N. 261 ORDINANZA (Atto di promovimento) 17 marzo 2000
Ordinanza emessa il 17 marzo 2000 dal tribunale di Bologna nel procedimento di esecuzione promosso da Vismara Umberto contro Nuovo Poliambulatorio Felsineo S.r.l. Esecuzione forzata - Sospensione dell'esecutivita' del titolo da parte del giudice del merito (nella specie: sospensione dell'esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo da parte del giudice dell'opposizione) - Effetti nel processo esecutivo gia' iniziato - Potere del giudice dell'esecuzione di dichiarare l'estinzione della procedura, o comunque la perdita di efficacia ex tunc del pignoramento - Mancata previsione - Irragionevole disparita' di trattamento fra posizioni debitorie parimenti meritevoli di tutela - Violazione del diritto di difesa. - Cod. proc. civ., artt. 649, 630 e 623. - Costituzione, artt. 3 e 24.(GU n.22 del 24-5-2000 )
IL TRIBUNALE Nella procedura n. 1984/1999 r.g. promossa da Vismara Umberto, elettivamente domiciliato presso e nello studio dell'avv. Davide Moretto, del foro di Bologna, in Bologna, via Rizzoli n. 4, che lo rappresenta e difende unitamente agli avv.ti Caterina Pini e Luca Verderi del foro di Parma, come da procura a margine dell'istanza di vendita depositata il 28 luglio 1999; Contro Nuovo Poliambulatorio Felsineo S.r.l., elettivamente domiciliato presso e nello studio dell'avv. Luigi Andrea Cosattini, del foro di Bologna, in Bologna, via degli Artieri n. 2, che lo rappresenta e difende come da procura a margine dell'istanza di sospensione ex art. 623 c.p.c. depositata il 3 novembre 1999; Ha pronunciato la seguente ordinanza a scioglimento della riserva formulata in esito all'udienza del 16 dicembre 1999 e dato atto della scadenza dei termini assegnati alle parti dal g.e. il 5 gennaio 2000, nonche' delle memorie pervenute successivamente dalle stesse; Osserva in fatto e in diritto 1. - In data 5 luglio 1999 e su istanza di Vismara Umberto veniva notificato al Nuovo Poliambulatorio Felsineo S.r.l. atto di precetto per la somma di complessive L. 9.840.841 unitamente al titolo esecutivo, costituito dal decreto ingiuntivo, provvisoriamente esecutivo, del 21 maggio 1999, con il quale il pretore di Parma aveva ingiunto al Nuovo Poliambulatorio il pagamento in favore di Vismara della somma di L. 8.012.000, a titolo di corrispettivo dovuto per l'esecuzione di alcuni lavori di ristrutturazione e con esonero dal termine di cui all'art. 482 c.p.c.; sulla base di tale atto, nella stessa data del 5 luglio 1999, veniva eseguito altresi' il pignoramento mobiliare dei beni del debitore per un importo stimato in quella sede ex art. 518 c.p.c. di complessive L. 11.950.000 (cfr. verbale di pignoramento). 2. - Con atto depositato il 3 novembre 1999 il debitore esecutato proponeva istanza di sospensione dell'esecuzione ai sensi degli artt. 623 e s. c.p.c., assumendo al riguardo che, a seguita di tempestiva opposizione proposta avverso il decreto provvisoriamente esecutivo del 21 maggio 1999, il tribunale di Parma, con ordinanza del 27 agosto 1999, aveva nel frattempo sospeso la provvisoria esecutorieta' del decreto ingiuntivo opposto ai sensi dell'art. 649 c.p.c.; chiedeva, pertanto, che il giudice dell'esecuzione disponesse la sospensione della procedura esecutiva. 3. - Con decreto inaudita altera parte del 16 novembre 1999 questo giudice sospendeva la procedura esecutiva disponendo altresi' la convocazione delle parti per l'eventuale provvedimento di estinzione, da adottare - in tesi - dopo l'instaurazione del pieno contraddittorio; all'udienza del 16 dicembre 1999 il debitore esecutato insisteva per la sospensione della procedura esecutiva, ma chiedendo che ne venisse, comunque ed altresi', dichiarata l'estinzione; deduceva in particolare, sotto il primo profilo, che doveva ritenersi ammissibile l'istanza di sospensione proposta al giudice dell'esecuzione, non vertendosi, nella specie, in ipotesi di sospensione ad opera del giudice davanti al quale e' impugnato il titolo esecutivo, contemplata dalla prima parte dell'art. 623 c.p.c., norma applicabile solo nell'ipotesi di impugnazione di sentenza avente efficacia esecutiva; lo stesso esecutato deduceva inoltre e tuttavia che, essendo l'esistenza (attuale) di un titolo munito di efficacia esecutiva presupposto necessario per una valida prosecuzione del processo espropriativo, in caso di sospensione della provvisoria esecuzione del titolo doveva ritenersi venuta altresi' meno una condizione indefettibile dello stesso processo. 4. - Replicava per contro il creditore che, essendo stata l'esecuzione gia' sospesa con il provvedimento del giudice dell'opposizione ai sensi dell'art. 649 c.p.c., nessun potere di sospensione ulteriore poteva ritenersi sussistente in capo al giudice dell'esecuzione con la conseguenza che l'istanza proposta doveva ritenersi inammissibile o, comunque, improponibile, per carenza di interesse; chiedeva, pertanto, il rigetto dell'istanza di sospensione con condanna del debitore alle spese del giudizio; quanto alla questione relativa all'estinzione del processo esecutivo, deduceva il creditore che, per giurisprudenza consolidata della suprema Corte, la sospensione dell'esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo, disposta dal giudice dell'opposizione, non avrebbe potuto determinare l'estinzione del processo esecutivo intrapreso in forza del predetto titolo ne' avrebbe potuto incidere sulla validita' degli atti (esecutivi) gia' compiuti, non integrando alcun provvedimento di "revoca" dell'efficacia esecutiva del titolo medesimo. 5. - Ritiene questo g.e. che, in effetti, il consolidato orientamento formatosi presso i giudici di legittimita' (da ultimo Cass. 12 gennaio 1999, n. 261, Ced Cass. civ., 522227, Cass. 16 ottobre 1992, n. 11342, in Giust. civ. Mass. 1992, "esecuzione forzata", 10, Cass. 3 maggio 1991, n. 4866, in Giur. it. 1992, I, 1, 744), non contraddetto che da sporadiche pronunce di segno contrario della giurisprudenza di merito (Pret. Latina 9 febbraio 1994, in Giust civ. 1995, I, 1099), possa qualificarsi alla stregua di diritto vivente sostanzialmente preclusivo della possibilita', per il giudice dell'esecuzione, di annoverare tra gli atti interdittivi della prosecuzione del processo un provvedimento diverso da una piu' semplice e ricognitiva pronuncia attestativa della venuta meno, con effetti ex nunc, della esecutorieta' del titolo. 1. - E' divenuto in altri termini jus receptum l'indirizzo secondo cui allorche', come nel caso oggetto di giudizio, il provvedimento assistito da forza esecutiva sia privato di quest'ultima da parte del giudice deputato alla cognizione, nel merito, della pretesa sostanziale, l'effetto conseguente proprio del procedimento esecutivo nel frattempo instaurato sia il mero arresto - con efficacia dunque ex nunc - della misura interdittiva (rectius: sospensiva) della esecutorieta' del titolo; cio' significa che, al di la' del mezzo processuale introducibile da parte del debitore esecutato, il soggetto passivo dell'espropriazione puo' limitarsi a rappresentare ex art. 486 c.p.c. al g.e. tale causa di arresto dell'esecuzione che, formatasi ab externo ma incidendo direttamente sul titolo, non consentirebbe pero' al giudice dell'espropriazione stesso alcuna potesta' valutativa ulteriore: egli infatti deve prendere atto che il titolo esecutivo e' venuto modificandosi proprio nella sua idoneita' a sorreggere la proseguibilita' dell'espropriazione; indipendentemente, come detto, dall'atto processuale introduttivo dell'eccezione (non essendo necessaria alcuna opposizione ex art. 615 o 617 c.p.c., ma nemmeno - come nella vicenda in esame - essendovi preclusione a considerare idoneo allo scopo anche un atto di formale opposizione) il g.e. e' condizionato nella sua stessa potesta' esecutiva, con effetti che, raccordati ad un caso di diretta esemplificazione dell'art. 623 c.p.c., si differenziano da ogni altra vicenda in cui sia lo stesso g.e. a sospendere l'esecuzione. 2. - Oltre dunque i casi di sospensione necessaria ex lege (come l'instaurazione incidentale del processo divisorio ex artt. 599-601 c.p.c. e la fissazione del giudizio contestativo circa la dichiarazione del terzo ex art. 548 c.p.c.) e le ipotesi in cui il medesimo potere interinale sia adottato dallo stesso g.e. sollecitato dalle opposizioni all'esecuzione, agli atti esecutivi o di terzo, la procedura esecutiva ancora potrebbe dirsi sospesa quando il titolo che la sorreggeva sin da suo sorgere venisse privato della esecutorieta' dal giudice "davanti al quale e' impugnato" ex art. 623 prima parte c.p.c.; l'esercizio di tale potere ad opera del giudice istruttore dell'opposizione al decreto ingiuntivo ne realizzerebbe un esempio: cosi' nell'art. 649 c.p.c. l'ordinanza non impugnabile costituisce un effetto ablativo sulla esecuzione provvisoria del decreto, gia' concessa ex art. 642 c.p.c., ma - nell'ambito dell'orientamento ritenuto costante della giurisprudenza - non cosi' radicale da far perimere il processo esecutivo nel frattempo iniziato; parimenti, in un diverso caso, il giudice di secondo grado puo' disporre con ordinanza non impugnabile emessa ex art. 373 c.p.c. "che l'esecuzione sia sospesa", avuto riguardo alla sentenza nel frattempo impugnata avanti alla Corte di cassazione e gia' azionata in executivis dal creditore ovvero ancora con ordinanza non impugnabile ex art. 351 c.p.c. sull'istanza di sospensione della sentenza di primo grado svolta ex art. 283 c.p.c. 3. - Nella vicenda sottoposta all'esame del g.e. e' stata prospettata, a chiarimenti, l'esigenza di individuazione autonoma dei confini da ascrivere alla potesta' sospensiva dedotta avanti al giudice dell'espropriazione stessa, al fine di valutare se l'arresto, in termini (interinali e) meramente ricognitivi gia' disposto sul mero ricorso e dunque con decreto, necessitasse o meno di una precisazione circa i limiti di efficacia da assicurare alla stessa misura rispetto agli atti gia' compiuti; cio' implica l'interrogativo circa il convincimento se possa darsi ancora espropriazione non in costanza di titolo esecutivo e, pertanto, ricorrendo all'unico atto conseguente a tale piu' radicale avviso, cioe' l'ordinanza di estinzione; una aversa pronuncia meramente ricognitiva dell'evento-sospensione (gia' costituente il contenuto del provvedimento di altro giudice) ovvero autonomamente riflettente l'espressione di un potere sospensivo del g.e. stesso (pur se derivativo e di latitudine identica a quelli pronunciabili in esito alle opposizioni), non pare infatti definitivamente voluta dalla societa' debitrice, nel presupposto che, evidentemente, non avrebbe realizzato gli effetti di perenzione e restitutori chiaramente postulati dall'esecutata(v. memoria 17 febbraio 1999); al di la' delle improprieta' lessicali adottate (ed in parte, allo stato attuale della normativa, condizionate dal dualismo schematico che presiede agli istituti che interrompono la sequenza degli atti espropriativi per effetto di attivita' provvedimentale interna e dunque del solo giudice che li governa), la stessa istanza di "sospensione" autonomamente svolta avanti al g.e., la rappresentazione del legame tra permanenza della esecutivita' del titolo e processo esecutivo, l'utilizzo di un istituto residualmente sollecitatorio verso il g.e. quanto alla verifica della permanenza delle condizioni di attualita' dell'azione esecutiva rendono attuale la disamina, comunque anche officiosa, dei mezzi adottabili per la realizzazione dell'evento voluto dalla debitrice; la differenza principale tra tutte le forme considerate di sospensione ed un atto provvedimentale che, invece, travolga il processo esecutivo per mancanza di titolo esecutivo e' data proprio dall'incidenza meramente ex nunc delle prime ed all'opposto ex tunc del secondo; l'ordinanza di estinzione, almeno quoad effectum, potrebbe dunque essere pronunciata perche' solo tale provvedimento, muovendo dal presupposto per cui l'esecuzione forzata deve essere retta per tutto il suo corso da un titolo esecutivo, consentirebbe al debitore di fruire degli effetti ripristinatori della disponibilita' dei beni e ablativi del vincolo ed al creditore di avversare da subito tale caducazione ex tunc provocandone la rimeditazione ex art. 178 c.p.c. ad opera di giudice diverso e di seconda istanza, anzi condizionando al non reclamo la efficacia dell'ordinanza medesima. 4. - Ritiene questo g.e. che, cosi' impostata la questione, il piu' volte citato orientamento prevalente non consenta in realta' spazi interpretativi per un allargamento dei potere sospensivo esterno sino a riflettere una suscettibilita' caducativa ex tunc del pignoramento nel frattempo attuato; parimenti si dubita che la diversa, obbligata, attivita' provvedimentale sia coerente almeno con due disposizioni costituzionali: l'art. 3 e l'art. 24 Cost. 5. - Sotto il primo profilo, ancora interpretativo, condivide questo g.e. le perplessita' ricostruttive dell'esatta latitudine delle norme che, a vario titolo qualificanti siccome meramente sospensivo il potere ablatorio dell'esecutivita' del titolo ex art. 649 c.p.c. (ovvero anche ex artt. 373 o 351 c.p.c..), hanno conosciuto proposte rimeditative entro un'area di effetti volta a ricomprendere, di volta in volta, anche un piu' radicale potere di revoca della esecutivita' stessa; come noto tali suggestioni (cfr. isolato trib. Alessandria 23 dicembre 1994, in Giust. civ. 1995, I, 1099) hanno preso le mosse, essenzialmente con riguardo al potere del g.i. della causa di opposizione a decreto ingiuntivo, dalla diffusa opinione di ricercare in via analogica tale potere ablatorio piu' forte direttamente dagli artt. 283 e 351 c.p.c. che, anteriormente alla riforma di cui alla legge 26 novembre 1990, n. 353, effettivamente contemplavano una distinzione tra "sospensione" e "revoca"; ascrivere la prima ad un riconoscimento di inopportunita' della provvisoria esecutivita' e la seconda, invece, ad una delibata ragione di inesistenza delle condizioni di legittimita' per la concessione della clausola, era divenuto indirizzo in parte condiviso; oggi, tuttavia, il dato testuale di riferimento analogico e' venuto meno e, con esso, diviene operazione ancor meno plausibile quella che, muovendo da un preteso carattere generale del potere di revoca, ancora distingua, in ogni caso di esercizio di un potere lato sensu e testuale di tipo sospensivo, una doppia natura della sospensione; e' dunque di rappresentazione priva di base normativa diretta la possibilita' di configurazione di una sospensione dell'efficacia esecutiva di un titolo con efficacia immediata e rivolta al solo futuro (sospensione in senso stretto) e di una piu' radicale sospensione dell'efficacia esecutiva del titolo con conseguenze anche retroattive (c.d. revoca). 6. - Ne' ad identico approdo potrebbe pervenirsi, pur sulla base di autorevoli stimoli della dottrina posteriore alla novella di cui alla legge n. 353/1990, allorche' si volesse immaginare tale dualismo di esiti ancora sopravvissuto alla scomparsa testuale dei referenti codicistici gia' utilizzati in via analogica: a dire il vero la riflessione teorica, condotta proprio attorno alla portata dell'art. 649 c.p.c., non ha mancato di sottolineare non tanto la superfluita' di quelle norme chiamate alla vocazione dell'eadem ratio, quanto l'inclusione originaria del potere di ablazione della esecutivita' del titolo esecutivo gia' nell'ambito del potere formalmente solo sospensivo; in altri termini e' stato sostenuto che l'esercizio del potere sospensivo sul titolo ricomprende di necessita' anche il periodo anteriore all'esecuzione, per cui "il potere esercitato dal giudice in tal momento ha quindi forza di incidere solo sull'esecutorieta' del decreto, cioe' sulla clausola che lo rende esecutivo [...] qualunque etichetta si voglia apporre al potere esercitato, questo si riferira' sempre all'esecutivita' (o esecutorieta') del decreto, avra' cioe' ad oggetto la qualita' del provvedimento che ne fa un titolo esecutivo"; tale premessa e' stata giustificata allora quale presupposto per negare che la sospensione ab externo del titolo esecutivo possa avere per oggetto l'esecuzione-procedimento, poiche' essa ben potrebbe essere adottata quando nemmeno un'esecuzione sia stata promossa, per cui "il provvedimento di sospensione impedisce l'inizio dell'esecuzione nello stesso identico modo di un provvedimento che vada sotto il nome di revoca"; in realta' tale prospettiva, alla base dell'ordinanza del g.e. qui reclamata ovvero non voluta, sembra contrastare con il dato letterale di cui alla prima parte dell'art. 623 c.p.c. che, indipendentemente dalla condivisibilita' definitiva di tale lettura, e' oggi correntemente inteso come luogo riassuntivo dell'unica vicenda sospensiva, nelle prime due ipotesi - di regola - incidente sul titolo e, per converso, sul processo esecutivo e, nella seconda parte, piu' direttamente e solo sull'espropriazione; e' tale limitato ambito che questo g.e. ritiene di applicazione cogente e, tuttavia, dubitabilmente difforme dalla Carta costituzionale. 7. - In primo luogo si ravvisa una evidente illogicita' di realizzazione della tutela economica, sotto il profilo dell'art. 3 Cost., con riguardo a posizioni soggettive debitorie parimenti ed identicamente meritevoli di apprezzamento: se l'esecutorieta' del titolo viene arrestata in virtu' del provvedimento di sospensione, sulla base di tale pronuncia giudiziale nessuna espropriazione potrebbe essere iniziata e tuttavia, qualora promossa, l'esecutato ne subirebbe gli effetti sino al momento della diversa definizione processuale a proprio vantaggio della situazione di diritto gia' delibata come suscettiva di contrastare l'esecutivita' del titolo; nel caso de quo la societa' Nuovo Poliambulatorio Felsineo S.r.l. potrebbe ottenere la rimozione definitiva del vincolo nato per effetto del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo solo per effetto della sentenza con cui altro giudice, accogliendo appunto l'opposizione, sostituisse con altra statuizione quella del giudice del monitorio; per converso alla base della stessa pronuncia monitoria (del 21 maggio 1999) gia' dal 26 agosto 1999 non era piu' possibile attivare alcun pignoramento; l'irragionevole disparita' di trattamento fra situazioni tutte meritevoli di tutela si correla, infatti, alla efficacia meramente ex nunc che la sospensione, come ricostruita, mantiene nel nostro sistema; cosi' il debitore ingiunto sulla base di decreto ingiuntivo la cui provvisoria esecutivita' sia stata sospesa ex art. 649 c.p.c. resterebbe esposto agli effetti di vincolo nel frattempo instaurati con il pignoramento, tra cui il blocco della disponibilita' dei beni, come accaduto nella vicenda di causa; in essa, un pignoramento attuato sui beni del debitore ha costituito nel medesimo (rectius: nel legale rappresentante della S.r.l.) il custode del compendio con impossibilita' di restituzione dello stesso al debitore, potendo invero il g.e., sulla base della qui ritenuta apparentemente necessaria applicazione dell'art. 623 c.p.c., solo limitarsi tutt'al piu' ad atti di mera conservazione dei beni ed urgenti; un diverso debitore non ancora esecutato non avrebbe subito invece alcun vincolo sul proprio patrimonio e tale differenza di trattamento, meramente dipendente dalla casualita' temporale con cui il titolo esecutivo e' stato azionato, determina una disparita' di tutela irragionevolmente non rimediabile da parte del debitore. 8. - Il secondo profilo inciso concerne invero l'art. 24 Cost.: ottenuto, da parte del debitore, il distacco della esecutivita' del titolo dalla sua natura condannatoria (od ingiunzionale), cio' procura l'immediato arresto dell'espropriazione nel frattempo iniziata senza tuttavia che i beni, gia' pignorati, si trovino in una situazione ragionevolmente diversa da quella propria di beni pignorati con titolo esecutivo non sospeso; e' vero che la sospensione dell'esecutivita' del titolo non permette l'ulteriore compimento degli atti espropriativi ma risalta la circostanza per cui i beni nel frattempo staggiti si situano in una condizione di vincolo singolarmente simile a quelli oggetto di espropriazione con titolo esecutivo inalterato (poiche' non rientrano comunque nella disponibilita' piena del debitore) ed a quelli oggetto di sequestro conservativo, ancora non convertito in pignoramento (perche' conservati, de jure, in funzione di una potenziale riespandibilita' del titolo ove riacquisisse l'esecutivita'); ancora, mentre i beni oggetto di sequestro subiscono una limitazione di disponibilita' in capo al loro titolare sulla base di una attivita' provvedimentale oramai pienamente improntata al principio del contraddittorio, come evincibile dal sistema del procedimento cautelare uniforme (ex artt. 669-sexies e 669-terdecies c.p.c.) e dalla manipolazione additiva residuata ex art. 669-quaterdecies per i procedimenti cautelari speciali, non e' cosi' per il pignoramento iniziato sulla base di titolo esecutivo poi sospeso ab externo rispetto all'espropriazione; puo' cioe' accadere che un titolo esecutivo di formazione monitoria (dunque privo di interlocuzione processuale originaria, preventiva o necessaria) sia privato della esecutivita' per effetto di una rimeditazione dei suoi presupposti, fase processuale di necessaria formazione in contraddittorio (cosi' per il decreto ingiuntivo l'art. 649 c.p.c.) e pur tuttavia si avrebbe sopravvivenza dell'espropriazione, quanto meno con riguardo alla permanenza del vincolo sui beni nel frattempo staggiti; dunque una vicenda processuale piu' accentuatamente dialettica invero maturata sino alla definizione sospensiva del titolo esecutivo mostrerebbe di non reagire se non debolmente sullo status dei beni nel frattempo ed in origine staggiti per effetto di un provvedimento giudiziale pronunciato senza contraddittorio ma attualmente delibato con prognosi cui non e' estraneo un giudizio di possibile rimozione del titolo stesso (sentenza di primo grado sull'opposizione al d.i.); lo stesso effetto impropriamente cautelare sarebbe implicato dal permanere dell'espropriazione, pur non suscettibile di prosecuzione con atti esecutivi diversi da quelli meramente conservativi, anche se tale esigenza di mantenimento dei beni a garanzia della prospettata pretesa del creditore gia' pignorante non e' piu' sorretta dall'attualita' del titolo esecutivo (la sua sospensione non potrebbe dare inizio, ex se, ad un processo esecutivo autonomo) ovvero da altro provvedimento tipicamente anticipatorio; la violazione dell'art. 24 della Costituzione sembra a questo giudice evidente, in ogni caso, ove l'art. 623 c.p.c. direttamente ovvero, come nella vicenda di causa, l'art. 649 c.p.c. (o il combinato disposto delle due norme), non contemplano un'efficacia del potere sospensivo, gia' proprio dell'ordinanza non impugnabile, diretta ad incidere anche retroattivamente sull'esecuzione nel frattempo eventualmente (e casualmente) iniziata, rimuovendone gli effetti ex tunc; cio' sarebbe attuabile in via diretta ovvero mediante una previsione, parimenti ora non prevista, di una causa di estinzione del processo; la tutela difensiva cosi' accordata all'esecutato appare priva di strumentazione idonea a modificare la sorte di blocco dei beni causato dal pignoramento, secondo una gradazione di incompletezza palese rispetto al debitore sequestrato che, invece, ottenendo la revoca della misura cautelare puo' da subito sottrarre i beni prima vincolati alla condizione deteriore sui medesimi instaurata. 9. - Un diverso, piu' costituzionalmente corretto, assetto di compatibilita' fra la rimozione ab origine degli effetti del pignoramento e la legittimita' degli atti espropriativi nel frattempo invece adottati sembra invece, allo stato, sostituito dagli stretti confini degli istituti risarcitori, dunque indirettamente e dilatoriamente funzionale a rimuovere ex post eventuali pregiudizi connessi ad un cattivo uso della forza esecutiva del titolo piuttosto che a ripristinare da subito una condizione giuridica di status dei beni omogenea all'assenza, nel frattempo sopravvenuta, di esecutivita' del titolo per effetto del cui azionamento i beni stessi erano stati sottoposti a vincolo; tale previsione, solo indiretta ed eventuale, evidenzia non solo un vuoto di tutela ma, ai fini del presente provvedimento, un'ingiustificata conseguenza di una disciplina normativa che, non prevedendo l'efficacia retroattiva della caducazione esterna del titolo esecutivo, parifica, in violazione degli artt. 3 e 24 Cost., la "sospensione" dell'efficacia esecutiva del titolo esecutivo alla "sospensione del processo esecutivo", la prima decisa al di fuori e prescindendo dall'espropriazione (che puo' essere iniziata o meno), la seconda dall'interno dell'esecuzione, cioe' dal giudice di essa; in altri termini sembra a questo g.e. che, permanendo gli effetti di vincolo sui beni pignorati e nonostante la venuta meno posteriore al pignoramento della efficacia esecutiva del titolo, il debitore possa solo dolersi, agendo in responsabilita' aggravata ex art. 96 c.p.c., della eventuale mancanza di "normale prudenza" nell'iniziativa esecutiva del creditore procedente; tale rimedio appare pero' del tutto inconferente, perche' eventuale e nemmeno automaticamente coincidente con la definitiva ablazione del titolo gia' esecutivo, rispetto ad un'esigenza assai piu' prossima alla rimozione dell'espropriazione che, invero, l'art. 623 c.p.c. prevede nei termini omissivi oggetto di censura. 10. - La questione appare, come premesso, altresi' rilevante ritenendo il g.e. che il difetto di una tipologia dell'ordinanza di estinzione aperta alla ricognizione di specie non normativamente nominate imponga l'applicazione del solo art. 623 c.p.c. e, con esso, il riconoscimento che, allo stato, questo giudice non potrebbe, anche in via definitiva, che adottare un'ordinanza meramente ricognitiva della avvenuta sospensione esterna della esecutivita' del titolo, con efficacia pero' ex nunc sul processo nel frattempo iniziato; tale conseguenza provvedimentale, per i motivi gia' esposti, e' ritenuta altresi' non manifestamente priva di dubbi circa la sua correttezza costituzionale, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione.
P. Q. M. Visti gli artt. 649, 630, 623 c.p.c., 1, legge costituzionale 9 febbraio 1948, 23 legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara, d'ufficio, rilevante e non manifestamente infondata nel presente giudizio la questione di legittimita' costituzionale, di cui in motivazione, relativa agli artt. 649, 630, 623 c.p.c., per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., nella parte in cui tali norme non prevedono in caso di sospensione dell'esecutivita' del titolo disposta dal giudice del merito altresi' una causa di estinzione del processo esecutivo nel frattempo iniziato ovvero, comunque, la (sopravvenuta) perdita di efficacia sin dal suo inizio dei pignoramento connesso al processo di esecuzione forzata nel frattempo promosso da un creditore, da dichiararsi dal giudice dell'esecuzione appositamente adito; Sospende il presente giudizio; Dispone che la presente ordinanza, a cura della cancelleria, sia con urgenza notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri, sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento e trasmessa, insieme a tutti gli atti del procedimento (previa formazione dell'indice ex art. 36 disp. att. c.p.c.) e con la prova delle predette notificazioni e comunicazioni, alla Corte costituzionale. Cosi' deciso in Bologna, nella camera di consiglio della IV sezione civile del tribunale il 17 marzo 2000. Bologna, addi' 17 marzo 2000. Il giudice dell'esecuzione mobiliare: Ferro 00C0417