N. 319 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 marzo 2000

Ordinanza  emessa  il  20  marzo  2000  dal  tribunale  di Milano nel
procedimento penale a carico di Berger Tommaso
Processo  penale - Dibattimento - Acquisizione delle prove - Esame di
imputato  in  procedimento  connesso  -  Dichiarazioni rese nel corso
delle  indagini  preliminari  su  fatti implicanti responsabilita' di
altri  - Attribuzione al dichiarante della facolta' di non rispondere
-   Lesione   del   diritto   al   contraddittorio   dell'accusato  -
Compromissione  dei  principi  del  libero convincimento del giudice,
della  funzione conoscitiva del processo, dell'indefettibilita' della
giurisdizione e dell'obbligatorieta' dell'azione penale.
- Cod. proc. pen., artt. 513 e 210, comma 4.
- Costituzione, artt. 3, 24, 111 e 112.
(GU n.25 del 14-6-2000 )
                            IL TRIBUNALE

    Nel procedimento penale a carico di Tommaso Berger, generalizzato
  in  atti, libero e contumacie, assistito e difeso dall'avv. Alberto
  Moro  Visconti  e  dall'avv.  Roberto Crippa, imputato in ordine al
  reato  di  cui  agli  artt. 110, 81 capoverso, 476, primo e secondo
  comma,  c.p.,  di  cui al capo di imputazione n. 6) del decreto che
  dispone il giudizio datato 6 giugno 1997;
    A scioglimento della riserva assunta all'udienza 28 gennaio 2000,
  ha  emesso  la seguente ordinanza sulla questione di illegittimita'
  costituzionale  degli  artt. 210 e 513 c.p.p., per violazione degli
  artt. 3, 25, 111, 112 Cost., che viene sollevata d'ufficio;

                            O s s e r v a

    Il procedimento ha per oggetto una serie di fatti di corruzione e
  falso  concernenti  procedimenti amministrativi di condono edilizio
  ai   sensi  della  legge  n. 47/1985,  e  prima  dell'apertura  del
  dibattimento  si  e'  articolato in plurime udienze nel corso delle
  quali  numerose posizioni sono state separate e quindi definite con
  rito  alternativo o con pronuncia di non doversi procedere ai sensi
  dell'art. 469 c.p.p.
    La  posizione  dell'imputato Berger, al quale e' stato contestato
  il  fatto  di  cui  al  capo 6) del decreto che dispone il giudizio
  datato  6  giugno  1997,  e' stata separata in data 12 gennaio 2000
  quanto  al  solo  fatto  di corruzione, in relazione al quale il 14
  gennaio  2000 e' stata emessa sentenza di non doversi procedere per
  intervenuta  prescrizione,  sicche'  egli e' attualmente chiamato a
  rispondere  della  sola  imputazione  di  falso  ex  art. 476  c.p.
  contestata al menzionato capo 6).
    All'udienza  del 12 gennaio 2000 e' stato aperto il dibattimento,
  dopodiche' il seguente 28 gennaio, emessa l'ordinanza di ammissione
  delle  prove,  ha  avuto  inizio  l'istruttoria  orale  chiesta dal
  pubblico ministero.
    Occorre  poi  ulteriormente  premettere  che  il  procedimento e'
  evidentemente  ed  incontestatamente  soggetto  ai  principi di cui
  all'art. 111  Cost.,  come modificato dalla legge costituzionale 23
  novembre  1999,  n. 2, in quanto il dibattimento e' stato aperto in
  epoca  successiva  alla  introduzione  della  predetta  innovazione
  legislativa.
    All'udienza  del  28 gennaio 2000,e' stato sottoposto ad esame ai
  sensi   dell'art. 210   c.p.p.  Bruno  Fumagalli,  un  imputato  in
  procedimento  connesso  che nella fase predibattimentale aveva reso
  dichiarazioni   accusatorie  nei  confronti  dell'imputato  Tommaso
  Berger. Il Fumagalli si e' avvalso della facolta' di non rispondere
  non  solo  alle  domande  poste dal pubblico ministero, il quale ha
  proceduto  alle  contestazioni  ai  sensi  dell'art. 500 c.p.p., ma
  anche a quelle formulate dalla difesa dell'imputato Berger.
    I  difensori  dell'imputato hanno quindi prospettato la questione
  di legittimita' costituzionale dell'art. 513 c.p.p. - nella portata
  precettiva scaturita dall'intervento della Corte costituzionale con
  sentenza  n. 361  del  1998  -  per  contrarieta'  della  norma ivi
  contenuta al principio di formazione della prova in contraddittorio
  espresso dal nuovo testo dell'art. 111 Cost., che limita ad ipotesi
  del  tutto  eccezionali  la  possibilita'  di  deroga  al confronto
  dialettico   per  l'assunzione  nel  processo  delle  dichiarazioni
  accusatorie contro l'imputato.
    Il   regime  delle  contestazioni  all'imputato  in  procedimento
  connesso   che   si  avvalga  della  facolta'  di  non  rispondere,
  l'acquisizione  dei  verbali  a  norma dell'art. 500, quarto comma,
  c.p.p.  e  la  conseguente  valutazione  ai  fini  della  decisione
  implicherebbero,  secondo  la  difesa,  una  deroga al principio di
  formazione  dialettica  della  prova che non e' compresa tra quelle
  previste dal sesto comma dell'art. 111 Cost.
    In  ordine  alla rilevanza della questione per la definizione del
  processo, basti osservare che dal decreto che dispone il giudizio e
  dalla  richiesta di prove formulata dal pubblico ministero ai sensi
  dell'art. 493  c.p.p.,  ammesse  dal tribunale con ordinanza del 28
  gennaio  2000,  si  evince che la responsabilita' dell'imputato non
  puo'  essere  valutata prescindendo dalle dichiarazioni accusatorie
  formulate  dal  Fumagalli.  Esse  non  possono trovare ingresso nel
  dibattimento  posto  che  il Fumagalli medesimo si e' avvalso della
  facolta' di non rispondere.
    Non  risultano  poi  elementi  da cui desumere la sussistenza dei
  presupposti ex art. 111, sesto comma, Cost., per l'acquisizione dei
  verbali  utilizzati  per  le contestazioni, ossia per la formazione
  della  prova  in  deroga  al  principio  del  confronto  dialettico
  (consenso   dell'imputato;   impossibilita'  di  natura  oggettiva;
  provata condotta illecita).
    In  parziale difformita' rispetto alla prospettazione difensiva -
  tanto da generare la necessita' di sollevare d'ufficio la questione
  di  costituzionalita'  -  il  collegio  ritiene che il principio di
  formazione  della  prova  in contraddittorio di cui al quinto comma
  dell'art. 111  Cost.,  comporta la non manifesta infondatezza della
  questione  di costituzionalita' non soltanto del meccanismo dettato
  dall'art. 513  c.p.p.,  ma  piu' in generale dell'intero sistema di
  assunzione  della  prova  per cio' che concerne le dichiarazioni di
  persone  esaminate  ai sensi dell'art. 210 c.p.p., sotto il profilo
  della  previsione  della  facolta'  di  non  rispondere in ordine a
  circostanze concernenti la responsabilita' di altri.
    La  Corte  costituzionale  con  la sentenza n. 361 del 1998 aveva
  individuato   nel   meccanismo   delle   contestazioni   ai   sensi
  dell'art. 500  c.p.p.,  il  sistema  con  il  quale contemperare il
  principio   del   diritto   di  difesa  (art. 24),  con  quelli  di
  ragionevolezza (art. 3), di obbligatorieta' dell'azione penale (112
  Cost.), e conseguentemente di conservazione della prova.
    Tale  assetto  di  composizione  dei diversi principi risulta ora
  superato  dall'introduzione  di specificazioni circa la garanzia di
  formazione   in  contraddittorio  della  prova  fissata  dal  nuovo
  art. 111,   con  l'esplicita  vanificazione,  quanto  all'efficacia
  probatoria,   delle   dichiarazioni   gia'   rese   nelle  indagini
  preliminari  da  chi  si sottrae volontariamente al contraddittorio
  mediante l'esercizio della facolta' di non rispondere.
    Secondo   il   parere  del  tribunale  le  nuove  regole  fissate
  dall'art. 111   della  Costituzione  impongono  una  revisione  dei
  confini  tra  il  diritto  alla formazione in contraddittorio della
  prova,  ed  il  diritto al silenzio del dichiarante erga alios, nel
  senso  che alla maggiore espansione ed alla piu' intensa tutela del
  primo,   corrisponde   inevitabilmente   la   riduzione   dell'area
  costituzionalmente  protetta riguardante l'esercizio della facolta'
  di non rispondere.
    Alla   luce  della  nuova  composizione  delle  diverse  garanzie
  fondamentali  scaturita  dalle  innovazioni introdotte con la legge
  Costituzionale  23  novembre  1999,  n. 2,  si  rivela contraria al
  precetto  costituzionale del diritto al contraddittorio - come tale
  suscettibile    di    ristrettissime    esclusioni,   espressamente
  individuate   dall'art.   111   stesso   (consenso   dell'imputato;
  impossibilita' di natura oggettiva; provata condotta illecita) - la
  previsione  della facolta' di non rispondere prevista dall'art. 210
  c.p.p  quanto  alle  dichiarazioni  che  un imputato renda su fatti
  concernenti la responsabilita' di altri.
    In  altre  parole,  confligge  con  siffatta  ridisegnazione  del
  principio  del  confronto dialettico in dibattimento, la previsione
  della  legge  ordinaria  circa  la  facolta'  dell'imputato  di non
  rispondere  per  quanto  attiene alle dichiarazioni accusatorie nei
  confronti  di  altri  soggetti. Ferma restando l'intangibilita' del
  diritto  al  silenzio  dell'imputato fin dall'inizio delle indagini
  preliminari,  va  posto  in  evidenza  che  per effetto della nuova
  composizione  creatasi  tra  le  diverse  garanzie  costituzionali,
  l'eventuale scelta di rendere dichiarazioni su fatto che implica la
  responsabilita'   altrui   ha   ormai   acquisito  la  connotazione
  dell'irrevocabilita',  posto  che  le dichiarazioni stesse spiegano
  nei confronti dell'accusato effetti di rilevanza tanto grande nella
  fase  predibattimentale,  da  portare  in  alcuni casi persino alla
  limitazione  della liberta' personale, in ottemperanza al principio
  -  anch'esso  costituzionalmente  protetto  -  di  esercizio  della
  giurisdizione penale.
    Una  volta  intrapresa la via della formulazione di dichiarazioni
  coinvolgenti  la  responsabilita'  di altri, l'esercizio successivo
  del  diritto al silenzio da parte della persona sottoposta ad esame
  ai  sensi  dell'art. 210  c.p.p.,  finisce  per  scontrarsi  con il
  diritto  dell'accusato  al  confronto  dialettico  nella formazione
  della prova, ormai assunto a regola costituzionale.
    La concorrenza tra le due predette contrapposte articolazioni del
  diritto   di   difesa   puo'   essere   composta   solo  affermando
  l'intervenuta  compressione  -  per effetto dell'introduzione delle
  nuove  regole  ex  art. 111 Cost. - dello spazio costituzionalmente
  garantito  del  diritto al silenzio, che non puo' piu' includere la
  facolta'  di  non  rispondere  per  il  dichiarante  erga alios. La
  contraria  opinione  implicherebbe l'irragionevole ed inaccettabile
  sacrificio dei principi del libero convincimento del giudice, della
  irrinunciabile      funzione      conoscitiva     del     processo,
  dell'indefettibilita'  della  giurisdizione  e dell'obbligatorieta'
  dell'azione penale.
    Non  si potrebbe poi ovviare alla dispersione della prova neppure
  ricorrendo  allo  strumento  dell'incidente  probatorio,  posto che
  detto  meccanismo costituisce una mera anticipazione del sistema di
  assunzione  della prova, nell'ambito del quale resta comunque salva
  la  facolta'  di  non  rispondere.  Con  riferimento  al caso posto
  all'attenzione  del  tribunale  vi  sono elementi che consentano di
  ipotizzare che il Fumagalli avrebbe tenuto un atteggiamento diverso
  se fosse stato esaminato in sede di incidente probatorio.
    Da  ultimo,  va notato che lo stesso tenore letterale delle nuove
  norme costituzionali (quarto comma dell'art. 111 Cost.) nella parte
  in  cui  esse  definiscono  come  sottrazione al contraddittorio la
  volonta'  di  non  rispondere,  sembrano  connotare di disvalore la
  mancanza   di  coerenza  nel  proposito  di  rendere  dichiarazioni
  accusatorie  nei confronti di altre persone, implicitamente ponendo
  il precetto dell'obbligo giuridico di rispondere per chi, una volta
  operata   la   scelta   di  raccontare  fatti  che  coinvolgono  la
  responsabilita'  di altri, rifiuti di sottoporsi al contraddittorio
  per   motivi   diversi   da   quelli   enunciati  dal  sesto  comma
  dell'art. 111  Cost.,  e  dunque persino per ragioni non meritevoli
  d'essere tutelate dall'ordinamento.
                              P. Q. M.
    Visti gli artt. 134 Cost.; 23 e ss., legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di
  legittimita'  costituzionale dell'art. 513 c.p.p., e dell'art. 210,
  quarto   comma,  c.p.p.  limitatamente  alla  previsione  circa  la
  facolta'  di non rispondere su fatti concernenti la responsabilita'
  di altri, per violazione degli artt. 3, 25, 111 e 112 Cost.;
    Dispone  la  trasmissione  degli atti del procedimento alla Corte
  costituzionale;
    Manda  alla  cancelleria  per  la  notificazione  della  presente
  ordinanza  al  presidente del Consiglio dei Ministri nonche' per la
  comunicazione  ai  presidenti  delle  camere  del  parlamento della
  Repubblica;
    Sospende  il dibattimento fino all'esito del giudizio incidentale
  di legittimita' costituzionale.
        Milano, addi' 20 marzo 2000.
                       Il presidente: Galioto
                                 I giudici: Tremolada - Brambilla

                            IL TRIBUNALE

    (Omissis).
    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza di correzione dell'errore
  materiale nel procedimento penale contro Tommaso Berger; preso atto
  che  l'ordinanza di rimessione degli atti alla Corte costituzionale
  emessa  in  data  20 marzo  2000,  reca  l'indicazione parzialmente
  errata  delle  norme  della  Carta  costituzionale che si ritengono
  violate  e  che  piu'  precisamente  e' stato indicato l'art. 25 in
  luogo dell'art. 24 Cost.
    Considerato che si tratta di evidente errore materiale;
                              P. Q. M.
    Visto l'art. 130 c.p.p.;
    Dispone che la dove e' scritto "per violazione degli artt. 3, 25,
  111 e 112 Cost.", sia invece scritto "per violazione degli artt. 3,
  24, 111 e 112 Cost.";
    Manda   alla   cancelleria   per   l'annotazione   nell'originale
  dell'ordinanza.
        Milano, addi' 22 marzo 2000.
                       Il presidente: Galioto
I giudici: Tremolada - Brambilla
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