N. 158 ORDINANZA 22 - 24 maggio 2000
Ordinanza 22-24 maggio 2000 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Possesso - Tutela possessoria - Azione di reintegrazione nel possesso - Esclusione della legittimazione attiva per i detentori (clienti) di alloggi in forza di contratti onerosi facenti capo ad attivita' alberghiera o di residence - Prospettato contrasto con il principio di eguaglianza e con il diritto di difesa - Questione non diretta alla rimozione di dubbi di legittimita' costituzionale - Manifesta inammissibilita'. - Cod. civ., art. 1168, secondo comma. - Costituzione, artt. 3 e 24.(GU n.23 del 31-5-2000 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: Cesare MIRABELLI; Giudici: Francesco GUIZZI, Fernando SANTOSUOSSO, Massimo VARI, Cesare RUPERTO, Riccardo CHIEPPA, Valerio ONIDA, Carlo MEZZANOTTE, Fernanda CONTRI, Guido NEPPI MODONA, Piero Alberto CAPOTOSTI, Annibale MARINI, Franco BILE, Giovanni Maria FLICK;
ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1168, secondo comma, del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 16 novembre 1998 dal pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra D'Agostini Maria Carla e la Romana Edilizia Piazza Ennio s.r.l., iscritta al n. 54 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 1999. Visto l'atto di costituzione della Romana Edilizia Piazza Ennio s.r.l; Udito nell'udienza pubblica del 9 maggio 2000 il giudice relatore Cesare Ruperto; Udito l'avvocato Adolfo Zini per la Romana Edilizia Piazza Ennio s.r.l. Ritenuto che nel corso della fase di merito di un giudizio possessorio, il pretore di Roma, con ordinanza del 19 novembre 1998, ha sollevato - in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione - questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1168, secondo comma, del codice civile, nella parte in cui non prevede l'azione di reintegrazione nel possesso per i "detentori di immobili o alloggi in forza di contratti onerosi facenti capo ad attivita' alberghiere, di residence ed assimilate"; che, ad avviso del rimettente, il "prevalente orientamento dottrinario e giurisprudenziale", escludendo in tali casi l'azione di reintegrazione, si porrebbe in contrasto: a) con l'art. 3 Cost., per la violazione del principio di uguaglianza, sia rispetto ai soggetti legittimati all'azione (tra i quali sono ricompresi persino gli acquirenti del possesso in mala fede o contra ius), stante la sussistenza in tutti i casi dell'esigenza posta a fondamento della tutela possessoria (ne cives ad arma ruant), sia rispetto agli altri cittadini, i quali possono opporre all'altra parte il divieto di autotutela; b) con l'art. 24 Cost., per la violazione del diritto di difesa del detentore, esposto al potere della controparte del rapporto di estrometterlo unilateralmente dall'alloggio con la forza (come era avvenuto nella specie), senza poter opporre a tale parte il divieto di autotutela; che, secondo il giudice a quo la detenzione autonoma e qualificata di un alloggio in forza di un contratto di residence d'albergo o simili, stipulato a titolo oneroso con una controparte che opera sul mercato professionalmente e per un fine di lucro, non puo' essere ricondotta a ragioni di mera ospitalita' - intesa, quest'ultima, come espressione metagiuridica di sentimenti di cortesia, benevolenza e tolleranza -, ma vale a legittimare l'azione di reintegrazione (indipendentemente dalla natura precaria o temporanea del godimento del bene) anche nei confronti del concedente; che si e' costituita la parte convenuta nel giudizio a quo richiamando la giurisprudenza di legittimita' in tema di contratto di alloggio e chiedendo dichiararsi "infondata o comunque inammissibile" la sollevata questione sotto entrambi i profili prospettati: a) in relazione all'art. 3 Cost., per la peculiare provvisorieta' o precarieta' del diritto di godimento dell'alloggio da parte del cliente di albergo, residence o simili, soggetto al diritto di recesso ad nutum della controparte, non costretta a seguire la consueta procedura di sfratto, che sarebbe di grave ostacolo all'efficiente esercizio dell'attivita' alberghiera (o di quella a questa assimilabile); b) in relazione all'art. 24 Cost., perche' il cliente di albergo, residence o simili puo' tutelare compiutamente i propri diritti esercitando le azioni di inadempimento contrattuale nel caso di illegittimo recesso della controparte dal rapporto. Considerato che il rimettente dubita, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, della legittimita' costituzionale dell'art. 1168, secondo comma, del codice civile, in quanto escluderebbe - secondo l'orientamento che egli stesso qualifica "prevalente" - la legittimazione attiva dei clienti di albergo, residence (od assimilati) all'azione di reintegrazione; che tale presupposto interpretativo non viene presentato dal giudice a quo quale espressione di "diritto vivente" e neppure quale unica esegesi praticabile della disposizione impugnata, ma anzi quale approdo ermeneutico dichiaratamente non condiviso, al quale afferma di preferire (diffusamente argomentando al riguardo) l'opposta interpretazione, a lui non preclusa, ritenuta secundum Constitutionem; che, pertanto, la sollevata questione - come altre volte sottolineato da questa Corte in casi analoghi - va dichiarata manifestamente inammissibile, perche' la prospettazione del rimettente non e' volta a rimuovere un dubbio di legittimita' costituzionale (che egli ha mostrato, in concreto, di non nutrire affatto e di poter risolvere in via interpretativa), ma appare, in realta', diretta - al fine di proteggere l'emananda pronuncia dall'alea di una impugnazione e di una eventuale riforma od annullamento - a contestare un'unica pronuncia della Corte di Cassazione (Cass. 8 agosto 1985, n. 4403) nonche' la decisione emessa nel giudizio a quo dal Tribunale in accoglimento del reclamo proposto dal concedente avverso l'interdetto di reintegrazione (v., ex multis ordinanze nn. 93 del 2000, 54 del 1999, 70 del 1998, 410 del 1994).
Per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta inammissibilita' della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1168 del codice civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal pretore di Roma con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 maggio 2000. Il Presidente: Mirabelli Il redattore: Ruperto Il cancelliere: Di Paola Depositata in cancelleria il 24 maggio 2000. Il direttore della cancelleria: Di Paola 00C0502