N. 105 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 gennaio 2000

Ordinanza  emessa il 15 gennaio 2000 dal tribunale di Ancona, sezione
distaccata  di  Jesi  nel  procedimento  civile  vertente  tra Zucchi
Federico e S.r.l. Medi Baldini
Locazione di immobili urbani - Parziale destinazione dell'immobile ad
uso diverso da quello pattuito - Mancata richiesta di risoluzione del
contratto  entro  il  termine  previsto  -  Applicazione  del  regime
giuridico   corrispondente   all'uso   prevalente   -  Ingiustificata
disparita'  di  trattamento  (in  raffronto alle norme generali circa
l'inadempimento  dei  contratti  ed  alla possibilita' di risoluzione
della  locazione  anche  nel  caso  in  cui  l'uso  diverso  non  sia
prevalente)   -   Irragionevolezza  -  Violazione  del  principio  di
uguaglianza.
- Legge 27 luglio 1978, n. 392, art. 80, secondo comma.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.11 del 8-3-2000 )
                            IL TRIBUNALE

    Visti  gli  atti  del  procedimento  n. 7170/1997  R.G.Aff. cont.
  Civili;
    Rilevato  che la controversia in atto trae origine da una domanda
  presentata  da  Federico  Zucchi  nei confronti della societa' Medi
  Baldini S.r.l., con sede in Chiaravalle (Ancona) ditta con la quale
  il  ricorrente  aveva  stipulato  un  contratto di locazione ad uso
  abitativo,   asseritamente   in   contrasto   con   i   criteri  di
  predeterminazione del canone previsti dalla legge n. 392/1978;

        che  pertanto  il  ricorrente medesimo chiedeva alla societa'
  convenuta  la  ripetizione  di quanto indebitamente versato in piu'
  rispetto ai predetti criteri;
        che  la  societa'  convenuta  si  difendeva affermando che il
  ricorrente aveva stipulato un contratto di locazione per soddisfare
  esigenze abitative di natura transitoria;
        che inoltre nel corso dell'istruttoria la societa' convenuta,
  asserendo  di  essere venuta a conoscenza solo dopo la proposizione
  dell'azione  che  lo  Zucchi  aveva  destinato  parte dell'immobile
  locatogli ad uso ufficio, chiedeva (peraltro tardivamente dal punto
  di vista processuale, perche' non introdotta in via riconvenzionale
  in  sede  di  comparsa  ma solo successivamente) la risoluzione del
  contratto  di locazione; che lo Zucchi osservava in primo luogo che
  nel  contratto di locazione non era pattuito alcun uso specifico, e
  d'altro  canto  ai  sensi  dell'art. 80 della legge n. 392/1978, la
  relativa  domanda  avanzata da controparte era da ritenersi coperta
  da decadenza perche' effettuata dopo i tre mesi dalla scoperta;

    Tanto premesso, ritiene questo giudice innanzitutto che secondo i
  termini   del   contratto,   il   rapporto   di  locazione  risulta
  disciplinato dalla normativa di cui alla legge n. 392/1978;
    Non  v'e'  infatti  alcun riferimento specifico ai c.d. "patti in
  deroga"   e  d'altro  canto  le  sottolineate  esigenze  di  natura
  transitoria  non  comportano  in  alcun  modo  una  possibilita' di
  derogare,  nell'ambito  della  legge  n.  392/1978,  ai  criteri di
  predeterminazione legale del canone;
    Nondimeno,  tali  osservazioni  varrebbero  solo  nel caso in cui
  l'immobile  oggetto  di  locazione  sia  soggetto  alla  disciplina
  rigardante  le  locazioni ad uso abitativo; per le locazioni ad uso
  non  abitativo,  com'e'  noto,  non  v'e'  alcuna predeterminazione
  legale dell'importo del canone;
    E   siccome   parte  convenuta  ha  eccepito  che  vi  sia  stata
  trasformazione,  da parte dello Zucchi, dell'immobile locato da uso
  abitativo  a  uso  non  abitativo, avendo quest'ultimo parzialmente
  destinato  l'immobile  ad uso ufficio, l'analisi dell'art. 80 della
  legge n. 392/1978, s'impone sotto piu' profili;
    Il  comma  1  della  predetta norma prevede la possibilita' della
  risoluzione, nel caso di adibizione dell'immobile ad uso diverso di
  quello  pattuito,  entro  tre  mesi  dal  momento  in  cui la parte
  interessata ne ha avuto conoscenza.
    Questo  giudice rileva che chiaramente, dal tenore del contratto,
  l'immobile  fu locato per uso abitativo ed altrettanto chiaramente,
  per  stessa  ammissione  di  parte  attrice,  l'immobile  e'  stato
  destinato,  seppure parzialmente, ad uso ufficio, ed anche se parte
  attrice  tende  a  precisare  che  la  sua  indicazione,  in alcuni
  documenti  burocratici,  di parte dell'immobile ad uso ufficio, non
  corrispondeva  ad  un  uso  di  fatto,  ma  era solo un'indicazione
  formale per uso esterno, le risultanze cartolari depongono in senso
  contrario;
    Va  a questo punto notato che, secondo parte della giurisprudenza
  di  merito,  la destinazione diversa di cui parla la norma non puo'
  consistere  semplicemente  nel diverso regime (non abitativo invece
  che  abitativo, o viceversa) ma, a prescindere dall'adesione o meno
  a tale interpretazione, non si tratta qui di diverso regime, bensi'
  una  trasformazione  parziale  da  "seconda  casa"  (come recita il
  contratto)  a  ufficio  e se si configurasse questa fattispecie con
  mero  mutamento  di  regime da uso abitativo ad uso non abitativo -
  consistendo  invece anche in un diverso utilizzo materiale - non si
  vede  quando  mai  la  fattispecie  del  mutamento  di destinazione
  potrebbe venire in rilievo;
    Va  ancora  osservato  che  la risoluzione che viene prevista dal
  primo  comma  dell'art.  80  puo'  conseguire  anche ad una diversa
  destinazione solo parziale;
    Si  pone  ora  il  problema  se,  anche  a  fronte di una diversa
  destinazione solo parziale, ma che non configuri un uso prevalente,
  la  risoluzione, a fronte di una domanda tempestivamente richiesta,
  possa  essere  ugualmente  data  sulla  base  della mera importanza
  dell'inadempimento  secondo i principi generali (e non sul concetto
  piu' restrittivo di una sorta di "prevalente inadempimento") oppure
  no;
    Qui  una  risposta positiva si impone, proprio perche' la nozione
  di  destinazione  parziale prevalente appare del tutto specifica ed
  eccezionale nell'ambito delle previsioni del secondo comma;
    Altri  ed  ancora  piu'  gravi  problemi  interpretativi  pone il
  secondo  comma  del predetto art. 80, che viene in rilievo nel caso
  in  cui,  nella fattispecie in esame, si ritenga scaduto il termine
  di decadenza dei tre mesi di cui al primo comma;
    Infatti,   in   tal   caso,   occorre   applicare  la  disciplina
  corrispondente  all'uso  effettivo  dell'immobile e, in caso di uso
  parzialmente  diverso,  occorrera'  applicare  il  regime giuridico
  corrispondente all'uso prevalente, anche in relazione al canone;
    Orbene, nella fattispecie in esame non ritiene questo giudice che
  la  destinazione  ad  ufficio sia stata prevalente rispetto all'uso
  abitativo,  proprio  per l'ampiezza limitata dello spazio destinato
  ad ufficio nell'ambito dell'immobile;
    Ne  consegue  che il contratto dovrebbe essere soggetto al regime
  di  predeterminazione legale del canone. Ma tale soluzione, dettata
  dal    disposto    del   secondo   comma   dell'art.   80   secondo
  l'interpretazione  letterale e prevalente, e' inaccettabile secondo
  piu'  profili.  Viola in primo luogo il principio di uguaglianza di
  cui  all'art.  3 della Costituzione: v'e' infatti un'ingiustificata
  disparita'  di  trattamento  rispetto  alle  norme  generali  circa
  l'inadempimento dei contratti;
    In   tal   caso  infatti,  occorre  semplicemente  aver  riguardo
  all'importanza   dell'inadempimento  (cfr.  art.  1455  del  c.c.),
  laddove  in  questo caso si ha un criterio di prevalente disciplina
  che mantiene fermo il contratto nell'interezza dei suoi effetti;
    D'altro  canto  la  predetta  disciplina  non puo' giustificarsi,
  nella  sua  anomalia,  invocando un generale principio di favor nei
  confronti dell'inquilino;
    Non  e'  affatto detto che sempre la norma favorisca l'inquilino:
  se l'uso prevalente fosse stato, anche per poco, quello di ufficio,
  e dunque non abitativo, favorirebbe, altrettanto incongruamente, il
  locatore;
    D'altro canto la differenziazione ingiustificata viene in rilievo
  anche  rispetto  alla  fattispecie  prevista  dal  primo comma, ove
  apparirebbe  contemplata  una possibilita' di risoluzione (non solo
  nel  caso  di destinazione e quindi di inadempimento relativo ad un
  uso  parziale  e  prevalente, diverso da quello pattuito ma anche )
  nel caso di destinazione d'uso diverso da quello pattuito anche non
  prevalente purche' (configurante un inadempimento) importante;
    In  ultima  analisi,  la disciplina dettata dall'art. 80, secondo
  comma,    della   legge   n. 392/1978   configura   molteplici   ed
  insormontabili  difficolta' di applicazione, le quali danno luogo a
  palesi  irragionevolezze  nonche'  ad  ingiustificate disparita' di
  trattamento,  e  sotto  tale duplice profilo appare rilevante e non
  manifestamente    infondata    la    questione    di   legittimita'
  costituzionale per contrasto con l'art. 3 della Costituzione;
    La  rilevanza  nella  fattispecie in esame appare ovvia, poiche',
  nella  quantificazione di quello che indebitamente avrebbe riscosso
  la   societa'  convenuta,  dovrebbe  detrarsi  la  quota  parte  da
  correlarsi  all'utilizzo  dell'immobile  ad uso ufficio (e quindi a
  canone  libero),  nel  caso  in cui il secondo comma venisse meno a
  seguito di abrogazione per illegittimita';
                              P. Q. M.
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
  leggittimita'  cosituzionale  dell'art.  80,  secondo  comma, della
  legge n. 392/1978, per contrasto con l'art. 3 della Costituzione;
    Sospende  il presente giudizio e dispone l'immediata trasmissione
  degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone che la presente ordinanza sia comunicata alle parti ed al
  Presidente  del Consiglio dei Ministri, nonche' ai Presidenti delle
  Camere.
        Jesi, addi' 15 gennaio 2000.
                     Il giudice unico: Marziali
00C0211