N. 169 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 febbraio 2000

Ordinanza  emessa  il  18  febbraio 2000 dal tribunale di Messina nel
procedimento penale a carico di Arnone Marcello ed altro
Processo penale - Giudizio abbreviato - Modifiche normative - Giudizi
di primo grado in corso alla data di efficacia del d.lgs. 19 febbraio
1999,  n. 51  -  Ipotesi  di  procedimenti  per  reato  punibile  con
l'ergastolo  per i quali, anteriormente alla nuova normativa, non era
ammesso  il  giudizio abbreviato - Possibilita' di chiedere tale rito
soltanto   "prima   dell'inizio   dell'istruzione  dibattimentale"  -
Disparita'  di  trattamento  tra  imputati  -  Lesione del diritto di
difesa.
- D.Lgs.  19  febbraio  1998,  art.  223;  modificato  dalla legge 16
  dicembre 1999, n. 479, art. 56.
- Costituzione, artt. 3 e 24.
(GU n.17 del 19-4-2000 )
                         LA CORTE DI ASSISE

    Ha  emesso  la  seguente  ordinanza  nel procedimento a carico di
  Arnone   Marcello   e   Molonia  Giovanni,  imputati  dell'omicidio
  pluriaggravato  di  Basile  Saverio  e  Morciano  Domenico,  e  dei
  connessi  reati  in  materia di armi, commessi il 17 agosto 1990 in
  Messina.      Il difensore di Arnone Marcello, all'inizio di questa
  udienza  dibattimentale,  destinata,  esaurita  l'assunzione  delle
  prove  di  accusa,  all'esame  del  suo assistito, collaboratore di
  giustizia,  ha  eccepito la illegittimita' costituzionale, ai sensi
  dell'artt.  24 e 25 della Costituzione, dell'art. 223 del d.lgs. 19
  febbraio  1998.  n. 51. Norme in materia di istituzione del giudice
  unico,  cosi'  come modificato dall'art. 56 della legge 16 dicembre
  1999, n. 479.     Il pubblico ministero ha chiesto che la questione
  sia   dichiarata   manifestamente  infondata.      La  problematica
  sottoposta all'esame di questa Corte scaturisce evidentemente dalle
  modifiche  introdotte dalla recente legge 16 dicembre 1999, n. 479,
  contenente,  tra  l'altro, modifiche al codice di procedura penale,
  che  ha  per  un  verso  inciso  radicalmente  sulla natura e sulla
  struttura  del giudizio abbreviato, ponendo quale unico presupposto
  del  rito  alternativo  la richiesta dell'imputato, che puo' essere
  subordinata ad una integrazione probatoria necessaria ai fini della
  decisione,  che  il giudice, che dispone il giudizio abbreviato con
  ordinanza,  reputi effettivamente tale e che appaia compatibile con
  le finalita' di economia processuale proprie del procedimento (art.
  438  del  codice  di  procedura  penale,  nuovo testo); la modifica
  dell'art. 223  del  d.lgs.  n. 51 del 1998, con la soppressione del
  riferimento  alla  necessita'  dell'acquisizione  del  consenso del
  pubblico  ministero,  e'  coerente con il nuovo impianto normativo.
      Per  altro  verso  il  legislatore, con la normativa citata, ha
  colmato  una  lacuna  del  sistema  prodotta  dalla declaratoria di
  illegittimita' dell'art. 442 del codice di procedura penale, che la
  Corte  costituzionale,  con  sentenza  del  23 aprile 1991, n. 176,
  aveva  dichiarato in contrasto con l'art. 76 della Costituzione per
  violazione dei criteri della legge-delega (visto art. 2 n. 53 della
  legge  16 febbraio 1987, n. 81), nella parte in cui contemplava, al
  di  fuori  di  una corrispondente previsione della stessa legge, la
  sostituzione della pena dell'ergastolo, in caso di condanna, con la
  pena  di trenta anni di reclusione; la normativa piu' recente si e'
  limitata  a  reintrodurre,  con  previsione  di  rango primario che
  sfugge   alle   censure   perche'  frutto  di  una  precisa  scelta
  legislativa,    il    periodo   espunto   dalla   declaratoria   di
  illegittimita' costituzionale.     Tuttavia le modifiche introdotte
  si  riflettono  sulla  norma  transitoria dell'art. 223, rendendone
  evidenti  i  limiti  di  legittimita'  alla luce degli artt. 3 e 24
  della  Costituzione  ed  imponendo  a questa Corte di dichiarare la
  questione  non  manifestamente  infondata.      Secondo la costante
  interpretazione  giurisprudenziale  (affermatasi  definitivamente a
  partire  da  Cassazione  S.U.  6  marzo  l992, in proc. Piccillo ed
  altro;  vista  tra le piu' recenti, ex multis, Cassazione 25 maggio
  1998,   Aleci   ed   altro),   "per   effetto  della  pronuncia  di
  illegittimita'  costituzionale dell'art. 442, comma secondo, ultimo
  periodo,  codice  di  procedura penale, il giudizio abbreviato" non
  era piu' "ammesso quando l'imputazione enunciata nella richiesta di
  rinvio  a  giudizio  concerne  un  reato punibile con l'ergastolo",
  difettando  il  giudice  per  le indagini preliminari del potere di
  definire  il  giudizio  con  le  forme  di cui agli artt. 441 e 442
  codice  di  procedura  penale  anche  ove ritenesse di irrogare una
  sanzione  diversa  dall'ergastolo.      La preclusione insuperabile
  riguardava  peraltro  anche  il giudice del dibattimento, a cui non
  era  consentito di trarre in questo caso le conseguenze consentite,
  in  generale,  da  altre due note pronunzie di incostituzionalita',
  che  lo  abilitavano  ad  applicare all'imputato la riduzione di un
  terzo  della pena a dibattimento concluso, ove fosse stato ritenuto
  ingiustificato  il  dissenso  del pubblico ministero (che era stato
  obbligato  dalla  stessa  sentenza  n. 81  del  15 febbraio 1991 ad
  enunciare  le  ragioni  di  tale  dissenso),  oppure  ove  si fosse
  ritenuto  il  processo  gia'  definibile  allo stato degli atti dal
  giudice  per le indagini preliminari (sentenza n. 23 del 31 gennaio
  1992).     Nel caso in esame, anche ai fini della valutazione della
  rilevanza   della   questione   proposta,   va   rilevato   che  la
  contestazione  sub  b)  concerne  un  duplice omicidio aggravato ai
  sensi  dell'art.  577,  primo  comma,  n. 3  e  n. 4, codice penale
  (perche'  si ipotizza la premeditazione e la futilita' dei motivi),
  astrattamente    punibile    con   l'ergastolo   gia'   in   virtu'
  dell'inserimento  di  una  sola  delle  due  aggravanti contestate.
      Cio'  ha  determinato,  in  occasione  dell'udienza preliminare
  sfociata nel decreto che dispone il giudizio del 19 settembre 1996,
  l'impossibilita' di accedere al rito abbreviato, con il diritto, in
  caso  di  condanna,  all'abbattimento  della  pena,  e  l'eventuale
  richiesta  in  tal  senso avanzata avrebbe dovuto essere rigettata.
      Peraltro,   modificato   l'impianto   generale   del   giudizio
  abbreviato,  e  configurato  una  sorta  di  vero e proprio diritto
  pressoche'  incondizionato dell'imputato ad ottenere la definizione
  del  procedimento  nelle forme del rito speciale e a conseguire, in
  caso   di   condanna,  la  riduzione  della  pena,  la  limitazione
  introdotta  dalla  norma  transitoria  dell'art.  223, che consente
  all'imputato,   in   una   prospettiva  che  appare  esclusivamente
  deflazionistica,  di  formulare la richiesta solo prima dell'inizio
  dell'istruzione   dibattimentale,   sembra  arbitraria  e  comprime
  irragionevolmente  il diritto di difesa.     Sotto il primo profilo
  la  norma,  divenuta  proponibile, con la legge n. 479 del 1999, la
  richiesta  di giudizio abbreviato anche in presenza di reati puniti
  con l'ergastolo, risulta discriminatoria, in violazione dell'art. 3
  della  Costituzione,  per gli imputati che a suo tempo la richiesta
  non   avanzarono   attesa  l'impossibilita'  di  accedere  al  rito
  alternativo,  o  che  si  videro per le stesse ragioni rigettare la
  richiesta,  prima  ancora  di  incontrare  il dissenso del pubblico
  ministero,  e  che,  oggi,  avendo  superato il procedimento che li
  riguarda  il  momento  finale  di  proponibilita'  dell'istanza, si
  trovano  negata la possibilita' di conseguire, in caso di condanna,
  la  cospicua  riduzione  della  pena  prevista  dalla legge.     Ed
  invero,   anche   se   l'inizio   dell'istruzione   dibattimentale,
  eventualmente  in  fase  di esaurimento, priverebbe lo strumento di
  effetti  concreti  sul  piano della deflazione dei dibattimenti, la
  scelta  di  questa  unica  prospettiva  tralascia  di considerare i
  cospicui  effetti,  sul  piano  sostanziale, che comporta la scelta
  dell'imputato di accettare che assurgano al rango di prova elementi
  che  non  possiedono originariamente tale valenza.     E sotto tale
  profilo   la   norma   censurata   viola   anche  l'art.  24  della
  Costituzione,  comprimendo  il diritto di difesa e condizionando la
  produzione  di  rilevanti  conseguenze di ordine sanzionatorio, che
  vanno   certamente   al   di   la'  del  rito,  ad  una  soglia  di
  ammissibilita'  il  cui  superamento  costituisce un dato del tutto
  casuale,  estraneo  alle  scelte delle parti o dello stesso giudice
  che procede.
                              P. Q. M.
    Visti  gli  artt.  1, della legge costituzionale 9 febbraio 1948,
  n. 1,  e  23,  della  legge  11 marzo 1953, n. 87;     Dichiara non
  manifestamente    infondata    la    questione    di   legittimita'
  costituzionale  dell'art.  223  del  d.lgs.  del  19 febbraio 1998,
  n. 51,  norme  in  materia  di istituzione del giudice unico, cosi'
  come  modificato dall'art. 56 della legge 16 dicembre 1999, n. 479,
  in  relazione  agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in
  cui, nei giudizi di primo grado in corso alla data di efficacia del
  decreto, nei quali il giudizio abbreviato non era ammesso attesa la
  contestazione  di  un  reato  punibile  con  l'ergastolo, limita la
  possibilita'  dell'imputato  di  chiedere  il  giudizio abbreviato,
  consentendolo     solo     prima     dell'inizio    dell'istruzione
  dibattimentale;      Dispone l'immediata trasmissione degli atti, a
  cura  della  cancelleria,  alla  Corte costituzionale e sospende il
  giudizio   in   corso;       Ordina  altresi'  che,  a  cura  della
  cancelleria, la presente ordinanza sia notificata al Presidente del
  Consiglio  dei Ministri e comunicata ai presidenti delle due Camere
  del Parlamento.         Messina, addi' 18 febbraio 2000.
                        Il Presidente: Suraci
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