N. 302 ORDINANZA (Atto di promovimento) 1 febbraio 2000

Ordinanza  emessa  il  1o  febbraio 2000 dalla Commissione tributaria
provinciale  di  Milano sui ricorsi riuniti proposti da Brugola Carla
ed altri contro Ufficio del registro atti privati di Milano
Imposta  sull'incremento  di  valore  degli  immobili  (I.N.V.I.M.) -
Immobili  trasferiti  nel  decennio  successivo alla soppressione del
tributo  (1o  gennaio  1993-1o  gennaio  2003)  -  Regime  fiscale  -
Assoggettamento  ad  I.N.V.I.M.  (calcolata  al 31 dicembre 1992), in
concorrenza  con  l'I.C.I.,  nel  caso  di trasferimento per atto tra
vivi, e ad "imposta sostitutiva" nel caso di trasferimento a causa di
morte  -  Disparita'  di  trattamento  -  Violazione del principio di
capacita' contributiva.
- D.P.R.  26  ottobre  1972,  n. 643,  art. 2; d.l. 30 dicembre 1992,
  n. 54  (recte:  d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504), art. 17; legge 23
  ottobre  1992,  n. 421, art. 4, comma 17; d.l. 28 marzo 1997, n. 79
  (convertito in legge 28 maggio 1997, n. 140), art. 11, comma 3.
- Costituzione, artt. 3 e 53.
(GU n.24 del 7-6-2000 )
                LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE

    Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 53/1999 depositata
  il    22    gennaio    1999,   avverso   avviso   di   liquidazione
  n. 932V14361-2Luogo,  contro Registro di Milano 1 privati, proposto
  da:
        Brugola  Carla,  residente  a  Abbiategrasso (Milano), in via
  Cairoli  n. 6; difeso dall'avv. Donato B. Quagliarella, residente a
  Milano, in via Enrico Toti n. 4;
        Brugola  Ercole, residente a Vimercate (Milano), in via Banfi
  n. 13; difeso dall'avv. Donato B. Quagliarella, residente a Milano,
  in via Enrico Toti n. 4;
        Brugola Igino, residente ad Abbiategrasso (Milano), in via S.
  Pellico n. 31; difeso dall'avv. Donato B. Quagliarella, residente a
  Milano, in via Enrico Toti n. 4;
        Brugola Maria, residente ad Abbiategrasso (Milano), in via T.
  Grossi  n. 27; difeso dall'avv. Donato B. Quagliarella, residente a
  Milano, in via Enrico Toti n. 4;
        Brugola Stefania, residente ad Abbiategrasso (Milano), in via
  Ticino  n. 94; difeso dall'avv. Donato B. Quagliarella, residente a
  Milano, in via Enrico Toti n. 4;
    Sul  ricorso  ricorso  n. 54/1999  depositato il 22 gennaio 1999,
  avverso   avviso  di  liquidazione  n. 932V14361  I  Luogo,  contro
  registro di Milano 1 privati, proposto da:
        Brugola  Ercole, residente a Vimercate (Milano), in via Banfi
  n. 13; difeso dall'avv. Donato B. Quagliarella, residente a Milano,
  in via Enrico Toti n. 4;
        Brugola Igino, residente ad Abbiategrasso (Milano), in via S.
  Pellico n. 31; difeso dall'avv. Donato B. Quagliarella, residente a
  Milano, in via Enrico Toti n. 4;
        Brugola Maria, residente ad Abbiategrasso (Milano), in via T.
  Grossi  n. 27; difeso dall'avv. Donato B. Quagliarella, residente a
  Milano, in via Enrico Toti n. 4.

    1. - Con  ricorso  notificato  il 22 gennaio 1999 all'ufficio del
  registro,  e  depositato il 22 gennaio 1999 presso la commissione i
  ricorrenti   hanno  impugnato  gli  avvisi  di  liquidazione,  atto
  n. 932V14361/1o Ufficio del registro 1o atti privati, sull'atto del
  27 maggio 1993, rep. 160178, notaio dott. E. Lainati, registrato il
  16  giugno  1993 al n. 14361, avvisi notificati in data 23, 24 e 28
  novembre   1998,  (a  seguito  della  decisione  della  commissione
  tributaria  provinciale  assunta  nella  seduta  del 24 marzo 1998)
  chiedendo   la   sospensione   degli  avvisi  di  liquidazione;  la
  remissione   degli   atti  alla  Corte  costituzionale  per  palese
  fondatezza  dell'eccezione  di costituzionalita'; nel merito per la
  modifica ed annullamento dei provvedimenti notificati.
    Con  provvedimento  in  data  30 marzo 1999 questa commissione ha
  accolto  l'istanza  di  sospensione  dei  provvedimenti impugnati e
  fissato l'udienza di discussione al 30 giugno 1999.
    Si  costituiva  in giudizio l'ufficio del registro, assumendo che
  spetta  a  questa  commissione  valutare se rimettere gli atti alla
  Corte costituzionale.
    I  ricorrenti  depositavano  in  data  8  giugno  1999 memoria ex
  art. 32  d.lgs.  31  dicembre  1992,  n. 546  e,  il 3 giugno 1999,
  istanza di discussione in pubblica udienza.
    Interveniva   in   udienza   il  difensore  dei  ricorrenti,  che
  sviluppava  oralmente  i  profili  gia'  evidenziati  in  atti.  La
  commissione si riservava di decidere.

    2.  -  I  ricorrenti sostengono che, nel caso di specie, le norme
  che entrano in discussione siano:
        A)  art.  2 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643 ("L'imposta si
  applica  all'incremento  del valore degli immobili relativamente ai
  quali  si verificano il trasferimento o il conferimento del diritto
  di proprieta' o la costituzione, il trasferimento o il conferimento
  di  altro  diritto  reale,  con esclusione della servitu', a titolo
  gratuito  o  a  titolo oneroso, per atto tra vivi ovvero a causa di
  morte"),  nell'ambito  del  provvedimento  istitutivo  dell'imposta
  sull'incremento del valore degli immobili, il quale ha costruito un
  istituto  unitario con un fine specifico: quello di colpire tutti i
  trasferimenti  che  non  facevano emergere un elemento di ricchezza
  che il tempo con altri fenomeni aveva realizzato.
    Quando  il  legislatore  ha  pensato  alla soppressione di questo
  sistema,  sostituendolo  con quello di graduale e costante prelievo
  (I.C.I.)  non  ha  integralmente  rinunciato  al  tributo, e questo
  potrebbe   essere   costituzionalmente  corretto,  ma  dubbi  sulla
  correttezza   sorgono  quando  si  procede  a  dividere  l'istituto
  distinguendo   un   tipo   di  trasferimento  dall'altro,  come  il
  legislatore ha fallo in seguito.
    I   ricorrenti  sostengono  che  il  mero  fatto  materiale,  che
  determina   il   realizzarsi   del   presupposto,  era  gia'  stato
  unitariamente  considerato  dal  legislatore  ("per  atto  tra vivi
  ovvero  a causa di morte") e che non ha rilevanza ex se', mentre ha
  rilevanza la fenditura al sistema che equivale a non colpire con la
  medesima consistenza e con due regimi quella vicenda (trasferimento
  del bene) che prescinde dalla causa;

        B)  l'art. 17, commi 6 e 7, d.-l. 30 dicembre 1992, n. 504, e
  l'art.  4,  comma  17 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (-6- "Con
  effetto  dal  1o  gennaio  1993  e'  soppressa  l'imposta  comunale
  sull'incremento   di  valore  degli  immobili.  Tuttavia  l'imposta
  continua  ad  essere  dovuta  nel  caso  in  cui  il presupposto di
  applicazione  di  essa si e' verificato anteriormente alla predetta
  data".  -7-  "L'imposta  comunale  sull'incremento  di valore degli
  immobili  continua  ad  essere  dovuta  con  le  aliquote massime e
  l'integrale  acquisizione  del  relativo  gettito al bilancio dello
  Stato, anche nel caso in cui il presupposto di applicazione di essa
  si   verifica   dal   1o  gennaio  1993  fino  al  1o  gennaio 2003
  limitatamente all'incremento di valore maturato fino al 31 dicembre
  1992"),  istitutiva  della  imposta  comunale  immobiliare,  che ha
  soppresso l'I.N.V.I.M.
    L'introduzione  dell'imposta  comunale sugli immobili ha prodotto
  la  sopressione  (o  piu' esattamente la sostituzione) dell'imposta
  sull'incremento di valore degli immobili.
    Per  la fase intermedia, cioe' sino al 1o gennaio 2003, l'imposta
  continua  ad  applicarsi  nel  caso  di  privati  che  operino  dei
  trasferimenti  sino  a quel termine di beni gia' in loro proprieta'
  antecedentemente al 31 dicembre 1992.
    Cio'  comporta  che,  a  tributo  soppresso, alcuni pagano ancora
  l'I.N.V.I.M.   ed   altri  non  pagano  solo  perche'  differiscono
  l'operazione  dispositiva  del bene a data successiva alla scadenza
  del  termine  di  efficacia delle vecchie disposizioni. Inoltre, il
  bene disposto, che era oggetto del tributo I.C.I., resta oggetto di
  tributo I.C.I. per il nuovo acquirente.
    I  proprietari  di beni acquisiti antecedentemente il 31 dicembre
  1992,  invece,  pagano  I.C.I. e I.N.V.I.M., se dispongono del bene
  nel periodo.
    All'apparenza l'arresto dell'I.N.V.I.M. alla data del 31 dicembre
  1992  parificherebbe  l'effetto sui contribuenti possessori di beni
  immobili, ma cio' non avviene nella sostanza.
    Chi, infatti, ha differito la disposizione a data successiva alla
  scadenza del termine di efficacia differita del 1o gennaio 2003 non
  paga l'I.N.V.I.M. ed avra' pagato il decennio di I.C.I.
    I.N.V.I.M.  ed  I.C.I.  differiscono,  oltre  che  per il modo di
  quantificare  la base imponibile, anche per i criteri e gli effetti
  dell'applicazione  dell'imposizione,  pur sostituendo la seconda il
  primo tributo.
    Non  e'  quindi  l'arresto  al 31 dicembre 1992, per quantificare
  l'I.N.V.I.M.,   che  sana  i  profili  di  incostituzionalita'  del
  prelievo.
    La   norma   di   raccordo   alla  soppressione  del  tributo  e'
  rappresentata  da  un  duplice  limite:  il  31 dicembre 1992, come
  termine entro il quale avere acquisita la proprieta' di un bene; il
  1o gennaio 2003, come momento di disposizione del bene.
    Come  detto,  attualmente  per  non  pagare  l'I.N.V.I.M. bisogna
  vendere  un bene immobile posseduto prima del 31 dicembre 1992 dopo
  il  1o  gennaio  2003;  chi  lo  vende  prima paga l'I.N.V.I.M. con
  riferimento al valore al 31 dicembre 1992.
    In  sintesi,  chi  vendera'  un immobile, acquisito in proprieta'
  prima  del  1992,  tra  il 31 dicembre 1992 e il 1o gennaio 2003 e'
  "sfavorito"  in  confronto  a  chi  vende dopo tale ultimo termine,
  avendo  il  primo pagato anche un'imposta I.C.I., che ha sostituito
  l'I.N.V.I.M.
    Il  fatto  che  l'I.N.V.I.M. per il calcolo si arresti al "valore
  finale ..."   che   "...   e'  assunto  in  misura  pari  a  quello
  dell'immobile  alla  data  del  31  dicembre  1992  non  sana  tale
  disparita' di trattamento".
    Ancora,  il  problema non e' diverso dalla soppressione in genere
  di un tributo: normalmente accade che un tributo esiste sino ad una
  certa  data,  viene  poi  soppresso  e sino alla data di vigenza il
  precedente tributo dispiega efficacia a regime ordinario.
    Fatti, che accadano successivamente, non possono alternativamente
  comportare  ancora  l'applicazione  o  non  del tributo per il mero
  fatto  che  accadano  in  tempi  diversi e non puo' avere efficacia
  sanante la volontarieta' o non della scelta del comportamento.

        C)  art.  11, comma 3, d.-l. 28 marzo 1997, n. 79, convertito
  dalla  legge  il  28  maggio  1997,  n. 140  ("In  deroga  a quanto
  stabilito  dal  decreto  del Presidente della Repubblica 26 ottobre
  1972,  n. 643,  per  gli immobili caduti in successione, acquistati
  dal  defunto prima del 31 dicembre 1992, e' dovuta solidalmente dai
  soggetti  che  hanno  acquistato  il  diritto di proprieta', oppure
  diritti  reali  di  godimento  sugli  immobili medesimi un imposta,
  sostitutiva  di  quella  comunale  sull'incremento  di valore degli
  immobili  pari  all'uno  per cento del loro valore complessivo alla
  data  dell'apertura  della  successione, se detto valore supera 250
  milioni di lire". L'imposta sostitutiva si applica alle successioni
  apertesi  fino  alla  data  del 1o gennaio 2003"), istitutivo della
  c.d.  imposta  "sostitutiva  di  quella comunale sull'incremento di
  valore degli immobili".
    Il  legislatore ha pensato ai trasferimenti che avvengono in sede
  di  successione,  distinguendo  durante  lo  stesso  periodo quando
  l'accadimento,  che  attualizza  l'applicazione  dell'imposta,  non
  dipende  da  fatti  volontari,  e  ha regolato l'imposta in un modo
  diverso,  introducendo  la  c.d.  imposta  "sostitutiva  di  quella
  comunale  sull'incremento  di  valore degli immobili"; pari all'uno
  per cento del loro valore complessivo alla data dell'apertura della
  successione.
    Questa norma non sana il regime, ma accentua la caratteristica di
  incostituzionalita'  del  regime prorogato per effetto dell'art. 17
  d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 e dell'art. 4, comma 17 della legge
  23 ottobre 1992, n. 421.
    La  c.d.  "imposta sostitutiva" e' introdotta in sede successoria
  per  regolare  in modo autonomo gli effetti di un trasferimento del
  bene,  che  sarebbe  oggetto  del  regime  ordinario richiamato; ma
  l'affermazione e' scorretta in quanto non e' "eccezione", bensi' e'
  "sostituzione":  la  norma  tiene  conto  dell'entrata  in vigore a
  recime  dell'I.C.I., che realizza un cumulo di tributi sui medesimi
  soggetti,  situazione  non  diversa da quella accaduta in genere ai
  soggetti a quei presupposti, che non derivino dall'evento morte.
    Il  regime  ordinario  successivo  dell'I.N.V.I.M. avrebbe dovuto
  avere  una  disposizione  non  di ultrattivita', ma una regolazione
  autonoma  della  fattispecie, possibilmente allineata a quella data
  in   sede   successoria   per   non  realizzare  la  disparita'  di
  trattamento, che non si evidenzia da quella sede.
    Pensare,  tornando  a  considerare l'elemento volontario in luogo
  dell'evento   morte,  che  la  differenza  giustifichi  un  diverso
  trattamento  e'  assolutamente  impossibile  per  contrasto  con la
  natura dell'istituto, come creato dall'art. 2 del d.P.R. 26 ottobre
  1972, n. 643.
    Anche  la  relazione  Reale  (Atti  Camera, legislatura, stampato
  n. 1639,  pag. 1806 e seguenti, sulla legge 9 ottobre 1971, n. 825)
  conferma  la  non  arbitrarieta' dell'affermazione, infatti, a pag.
  1836/17  si  legge:  "La  norma prevede l'applicazione dell'imposta
  anche nel caso di donazioni o successioni a causa di morte.
    Altra  soluzione  poteva  essere  quella  di  non  considerare le
  successioni  a  causa  di  mode  e  le  donazioni e di assoggettare
  all'imposta,  in  caso  di  alienazione  da  parte dell'erede o del
  donatario, l'intero incremento dell'immobile in confronto al valore
  che  esso  aveva  alla data di acquisto da parte del de cuius o del
  donante.   Ma  questa  soluzione  comporterebbe  gravi  difficolta'
  pratiche  e,  a  causa  della  progressivita'  delle  aliquote,  un
  maggiore  aggravio  per  i  contribuenti  perche'  in molti casi si
  dovrebbe risalire ad acquisti effettuati molti decenni prima.
    Altra  soluzione  ancora  poteva  essere  di  non assoggettare al
  tributo  le plusvalenze degli immobili trasferiti per successione a
  causa  di morte o per donazione, e di fare riferimento, nel caso di
  successiva   alienazione,   al  valore  di  essi  alla  data  della
  successione  o della donazione. Ma questa soluzione sottrarrebbe al
  tributo  una parte dell'incremento del valore dell'immobile (quello
  formatosi  dalla  data  di  acquisto  da  parte  del de cuius o del
  donante  alla data in cui i beni pervengono all'erede, al legatario
  o  al donatario) ed inoltre, attraverso le donazioni, consentirebbe
  l'elusione   dell'imposta,   soprattutto   nell'ambito   familiare,
  simulando  come  donazioni  le  vendite quando l'onere dell'imposta
  sulle  donazioni  sia  meno  elevato  dell'onere  fiscale derivante
  dall'imposta comunale sugli incrementi di valore e dell'imposta del
  registro".
    Il legislatore della riforma aveva gia' escluso che la differenza
  della causa del trasferimento potesse distinguere il regime fiscale
  susseguente  ed esplicitamente lo aveva escluso nelle successioni e
  donazioni in confronto alle vendite, per i motivi richiamati.
    Prosegue   infatti:   "Per   i   motivi   esposti,   si   ritiene
  indispensabile stabilire il principio che l'imposta e' dovuta anche
  sugli  incrementi  inerenti  ai  beni  trasmessi a titolo gratuito.
  Tuttavia,  ad  evitare  il  contemporaneo  concorso  di  due  oneri
  tributari  in  relazione  al  medesimo  atto e allo scopo quindi di
  ridurre  l'onere  fiscale  a carico dei contribuenti, l'articolo 9,
  n. 7 dispone che l'imposta sull'incremento di valore degli immobili
  viene  detratta  dall'imposta  sulle  donazioni o sulle successioni
  imputabile  ai  singoll immobili compresi nella liberalita' o nella
  successione.
    In questo modo l'imposta comunale sull'incremento di valore degli
  immobili  sara'  in  ogni  caso  dovuta  -  e si eviteranno cosi' i
  pericoli   di   elusione   dell'imposta   dei  quali  si  e'  detto
  precedentemente   -   e  l'imposta  erariale  sulle  successioni  e
  donazioni  sara'  dovuta  soltanto  se l'ammontare supera l'imposta
  sull'incremento  di  valore degli immobili e, anche in questo caso,
  sara' dovuta soltanto per l'eccedenza".
    E'  chiaro  che l'imposta sostitutiva rappresenti un beneficio ed
  anche  un'anomalia,  se  comparata al regime dell'art. 17 d.lgs. 30
  ottobre 1992, n. 504 e dell'art. 4, comma 17 della legge 23 ottobre
  1992, n. 421, ma tale regime non e' eccezione in quanto rientra nei
  presupposti   dell'atto  dispositivo  dell'introdotta  disposizione
  sull'I.N.V.I.M. in generale.
    La   sottrazione   dell'una   figura   (per   successione)  e  la
  conservazione  degli  altri trasferimenti inter vivos costituiscono
  un regime di eccezione, ma di modificazione dell'istituto.
    L'I.N.V.I.M.,  in  sostanza,  dopo il 31 dicembre 1992 e per atto
  dispositivo  entro  il  1o  gennaio  2003,  e'  la medesima imposta
  introdotta dalla riforma originaria, mentre diventa imposta diversa
  in sede accessoria.
    Infatti, cade sul valore dei beni immobili alla "data di apertura
  della  successione", quindi in un diverso momento, che non e' il 31
  dicembre  1992,  ed ha una diversa quantificazione d'imposta (1% su
  tutto  il  valore): mentre l'una e' imposta progressiva, l'altra e'
  proporzionale.
    Si  e'  efficacemente  detto  che  "diversa  e'  la funzione e la
  costituzione   teorica;  oggetto  di  tassazione  non  e'  piu'  un
  incremento  di  valore,  ma  un  valore in se', riferito ad un dato
  momento.  Fra  l'altro,  mentre il valore finale dell'I.N.V.I.M. e'
  fermo   al  31  dicembre  1992,  il  valore  ai  fini  dell'imposta
  sostitutiva prescinde da tale limite temporale".
    Ma  imposta diversa diviene anche l'I.N.V.I.M. ordinaria per atto
  di  trasferimento  inter  vivos  nel  momento  nel  quale  e' stata
  "sostituita"   dall'I.C.I.   Si  imponeva,  quindi,  un  intervento
  normativo autonomo e sistematico sull'imposta, che non vi e' stato,
  realizzandosi in tal modo la denunciata disparita'.
    Il  legislatore,  conscio di questo elemento, ha regolato in modo
  autonomo  la vicenda di trasferimento in sede successoria, la' dove
  si  e'  astenuto  dal provvedere nei trasferimenti inter vivos, con
  cio'  realizzando  una  disparita' di trattamento (art. 3 Cost.) di
  chiara  illegittimita' costituzionale (dalla quale si salverebbe se
  fosse  stata  introdotta  la  disposizione  con  una  opzione, come
  sostenuto  in dottrina da Napolitano-Militerno "Imposta ipotecaria,
  catastale   e   sostitutiva   dell'I.N.V.I.M.:   applicazione  alle
  successioni", in Corriere Tributario 1998, n. 1, pag. 29 e segg.).
    Se  si  pensasse  di  salvare  dalla  censura  col ricorso ad una
  pretesa  ultrattivita'  dell'imposta,  peggioreremmo le conclusioni
  per l'illiceita' del ricorso stesso (la cui benevola considerazione
  trova   applicazione  in  sede  penale  per  le  disposizioni  piu'
  favorevoli  al  reo) e per la sostanziale elusione del principio di
  parita', che rappresenta un limite al potere legislativo in materia
  tributaria  nella  considerazione  di  fattispecie  di  riferimento
  identiche   (trasferimento   di   proprieta'  o  di  diritti  reali
  immobiliari).
    Non senza rilievo e' poi il periodo di convivenza dell'I.C.I. con
  l'I.N.V.I.M., per definizione soppresso, ma applicato, per il quale
  valgono  i  rilievi  di costituzionalita', formulati nell'ottica di
  prelievo  locale  che  si  aggiunge  a  quello  erariale,  che deve
  giustificarsi  secondo  "canoni  di  razionalita' e ragionevolezza"
  sulla  base  del  fatto  che  il  presupposto "manifesti di per se'
  idoneita'  economica  alla contribuzione" sul piano della rilevanza
  dell'art. 53    della   Costituzione   (Della   Valle   "I   limiti
  costituzionali  alla  sovrapposizione di tributo erariale e tributo
  locale: capacita' contributiva e coordinamento finanziario" in Riv.
  Dir. Fin. e Scienza e Finanze, 1994, 1/2 8).
    Appare  evidente,  inoltre,  la  violazione in materia di imposte
  indirette  e,  sulla  medesima  fattispecie,  dei  principi  di cui
  all'art. 53   della  Costituzione  per  la  diversa  rilevanza  del
  tributo,  che si modifica anche nel meccanismo impositivo, passando
  da imposta progressiva a scaglioni in proporzionale.
    3.  -  Queste  disposizioni  interagiscono tra di loro nella fase
  successiva alla soppressione del tributo, integrando gli estremi di
  profili  di  illegittimita'  costituzionale  per  contrarieta' agli
  artt. 3 e 53 della Costituzione.
    Individuato  il  contenuto  della  disciplina vigente, appare non
  manifestamente   infondata,  e  deve  quindi  essere  sollevata  la
  questione  di costituzionalita' degli artt. 2 del d.P.R. 26 ottobre
  1972,  n. 643,  art.  17  d.l.  30 dicembre 1992, n. 54 e l'art. 4,
  comma  17  della  legge  23 ottobre 1992, n. 421 e art. 11, comma 3
  d.l.  28  marzo 1997, n. 79, convertito dalla legge 28 maggio 1997,
  n. 140 in relazione agli artt. 3 e 53 della Carta costituzionale.
    Il   sistema   delle   norme  esaminate  appare  determinare  una
  violazione   dell'art. 3   della   Costituzione   per   i   profili
  evidenziati,  come  anche  dell'art. 53  Cost., dai quali contrasti
  scaturisce  una  ingiustificata  disparita'  di  trattamento  e una
  violazione dei principi di trattamento conseguente a concorrenza di
  analoga  capacita' contributiva, dal momento che non e' sufficiente
  che   i   singoli   prelievi  colpiscano  un  indice  di  capacita'
  contributiva,  rilevatore  di  ricchezza,  ma  e' necessario che il
  sistema delle singole parti del sistema tributario, costruito dalle
  singole  imposte,  si  coordini in modo da riempire le lacune e non
  mandare  esenti i soggetti che realizzano i presupposti impositivi,
  senza sovrapposizioni, ove la capacita' contributiva venga presa in
  considerazione   a  presupposto  analogo  in  modo  sostanzialmente
  diverso.
                              P. Q. M.
    Per   questo   esposto,   questa   commissione,   dopo   ripetuti
  approfondimenti  -  col  voto favorevole della maggioranza dei suoi
  membri  -  accoglie i rilievi di costituzionalita' delle richiamate
  disposizioni  in  quanto  il  giudizio  non  puo'  essere  definito
  indipendentemente dalla risoluzione delle richiamate questioni;
    Sospende  il  giudizio indicato in epigrafe e dispone l'immediata
  trasmissione  degli atti alla Corte costituzionale ex art. 23 legge
  11  marzo  1953,  n. 87,  nonche' la comunicazione ai sensi del suo
  quarto comma.
        Milano, addi' 1o febbraio 2000.
                       Il presidente: Li Volsi
00C0470