N. 264 ORDINANZA (Atto di promovimento) 13 gennaio 2000

Ordinanza  emessa  il  13  gennaio  2000  dal  giudice  per l'udienza
preliminare  presso  il tribunale militare di Padova nel procedimento
penale a carico di Antuono Luigi
Tribunali  militari  - Assegnazione di magistrati supplenti - Sistema
tabellare  predeterminato  - Omessa previsione - Asserita conseguente
impossibilita' di considerare attinenti alla capacita' del giudice le
disposizioni di assegnazione degli stessi - Disparita' di trattamento
rispetto   a   quanto   previsto  per  la  magistratura  ordinaria  -
Irragionevolezza   -  Lesione  del  principio  del  giudice  naturale
precostituito per legge.
- Cod.  proc.  pen.,  art.  33,  comma  2,  in  relazione all'art. 1,
  capoverso,  della  legge  7  maggio  1981, n. 180; r.d. 9 settembre
  1941,  n. 1022;  r.d.  30  gennaio  1941,  artt.  7-bis  e 97 (come
  modificati dalla legge 4 maggio 1998, n. 133).
- Costituzione, artt. 3 e 25, primo comma.
(GU n.22 del 24-5-2000 )
                IL GIUDICE PER L'UDIENZA PRELIMINARE
    Nel  procedimento  penale  a  carico  di Antuono Luigi, nato il 4
  febbraio  1963  a  Teano  (CE),  domiciliato  presso  il difensore,
  imputato di truffa militare pluriaggravata (artt. 234, c.c. 1 e 2 e
  47  n. 2 c.p.m.p.);      Ha pronunciato la seguente ordinanza sulla
  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 33,  comma 2
  c.p.p.,  in relazione agli artt. 1 cpv, legge 7 maggio 1981, 7-bis,
  e  97, r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 cosi' come novellati dalla legge
  4  maggio  1998,  n. 133,  r.d.  9  settembre  1941,  n. 1022;  con
  riferimento  ai  parametri costituzionali di cui agli artt. 3 e 25,
  primo comma della Costituzione.

                            O s s e r v a

    In data odierna si apre l'udienza preliminare del processo penale
  a  carico  dell'imputato in rubrica accusato del delitto di "Truffa
  militare   pluriaggravata"  (artt. 234,  c.c.  1  e  2  e  47  n. 2
  c.p.m.p.).
    Preliminarmente,   questo   giudice   dell'udienza   preliminare,
  magistrato   di   Tribunale,  ha  modo  di  evidenziare  che  quale
  g.i.p.-g.u.p.  in servizio al tribunale militare di Torino e' stato
  comandato   con   provvedimento   di  supplenza  alla  celebrazione
  dell'odierna  causa in sostituzione del legittimo giudice, impedito
  all'esercizio  della  giurisdizione  per  sopravvenuto giustificato
  impedimento  personale.      Il provvedimento di conferimento delle
  funzioni di supplente all'odierno giudice e' in atti ed e' di ieri.
    Risulta  infatti,  che  il  Presidente  della  Corte  militare di
  appello di Roma applicava l'odierno estensore per l'odierna udienza
  preliminare ed eventuale prosieguo. Non si e' in grado di conoscere
  le  ragioni  per  cui  il Presidente della Corte militare d'appello
  provvedeva,  con atto amministrativo, a nominare quale supplente un
  giudice  in  servizio a Torino, anziche', altri colleghi giudicanti
  in  servizio  negli  uffici  giudiziari  militari di Padova, Verona
  (sede anche di sezione distaccata di Corte militare d'appello) piu'
  vicini territorialmente.
    Non  si  e'  in  grado nemmeno di sapere perche' si sia preferito
  l'odierno  estensore anziche' altri giudicanti di Torino liberi dal
  servizio perche' non impegnati in udienze.
    Il  provvedimento di supplenza in atti e' immotivato e, pertanto,
  non  si  e'  in  grado  di  conoscere  i criteri logici seguiti dal
  Presidente della Corte militare d'appello.
    Siffatto  provvedimento  discrezionale  avrebbe dovuto quantomeno
  essere  motivato  e,  soprattutto,  quando,  come  nel  caso  delle
  adozioni  di  atti  di supplenza e/o applicazione in sede di uffici
  giudiziari  militari,  mai  si  sono  seguiti  criteri  obiettivi e
  predeterminati  fondatisi,  per  esempio,  su  tabelle  automatiche
  infradistrettuali.
    Queste   modalita'  seguite  nell'adottare  il  provvedimento  di
  supplenza  non  recante  alcuna motivazione, in difetto anche della
  rappresentazione  di  qualsivoglia  criterio  logico  seguito,  non
  possono  essere  sfuggite  nemmeno alle parti processuali, compreso
  l'imputato  che,  fra  l'altro,  ben  puo' avere rimembrato in foro
  interni prassi, anche recenti, in voga nella magistratura ordinaria
  quando  le applicazioni e le supplenze di magistrati disposte al di
  fuori  di  criteri  automatici  ed oggettivi avevano avuto anche lo
  scopo, come riconosciuto dalla dottrina, di inviare un dato giudice
  per  una  data  causa,  con  conseguente  uso  distorto  del potere
  giudiziario  in spregio dei supremi principi, anche costituzionali,
  di imparzialita' ed indipendenza.
    Ben  l'imputato,  dal  suo  punto  di  vista, puo' avere pensato,
  essendo  notorio  che  presso  gli  uffici giudiziari ordinari sono
  obbligatorie  delle  tabelle  oggettive  e predeterminate a livello
  infradistrettuale per l'adozione dei provvedimenti di supplenza dei
  magistrati,  che  nel  suo  caso  non  si sia voluto evitare che la
  designazione  della  persona dei magistrati venga rimessa a fattore
  puramente  discrezionale  e, proprio, quando dall'inizio degli anni
  '70  il  consiglio  superiore della magistratura aveva emesso varie
  delibere raccomandando l'adozione di criteri oggettivi, automatici,
  predeterminati circa l'assegnazione degli affari giudiziari.
    Si  ha modo di rilevare che con l'articolo 6 della legge 4 maggio
  1998, n. 133 il legislatore ha nollevato anche gli articoli 7-bis e
  97   dell'ordinamento   giudiziario   ordinario  prescrivendo  come
  obbligatorie    le    tabelle    infradistrettuali    oggettive   e
  predeterminate  alla  causa  per l'adozione da parte del Presidente
  della   corte   d'appello   dei   provvedimenti  di  supplenza  e/o
  applicazione.
    Si ha modo di ritenere che non essendosi fatto luogo nell'odierna
  causa a siffatta procedura, giacche' come detto il provvedimento di
  conferimento  di supplenza del Presidente Corte militare di appello
  a  favore  dell'odierno  giudice  dell'udienza preliminare assume i
  connotati  di atto altamente discrezionale, per di piu' immotivato,
  si  sia  reso irriconoscibile il giudice naturale precostituito per
  legge con cio' violando la norma costituzionale di cui all'articolo
  25, primo comma Cost.
    In   particolare,  si  ritiene  rilevante  e  non  manifestamente
  infondata la questione di costituzionalita' dell'articolo 33, comma
  2  c.p.p.,  in  relazione ai parametri di cui agli articoli 3 e 25,
  primo comma, della Costituzione dovendosi dedurre la violazione dei
  principi  del  "giudice  naturale  precostituito per legge" e della
  parita'   di   trattamento,  sussistendo  in  realta'  due  diverse
  modalita',    l'una    discrezionale    ed    immotivata,   l'altra
  predeterminata   e   tabellare,   di   individuazione  del  giudice
  componente  il  collegio e, quindi, del giudice naturale, a seconda
  che  la  supplenza  venga adottata negli uffici giudiziari militari
  oppure ordinari.
    Il  legislatore  nel  novellare  con  la  legge  n. 133/1998  gli
  articoli  7-bis  e  97  dell'ordinamento  giudiziario  comune,  con
  l'introduzione  dei  commi  3-bis,  3-ter,  3-quater,  3-quinquies,
  3-sexies,  prevedendo  l'introduzione  di tabelle infradistrettuali
  degli  uffici  requirenti  e  giudicanti, che ricomprendano tutti i
  magistrati  ad  eccezione  dei capi degli uffici, per permettere la
  successiva  ed eventuale adozione dei provvedimenti di supplenza da
  parte  del  Presidente  della  Corte d'appello, ha inteso riferirsi
  inspiegabilmente ai solo uffici giudiziari ordinari.
    In  tutta  la normativa si fa riferimento ad organi estranei alla
  giustizia   militare,   Consiglio   superiore  della  magistratura,
  Ministro di grazia e giustizia, organi cui sono delegate competenze
  apposite   nell'individuazione   ed   approvazione   delle  tabelle
  infradistrettuali.
    Gia'  la  circostanza  che  ad  un  anno  e  mezzo di distanza il
  Ministro  della  difesa ed il Consiglio della magistratura militare
  non  si  siano attivati a dare esecuzione al disposto normativo per
  quanto   attiene   all'organizzazione   giudiziaria   militare   fa
  comprendere  come  non  possa  imputarsi  al presidente della Corte
  militare  d'appello  una  inosservanza della novella e dei principi
  costituzionali   di  imparzialita'  ed  indipendenza  sottesi  alla
  stessa.  Dato  il  tenore  letterale  della  fonte normativa non si
  rinviene  quindi  una  irregolarita'  formale  nel provvedimento di
  supplenza oggetto dell'eccezione.
    Dalle  precedenti  considerazioni  consegue pero' e lo si ripete,
  che    sia   non   manifestamente   infondata   la   questione   di
  costituzionalita'  dell'art. 33,  secondo comma c.p.p. in relazione
  agli  artt. 1,  cpv legge n. 180/1981, 7-bis e 97, 30 gennaio 1941,
  n. 12  cosi'  come  novellati  dalla legge n. 133/1988 (ordinamento
  giudiziario  comune),  r.d.  9 settembre 1941, n. 1022 (ordinamento
  giudiziario   militare),  e  laddove  non  prescrivendo  un  regime
  tabellare predeterminato al thema decidendum come regola automatica
  per  l'adozione dei provvedimenti di supplenza dei giudici da parte
  del  presidente  della Corte militare d'appello, cosi' come vigenti
  per  i  magistrati  ordinari,  permettono  non possano considerarsi
  attinenti   alle   capacita'   del   giudice   le  disposizioni  di
  assegnazione  di  giudici  quali supplenti nei collegi giudicanti o
  negli  organi  monocratici mediante atti altamente discrezionali ed
  immotivati.
    La  disposizione  di  cui all'art. 33, comma 2 c.p.p., stabilisce
  infatti,  che  non  si  considerano  attinenti  alle  capacita' del
  giudice  anche  le  disposizioni sull'assegnazione del giudice agli
  uffici giudiziari e sulla formazione dei collegi.
    Tale  norma  consente,  come  e'  successo  nel  caso  di specie,
  l'applicazione   di   criteri   discrezionali   e   immotivati   di
  assegnazione  di  giudici  per  comporre i collegi giudicanti o gli
  uffici  giudiziari  in  caso  di  incompatibilita'  dei  magistrati
  originariamente  preposti,  senza  che  operi la nullita' assoluta,
  rilevabile  d'ufficio  in  ogni  stato  e  grado  del procedimento,
  prevista  per  l'inosservanza  delle  disposizioni  concernenti  le
  condizioni  di  capacita'  del  giudice  ed  il  numero dei giudici
  necessari  per  costituire i collegi (artt. 178, primo comma, lett.
  a) 179 c.p.p.).
    La  norma  di cui all'art. 1, cpv legge n. 180/1981 che prescrive
  che lo stato giuridico e le garanzie di indipendenza dei magistrati
  militari   siano  regolati  dalle  disposizioni  in  vigore  per  i
  magistrati  ordinari  e' norma di principio che data la sua valenza
  generale mal si attaglia all'odierna problematica e non ha impedito
  che  il  legislatore  con  la  legge  del  4  maggio  1988,  n. 133
  tralasciasse,   come   consueto,   di   incidere   nell'ordinamento
  giudiziario militare.
    Il  r.d.  n. 1022/1941  (ordinamento  giudiziario militare) nelle
  parti ancora in vigore, perche' non abrogate dalla legge di riforma
  n. 180/1981,  nulla  riferisce  circa  i  criteri per l'adozione da
  parte   del   Presidente   della   corte   militare  d'appello  dei
  provvedimenti  di  supplenza  e  applicazione dei giudici lasciando
  cosi'  di  fatto  l'arbitrio  nella scelta dei criteri da adottare,
  stante   anche   il  diretto  riferimento  alla  sola  magistratura
  ordinaria del gia' citato regime tabellare infradistrettuale di cui
  articolo 6 della legge n. 133/1998.
    Tutto  cio'  viola le norme di cui agli artt. 3 e 25, primo comma
  della Costituzione.
    Con  riferimento  all'articolo  3  della  Costituzione  cui  sono
  sottesi  i  principi  di uguaglianza e ragionevolezza: sussiste una
  ingiustificata   disparita'   di   trattamento  relativamente  alla
  disciplina   delle   adozioni  dei  provvedimenti  di  supplenza  e
  applicazioni  dei  giudici  da  parte  del  Presidente  della Corte
  d'appello,  a seconda che si tratti di magistratura militare oppure
  ordinari,  quando  lo  stato  giuridico  e garanzie di indipendenza
  delle  due  magistrature  e' identico e, quando, soprattutto, e' lo
  stesso  codice  penale di rito ad applicarsi stante il principio di
  complementarieta' di cui all'art. 261 c.p.m.p.
    Come   gia'  detto  per  la  sola  magistratura  ordinaria  trova
  applicazione  ex  art. 6  legge  n. 133/1998  il  regime  tabellare
  infradistrettuale per le adozioni dei provvedimenti di applicazione
  e  supplenza  dei giudici; in quella militare, come e' successo nel
  caso  di  esame,  e'  costante  adottare provvedimenti di supplenza
  discrezionali,  senza alcun criterio oggettivo ed automatico e, per
  di piu', privi di motivazione.
    Trattandosi  di  due  organizzazioni giudiziarie aventi lo stesso
  settore  giurisdizionale penalistico come campo d'azione ed essendo
  comuni  agli  interessi  "ad  un  piu' adeguato funzionamento degli
  uffici   giudiziari"  (ved.  art.  6  legge  n. 133/1998)  ed  alla
  continuita'   e   prontezza   della  funzione  giurisdizionale,  e'
  irragionevole  che  il  legislatore  non  abbia  disposto un regime
  tabellare  automatico  anche  per  l'adozione  dei provvedimenti di
  applicazione  e  supplenza  dei  magistrati  militari  negli uffici
  giudicanti e/o requirenti militari.
    E'  irragionevole  e priva di qualsiasi giustificazione l'attuale
  situazione  che  permette  che  negli uffici giudiziari militari si
  possano  designare  magistrati  supplenti  sulla  base  di  fattore
  puramente discrezionale e, come e' successo nel caso che ci occupa,
  determinando  un giudice nemmeno della piu' vicina sede giudiziaria
  che  rispetto  a Padova e' quella di Verona. Perdipiu', con nemmeno
  24 ore di preavviso.
    Con  riferimento  al  principio  di  cui all'art. 25, primo comma
  della  Costituzione  per  cui  "nessuno  puo'  essere  distolto dal
  giudice naturale precostituito per legge":
        l'articolo  25,  primo  comma della Costituzione, stabilendo,
  fra  i  diritti dei cittadini, che nessuno puo' essere distolto dal
  giudice  naturale  precostituito  per  legge attribuisce ad essi la
  garanzia che la competenza degli organi giudiziari sia sottratta ad
  ogni possibilita' di arbitrio.
    Sottesa  alla  suddetta  norma  costituzionale  vi e' una nozione
  "formale"  che  stabilisce  una  riserva  assoluta  di  legge nella
  individuazione e modificazione del giudice.
    L'attuale  situazione  normativa sopra delineata ha indebitamente
  demandato  ad  autorita' giurisdizionale (Presidente corte militare
  d'appello)   il   compito   di  incidere  con  atto  amministrativo
  discrezionale ed immotivato su materia riservata.
    Il  disposto  costituzionale  non  permette cio' anche perche' ne
  deriva  che  gli  atti  cui  viene interdetto ogni intervento sulla
  materia  riservata  che  non si concreti in una mera esecuzione del
  precetto  legislativo  sono  tutti quelli che nella gerarchia delle
  fonti  del diritto occupano una posizione subordinata rispetto alla
  legge ordinaria.
    Nella  materia  de  quo non possono intervenirvi ne' regolamenti,
  ne'  atti  singolari a carattere discrezionale come nel caso che ci
  occupa.
    La   determinazione   del   giudice   competente  deve  risultare
  necessariamente  da  un accertamento obiettivo che la singola causa
  presenta  caratteristiche  di  fatto  corrispondenti  ad un modello
  astratto e generalmente previsto dalla legge.
    E  la  riserva  assoluta  di  legge  involge  non  solo  le norme
  attributive  di competenza ma, anche la scelta del giudice e la sua
  eventuale modifica.
    Per  di  piu',  come  la  migliore dottrina ha detto da anni, per
  giudice  naturale  deve  intendersi  anche  il magistrato - persona
  fisica   e,   cio',   pena   la  dismissione  del  fine  perseguito
  dall'art. 25, primo comma, della Costituzione.
    La  funzione  del  precetto  e'  quella di impedire che un affare
  giudiziario  possa  essere  sottoposto alla decisione di un giudice
  diverso  da  quello  che  risulta  dall'applicazione  automatica di
  criteri tabellari precostituiti, al fine di ottenere un esito dalla
  causa  almeno ipoteticamente diverso da quello che si sarebbe avuto
  attraverso l'opera del giudice naturale.
    E'   ovvio  che  tale  intendimento  puo'  essere  evitato  anche
  modificando il collegio oppure, scegliendo un dato giudice al posto
  di un altro quale supplente e tramite atti discrezionali immotivati
  (e,  percio'  sottratti  anche  al controllo ed alla verifica delle
  parti processuali) presi da autorita', pur giurisdizionali, ex post
  rispetto alla regiudicanda.     Sembra evidente che se il principio
  del  giudice naturale deve assolvere questa funzione di garanzia di
  indipendenza  ed imparzialita' dell'attivita' giurisdizionale esso,
  non puo' non riguardare anche il giudice inteso come persona fisica
  destinato a "costituire" l'organo giudiziario.
    Le norme dell'ordinamento giudiziario comune prevedono, come gia'
  detto,  dei  criteri  oggettivi e predeterminati per l'assegnazione
  degli  affari  agli organi giudiziari, alle relative sezioni e, con
  la  legge  n. 133/1988  anche  per  l'adozione dei provvedimenti di
  supplenza ed applicazione di giudici nei collegi giudicanti o negli
  organi giurisdizionali monocratici.
    Tutto  cio' difetta nell'ordinamento giudiziario militare di pace
  pur   essendo  vigente  la  norma  di  cui  all'art. 1,  cpv  legge
  n. 180/1981  che  parifica  lo  stato  giuridico  e  la garanzia di
  indipendenza fra magistrati ordinari e militari.
    Tutto  cio'  detto, le prospettate questioni di costituzionalita'
  sono  altresi'  rilevanti  poiche', in caso di accoglimento, questo
  giudice,  cosi'  come  e' stato nominato a seguito di provvedimento
  del   Presidente   della   corte   militare  di  appello,  dovrebbe
  riconoscere  di  non  essere  il giudice naturale precostituito per
  legge  e  conseguentemente  emettere  ordinanza  di declaratoria di
  nullita' ex art. 178, comma 1, lettera a) e 179 c.p.p.
                              P. Q. M.
    Visti  gli  artt.  3 e 25 Cost. 23 legge n. 87/1953, 33 c.p.p., 1
  legge  n. 180/1981,  261  c.p.m.p.;      Solleva  la  questione  di
  legittimita'   costituzionale  dell'art. 33,  comma  2  c.p.p.,  in
  relazione agli artt. legge n. 180/1981, 7-bis e 97 r.d. n. 12/1941,
  r.d.  n. 1022/1941,  per  violazione  degli  articoli 3 e 25, primo
  comma  Costituzione,  laddove  prevede  non  siano  attinenti  alla
  capacita'  del giudice le norme degli ordinamenti giudiziari comune
  e  militare,  nella  parte in cui non prescrivono che il Presidente
  della  Corte  militare  di  appello, nel disporre una supplenza dei
  giudici  militari,  debba  attenersi  al disposto dell'art. 6 legge
  n. 133/1998,  sostituito  al Consiglio superiore della magistratura
  militare  ed al Ministro di grazia e giustizia ed il Ministro della
  difesa;     Dispone, l'immediata trasmissione degli atti alla Corte
  costituzionale;       Sospende,  il  processo  fino  all'esito  del
  giudizio   di   legittimita'  costituzionale;      Ordina,  che  la
  presente  ordinanza  sia notificata, a cura della cancelleria, alle
  parti,  al  Presidente  del  Consiglio dei Ministri e comunicata ai
  Presidenti  dei  due  rami del Parlamento.         Padova, addi' 13
  gennaio 2000.
            Il giudice per l'udienza preliminare: Roberti
00C0420