miglior punteggio, dall'accoglimento delle
 quali ultime non  derivi  immediatamente  l'assunzione  al  lavoro  -
 rimangono  affidate  alla giurisdizione del g.a. (questo orientamento
 la sezione ha espresso in numerose pronunce in sede cautelare - cfr.,
 fra molte altre, ord.  n.  1334/1999,  ord.  n.  1698/1999,  ord.  n.
 1710/1999  -  ed  anche,  sia pure incidentalmente, nella sentenza n.
 2104/1999).
   Vale la pena di precisare, per completare il quadro di riferimento,
 che le controversie relative a procedure concorsuali  che  non  siano
 finalizzate  all'assunzione al lavoro, e dunque i concorsi interni, o
 comunque le procedure selettive che comportano  una  progressione  in
 carriera  di soggetti che gia' sono assunti dalla p.a., rientrano ora
 nella giurisdizione  dell'a.g.o.,  trattandosi  di  una  vicenda  che
 attiene ad un rapporto di lavoro gia' costituito (cfr., ex multis, la
 gia' citata sentenza di questa sezione n. 2104/1999).
   5.  -  Nella  controversia  in  esame,  in  cui  viene impugnato un
 regolamento  avente  ad  oggetto  il  conferimento  di  incarichi  di
 funzioni  di direzione, dirigenziali e di alta specializzazione, e di
 collaborazioni esterne ad  alto  contenuto  di  professionalita'  per
 uffici  di diretta collaborazione con l'organo di governo nell'ambito
 di un ente locale - la provincia regionale di Messina -  il  collegio
 osserva che la soluzione sulla questione della giurisdizione non puo'
 essere   unitaria,  e  che  per  alcuni  segmenti  della  vicenda  la
 giurisdizione, ai sensi della normativa sopra indicata, appartiene al
 g.o., mentre per altri segmenti appartiene al g.a.
   Proprio a causa di cio' il collegio dubita della  costituzionalita'
 della normativa da applicare, in quanto il dipendente di una p.a.  e'
 costretto,  pur in presenza di fattispecie strutturalmente unitarie -
 come quella in esame - ad adire entrambi gli ordini  giurisdizionali,
 con  aggravio  della  possibilita'  di ottenere la tutela processuale
 delle  situazioni  giuridiche  afferenti  lo   status   di   pubblico
 dipendente.
   Rinviando  per il momento al seguito la puntuale indagine sulla non
 manifesta  infondatezza  della  questione,  il  collegio,   ai   fini
 dell'esame  sulla rilevanza della questione ha controversia in esame,
 sottolinea che:
     la natura dell'atto impugnato, che e' un regolamento, costituisce
 un elemento per cosi' dire neutro, ai fini della  attribuzione  della
 giurisdizione,  in  quanto  nel  nuovo  assetto del riparto fra i due
 ordini  giurisdizionali  i  criteri  tradizionali  finora  utilizzati
 (natura   autoritativa   o   "paritetica"   dell'atto,  natura  della
 situazione giuridica  dedotta,  natura  del  potere  esercitato)  non
 soccorrono  piu',  dovendo  guardarsi  al contenuto sostanziale della
 vicenda contenziosa, tenendo presente che in  ogni  caso  nell'ambito
 dei   rapporti   di   lavoro  privatizzati  o  contrattualizzati  "le
 determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure inerenti
 alla gestione dei  rapporti  di  lavoro  sono  assunte  dagli  organi
 preposti alla gestione con la capacita' e i poteri del privato datore
 di lavoro" (art. 4/2, d.lgs. n. 80, piu' volte cit.);
     il  regolamento  in  questione  contiene  previsioni  attinenti a
 diverse situazioni, alcune delle quali sembrano appartenere,  ratione
 materiae,  alla  giurisdizione del giudice amministrativo, altre alla
 giurisdizione del giudice ordinario,  come  in  dettaglio  si  vedra'
 oltre;
     di  fronte  a simili situazioni, all'interprete non sono offerti,
 dalla disciplina normativa da applicare, criteri  che  consentano  di
 "attrarre"  la  controversia  nell'ambito della cognizione dell'uno o
 dell'altro giudice, posto che,  al  di  fuori  di  esplicite  deroghe
 legislative che in materia non si rintracciano, ed a differenza della
 competenza che puo' essere modificata per ragioni di connessione, nel
 nostro  ordinamento  vige il principio generale della inderogabilita'
 per ragioni di connessione delle rispettive giurisdizioni del giudice
 ordinario e  del  giudice  amministrativo  (cfr.,  fra  altre:  Cass.
 ss.uu.,  1  marzo  1989,  n. 1108), come si ricava anche dall'art. 37
 c.p.c., in base al quale "il difetto  di  giurisdizione  del  giudice
 ordinario  nei confronti della pubblica amministrazione o dei giudici
 speciali e' rilevato, anche d'ufficio, in  ogni  stato  e  grado  del
 processo".
   Pertanto,  il  collegio  ritiene rilevante nel presente giudizio la
 questione di costituzionalita' gia' cennata supra e che adesso  sara'
 meglio  illustrata,  in  quanto l'applicazione dei principi esposti e
 della normativa applicabile condurrebbe al risultato di una pronuncia
 parzialmente  declinatoria  della  giurisdizione,   con   conseguente
 necessita',  per  le  organizzazioni  sindacali  ricorrenti, di adire
 anche il giudice ordinario per ottenere una risposta  giurisdizionale
 su  tutti  gli  aspetti  della  controversia,  e  cio', ad avviso del
 collegio, in violazione sia del principio di ragionevolezza  (art.  3
 della  Costituzione), sia del principio di eguaglianza (medesimo art.
 3), vulnerato in quanto il dipendente privato deve adire soltanto  il
 g.o.  per  ottenere  la  tutela delle medesime situazioni giuridiche,
 differenziate ormai soltanto dal fatto che il  datore  di  lavoro  e'
 nell'un  caso  un  privato, nell'altro una p.a., mentre il dipendente
 pubblico, in relazione ad alcune tipologie di controversie deve adire
 sia l'uno sia l'altro giudice, con possibile contrasto di  giudicati,
 e  con  sostanziale violazione anche dell'art. 24 della Costituzione,
 stante   l'aggravio   dell'esperimento   dei    mezzi    di    tutela
 giurisdizionale.
   Ed infatti:
     a)  quanto al primo motivo di ricorso, con il quale si censura il
 regolamento de quo per illegittimita' derivata, come  riflesso  della
 illegittimita'  della  deliberazione del consiglio provinciale n. 109
 del 26 ottobre 1998, impugnata con ricorso straordinario e  censurata
 per  violazione  del contratto collettivo nazionale sulla dirigenza e
 del contratto  collettivo  nazionale  comparto  enti  locali,  ed  in
 particolare dell'art. 4 e dell'art. 5 del primo contratto collettivo,
 e  delle  corrispondenti disposizioni del secondo, si ritiene che, ai
 sensi dell'art. 68/3, d.lgs. n. 29/1993 e successive modificazioni  -
 il  quale  stabilisce  che:  "Sono  devolute al giudice ordinario, in
 funzione  di  giudice  del  lavoro,  le   controversie   relative   a
 comportamenti  antisindacali delle pubbliche amministrazioni ai sensi
 dell'art.  28 della legge 20 maggio 1970 n. 300  e  le  controversie,
 promosse da organizzazioni sindacali, dall'A.R.A.N. o dalle pubbliche
 amministrazioni, relative alle procedure di contrattazione collettiva
 di  cui all'art.  45 ss. del presente decreto" - la giurisdizione non
 appartiene al giudice adito;
     b) quanto al secondo motivo di ricorso, con il quale  si  censura
 il regolamento per violazione delle disposizioni di cui alle leggi n.
 142/1990  e n. 127/1997, e per mancanza assoluta dei requisiti minimi
 richiesti al regolamento dei servizi, la giurisdizione, ad avviso del
 collegio appartiene al giudice adito,  posto  che  le  illegittimita'
 denunciate non soltanto investono il regolamento nella sua totalita',
 ma  riguardano  il  momento genetico del procedimento che ha condotto
 alla sua emanazione ed all'assetto delle competenze dell'ente locale,
 esulando pertanto dallo stretto ambito delle controversie di lavoro;
     c) quanto al terzo motivo di doglianza, con il quale si deduce il
 vizio di difetto assoluto di motivazione sulla istituzione di  uffici
 posti alla diretta collaborazione dell'organo di governo, il collegio
 ritiene di declinare la propria giurisdizione, in quanto il contenuto
 del  regolamento  e', per questa parte, espressione in un potere c.d.
 di  microorganizzazione,  sussumibile  nella  lata  accezione   delle
 "determinazioni   per  l'organizzazione  degli  uffici"  nonche'  dei
 "poteri del privato datore di lavoro" di cui all'art. 4/2, d.lgs.  n.
 80, piu' volte citato;
     d) quanto alla  doglianza  espressa  con  il  quarto  motivo  del
 gravame  in  epigrafe - violazione del contratto collettivo nazionale
 sulla dirigenza e del contratto collettivo  nazionale  comparto  enti
 locali,  ed  in  particolare dell'art. 4 del primo di detti contratti
 collettivi e  della  corrispondente  disposizione  del  secondo,  con
 riferimento  all'obbligo  di  preventiva  e  tempestiva  informazione
 scritta delle  rappresentanze  sindacali  negli  enti  ove  siano  in
 servizio  almeno  5 dirigenti - il collegio ritiene doversi declinare
 la giurisdizione del giudice amministrativo in favore del  g.o.,  per
 le  stesse  ragioni  gia'  espresse  sub  a), nell'esaminare il primo
 motivo di ricorso;
     e) quanto al quinto motivo di ricorso - illegittimita'  dell'art.
 3, comma 1, nella parte in cui attribuisce il potere di deliberare la
 nomina  ed  approvare  il  bando  al  presidente e non alla giunta, e
 dell'art. 2, comma 7, nella  parte  in  cui  prevede  la  revoca  del
 direttore  generale  per  il  venir meno del rapporto fiduciario - il
 collegio ritiene, posto che il  contenuto  della  prima  disposizione
 regolamentare  denunciata  attiene  ad  una  procedura  di  selezione
 pubblica, che, per questa parte sussiste la giurisdizione del giudice
 amministrativo, alla luce del chiaro disposto dell'art. 68/4,  d.lgs.
 n.  29 cit., che riserva al giudice amministrativo le controversie in
 materia di procedure  concorsuali  per  l'assunzione  dei  dipendenti
 delle  pubbliche  amministrazioni;  mentre, quanto alla seconda delle
 denunciate disposizioni, dato il contenuto della stessa, attinente ad
 una vicenda modificativa di un rapporto  di  impiego  gia'  esistente
 (revoca),  la  giurisdizione e' del giudice ordinario, come per altro
 in relazione  ai  dirigenti  espressamente  stabilito  dall'art.  18,
 d.lgs.  n.  387/1998,  che ha modificato ulteriormente il primo comma
 dell'art. 68, d.lgs. n. 29/1993,  aggiungendo,  fra  le  controversie
 devolute  all'a.go.  -  anche  se  con  formulazione non felice - "le
 controversie concernenti l'assunzione al lavoro, il conferimento e la
 revoca   degli   incarichi   dirigenziali   e   la    responsabilita'
 dirigenziale";
     f)  quanto  al  sesto  motivo  di  ricorso,  con  il  quale viene
 denunciata la illegittimita' di altre due disposizioni  regolamentari
 -  dell'art.    4  nella  parte  in  cui prevede in capo al direttore
 generale la formazione di proposte al presidente ed  alla  giunta  di
 atti di indirizzo politico amministrativo; dell'art. 6 nella parte in
 cui   prevede   che   i   dirigenti   collaborino   alla   formazione
 dell'indirizzo   politico   ed    amministrativo    -    la    natura
 microorganizzativa, secondo una terminologia usata in dottrina, degli
 atti,  delle  funzioni e dei poteri che entrambe le disposizioni sono
 intese a  regolamentare,  comporta  lo  spostamento,  ad  avviso  del
 collegio, della giurisdizione al giudice ordinario;
     g)  quanto  alla  illegittimita'  dell'art.  4 nella parte in cui
 prevede in capo, al direttore generale il potere di  proporre  misure
 sanzionatorie a carico dei dirigenti per responsabilita' di risultato
 -  dedotta con il settimo motivo di ricorso - ritiene il collegio che
 la previsione in esame, concretando una modificazione  del  contenuto
 del rapporto di lavoro di tutti i dirigenti in servizio presso l'ente
 resistente,  non solo rientra a pieno titolo gia' nella dizione assai
 lata (come  gia'  rilevato)  dell'art.  68/1,  d.lgs.  n.  29/1993  e
 successive   modificazioni,  che  abbraccia  "tutte  le  controversie
 relative ai  rapporti  di  lavoro  alle  dipendenze  delle  pubbliche
 amministrazioni", ma inoltre, giusta la modificazione da ultimo, come
 gia'  ricordato  ivi  introdotta  dall'art.  18,  d.lgs. n. 387/1998,
 rientra fra le controversie espressamente devolute all'a.g.o., e  che
 pertanto  per  tale  parte  non sussiste la giurisdizione del giudice
 adito;
     h) quanto alle illegittimita' denunciate con l'ottavo  motivo  di
 ricorso  -  illegittimita'  dell'art. 4 nella parte in cui prevede in
 capo al direttore generale il  potere  di  verificare  e  controllare
 l'attivita'  dei  dirigenti,  anche mediante l'esercizio delegato del
 potere di avocazione  o  sostituzione;  illegittimita'  dell'art.  9,
 comma  2,  3,  4  e  6  nella  parte  in  cui  attribuiscono anche al
 presidente l'esercizio del potere di avocazione;  illegittimita'  del
 comma 5 nella parte in cui affida il potere di avocazione, in caso di
 mancata  nomina del direttore generale, ad un dirigente ad acta e non
 al segretario generale - devono, ad avviso del collegio, ripetersi le
 considerazioni gia' esposte sub g);
     i)  identiche  considerazioni  valgono anche in relazione al nono
 motivo di gravame, con il quale le parti ricorrenti hanno dedotto  la
 illegittimita'  dell'art.  8 nella parte in cui prevede come causa di
 revoca oltre ai criteri di cui all'art. 51, comma 6, l'ipotesi in cui
 venga meno l'intuitus personae;
     j) quanto alle censure  afferenti  all'art.  10  del  regolamento
 impugnato (decimo motivo) - e precisamente l'asserito contrasto della
 previsione ivi contenuta (ricorso a personale esterno sia per coprire
 posti   di   alta   specializzazione,  sia  per  posti  di  qualifica
 dirigenziale), in contrasto con la  previsione  statutaria  dell'ente
 (art.  64)  -  non sussiste, ad avviso del collegio, la giurisdizione
 del giudice amministrativo, posto che l'accesso ai posti di qualifica
 dirigenziale presi in considerazione dalla disposizione regolamentare
 non avviene,  per  espressa  previsione  di  questa,  attraverso  una
 procedura   concorsuale,   bensi'  per  chiamata  diretta,  anche  se
 "mediante selezione" (comma 1);
     k) analoga conclusione, ad avviso del collegio, deve raggiungersi
 in relazione all'undicesimo  motivo  di  ricorso,  con  il  quale  si
 censura  sotto  altro  profilo  l'art.  10 del regolamento impugnato,
 precisamente nella parte in cui esso prevede la copertura  dei  posti
 di  qualifica  dirigenziale  solo  mediante  stipula  di contratto di
 diritto privato e non di contratto di  cui  al  C.c.n.l.  di  cui  al
 d.lgs.  n.  29/1993,  in  quanto  per  questo aspetto la controversia
 concerne si' l'assunzione da parte di una  pubblica  amministrazione,
 ma  non  una  procedura concorsuale finalizzata a tale assunzione, ed
 ancora in  quanto,  in  relazione  ai  dirigenti,  vi  e'  l'espressa
 previsione inserita con l'art. 18, d.lgs. n. 387/1998;
     l) quanto al dodicesimo motivo di ricorso, con il quale si deduce
 la  illegittimita' dell'art. 11 nella parte in cui prevede la stipula
 dei contratti di cui all'art. 51-bis, legge n. 142/1990 (contratti al
 di fuori della pianta organica nei limiti del  5%)  nella  forma  del
 contratto  di diritto privato e non in quella del contratto di cui al
 C.c.n.l., il collegio ritiene che la materia  rientra  nella  dizione
 omnicomprensiva  dell'art.  68/1,  d.lgs.  n. 29 piu' volte citato, e
 nell'espressa  previsione,   gia'   altrove   ricordata,   introdotta
 dall'art.  18, d.lgs. n. 387/1998, con conseguente attribuzione della
 controversia alla giurisdizione del g.o.;
     m)   quanto   al  tredicesimo  articolato  motivo  di  gravame  -
 illegittimita' dell'art.  10  e  dell'art.  11  nella  parte  in  cui
 attribuiscono  alla giunta provinciale il solo potere di conferire la
 nomina e non anche il potere  di  deliberare  riguardo  tutto  l'iter
 concorsuale  (approvazione  del  bando,  individuazione del soggetto,
 nomina); illegittimita' del medesimo  articolo  nella  parte  in  cui
 attribuisce  al presidente la facolta' di decidere se coprire i posti
 vacanti in pianta organica mediante la stipula di contratti  a  tempo
 determinato   -   devono   ripetersi,  ad  avviso  del  collegio,  le
 considerazioni gia'  espresse  con  riguardo  al  secondo  motivo  di
 ricorso,  e  cioe' che si tratta, per questo aspetto, di controversia
 che attiene al momento genetico del procedimento che ha condotto alla
 emanazione del regolamento impugnato ed all'assetto delle  competenze
 dell'ente  locale,  esulando  pertanto  dallo  stretto  ambito  delle
 controversie  di   lavoro,   con   conseguente   appartenenza   della
 giurisdizione al giudice amministrativo;
     n)  quanto  al quattordicesimo motivo di gravame, con il quale si
 deduce la illegittimita', per indeterminatezza, dell'art.  11,  comma
 3,  nella  parte  in  cui  prevede  il conferimento degli incarichi a
 persone dotate di qualificazione  connessa  alla  specificita'  delle
 prestazioni  richieste,  nonche'  a persone impegnate in attivita' di
 particolare  qualificazione  cui  e'  notoriamente  riconosciuta  una
 specifica   competenza,   rileva  il  collegio  che  la  disposizione
 censurata stabilisce i requisiti che devono presentare gli  aspiranti
 al    conferimento   degli   incarichi   dirigenziali   e   di   alta
 specializzazione, l'accesso dei quali non avviene mediante  procedura
 concorsuale,   di   tal   che   la  giurisdizione  -  trattandosi  di
 controversia avente ad oggetto l'assunzione di dirigenti, ma  in  cui
 non  viene  in  rilievo  una  procedura  concorsuale  - appartiene al
 giudice ordinario, secondo  l'art.  68/1,  d.lgs.  n.  29/1993,  come
 modificato dall'art. 18, d.lgs. n. 387/1998;
     o)  quanto  al  quindicesimo  motivo di gravame - con il quale si
 denuncia la  illegittimita'  dell'art.  13  nella  parte  in  cui  ha
 previsto  la  creazione  di  uffici  di  diretta  collaborazione  con
 l'organo di governo in mancanza di espressa  previsione  nei  criteri
 generali  -  trattasi, ad avviso del collegio, di esercizio di poteri
 datoriali riconducibili alla  previsione  dell'art.  4/2,  d.lgs.  n.
 29/1993  e  successive  modificazioni,  secondo  la quale, come si e'
 reiteratamente  ricordato,  le  determinazioni  per  l'organizzazione
 degli  uffici  e  le  misure  inerenti  alla gestione dei rapporti di
 lavoro sono assunte  dagli  organi  preposti  alla  gestione  con  la
 capacita'  e  i  poteri del privato datore di lavoro, con conseguente
 devoluzione della controversia al giudice ordinario;
     p) quanto, infine, al sedicesimo ed ultimo motivo  di  ricorso  -
 illegittimita'  dell'art.  13, comma 7, nella parte in cui prevede il
 conferimento alla giunta del potere di deliberare altre strutture  di
 diretta  collaborazione  con  gli  organi  di  governo  -  valgono le
 considerazioni gia' svolte in ordine  alle  altre  doglianze  rivolte
 avverso disposizioni concernenti l'assetto delle competenze dell'ente
 locale,  e,  pertanto,  si  ritiene  sussistere  la giurisdizione dei
 giudice amministrativo.
   Tutto cio' premesso,  appare  evidente  che  la  risoluzione  della
 questione  di costituzionalita' della normativa da applicare, si pone
 assolutamente ed incontrovertibilmente, a norma dell'art. 23/2, legge
 n. 87/1953, quale necessaria pregiudiziale per la  definizione  della
 controversia  portata alla cognizione del collegio, dato che, come si
 e' detto, soltanto la declaratoria di  illegittimita'  costituzionale
 delle  disposizioni  di  legge  denunciate consentira' al collegio di
 spogliarsi in toto  della  controversia,  senza  procedere  a  quella
 frammentazione della controversia stessa che da un lato puo' sfociare
 in   giudicati   contrastanti,  dall'altro  costringerebbe  le  parti
 ricorrenti ad esperire diversi mezzi di  tutela,  in  violazione  dei
 principi  costituzionali  gia'  supra individuati (artt. 3 e 24 della
 Costituzione), e come meglio si illustrera' al paragrafo  successivo,
 ai  fini  della  valutazione  di  non  manifesta  infondatezza  della
 questione sollevata.
   6.  -   E'   pertanto   evidente,   alla   luce   delle   superiori
 considerazioni, che per ottenere una tutela giurisdizionale completa,
 le  parti ricorrenti sarebbero costrette ad adire sia il g.o., sia il
 g.a.; orbene, non appare ne' ragionevole ne' equo che  il  dipendente
 di  una  p.a.  non  abbia  nel  giudice ordinario l'unico giudice del
 rapporto ormai contrattualizzato, e che in ragione delle peculiarita'
 delle  fattispecie,  e  della  commissione di profili pubblicistici e
 privatistici, organizzativi e  di  gestione,  debbano  duplicarsi  ed
 intrecciarsi  i  mezzi  di  tutela, con l'ulteriore (e non marginale)
 conseguenza della possibilita' di contrasto di  giudicati,  tutte  le
 volte in cui l'atto amministrativo entri nella cognizione di entrambi
 i  giudici,  e ne venga valutata diversamente la legittimita', di tal
 che un atto  ritenuto  legittimo  dal  giudice  amministrativo  possa
 venire  diversamente  valutato,  e pertanto disapplicato, dal giudice
 ordinario, ai sensi e per gli effetti di cui all'art.   68, comma  1,
 secondo inciso, d.lgs. n. 29/1993.
   7.  -  Vale  appena  la  pena di ricordare che la disciplina che ha
 introdotto la contrattualizzazione  e'  stata  sotto  altri,  e  piu'
 generali  -  forse  addirittura  generici  -  profili  sospettata  di
 incostituzionalita'  per  asserito  contrasto  con  l'art.  97  della
 Costituzione,  come gia' da tempo rilevato dall'Adunanza generale del
 Consiglio di Stato nel parere reso in data 31 agosto 1992 n. 146;  ma
 il  giudice  delle  leggi,  con  le decisioni n. 313 del 18-25 luglio
 1996, n.  309  del  16  ottobre  1997,  ha  sancito  la  legittimita'
 costituzionale  della  disciplina in questione, sotto i profili della
 violazione dell'art. 97 appena  citato;  in  particolare,  in  questa
 seconda  pronuncia, al punto 2.1.2, si afferma che "L'organizzazione,
 nel  suo  nucleo  essenziale,  resta  necessariamente  affidata  alla
 massima  sintesi  politica espressa dalla legge nonche' alla potesta'
 amministrativa  nell'ambito  di  regole  che   la   stessa   pubblica
 amministrazione  previamente  pone,  mentre il rapporto di lavoro dei
 dipendenti viene attratto dall'orbita  della  disciplina  civilistica
 per   tutti   quei   profili   che   non  sono  connessi  al  momento
 esclusivamente pubblico dell'azione amministrativa" (si vedano anche,
 con riferimento a profili piu' specifici e settoriali,  che  qui  non
 rilevano,  le pronunce della Corte n. 359 del 26-30 luglio 1993, e n.
 88 del 25-28 marzo 1996).
   Proprio seguendo fino in fondo questa direzione, che sarebbe  ormai
 antistorico  ritenere  di  potere e dovere tentare di invertire, deve
 pero', allora, operarsi una piu' profonda e radicale revisione  anche
 della   disciplina   processuale,   in  mancanza  della  quale  molte
 enunciazioni di principi e  di  linee-guida  rischiano  di  rimanere,
 appunto, soltanto enunciazioni.
   Se   dunque   e'   vero   che  la  pubblica  amministrazione  opera
 autoritativamente   con   atti   funzionalizzati   solo   nell'ambito
 organizzativo,  mentre  la  gestione  dei  rapporti  di  lavoro viene
 attuata in posizione paritaria, con atti non piu' "amministrativi" ma
 semplicemente "della pubblica amministrazione", come in  dottrina  si
 e'  sottolineato,  e  se per converso e' vero anche che, come pure in
 dottrina si e' esattamente  rilevato,  non  si  puo'  negare  che  le
 suddette  sfere  di  azione  possono  in concreto presentare un certo
 grado di connessione o  di  sovrapposizione,  allora  il  legislatore
 avrebbe,   ad   avviso  del  collegio,  dovuto  prevedere  meccanismi
 processuali che tengano conto di queste connessioni e sovrapposizioni
 e le disciplinino ai fini di operare un  compiuto  spostamento  della
 tutela  giurisdizionale  del rapporto di lavoro contattualizzato alle
 dipendenze di una p.a. al giudice ordinario.
   Rileva  in  proposito  il  collegio  che non sussistono difficolta'
 insuperabili di ordine costituzionale nel concepire una giurisdizione
 esclusiva del giudice ordinario, con poteri di annullamento  di  atti
 di qualsivoglia contenuto e natura.
   Due  cose sono da osservare in proposito: da un lato, un'operazione
 riformatrice  "rivoluzionaria"  ed  imponente  quale  e'   stata   la
 contrattualizzazione del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni
 pubbliche  avrebbe  richiesto,  per una compiuta attuazione sul piano
 della   tutela   processuale   del   dipendente,   una    altrettanto
 "rivoluzionaria"  rilettura  dei poteri del g.o. in materia; in altri
 termini, se e' vero che,  come  e'  stato  da  piu'  parti  rilevato,
 soprattutto  a  seguito  del  d.lgs. n. 80/1998, e' stato spostato il
 confine della privatizzazione dalla gestione dei rapporti  di  lavoro
 ad una parte dell'attivita' organizzativa, non riducibile alla prima,
 allora  anche  sul  riparto  della giurisdizione l'intervento avrebbe
 richiesto  maggiore   incisivita'   e   "coraggio",   onde   superare
 un'interpretazione  degli  artt. 103 e 113 della Costituzione che, se
 pure prevalente, non e' tuttavia  incontrastata.  Infatti,  a  fronte
 dell'orientamento   che   vede   nelle   norme   citate   un   limite
 costituzionale  alla  possibilita'  di  concepire  una  giurisdizione
 esclusiva  del  g.o.,  di  cui espressamente non si parla, voci anche
 autorevoli si sono espresse in favore della  attribuibilita'  di  una
 sfera  di  giurisdizione  esclusiva  anche  al g.o.; in proposito, il
 collegio osserva innanzitutto che l'ultimo comma dell'art. 113  della
 Carta - secondo cui "la legge determina quali organi di giurisdizione
 possono  annullare gli atti della pubblica amministrazione nei casi e
 con  gli  effetti  previsti  dalla  legge  stessa"  -   consente   al
 legislatore ordinario di stabilire nuove ipotesi di giurisdizione del
 giudice ordinario non limitate in ragione della situazione tutelata e
 con cognizione piena, e non soltanto incidentale e tendente alla mera
 disapplicazione,  degli atti dell'amministrazione ed in secondo luogo
 - come in dottrina e' stato anche sottolineato - che  in  realta'  il
 legislatore  ha  da  sempre  ritenuto  di poter attribuire al giudice
 ordinario, in alcune materie, poteri di annullamento.
   L'esempio piu' importante e' costituito dalla  legge  n.  681/1989,
 che,  in  tema  di sanzioni amministrative attribuisce in unico grado
 anche per il merito alla giurisdizione  del  pretore  le  opposizioni
 avverso  provvedimenti  che comminano dette sanzioni, con conseguente
 potere   del   g.o.   di   annullare,   in   tutto   od   in   parte,
 l'ordinanzaingiunzione,  ed  anche  di  modificarla  nel  merito, con
 possibilita' di sindacare anche la misura della sanzione.
   Pertanto, ai sensi degli articoli 22 e seguenti, legge n. 689/1981,
 il controllo giurisdizionale sull'esercizio del potere  sanzionatorio
 amministrativo  viene  ad  atteggiarsi non soltanto come sindacato di
 legittimita', ma anche come sindacato  di  merito  sulle  valutazioni
 spettanti all'amministrazione, secondo il modello dei poteri decisori
 del  giudice  amministrativo, sicche' si e' parlato, in proposito, di
 una tendenza della legislazione ad incentrare la  ripartizione  della
 giurisdizione  fra  giudice  ordinario  e  giudice amministrativo non
 tanto e non solo sulla natura della situazione  giuridica  soggettiva
 tutelata,  quanto  sul contenuto del potere decisorio del giudice cui
 e' attribuito il  potere  di  annullamento,  e,  talvolta,  anche  di
 modificazione dell'atto amministrativo.
   Per  altro  -  seconda  osservazione - ove si volessero prendere le
 mosse da diverse premesse teoriche, pure astrattamente possibili, ove
 cioe' si volesse ritenere - come in dottrina da alcuni si dice -  che
 il  dipendente  di  una  amministrazione  pubblica  e' ormai titolare
 soltanto di diritti soggettivi, e non anche di  interessi  legittimi,
 tutta  la problematica si "sdrammatizzerebbe", risultando in siffatta
 impostazione del tutto coerente e naturale la devoluzione piena della
 giurisdizione in materia al giudice ordinario, senza  sacche  residue
 di   giurisdizione   del  giudice  amministrativo,  che  residuerebbe
 soltanto per i rapporti non contrattualizzati.
   8. - Il collegio ritiene non inutile richiamare, a  supporto  delle
 tesi  qui  sostenute,  anche  alcune  argomentazioni  - tratte da una
 recente e "rivoluzionaria" sentenza delle sezioni unite  della  Corte
 di  cassazione  (n.  500  del  26  marzo-22  luglio 1999), in tema di
 risarcibilita' degli interessi legittimi  -  che  fanno  emergere  un
 quadro  normativo  complessivo  in  cui  alcune impostazioni appaiono
 ormai superate.
   La pronuncia appena citata,  occupandosi  dei  criteri  di  riparto
 della   giurisdizione  (tematica,  e'  intuitivo,  inevitabilmente  e
 strettamente correlata a quella della risarcibilita' degli  interessi
 legittimi), richiamata, appunto, la "indubbia forza innovativa" della
 disciplina  introdotta  dal  d.lgs. n. 80/1998, conclude - dopo avere
 ricordato il contenuto degli articoli 29, 33 e 34 di detto decreto  -
 che  "risulta  in tal modo compiuta dal legislatore una decisa scelta
 nel senso del superamento del tradizionale sistema del riparto  della
 giurisdizione  in  riferimento  alla  dicotomia  diritto soggettivo -
 interesse legittimo, a favore della previsione di un riparto affidato
 al criterio della materia";  inoltre,  con  un  significativo  obiter
 dictum,  le  sezioni unite accennano alla necessita', particolarmente
 avvertita in materie nevralgiche, della concentrazione  della  tutela
 potenzialmente   esaustiva   per   la   situazione   soggettiva  lesa
 dall'esercizio illegittimo  della  funzione  pubblica,  ed  altresi',
 proprio  con  riferimento  alla  giurisdizione in materia di pubblico
 impiego, alla grave limitazione che, per l'effettivita' della  tutela
 giurisdizionale,  costituisce  il  "successivo  ricorso a due giudici
 diversi".
   9.  -  Conclusivamente,  atteso  che  le   dedotte   questioni   di
 costituzionalita'  appaiono rilevanti per la decisione del ricorso, e
 non manifestamente  infondate,  si  rende  necessario  sospendere  il
 presente  giudizio  in attesa che la Corte costituzionale si pronunci
 sulla  eccezione  di  incostituzionalita'  dell'art.  68,  d.lgs.  n.
 29/1993  e successive modificazioni, per contrasto con gli articoli 3
 e 24 Cost., nella parte in  cui  -  al  di  fuori  delle  ipotesi  di
 giurisdizione  esclusiva  del giudice amministrativo per il personale
 non contrattualizzato o  privatizzato  (seconda  parte  del  comma  4
 dell'art.  68) - non devolve al giudice ordinario la giurisdizione in
 ogni controversia riguardante il rapporto di lavoro  alle  dipendenze
 di  amministrazioni  pubbliche,  ivi  comprese  quelle concernenti le
 procedure concorsuali per l'assunzione (comma  4  del  predetto  art.
 68),  ed in cui comunque la valutazione della legittimita' di un atto
 sia connessa con questioni concernenti il rapporto di  lavoro  presso
 le  pubbliche  amministrazioni,  attribuendo  al giudice ordinario un
 generale potere di cognizione piena  e  di  annullamento  degli  atti
 presupposti   illegittimi   che   incidano  la  sfera  giuridica  del
 dipendente, ancorche' si tratti  di  atti  di  organizzazione  e  non
 soltanto  di gestione, si' da non costringere il dipendente a duplici
 impugnative, dinanzi al giudice amministrativo e dinanzi  al  giudice
 ordinario,   con   l'ulteriore   conseguenza  della  possibilita'  di
 contrasto di giudicati.
                               P. Q. M.
   Visti gli artt. 134 Cost. e 23, legge n. 87/1953, cosi' statuisce:
     a) solleva d'ufficio, ritenendola rilevante e non  manifestamente
 infondata,  la  questione di incostituzionalita' dell'art. 68, d.lgs.
 n. 29/1993 e successive modificazioni, per contrasto con gli articoli
 3 e 24 Cost., nella parte in cui non devolve al giudice ordinario  la
 giurisdizione  in ogni controversia riguardante il rapporto di lavoro
 contrattualizzato o privatizzato alle dipendenze  di  amministrazioni
 pubbliche,  ivi  comprese quelle concernenti le procedure concorsuali
 per l'assunzione (comma 4 del predetto art. 68), ed in  cui  comunque
 la  valutazione  della  legittimita'  di  un  atto  sia  connessa con
 questioni concernenti il  rapporto  di  lavoro  presso  le  pubbliche
 amministrazioni,  attribuendo al giudice ordinario un generale potere
 di  cognizione  piena  e  di  annullamento  degli  atti   presupposti
 illegittimi, ancorche' atti di organizzazione e non di gestione;
     b) sospende il giudizio;
     c)  dispone  la  immediata  trasmissione  degli  atti  alla Corte
 costituzionale.
   La presente ordinanza sara' eseguita dall'autorita' amministrativa;
 essa viene depositata in segreteria  che  provvedera'  a  notificarne
 copia  alle parti ed al Presidente del Consiglio de Ministri, nonche'
 ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
     Catania, addi' 29 ottobre 1999.
                        Il presidente: Zingales
                                     Il relatore ed estensore: Messina
 00C0150