N. 81 ORDINANZA (Atto di promovimento) 2 dicembre 1999

Ordinanza  emessa  il  2  dicembre  1999  dal tribunale di Torino nel
procedimento penale a carico di Pianelli Orfeo
Reato  in  genere  - Reati fallimentari - Accertamento dello stato di
insolvenza  di  societa'  in  accomandita  semplice  poi ammessa alla
procedura  di  amministrazione  straordinaria  - Atti distrattivi sui
beni  del  patrimonio  personale  compiuti  da  socio illimitatamente
responsabile   -   Esclusione   della   configurabilita'   di   reato
fallimentare  -  Ingiustificata disparita' di trattamento rispetto al
socio   illimitatamente   responsabile   in   pendenza  di  procedure
concorsuali  diverse dalla liquidazione coatta amministrativa e dalla
amministrazione straordinaria.
- Legge  3  aprile  1979,  n. 95, art. 1; r.d. 16 marzo 1942, n. 267,
  art. 203.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.10 del 1-3-2000 )
                            IL TRIBUNALE

    All'udienza  del  2  dicembre  1999, nel procedimento a carico di
  Pianelli  Orfeo,  imputato  del reato di cui agli artt. 1, legge n.
  95/1979, 203, comma 1, 222, 216 p.p. n. 1 e comma 2, 219 p.p. legge
  fallimentare, per fatto del 28 aprile 1994, sentite tutte le parti,
  che  hanno  concluso come dai verbali di udienza, ha pronunciato la
  seguente ordinanza;

    1. - Pianelli  Orfeo  e'  imputato  del  reato  sopra indicato in
  dettaglio,  per  avere,  nella sua qualita' di socio accomandatario
  della  Pianelli  & Traversa s.a.s., dopo l'ammissione (risalente al
  23 giugno 1983) della societa' alla procedura della amministrazione
  straordinaria  di cui alla legge n. 95/1979, distratto, alienandola
  alla  Nuova  Olimpica  s.r.l.,  la sua quota di comproprieta' di un
  immobile  sito  in  Villefranche (F), ovvero il suo controvalore in
  denaro,   o   per  aver  distratto  l'importo  di  7.700.000  F.F.,
  assegnandolo senza giustificazione alla societa' Districom corrente
  presso  le  Isole  Vergini  Britanniche,  cagionando in tal modo ai
  creditori un danno patrimoniale di rilevante gravita'.
    La    compiuta   istruttoria   dibattimentale   ha   evidenziato,
  l'esistenza  di  un  quadro  probatorio  a carico dell'imputato che
  conferma  la  ricostruzione fattuale sottesa alla imputazione sopra
  indicata,   alla   luce   della   documentazione   acquisita  delle
  deposizioni  testimoniali  assunte,  degli esiti degli accertamenti
  tecnici  eseguiti  dal  C.T.  del p.m., di cui alla sua deposizione
  dibattimentale,  nonche'  delle  indicazioni provenienti, in parte,
  dallo  stesso  imputato, acquisite agli atti anche su istanza della
  difesa.
    Il tribunale si trova quindi nelle condizioni per emettere la sua
  decisione, in ordine alla quale appare pero' rilevante la questione
  costituzionale  che  di  seguito  sara'  illustrata,  attinente  la
  inquadrabilita'  della  fattispecie  concreta  sopra indicata nella
  norma  incriminatrice  di  cui  al capo di imputazione, presupposto
  logico-giuridico   ovviamente   indispensabile  per  una  qualunque
  pronuncia nei confronti dell'imputato.

    2. - La  questione di legittimita' costituzionale appare altresi'
  non manifestamente infondata per i motivi di seguito indicati.
    E  invero,  come  risulta dalla sentenza del tribunale di Torino,
  sez.  VI  civile,  del  16  dicembre  1997,  prodotta  dalla difesa
  dell'imputato,  il  commissario della Pianelli & Traversa s.a.s. in
  amministrazione  straordinaria (prof. Boidi) aveva citato avanti al
  tribunale  di Torino il Pianelli e la Nuova Olimpica s.r.l. perche'
  venisse  dichiarata  la  inefficacia,  rispetto  ai creditori della
  Pianelli  & Traversa s.a.s., dell'atto di alienazione dell'immobile
  di Villefranche (F) sopra indicato, ovvero perche', in alternativa,
  ne venisse dichiarata la simulazione assoluta; in subordine perche'
  l'atto venisse revocato ex art. 67, legge fallim.
    La  questione  oggetto  della  causa civile sopra indicata, era -
  pacifico essendo, per il combinato disposto degli artt. 1, comma 6,
  legge  n.  95/1979,  200  e  44  legge  fallim., che l'accertamento
  giudizionale  dello  stato di insolvenza di una societa' con soci a
  responsabilita'   illimitata   poi  ammessa  alla  procedura  della
  amministrazione  straordinaria  determina l'inefficacia rispetto ai
  creditori  degli  atti  compiuti  dalla  societa'  stessa dopo tale
  accertamento   -  se  tale  inefficacia  si  producesse  anche  nei
  confronti   degli   atti   compiuti   dal   socio   illimitatamente
  responsabile   su   beni   facenti  parte  del  proprio  patrimonio
  personale.
    Il  tribunale  civile  di  Torino  ha  dato  risposta negativa al
  quesito  rilevando  in sintesi che ne' la legge n. 95/1979, ne' gli
  artt.  195  e  ss.  legge  fallim,. prevedono l'applicabilita' alle
  procedure   della   liquidazione   coatta  amministrativa  e  della
  amministrazione  straordinaria  dell'art.  147  legge fallim. norma
  che,  sottoponendo al fallimento soggetto che non sono imprenditori
  commerciali,  e'  eccezionale  ed  insuscettibile  di  applicazione
  analogica.
    Di  qui la applicabilita' del disposto dell'art. 44 legge fallim.
  ai  soli  atti  compiuti dall'impresa e non anche a quelli compiuti
  dal socio illimitatamente responsabile.

    3. - Per   quanto   risulta  a  questo  tribunale,  la  Corte  di
  cassazione   non   si   e'   mai  espressamente  pronunciata  sulla
  responsabilita'  penale,  a  titolo  di bancarotta fraudolenta, del
  socio   illimitatamente   responsabile  di  societa'  ammessa  alla
  procedura    della    amministrazione   straordinaria   che,   dopo
  l'accertamento   giudiziale   dello   stato  di  insolvenza,  abbia
  distratto  beni del proprio patrimonio personale, avendo la Suprema
  Corte  affrontato, e risolto in senso affermativo, il solo problema
  della  applicabilita'  degli  artt.  216  e  ss. legge fallim. alle
  condotte   distrattive   poste  in  essere  dai  titolari  e  dagli
  amministratori  (vds.  cass.,  sez. V, 21 dicembre 1982, Genghini e
  sez. V, 31 gennaio 1984, Maiocco).
    Sulla  questione  (seppure  con  riguardo  alla  procedura  della
  liquidazione  coatta  amministrativa, la cui disciplina e' peraltro
  richiamata  dall'art. 1, legge n. 95/1979) si e' invece espressa la
  dottrina arrivando a soluzione diverse.

    4. - Secondo  parte  degli  autori, dalla lettura congiunta degli
  artt.  203  e 211 legge fallim., la responsabilita' penale dei soci
  illimitatamente  responsabili sussisterebbe solo nel caso di omesso
  pagamento  delle  somme  richieste  dal  commissario  al  socio  in
  questione per l'estinzione delle passivita' sociali.
    Ma  detta soluzione, che comunque presupporrebbe, per il caso qui
  in  esame, una attivazione nel senso sopra indicato del commissario
  nei  confronti  del  Pianelli  che non si e' verificata prima della
  alienazione  dell'immobile in questione, come accertato in corso di
  dibattimento,  non  e'  ad  avviso del collegio accoglibile perche'
  farebbe  discendere  la  operativita' o meno del precetto penale, e
  della  relativa  sanzione,  da una condotta di un soggetto, come il
  commissario, che gode in proposito di ampia discrezionalita', anche
  in ordine alla scelta dei tempi e modi interpello di questo tipo di
  soci,  creando  evidenti  disparita'  di  trattamento  di  condotte
  analoghe, contrastanti chiaramente col principio di cui all'art. 3,
  primo comma della Costituzione.

    5. - Per  altri  autori  -  ed  e' la tesi condivisa dal p.m. nel
  presente   procedimento,  ribadita  anche  nelle  sua  requisitoria
  finale,  nonche'  dalla  parte  civile - l'art. 203, legge fallim.,
  svolgerebbe  una  funzione  analoga  a  quella  dell'art. 222 della
  stessa legge, estendendo la configurabilita' dei reati fallimentari
  ai  fatti  commessi  sul  proprio  patrimonio  personale  dal socio
  illimitatamente   responsabile   di   societa'  in  amministrazione
  straordinaria,  di  tal  che  il  trattamento  penale  dei predetti
  soggetti in nulla si distinguerebbe da quello stabilito per il caso
  del fallimento.
    Al   riguardo   va   osservato   che   se   cosi'  fosse  non  si
  comprenderebbe,  anzitutto,  il  motivo  che  ha  indotto il p.m. a
  menzionare  espressamente nel capo di imputazione, oltre agli altri
  articoli  di  legge  citati  (sia  della legge n. 95/1979 che della
  legge  fallimentare)  anche  e  proprio  l'art. 222, legge fallim.,
  evidentemente  ritenuto  fondativo,  con  gli altri elencati, della
  norma  precettiva  penale  ritenuta  applicabile  alla  fattispecie
  concreta.
    Ma  soprattutto,  l'orientamento  interpretativo  di  cui  si sta
  trattando non e' condiviso dal tribunale perche' si risolverebbe in
  una  estenzione  analogica,  in  malam  partem, di una norma penale
  complessa,  come  quella  risultante  dal  combinato disposto degli
  articoli  sopra  indicati.  Estensione  analogica  che, per effetto
  degli  artt.  25 Cost. ed 1 c.p., non puo' trovare applicazione nel
  settore penale.

    6. - Resta  allora  la tesi, sostenuta dalla difesa del Pianelli,
  anche  sulla  scorte  di altre opinioni dottrinarie, secondo cui la
  norma in esame, e cioe' l'art. 203, legge fallim. (applicabile alla
  amministrazione  straordinaria per il richiamo operato dall'art. 1,
  legge  n.  95/1979),  riguarderebbe  solo  le  condotte distrattive
  commesse  dal  socio  illimitatamente  responsabile  sui beni della
  societa',  con la conseguenza che gli atti di disposizioni eseguiti
  su  beni  del  patrimonio  personale  andrebbero esenti da sanzioni
  penale.
    Questa   opinione   muove   dal   presupposto   che   i   soci  a
  responsabilita' illimitata - a differenza di quanto si verifica nel
  fallimento  in  base  all'art. 147, primo comma legge fallim. - non
  vengono   assoggettati   direttamente   alla   liquidazione  coatta
  amministrativa   (e  quindi  alla  amministrazione  straordinaria),
  perche'   l'art.   203,  legge  fallim.,  si  limita  a  dichiarare
  applicabili anche nei loro confronti alcuni istituti previsti dalla
  legge fallimentare, ed in particolare la revocatoria fallimentare.
    La   conseguenza  sarebbe  che  la  procedura  in  questione  non
  priverebbe i soci illimitatamente responsabili della disponibilita'
  dei  loro  beni  personali. E a riprova di cio' si cita l'art. 211,
  legge  fallim.  che autorizza il commissario a chiedere ai predetti
  soci  solo  il  versamento  delle somme che appaiono necessarie per
  l'estinzione delle passivita'.

    7. - La  tesi  da  ultimo  illustrata appare al tribunale l'unica
  condivisibile giusta il tenore della disciplina applicabile al caso
  in  esame, ma la stessa determina un chiaro contrasto col principio
  di  uguaglianza  di  cui all'art. 3, primo comma della Costituzione
  degli artt. 1, legge n. 95/1979 e 203, legge fallim., per la omessa
  menzione  della  norma  incriminatrice  di  cui all'art. 222 stessa
  legge,  fondativa  espressamente della responsabilita' penale per i
  soci  illimitatamente  responsabili  che abbiano disposto di propri
  beni  personali  in pendenza delle procedure concorsuali diverse da
  quelle   della   liquidazione   coatta   amministrativa   e   della
  amministrazione straordinaria.
    Appare  infatti  del  tutto irragionevole, e come tale lesivo del
  principio di uguaglianza di cui alla norma costituzionale dell'art.
  3,  primo comma, prevedere per il caso di fallimento di societa' di
  persone   il  vincolo,  penalmente  sanzionato,  su  tutti  i  beni
  personali  del  socio  illimitatamente  responsabile,  ed escludere
  invece  detto  vincolo,  con  la relativa sanzione penale, sui beni
  personali  di  questo  stesso  tipo di socio nel caso di ammissione
  alla procedura della amministrazione straordinaria.
    I  presupposti  e  le  condizioni economiche ed occupazionali che
  consentono    alla   societa'   di   persone   di   accedere   alla
  amministrazione  straordinaria  esulano  infatti  del  tutto  dalla
  persona  e  dalla  condotta  del socio illimitatamente responsabile
  delle  predette  societa'.  Anzi,  ben  puo'  dirsi che nella quasi
  totalita'  dei  casi  (come  nel  caso del Pianelli) si evidenziano
  effetti ben piu' gravi per la massa sociale di condotte distrattive
  su  beni  del  patrimonio personale del socio in questione, che non
  nei  casi di analoghe condotte tenute in occasione o in pendenza di
  procedura di fallimento di questo tipo di societa'.
    Ne  consegue che anche la risposta penale in presenza di condotte
  connotate  certamente  e  quantomeno  da  identica lesivita' per la
  massa dei creditori sociali, deve essere analoga e anche per i casi
  di   amministrazione  straordinaria  va  sanzionata  penalmente  la
  distrazione   di   beni   del   patrimonio   personale   del  socio
  illimitatamente  responsabile  di  societa'  ammessa  alla predetta
  procedura.

    8. - L'irragionevole  disparita' di trattamento, e la conseguente
  lesione  del principio di uguaglianza, di cui al punto che precede,
  assume rilevanza, oltre che con riferimento alla posizione dei soci
  illimitatamente  responsabili  quali  diretti  destinatari (o meno)
  della  norma  incriminatrice  in  questione, anche - su di un piano
  piu'  generale e di intrinseca razionalita' del sistema concursuale
  - nei confronti dei creditori.
    Costoro  infatti,  in  mancanza  di  deterrenza  penale  inerente
  condotte    come   quelle   tenute   dall'imputato   nel   presente
  procedimento,  troverebbero  nella  procedura della amministrazione
  straordinaria  una  tutela  nettamente  ridotta  e  degradata delle
  proprie legittime posizioni soggettive rispetto a quanto accade nel
  fallimento.
    Ne',  in  proposito,  varrebbe  oppure  che  questa disparita' di
  trattamento  sarebbe  giustificata  in  qualche  modo (e cosi' resa
  razionale   rispetto   al   principio   di  cui  all'art.  3  della
  Costituzione)   dalla  oggettiva  diversita'  delle  situazioni  di
  partenza,  nel  senso che le due procedure (fallimento, da un lato,
  ed  amministrazione  straordinaria,  dall'altro)  risponderebbero a
  finalita'  diverse,  di  tipo  prettamente liquidatorio-ablativo la
  prima, e conservativo la seconda.
    Questa  asserita  diversita'  -  sulla  quale  si  registrano  in
  dottrina  e  giurisprudenza divergenze di opinioni gia' aspre sotto
  il  vigore  della  legge  n. 95/1979, destinte, a quanto appare dai
  primi  commenti,  ad  alimentarsi  ulteriormente  con  l'entrata in
  vigore  della nuova disciplina di cui al d.lgs. n. 270/1999, di cui
  si dira' al punto che segue - non appare comunque tale da escludere
  la   fondatezza  della  questione  di  legittimita'  costituzionale
  sollevata  con  la  presente  ordinanza  per  le considerazioni che
  seguono.
    In  primo  luogo  deve  riconoscersi  che  il regime penale nella
  materia   qui  in  esame  e'  volto  a  tutelare  l'integrita'  del
  patrimonio  o dei patrimoni assoggettati alle legittime aspettative
  di  soddisfacimento  dei  creditori  e  pertanto  a  dare  piena  e
  paritaria attuazione al principio di responsabilita' patrimoniale.
    Inoltre,  la  finalita'  prettamente  satisfattiva non e' propria
  solo  delle  procedure  liquidatorie,  come il fallimento, ma anche
  della  amministrazione  straordinaria ex lege n. 95/1979, avendo da
  tempo  la stessa Corte costituzionale, con la sentenza n. 185/1987,
  osservato,   con   riferimento   al  rapporto  tra  amministrazione
  straordinaria  e  liquidazione coatta amministrativa, quanto segue,
  al  1/2  7  della  motivazione:  "...  Accomuna le due procedure la
  finalita'  di attuare la responsabilita' patrimoniale delle imprese
  soggette  mediante  la  soddisfazione dei creditori, che non vale a
  cancellare la circostanza che la amministrazione straordinaria miri
  ad  attingerla  senza  estinguere  l'impresa  debitrice: il che non
  sempre  accade  nella concretezza delle vicende della continuazione
  dell'esercizio  dell'impresa  che  -  lo  si  noti  bene  -  non e'
  componente  essenziale della amministrazione straordinaria, perche'
  -  prescrive  l'art.  2  primo  comma,  legge  n.  95  del  1979 di
  conservazione  del  d.-l. n. 26 del 1979 - puo' essere disposta pur
  sempre "tenendo anche conto dell'interesse dei creditori".
    Affermata pertanto dalla stessa Corte costituzionale la comunanza
  di  intenti  e  finalita'  fra  fallimento  e  liquidazione  coatta
  amministrativa   da   un  lato,  ed  amministrazione  straordinaria
  dall'altro,  non si vede come potrebbe ritenersi ragionevole, sotto
  lo   specifico   profilo   qui   in  esame,  l'estromissione  dalla
  imputazione  per  bancarotta  fraudolenta  dei soci illimitatamente
  responsabili   di   societa'  personali  poste  in  amministrazione
  straordinaria  (cosi'  come  di  quelle  ammesse  alla liquidazione
  coatta amministrativa, ipotesi che qui non rileva).
    Si   tratta   infatti,   in  entrambi  i  casi,  di  far  valere,
  indipendentemente  dall'assoggettamento  diretto alla procedura, il
  principio  genrale di destinazione (anche) del patrimonio personale
  del socio in questione alla estinzione delle passivita' sociali.

    9. - Un  ultimo rilievo, derivante dalla recente approvazione del
  d.lgs.  n.  270/1999,  che  ha introdotto la nuova disciplina della
  amministrazione  straordinaria  delle  grandi  imprese  in stato di
  insolvenza, a norma dell'art. 1, legge n. 274/1998.
    Premesso  che,  per i principi regolatori della successione delle
  leggi  penali  nel  tempo, nel presente procedimento occorre ancora
  fare  applicazione  della  legge n. 95/1975 (abrogata espressamente
  dal  d.lgs. n. 270/1999), non appare superfluo sottolineare come il
  legislatore  del 1999, in esecuzione della delega legislativa sopra
  richiamata,  abbia  mostrato  di  farsi  carico del problema qui in
  esame,  risolvendolo,  per il futuro, proprio nel senso prospettato
  sopra,  unico  da  ritenersi in linea col principio di cui all'art.
  30,  primo  comma  della  Costituzione. E cioe' stabilendo, ai fini
  della  rilevanza  penale  delle  condotte dei soggetti coinvolti in
  detta   procedura   concursuale,   la  totale  equiparazione  della
  amministrazione straordinaria al fallimento.
    Infatti,  l'art.  23 del decreto legislativo sopra citato estende
  ai    soci   illimitatamente   responsabili   gli   effetti   della
  dichiarazione  detto  stato  di insolvenza di una societa' con soci
  illimitatamente responsabili.
    Parimenti,  l'art.  95  del medesimo testo normativo (che apre il
  titolo  VI,  disposizioni  penali), in coerente e logica attuazione
  del   principio   di   cui   all'art.   23  sopra  citato,  prevede
  espressamente  che  la  dichiarazione  dello stato di insolvenza, a
  norma  degli artt. 3 e 82, "... e' equiparata alla dichiarazione di
  fallimento ai fini dell'applicazione delle disposizioni dei capi I,
  II e IV del titolo VI della legge fallimentare".
    In  tal  modo,  e'  univocamente  richiamato  anche  il  disposto
  dell'art. 222, legge fallimentare (ricompreso nel titolo VI, capo I
  della   stessa   legge)   e   con   detto   richiamo  e'  affermata
  definitivamente  la penale responsabilita' dei soci illimitatamente
  responsabili  di  societa'  di persone ammesse alla amministrazione
  straordinaria anche in caso di distrazione di beni personali.

    10. - Alla  luce delle considerazioni che precedono, la questione
  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 1, legge n. 95/1975 e
  203,  legge  fallim.  per  omessa  menzione espressa, nella seconda
  delle  norme citate, della norma incriminatrice di cui all'art. 222
  stessa  legge fallimentare, con riferimento alle posizioni dei soci
  illimitatamente   responsabili   delle   societa'  di  persone  ivi
  indicate,   ammesse   alla   amministrazione   straordinaria,  deve
  ritenersi  non  manifestamente  infondata  in relazione all'art. 3,
  primo comma della Costituzione.
    In   ordine   alla   rilevanza   della   questione  nel  presente
  procedimento,  va  richiamato  quanto  detto sopra al punto 1 della
  presente ordinanza.
                              P. Q. M.
    Letti  gli  artt. 134 della Costituzione, 1, legge costituzionale
  n. 1/1948 e 23, legge n. 87/1953;
    Dichiara  di  ufficio rilevante e non manifestamente infondata la
  questione  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 1, legge n.
  95/1979  e  203  legge  fallimentare, per la omessa menzione, nella
  seconda   delle   norme   citate,   anche   dell'art.   222,  legge
  fallimentare,   con   riferimento  alla  posizione,  e  conseguente
  responsabilita'  penale,  dei  soci illimitatamente responsabili di
  societa' ammesse alla procedura della amministrazione straordinaria
  che  abbiano  disposto  di  propri  beni  personali,  in  relazione
  all'art. 3, primo comma della Costituzione;
    Sospende il giudizio in corso;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
  costituzionale;
    Ordina  che  a  cura  della cancelleria la presente ordinanza sia
  notificata   al   Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e  sia
  comunicato al Presidente del Senato della Repubblica e della Camera
  dei deputati.
        Torino, addi' 2 dicembre 1999.
                       Il presidente: Giordana
00C0182