N. 156 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 ottobre 1999

Ordinanza  emessa  il  27 ottobre  1999  dal  tribunale  di  Roma nel
procedimento  civile vertente tra Ferrovie dello Stato S.p.a. e Pucci
Giovanni
Previdenza  e  assistenza  sociale  -  Indennita'  di  buonuscita dei
dipendenti    dell'Ente    Ferrovie    dello   Stato   -   Previsione
dell'attribuzione della stessa (fino al 31 dicembre 1995), in caso di
decesso  del  dipendente  in  attivita'  di servizio, al coniuge e ai
discendenti   nonche'   agli  ascendenti  e  ai  fratelli  e  sorelle
permanentemente  inabili a proficuo lavoro ovvero di eta' inferiore a
21  anni,  conviventi e a carico - Mancata previsione dell'erogazione
agli  eredi  legittimi,  nella  specie  ai fratelli senza limitazione
alcuna,  come  stabilito  dall'art  2122,  comma  terzo  cod.  civ. -
Ingiustificata deroga al principio civilistico della trasmissibilita'
iure  successionis  del  trattamento  di  fine  rapporto  - Deteriore
trattamento dei ferrovieri rispetto ai dipendenti statali.
- Legge 14 dicembre 1973, n. 829, art, 16 sesto comma.
- Costituzione, art. 3.
(GU n.16 del 12-4-2000 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile in grado
  d'appello  iscritta al n. 40966 del ruolo generale civile dell'anno
  1994,  cui e' stata riunita quella n. 90809/94, tra S.p.a. Ferrovie
  dello  Stato in persona del legale rapp. pro tempore, elettivamente
  domiciliato  in  Roma, via Monteverdi n. 16, presso l'avv. Consolo,
  che  lo  rappresenta e difende giusta procura in atti appellante; e
  Pucci  Giovanni,  elettivamente  domiciliato  in Roma, Viale Giulio
  Cesare  n. 95,  presso l'avv. Palumbo, che lo rappresenta e difende
  come da procura in atti appellato;
    Oggetto:  appello  contro  la  sentenza  emessa  inter partes dal
  Pretore di Roma il 17 luglio 1995;
    Premesso  che:  Pucci  Giovanni conveniva in giudizio le Ferrovie
  dello   Stato   S.p.a.  per  sentir  riconoscere  il  diritto  alla
  corresponsione  dell'indennita'  di  buonuscita dovuta alla sorella
  Pucci Amedea, dipendente della societa', deceduta nell'aprile 1992.
    La  societa'  datrice di lavoro contestava il ricorso, deducendo,
  da  un  lato,  che  l'art. 16 della legge 14 dicembre 1973, n. 829,
  sull'opera  di  previdenza  a  favore del personale dipendente, nel
  disciplinare  la  corresponsione  dell'indennita'  di buonuscita ai
  superstiti,  presupponeva,  al comma 6, per i fratelli la vivenza a
  carico  ed  il  requisito dell'eta' (21 anni, o senza limiti d'eta'
  per  l'ipotesi  di  esistenza  di  inabilita' permanente a proficuo
  lavoro),    requisiti    entrambi    pacificamente   insussistenti;
  dall'altro,   che   l'art. 96   del  C.C.N.L.  prevedeva  che  "per
  l'iscrizione del personale all'Opera di previdenza e assistenza per
  i ferrovieri dello Stato e per le prestazioni a carico della stessa
  opera  continuano  ad  applicarsi le disposizioni di cui alla legge
  14 dicembre 1973, n. 829 e successive modifiche o integrazioni".
    Con  la  sentenza  in  oggetto, il pretore accoglieva la domanda.
  Riteneva,  infatti,  che il diritto fosse garantito dall'art. 2122,
  comma 3, c.c., norma imperativa non derogabile pattiziamente.
    Contro   la   decisione   ha   presentato  appello  la  societa',
  evidenziandone l'erroneita'. Ha resistito la controparte.
    Rilevato  che:  con  unico  motivo,  l'appellante ha censurato la
  decisione,  per  aver  ritenuto  che l'art. 2122 c.c. sia una norma
  inderogabile;  ha  evidenziato  che  le  parti collettive, in forza
  della  norma  pattizia  (piu'  sopra  descritta),  avevano ritenuto
  opportuno  applicare  al  rapporto la diversa normativa posta dalla
  legge del 1973, anche perche', diversamente al T.F.R., l'indennita'
  di  buonuscita  e'  una prestazione a carattere previdenziale e non
  retributivo;   ha   dedotto   che,  per  effetto  della  previsione
  dell'art. 21  della  legge  210/1985 (secondo cui sino a quando non
  sara' disciplinato l'assetto generale del trattamente previdenziale
  e  pensionistico  dei  dipendenti,  rimane  fermo il trattamento in
  atto)  la  norma  codicistica  non  puo'  trovare  applicazione; ha
  escluso  profili di incostituzionalita', non essendo la prestazione
  assimilabile al T.F.R.;
    Rilevato in diritto che:
        l'art. 2122  c.c.,  stabilisce  che  in  caso  di  morte  del
  prestatore  il  T.F.R.  spetta  al coniuge ed ai figli, nonche', se
  conviventi,  ai parenti entro il terzo grado e agli affini entro il
  secondo,  secondo  il bisogno di ciascuno (secondo comma); il terzo
  comma  stabilisce  che,  in  mancanza delle persone sopra indicate,
  l'indennita'  e'  attribuita  secondo  le  norme  della successione
  legittima;  il  quarto  comma  sancisce  la  nullita' di ogni patto
  anteriore   alla   morte   circa   l'attribuzione   e  ripartizione
  dell'indennita';
        la  disposizione  ha indubbia natura inderogabile, sol che si
  consideri,  da  un  lato, che non e' consentito disporre in via del
  diritto  in  modo  difforme  quanto ai beneficiari, dall'altro, che
  nell'ipotesi  prevista  dal terzo comma, qui ricorrente, l'acquisto
  avviene iure successionis (Cass. n. 1560 del 1974);
        e'  parimenti  acquisito  che  l'indennita'  di buonuscita da
  corrispondere,   alla   cessazione   del  rapporto  di  lavoro,  al
  dipendente  delle  Ferrovie  dello  Stato ha natura retributiva con
  funzione  previdenziale.  D'altra  parte,  il d.-l. 1o aprile 1995,
  n. 98,  art. 13,  convertito  con  legge  30 maggio  1995,  n. 204,
  prevede  espressamente  che sino al 31 dicembre 1995 il trattamento
  relativo  alla  cessazione  del  rapporto  di lavoro dei ferrovieri
  iscritti  all'Opafs  alla data del 31 maggio 1994 e' regolato dalla
  legge n. 829 del 1973;
        l'art. 21  della  legge n. 210 del 1985 stabilisce al comma 4
  che  "fino  a  quando non sara' disciplinato l'assetto generale del
  trattamento    previdenziale   e   pensionistico   dei   lavoratori
  dipendenti,  rimane  fermo  il  trattamento in atto". In assenza di
  limitazioni,  per  trattamento  non  puo' intendersi, come sostiene
  l'appellato, solo quello relativo ai criteri di quantificazione, ma
  tuot  court  quello  risultante dalla previgente normativa, esteso,
  quindi,  anche  ai  presupposti  ed  alle  condizioni stabilite per
  l'erogazione;
        deve,  allora, riconoscersi, anche in relazione all'epoca del
  decesso (aprile 1992), la perdurante vigenza dell'art. 16, comma 6,
  della  legge  14 dicembre  1973,  n. 829  (e  la  legittimita'  del
  riferimento  contrattuale),  che  subordina  la  possibilita' della
  successione  degli eredi legittimi, nella specie, il fratello, alla
  vivenza  a  carico  ed al requisito dell'eta' (21 anni), ove non vi
  sia   inabilita'  permanente  a  proficuo  lavoro;          in  tal
  contesto  legislativo,  appare  rilevante  (la  norma, nell'attuale
  formazione, e' decisiva ai fini della delibazione del diritto fatto
  valere   in   giudizio   dall'appellato,  fratello  del  de  cuius,
  impedendone  l'accoglimento  in  ragione dei requisiti di cui si e'
  detto,  nella  specie insussistenti) e non manifestamente infondata
  la  questione  di  illegittimita'  costituzionale  della richiamata
  norma,  per  violazione dell'art. 3 Cost., quindi per disparita' di
  trattamento,  non  solo  con riferimento alla disciplina dettata al
  codice  civile,  ma anche con l'art. 5 del d.P.R. 29 dicembre 1973,
  n. 1032,   che  nell'attribuzione,  nella  stessa  situazione,  dei
  diritti  iure  successionis,  prescindono dai richiamati requisiti.
  Del   resto,   la   Corte   costituzionale   ha   gia'  evidenziato
  l'incostituzionalita'  di  normative analoghe a quella che dovrebbe
  qui essere applicata (sent. 14 luglio 1988, n. 821; sent. 10 luglio
  1991, n. 319).
                              P. Q. M.
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di
  costituzionalita'  dell'art. 16,  comma 6,  della legge 14 dicembre
  1973, n. 829, per violazione dell'art. 3 Cost.;
    Sospende il giudizio;
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina altresi' che l'ordinanza di trasmissione sia notificata al
  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri e ai Presidenti delle due
  Camere del Parlamento.
        Roma, 27 ottobre 1999.
                     Il presidente: Lanzellotto
                                           Il relatore: Tatarelli
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