N. 112 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 gennaio 2000

   Ordinanza  emessa  il  24  gennaio  2000  dalla Corte di assise di
Salerno  nel  procedimento  penale  a  carico di Cesarano Giovanni ed
altri
Processo penale - Dibattimento - Giudice che, all'esito di precedente
dibattimento  riguardante  il  medesimo  fatto  storico  a carico del
medesimo   imputato,   abbia  emesso  ordinanza  con  la  quale,  nel
dichiarare  la nullita' del decreto dispositivo del giudizio (perche'
emesso    da    giudice   dell'udienza   preliminare   funzionalmente
incompetente), abbia ordinato la trasmissione degli atti alla Procura
Distrettuale  Antimafia - Incompatibilita' alla funzione del giudizio
-  Mancata  previsione  -  Dedotta  lesione degli artt. 3 e 111 Cost.
(solo  numericamente  indicati)  - Richiamo alla sentenza della Corte
costituzionale n. 455/1994.
- Cod. proc. pen. 1988, art. 34, comma 2.
- Costituzione, art. 3 e 111.
(GU n.13 del 22-3-2000 )
                         LA CORTE DI ASSISE
    Esaminati  gli atti del fascicolo per il dibattimento relativo al
  procedimento  n. 36/99  r.g.  Corte  di  assise  ed  avuto riguardo
  all'ordinanza emessa, in data 15 ottobre 1999, nel procedimento per
  gli  stessi fatti ed a carico dei medesimi imputati gia' recante il
  n.  di  r.g. 12 (+ 13)/98, da un collegio della prima sezione della
  Corte composto dai medesimi giudici togati che concorrono a formare
  l'odierno   collegio;      Rilevato  che,  nella  fase  degli  atti
  introduttivi  al  dibattimento,  i  difensori di tutti gli imputati
  hanno  sollevato questione di legittimita' costituzionale assumendo
  il  contrasto del disposto dell'art. 34, secondo comma, c.p.p., per
  violazione  del  disposto  degli  artt. 3, 24, 25 e 111 della Carta
  costituzionale,  nella parte in cui "non prevede l'incompatibilita'
  alla  funzione  di  giudizio  del  giudice  che abbia, all'esito di
  precedente  dibattimento  riguardante  il  medesimo fatto storico a
  carico  del  medesimo  imputato, emesso ordinanza con la quale, nel
  dichiarare  la  nullita'  del  decreto  dispositivo  del  giudizio,
  perche'   emesso   da  g.u.p.  funzionalmente  incompetente,  abbia
  ordinato  la  trasmissione  degli  atti  alla  procura distrettuale
  antimafia"   (cfr.   memoria   depositata   all'udienza   odierna);
      Sentito    il    pubblico    ministero;        Premesso    che:
          all'udienza  del  15  ottobre  1999, nell'ambito del citato
  procedimento  n.  12 (+ 13)/98 r.g., la Corte di assise di Salerno,
  presieduta  dal dott. Francesco Giulio Frega - giudice a latere, il
  dott.  Francesco  Siano  -  ha  dichiarato  la nullita' dei decreti
  dispositivi  del  giudizio emessi dal g.u.p. presso il tribunale di
  Nocera  Inferiore  in  data  29  dicembre  1997  - nei confronti di
  Cesarano Giovanni, Annunziata Alfonso, Sorrentino Salvatore e Cuomo
  Domenico  -  ed  in  data 29 gennaio 1998 - nei confronti di Aquino
  Carmine -, cosi' accogliendo l'eccezione proposta dal difensore del
  Cuomo  e fondata sull'asserita incompetenza funzionale del predetto
  giudice  alla  celebrazione  dell'udienza  preliminare;          la
  questione  era gia' stata sollevata in fase preliminare ex art. 491
  c.p.p.  ma  in  tale fase la Corte, disponendo dei soli elementi di
  valutazione  scaturiti  dal  fascicolo  per  il dibattimento, aveva
  ritenuto  che l'appartenenza degli odierni imputati - oltre che del
  Visciano  Angelo  (accusato  di  essere il mandante dell'omicidio e
  deceduto prima dell'inizio del procedimento) - ad un'organizzazione
  camorristica,   non   potesse   determinare,   di   per  se'  sola,
  l'attribuzione di competenza a trattare il procedimento, nella fase
  di  preliminari  indagini,  alla  procura distrettuale antimafia di
  Salerno  nonche', soprattutto, a radicare la competenza del giudice
  per  l'udienza  preliminare,  da  individuare  nel g.u.p. presso il
  tribunale  di  Salerno,  anziche' nel g.u.p. presso il tribunale di
  Nocera  Inferiore;          era  parso  invero  alla  Corte che non
  trascurabile    rilevanza    dovesse    esser   attribuita,   nella
  deliberazione  della questione, al movente del delitto, individuato
  dall'ufficio  di procura della Repubblica procedente nella ritenuta
  volonta'  del  Visciano  di  vendicare  il  tradimento della moglie
  Sorrentino  Carolina  con  l'uccisione  del  di lei amante Ambruoso
  Giuseppe;          in  fase avanzata dell'istruttoria dibattimento,
  tuttavia,  la Corte, nuovamente investita dell'eccezione sulla base
  delle  emergenze  probatorie,  pur  ribadendo  che  il  movente del
  delitto  fosse  un  elemento da considerare al fine di risolvere la
  questione,  rilevava come, dall'esame del Mar. CC Manzo e da quello
  reso  dal Mar. CC Marano Luigi, nonche' da circostanze affermate da
  alcuni  difensori  nel  corso  dell'udienza  del  11 ottobre 1999 e
  puntualmente  confermate  dal pubblico ministero dovesse pervenirsi
  all'opposta  conclusione  che  l'omicidio dell'Ambruoso, pur avendo
  come  causa  remota  una volonta' di vendetta riconducibile al c.d.
  delitto  d'onore, fosse stato comunque ideato e voluto dal Visciano
  per    ribadire    e   rafforzare,   all'interno   ed   all'esterno
  dell'organizzazione,   il   suo  prestigio  di  influente  capoclan
  camorrista.
                            O s s e r v a
    Da  quanto  sopra  esposto  emerge  come  la  precedente Corte di
  assise, composta, come l'attuale, dai giudici togati dott. ri Frega
  e  Siano,  al  fine  di risolvere l'ineludibile questione sollevata
  dalle parti, sia pervenuta, attraverso l'istruttoria dibattimentale
  giunta  in  fase  avanzata, ad una penetrante valutazione di alcuni
  rilevanti  aspetti  del  merito  della  vicenda processuale, si' da
  esprimersi   sulla   matrice   camorristica,  e  non  semplicemente
  personale  e  passionale,  dell'omicidio di Ambruoso Giuseppe (cfr.
  copia  dell'ordinanza  del  15 ottobre 1999, allegata).     Orbene,
  ritiene   oggi   la   Corte   che   la  questione  di  legittimita'
  costituzionale  sollevata dalle parti sia manifestamente infondata,
  ravvisando la sussistenza di contrasto tra il disposto dell'art. 34
  c.p.p.   comma   secondo   -   nella   parte  in  cui  non  prevede
  l'incompatibilita' alla funzione di giudizio del giudice che abbia,
  a  seguito  di  apertura del dibattimento e - per di piu' - in fase
  inoltrata  dell'istruttoria  dibattimentale riguardante il medesimo
  fatto  storico a carico dei medesimi imputati, emesso ordinanza con
  la   quale,  valutata  la  matrice  camorristica  e  non  meramente
  personale  del delitto di omicidio e dichiarata conseguentemente la
  nullita'  del  decreto  dispositivo del giudizio, perche' emesso da
  g.u.p.  funzionalmente incompetente, abbia ordinato la trasmissione
  degli atti alla Procura Distrettuale Antimafia - quantomeno con gli
  art.  3  e  111 (questo ultimo, come recentemente modificato) della
  Carta  costituzionale.      Si  rileva,  del  resto,  che  la Corte
  costituzionale  e'  gia'  ripetutamente  intervenuta nella delicata
  materia  con  numerose  pronunce,  fra  le  quali  merita di essere
  ricordata,   perche'   relativa   ad   una   concreta   fattispecie
  perfettamente  assimilabile  a  quella in esame, la sentenza n. 455
  del  1994  con  la  quale  il  giudice  delle  leggi  ha dichiarato
  l'illegittimita'  dell'art.  34,  comma  secondo,  c.p.p. "...nella
  parte  in  cui  non  prevede  l'incompatibilita'  alla  funzione di
  giudizio   del   giudice   che   abbia,   all'esito  di  precedente
  dibattimento,  riguardante  il  medesimo fatto storico a carico del
  medesimo  imputato,  ordinato  la trasmissione degli atti al p.m. a
  norma   dell'art.  521  comma  2  c.p.p.  (richiamando  la  propria
  giurisprudenza,  la Corte ha ribadito il principio secondo il quale
  deve  affermarsi  l'incompatibilita'  alla  funzione di giudizio in
  capo   al   giudice   che   abbia,  in  uno  stadio  anteriore  del
  procedimento,  espresso  una  valutazione  nel  merito della stessa
  materia  processuale  riguardante il medesimo incolpato, e cio' sia
  quando   questo   apprezzamento  sia  stato  compiuto  nel  momento
  conclusivo  delle  indagini  preliminari, sia quando esso sia stato
  compiuto  - come nel caso che ci occupa - in un precedente giudizio
  di  cognizione,  non potutosi concludere con sentenza".     Occorre
  per  di  piu'  considerare  che  il  medesimo  giudice delle leggi,
  nell'approfondire  i  profili  della  affermata  illegittimita', ha
  sancito  che  "...un dibattimento bis riguardante il medesimo fatto
  storico  ed  il  medesimo  imputato  non puo', pertanto, non essere
  attribuito  alla  cognizione  di  altro  giudice, trattandosi della
  stessa  ratio di tutela della imparzialita' e serenita' di giudizio
  che  informa  la  regola  posta  dall'art.  34  comma primo c.p.p.,
  affermativa dell'incompatibilita' del giudice che abbia pronunciato
  sentenza  in  un  precedente  grado  di  giudizio  relativamente al
  medesimo procedimento".     E' di tutta evidenza che il particolare
  caso  di  cui  si  e' occupata la Corte costituzionale sia in tutto
  assimilabile al caso che ci occupa poiche', in entrambi, il giudice
  ha espresso, nel corso del dibattimento, una valutazione nel merito
  della  materia  processuale  con  un provvedimento conclusivo della
  fase,  ancorche'  non rivestente carattere di sentenza.     Occorre
  infine  considerare  l'evidente  rilevanza  della questione, atteso
  che,   dalla   eventuale,   positiva   risoluzione   della  stessa,
  discenderebbe  l'incompatibilita'  dei  giudici  Frega e Siano alla
  trattazione del presente procedimento.
                              P. Q. M.
    Letto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara   la  non  manifesta  infondatezza  della  questione  di
  legittimita'  costituzionale dell'art. 34, secondo comma c.p.p. per
  contrasto  con  il  disposto  degli  artt.  3  e  111  della  Corte
  costituzionale,  nei  termini  e  con  motivi  come sopra esposti e
  precisati;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla  Corte
  costituzionale e la sospensione del giudizio in corso;
    Manda  alla  cancelleria  per le comunicazioni e notificazioni di
  rito, ivi compresa la comunicazione ai signori Presidenti delle due
  Camere del Parlamento;
    La  presente  ordinanza,  letta  in  udienza,  viene  allegata al
  relativo  verbale  per  formarne  parte  integrante  e  si  ha  per
  notificata  alle  parti  pubblica  e  private, ai sensi dell'ultimo
  comma dell'art. 23, legge n. 87/1953 cit.
    Cosi' deciso in Salerno, nella camera di consiglio, il 24 gennaio
  2000.
                        Il Presidente: Frega
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