N. 106 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 luglio 1995

Ordinanza  emessa  il  28  luglio  1995  dal  pretore  di  Chieti nel
procedimento  civile  vertente tra Robuffo Patrizio e S.p.a. Serbatoi
Walter Tosto
Lavoro  (Rapporto di) - Lavoratori in prova - Licenziamento - Obbligo
di  comunicare  al  lavoratore  in  forma scritta e con motivazione -
Omessa   previsione   -   Ingiustificato  deteriore  trattamento  del
lavoratore  in  prova  rispetto agli altri lavoratori - Incidenza sul
principio   di  difesa  in  giudizio,  notevolmente  compresso  dalla
difficolta'  di prova dell'illiceita' del licenziamento in assenza di
motivazione  scritta  dallo  stesso - Lesione del principio di tutela
del  lavoratore  e  della  garanzia  previdenziale  per  i  cittadini
parzialmente   inabili   -  Riferimento  alla  sentenza  della  Corte
costituzionale  n. 189/1980  di  non  fondatezza (nei sensi di cui in
motivazione) di analoga questione ritenuta superata in considerazione
dell'evoluzione giurisprudenziale.
- Legge del 15 luglio 1966, n. 604, art. 10; cod. civ. art. 2096.
- Costituzione artt. 2, 3, 24, 35 e 38.
(GU n.12 del 15-3-2000 )
                             IL PRETORE

    Letti  gli  atti  della causa, iscritta al n. 1440 dell'anno 1994
  del Ruolo generale affari contenziosi, promossa da Robuffo Patrizio
  (ricorrente)  nei  confronti  della  Walter  Tosto  Serbatoi S.p.a.
  (resistente),  avente  ad  oggetto  l'impugnativa del licenziamento
  comminato dalla seconda al primo;
    A  scioglimento  della  riserva  assunta all'udienza del 31 marzo
  1995;
    Rilevato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue:

                              F a t t o

    Robuffo Patrizio, lavoratore soggetto alla tutela dell'avviamento
  obbligatorio  al  lavoro  (ex lege n. 482/1968) in periodo di prova
  presso  la  Walter Tosto Serbatoi S.p.a., con ricorso depositato il
  7 settembre  1994  ha impugnato il licenziamento comminatogli dalla
  predetta   datrice   di   lavoro,   deducendo  la  inefficacia  del
  provvedimento  espulsivo siccome adottato oralmente e chiedendo che
  venisse  dichiarata  tale  inefficacia,  con  tutte  le conseguenze
  previste dall'art. 18, legge n. 300/1970.
    Costituendosi  in  giudizio,  la  Walter Tosto Serbatoi S.p.a. ha
  contestato  la  fondatezza della domanda, chiedendone la reiezione,
  sul  presupposto  che  non  sussisterebbe  alcun  onere di intimare
  durante  il  periodo  di  prova  il  licenziamento in forma scritta
  ancorche' si tratti di lavoratori invalidi.
    All'udienza  del  31  marzo  1995 le parti insistevano nei propri
  rispettivi assunti difensivi ed il giudicante riservava ordinanza.

                            D i r i t t o

    Deve  preliminarmente  osservarsi  come  nella  materia de qua il
  quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento sia delibeabile
  nel modo seguente.
    L'art.   10   della   legge  15  luglio  1996,  n.  604,  dispone
  espressamente  -  in  ordine  alla  disciplina,  ivi contenuta, dei
  licenziamenti  individuali - che: "Le norme della presente legge si
  applicano  nei  confronti dei prestatori di lavoro che rivestano la
  qualifica  di impiegato e di operaio, ai sensi dell'art. 2095 c.c.,
  e,  per  quelli  assunti  in prova, si applicano dal momento in cui
  l'assunzione  diviene  definitiva  e,  in  ogni  caso,  quando sono
  decorsi sei mesi dall'inizio del rapporto di lavoro.
    La  medesima legge, all'art. 2, comma 1, prevede che il datore di
  lavoro debba comunicare per iscritto il licenziamento al prestatore
  di lavoro.
    Orbene,  dalla  inapplicabilita'  ai  lavoratori  in  prova delle
  disposizioni   contenute   nella   citata   legge  n. 604/1966,  la
  giurisprudenza  della  s.c.  -  che  costituisce,  secondo  la nota
  terminologia adottata dalla Corte costituzionale, diritto vivente -
  ha  tratto  la  conseguenza  che  tali  lavoratori  possono  essere
  legittimamente  licenziati  oralmente  (cfr.,  in tal senso, Cass.,
  sez. lav., 20 maggio 1991, n. 5634).
    La Corte costituzionale e' intervenuta con diverse pronunce sulla
  disposizione  di  cui  al  citato  art.  10,  dapprima  ritenendola
  conforme  al  dettato  costituzionale nella parte in cui esclude la
  operativita' delle tutele previste dalla legge n. 604 nei confronti
  del lavoratore in prova fino al momento della definitiva assunzione
  o  comunque  decorsi  sei mesi dall'inizio del vincolo contrattuale
  (cfr.  Corte  cost.  28 luglio 1976, n. 204); successivamente - per
  quanto qui di interesse - escludendo la fondatezza della censura di
  incostituzionalita'  della citata norma nella parte in cui consente
  il  recesso  immotivato  del datore di lavoro durante il periodo di
  prova (cfr. Corte cost. 22 dicembre 1980, n. 189).
    Attualmente, peraltro, la giurisprudenza della S.C. si e' evoluta
  nel  senso  di  ritenere  necessaria  - ai fini della validita' del
  licenziamento  -  la esternazione dei motivi da parte del datore di
  lavoro  in  ipotesi di recesso per esito negativo della prova (cfr.
  Cass.,  sez.  lav.,  4  giugno  1992, n. 6810), nonche' di ritenere
  ammissibile  il  loro controllo giudiziario (cfr. Cass., sez. lav.,
  1o aprile 1994, n. 3177).
    Senonche' - nonostante tale evoluzione - la stessa giurisprudenza
  -  l'anzidetto  diritto  vivente  -  pur riconoscendo la necessita'
  della  detta motivazione, appare costantemente orientata nel negare
  la  necessita'  dell'atto  scritto  affinche'  sia  ritenuta valida
  l'espulsione  del  lavoratore  in  prova (cfr. Cass., sez. lav., 18
  febbraio 1994, n 1560).
    Cio' contrasta, senza alcun dubbio, con i principi espressi dagli
  artt. 2  -  in  relazione  alla  solidarieta'  sociale - e 3 Cost.,
  siccome   si  viene  a  creare  una  ingiustificata  disparita'  di
  trattamento  fra  lavoratori  in  prova  e  quelli  assunti a tempo
  indeterminato  che  si  trovino  nella  stessa condizione, ossia in
  quella di essere stati licenziati.
    Appare  altresi'  violato  il  principio  di  ragionevolezza  con
  riferimento  all'art. 24 della Costituzione sul diritto di difesa e
  di  agire  in giudizio per far valere i propri diritti, dal momento
  che  il  lavoratore  in prova licenziato, non avendo a disposizione
  l'atto  scritto  con  cui  vengono  spiegate  le ragioni dell'esito
  negativo della prova, trovasi in una posizione di minorata tutela,
    Ancora,  appaiono  vulnerati  gli artt. 35 - sulla protezione del
  lavoro  in  tutte  le  sue  forme  ed  applicazioni  -  e  38 della
  Costituzione,  con  riferimento ai cittadini sottoposti alla tutela
  ex lege n. 482/1968 che siano parzialmente inabili al lavoro.
    Al riguardo, a parere del giudicante, la violazione piu' evidente
  appare  essere  quella  perpetrata  in  pregiudizio  del diritto di
  difesa (art. 24), cui si riconnette quello di agire in giudizio per
  la tutela dei propri diritti.
    Ne'  ha  pregio osservare che il lavoratore potrebbe comunque far
  valere   le  proprie  ragioni  -  mediante  l'impugnativa  in  sede
  giudiziale  del licenziamento - deducendo da un lato la sussistenza
  dell'esito  positivo della prova e dall'altro l'esistenza di motivi
  discriminatori   od   illeciti,   giustificanti  la  determinazione
  negativa  assunta  dal  datore  di  lavoro,  nonche'  provando tali
  assunti  (cfr.,  in  tal senso, in motivazione, Cass. sez. lav., 18
  febbraio 1994, n. 1560).
    Trattasi  all'evidenza  di oneri gravosissimi e di difficile - se
  non  impossibile - assolvimento; cio', peraltro, concreta anche una
  inversione  dell'onere  probatorio  circa  i  fatti legittimanti il
  licenziamento che - di regola - incombe sul datore di lavoro.
    D'altronde     tale    assetto    normativo    -    conformemente
  all'interpretazione  datane  dalla  S.C.,  che  non puo' non essere
  recepita, costituendo la stessa, come spiegatosi, diritto vivente -
  non   appare   razionale   e   giustificabile   anche   dalla  luce
  dell'orientamento  giurisprudenziale  che  ritiene  -  ormai  -  la
  necessita'  dell'esternazione della motivazione del recesso ai fini
  della  sua  validita' (cfr. citata Cass. n. 6810/1992), potendosi -
  di  converso  -  applicare  -  con  una  parziale  declaratoria  di
  incostituzionalita'  del citato art. 10 e per quanto occorrer possa
  dell'art. 2096   c.c.   -  alla  materia  de  qua  l'art. 2,  legge
  n. 604/1966  in  ordine  agli  obblighi motivazionali del datore di
  lavoro  ed  alla conseguenziale necessita' dell'atto scritto per la
  loro  comunicazione.      Quanto al requisito della rilevanza della
  prospettata  questione  di incostituzionalita', non possono esservi
  dubbi    al   riguardo,   atteso   che   l'auspicata   declaratoria
  comporterebbe   de   plano   l'accoglimento   del   ricorso  mentre
  nell'attuale  situazione  normativa  e  giurisprudenziale lo stesso
  dovrebbe essere rigettato.
                              P. Q. M.
    Visti  gli  artt.  1  della legge costituzionale 9 febbraio 1948,
  n. 1, e 23 e segg. della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
  legittimita'  costituzionale  dell'art. 10  della  legge  15 luglio
  1966,  n. 604  -  e per quanto occorrer possa dell'art. 2096 c.c. -
  per  contrasto  con gli artt. 2, 3, 24, 35 e 38 della Costituzione,
  nella parte in cui non prevede l'obbligo della forma scritta per la
  comunicazione  del  licenziamento  al  lavoratore in prova e quindi
  della  motivazione  dello  stesso,  in  ipotesi  di  richiesta  del
  lavoratore  medesimo,  conformemente  alla  previsione  di  cui  al
  precedente art. 2;
    Dispone  la  sospensione  del  presente  giudizio  e la immediata
  trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  che  la  presente  ordinanza sia notificata, a cura della
  cancelleria, alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei
  Ministri,   nonche'  comunicata  ai  Presidenti  della  Camera  dei
  deputati e del Senato della Repubblica;
    Manda alla cancelleria per l'espletamento delle dette incombenze.
        Chieti, addi' 28 luglio 1995.
                   Il giudice del lavoro: Marsella
00C0212