N. 329 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 aprile 2000
Ordinanza emessa il 14 aprile 2000 dal tribunale militare di Verona nel procedimento penale a carico di Ardito Giuseppe Tribunali militari - Composizione del collegio giudicante - Partecipazione di un militare non magistrato (c.d. giudice d'arma), di grado pari a quello dell'imputato o comunque non inferiore al grado di ufficiale, estratto a sorte, tra gli ufficiali aventi il grado richiesto, che prestino servizio nella circoscrizione del tribunale - Giudizio a carico di ufficiale avente il grado di tenente generale o equiparato - Effettuazione dell'estrazione al di fuori della circoscrizione del tribunale se nell'ambito della stessa non vi siano ufficiali del grado richiesto - Mancata previsione - Lesione del principio del giudice naturale precostituito per legge - Disparita' di trattamento tra imputati a seconda del numero di ufficiali pari grado presenti nella circoscrizione del tribunale. - Legge 7 maggio 1981, n. 180, art. 2, terzo comma. - Costituzione, artt. 3 e 25.(GU n.25 del 14-6-2000 )
IL TRIBUNALE MILITARE Ha pronunciato in pubblica udienza la seguente ordinanza nel procedimento a carico di: Ardito Giuseppe, nato il 13 ottobre 1938 a Chieti, atto di nascita n. 680 P.I, residente a Roma, via Siria n. 20; Tenente Generale E.I., eletto domicilio legale presso il difensore di fiducia avv. prof. Carlo Taormina, del foro di Roma, via Federico Cesi n. 21, libero, presente, imputato del reato di: 1) "minaccia ad inferiore" (art. 196, comma 1, c.p.m.p.), perche', tenente generale comandante delle forze terresti alleate del sud europa (F.T.A.S.E.), il pomeriggio del 22 settembre 1997, nel suo ufficio in Verona, alla presenza del capo di stato maggiore delle F.T.A.S.E., dissentendo dal modo in cui il ten. col. Piero Inzolia, facente funzioni di direttore dell'ufficio bilancio e finanze, stava trattando una pratica di ufficio relativa a lavori di ristrutturazione della caserma "Passalacqua" di Verona, minacciava un ingiusto danno all'Inzolia dicendogli "Inzolia io ti butto fuori dal comando a calci nel culo!"; 2) "ingiuria ad inferiore aggravata" (artt. 196, comma 2 e 47 n. 4 c.p.m.p.), perche' il 30 ottobre 1997 nell'ufficio del capo di stato maggiore delle F.T.A.S.E. in Verona, facendo riferimento ad una condotta di servizio del ten. col. Piero Inzolia a lui ritenuta irregolare, offendeva il prestigio, l'onore e la dignita' dell'Inzolia medesimo dicendogli che la sua condotta era sleale, disonesta e motivata da interessi privati; avendo quindi l'Inzolia tentato di fornire spiegazioni sul proprio operato, l'Ardito gli impediva di parlare, intimandogli di tacere con le parole inglesi "Shut up!". Con l'aggravante di aver commesso il fatto in presenza di oltre tre militari riuniti per servizio (maggiore generale Vito Carlucci, maggiore generale Maurizio Cicolin, colonnello Vincenzo Lorusso e Generale U.S.A. William J. Leszczynski). 3) "diffamazione continuata e pluriaggravata" (artt. 81 comma 2 c.p., 227 comma 1 e 2, 47 n. 2 c.p.m.p.), perche', commettendo con piu' azioni esecutive del medesimo disegno criminoso piu' violazioni della medesima disposizione di legge, comunicando con piu' persone offendeva ripetutamente la reputazione del ten. col. Inzolia. In particolare, il 30 ottobre 1997, nell'ufficio del capo di stato maggiore delle F.T.A.S.E. in Verona, subito dopo il fatto di cui al capo che precede, essendosi allontanati dal predetto ufficio il gen. Leszczynski e il ten. col. Inzolia, il gen. Ardito comunicando con il maggiore generale Vito Carlucci, con il maggiore generale Maurizio Cicolin e con il colonnello Vincenzo Lorusso rimasti nell'ufficio, affermava che la ragione della personalizzazione del rapporto fra l'Inzolia ed il dott. Bouchat era motivata da interessi privati dell'Inzolia, il quale intendeva partecipare al concorso per il posto di dirigente dell'ufficio bilancio e finanza del comando F.T.A.S.E. della cui commissione avrebbe dovuto far parte il Bouchat. Indi reiterava tale affermazione, sia pure con piu' generico riferimento, nell'allegato "A" di una lettera spedita il 31 ottobre 1997 al 1o Reparto dello stato maggiore della difesa, alla direzione generale per gli ufficiali dell'esercito al 1o reparto dello stato maggiore dell'esercito, ove, esponendo i "motivi per i quali la permanenza del ten. col. Piero Inzolia presso il comando F.T.A.S.E. si (era) resa incompatibile con la funzionalita' del comando stesso", testualmente scriveva al punto 2: "dal suo comportamento sembra evincersi che egli non si consideri parte integrante del comando F.T.A.S.E. e tenda ad agire con la massima indipendenza, sottraendo spesso il controllo dei suoi atti ai suoi superiori gerarchici. Per contro ritiene assolutamente preminente il rapporto tecnico con l'organo NATO superiore (funzionario civile), che privilegia anche per finalita' personali". Con le aggravanti: di essere militare rivestito di un grado, di aver attribuito un fatto determinato e di aver arrecato l'offesa anche mediante un atto pubblico (citata missiva diretta agli organi centrali della difesa). M o t i v a z i o n e Premesso: a) che all'odierna pubblica udienza nei confronti del tenente generale E.I. Ardito Giuseppe, accusato come in atti di minaccia ad inferiore (art. 196, comma 1, c.p.m.p.), ingiuria ad inferiore aggravata (artt. 196, comma 2, 47 n. 4 c.p.m.p.) e diffamazione continuata e pluriaggravata (artt. 227, commi 1 e 2, 47 n. 2 c.p.m.p., 81, cpv., c.p.), il difensore dell'imputato ha eccepito preliminarmente l'illegittimita' della composizione del collegio giudicante in relazione alla presenza in esso del giudice "d'arma", in persona del generale di squadra aerea Riccardo Tonini, cosi' come individuato a seguito dell'ordinanza presidenziale datata 24 settembre 1999; b) che, in particolare, il difensore ha lamentato: b1) violazione dell'art. 2, comma 2, n. 3), della legge 7 maggio 1981, n. 180 (recante "modifiche all'ordinamento giudiziario militare di pace"), e dunque degli artt. 178, comma 1, lett. g), e 179, comma 1, c.p.p., non risultando l'ufficiale generale estratto come membro del collegio in possesso della cosi' detta "quarta stella" funzionale di cui e' investito il generale, Ardito, e dunque difettando nella fattispecie il requisito legale della parita' del grado; b2) violazione della regola stabilita dall'art. 43, comma 1, c.p.p. nonche' della regola sussidiaria stabilita dal comma 2 dello stesso articolo, che rinvia al precedente art. 11, e conseguentemente degli artt. 178, comma 1, lett. a), e 179 c.p.p., essendo state tali disposizioni, benche' applicabili anche nella fattispecie, disattese dalla citata ordinanza presidenziale; c) che, pertanto, il difensore ha chiesto pronunciarsi declaratoria di nullita' della composizione del collegio giudicante, con assunzione degli atti conseguenti, ivi compresa la trasmissione degli atti processuali ad altro tribunale militare; d) che il pubblico ministero ha chiesto la reiezione delle eccezioni difensive, evideziando quale prevalente esigenza quella di dare attuazione al principio del giudice naturale precostituito per legge (nel caso di specie, il tribunale militare di Verona), di cui all'art. 25, comma 1, Cost: e) che il difensore della parte civile ha concluso, sostanzialmente, come il rappresentante della pubblica accusa, il tribunale: O s s e r v a 1. - Ai sensi dell'art. 2 della legge n. 180/1981, il tribunale militare giudica con l'intervento di tre membri, ossia due magistrati "togati" (presidente e giudice a latere) e un appartenente alle forze armate, "di grado pari a quello dell'imputato e comunque non inferiore al grado di ufficiale, estratto a sorte, con funzioni di giudice" (comma 2, n. 3). La medesima norma stabilisce poi che l'estrazione a sorte del componente giudice militare "si effettua tra gli ufficiali, aventi il grado richiesto, che prestano servizio nella circoscrizione del tribunale militare" (comma 3). In applicazione di quest'ultima disposizione, il giudice militare destinato a comporre il collegio giudicante del tribunale militare di Verona puo' essere estratto soltanto tra gli ufficiali in servizio nelle province su cui lo stesso tribunale esercita la giurisdizione, vale a dire nelle province di Belluno, Bolzano, Brescia, Mantova, Trento e Verona (cfr. tabella allegata al decreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio 1964, n. 199). Per il giudice non togato, similmente a quel che avviene per i giudici togati, possono darsi, in relazione al singolo processo, situazioni di incompatibilita' che ne comportano, a seguito della sua astensione o della sua ricusazione, l'esclusione dal collegio giudicante del tribunale militare. Le principali di queste situazioni sono tuttora elencate dall'art. 289 del codice militare di pace; ed e' una di esse, appunto, che si e' verificata nel procedimento penale a carico del generale Ardito, essendo risultato il giudice "d'arma" originariamente estratto, tenente generale Pasquale De Salvia, incompatibile siccome dipendente, nella sua qualita' di comandante delle truppe alpine, dal comandante delle forze operative terrestri (F.T.A.S.E.), e dunque dall'odierno imputato (art. 289, comma 1, n. 3, c.p.m.p.). I meccanismi giuridici per superare l'ostacolo rappresentato dalla incompatibilita' differiscono, tuttavia, a seconda che essa riguardi il giudice militare, ovvero i giudici (uno solo od entrambi) magistrati militari. Per questi ultimi, le norme da applicare sono, nell'ordine: anzitutto, quella ex art. 43, comma 1, c.p.p., secondo cui "il giudice astenuto o ricusato e' sostituito con altro magistrato dello stesso ufficio designato secondo le leggi di ordinamento giudiziario"; quindi, quella ex art. 5-bis del decreto-legge 23 ottobre 1996, n. 553 (convertito, con modificazioni, nella legge 23 dicembre 1996, n. 652), secondo cui, ove non sia possibile procedere alla sostituzione nei modi indicati dall'art. 43, comma 1, c.p.p., e prevista la rimessione del procedimento "al tribunale militare piu' vicino, determinato tenendo conto della distanza chilometrica ferroviaria e, se del caso, marittima". La seconda delle disposizioni sopra citate (la quale, per i casi in essa contemplati, tiene il posto, in ambito giudiziario militare, del combinato disposto degli artt. 43, comma 2, e 11 c.p.p.) ha evidentemente carattere sussidiario, nel senso che vi si puo' ricorrere, per espressa volonta' della legge, solo se non sia possibile sostituire il giudice (incompatibile perche' astenuto o ricusato) con altro magistrato dello stesso ufficio, attraverso il meccanismo della supplenza o dell'applicazione. Per il giudice "d'arma", invece, l'eventuale situazione di incompatibilita' non puo' essere risolta applicando, sic et simpliciter le norme degli artt. 43, comma 1, del codice di rito penale e 5-bis del decreto-legge n. 553/1996: cio' in quanto il giudice de quo non partecipa al collegio in virtu' della sua appartenenza organica al tribunale militare, bensi' in virtu' del meccanismo dell'estrazione di cui all'art. 2 della legge n. 180/1981, ossia di un meccanismo che ne affida l'individuazione concreta al caso, secondo la procedura indicata dal comma 4 della medesima disposizione normativa ("le estrazioni a sorte, previo avviso affisso in apposito albo, sono effettuate nell'aula di udienza aperta al pubblico, dal presidente, alla presenza del pubblico ministero, con l'assistenza del cancelliere o del segretario giudiziario, che redige verbale"). Di regola, peraltro, non sussistono particolari difficolta' per la sostituzione del giudice militare astenuto o ricusato nell'osservanza degli artt. 43, comma 1, c.p.p. e 2 della legge n. 180/1981. Infatti, quest'ultimo, proprio al fine di ovviare a problemi di questo tipo, prevede - in chiusura - che "vengono estratti, per ogni giudice, due supplenti" (comma 5, ultima parte); il che, normalmente, si palesa sufficiente a consentire una sostituzione dell'ufficiale giudice scevra da lungaggini e pienamente rispettosa del dettato normativo. 2. - Lo stato delle cose sopra delineato e' pero' destinato a subire un'innegabile complicazione allorquando si tratti di formare il collegio giudicante per un processo penale militare a carico di un ufficiale rivestito del grado apicale delle forze armate (tenente generale o grado equiparato). Il bacino spaziale da cui, ai sensi dell'art. 2, comma 3, della legge n. 180/1981, attingere per l'estrazione a sorte (circoscrizione del tribunale militare) potrebbe, invero, gia' risultare di per se' non idoneo a "fornire" il numero minimo di ufficiali aventi grado pari a quello dell'imputato, giacche', dovendosi per legge estrarre due supplenti per ciascun giudice (art. 2, comma 5, stesso art. ), i soggetti tra i quali effettuare il sorteggio non potrebbero essere meno di quattro. Nel qual caso, si ritiene che anche per il tribunale militare possa essere invocato il principio ad impossibilia nemo tenetur, e dunque possa procedersi (nel rispetto sostanziale se non proprio formale della legge) ad estrazione a sorte del generale giudice attingendo da un numero inferiore a quello sopra indicato e magari rinunciando a un supplente. Ma quid iuris allorche' - come nella ipotesi verificatasi nel processo a carico del generale Ardito - sia stato chiamato a comporre il collegio giudicante l'unico ufficiale avente il grado richiesto in servizio nella circoscrizione del tribunale militare di Verona e questi, per aggiunta, sia risultato impossibilitato all'esercizio delle specifiche funzioni giudicanti per uno dei motivi di incompatibilita' di cui all'art. 289 c.p.m.p. La soluzione adottata dal presidente di questo, tribunale militare con ordinanza in data 24 settembre 1999 - anche a seguito di indicazione data dall'organo giudicante centrale (cfr. nota 7 settembre 1999, n. CA/GIUD/3689 del sig. presidente della Corte militare di appello) - e' stata nel senso di provvedere a nuova estrazione "sulla piu' estesa base territoriale della circoscrizione della Corte militare di appello, sezione di Verona" e dunque prendendo in considerazione tutti i tenenti generali e i corrispondenti gradi in servizio nelle circoscrizioni dei tribunali militari di Torino, Verona e Padova, rientranti nel predetto sub-distretto (cfr. art. 3, comma 2, della legge n. 180/1981). Peraltro, v'e' gia', a monte della determinazione in questione, uno "strappo" alla normativa vigente in materia di designazione, mediante sorteggio, del giudice militare: l'estrazione a sorte, invero, non si accorda con la presenza di un candidato unico, poiche' quest'ultima circostanza sostituisce al caso la necessita' (del resto, la presidenza della corte militare di appello ha opportunamente evidenziato, nella menzionata nota, di ritenere "che l'estrazione effettuata con conseguente individuazione del ten. gen. De Salvia sia da considerare nulla"). Ma anche il criterio seguito (estrazione fatta su base distrettuale, o meglio subdistrettuale) presta il fianco a critiche sul piano della legittimita'. L'art. 2, comma 3, della legge n. 180/1981 si riferisce esclusivamente alla circoscrizione del tribunale militare e non lascia aperta la via ad ampliamenti di sorta, sia pure ispirati a ragionevolezza e al buon fine di consentire, comunque, lo svolgimento del processo avanti aI giudice del luogo in cui e' stato commesso il presunto reato. Quando si tratti di disposizioni la cui osservanza e' prescritta a pena di nullita' (e quelle, che qui rilevano, concernendo "le condizioni di capacita' del giudice e il numero dei giudici necessario per costituire i collegi stabilito dalle leggi di ordinamento giudiziario", sono presidiate da nullita' assoluta ai sensi degli artt. 178, comma 1, lett. a, 179, comma 1, c.p.p.), qualsivoglia soluzione empirica adottata, per ottime che possano essere le ragioni ad essa sottese, e' destinata a cadere. Con tutto cio', il tribunale non ritiene di accedere alla soluzione prospettata dalla difesa dell'imputato, che ha chiesto di dichiarare l'illegittima composizione del collegio e trasmettere gli atti aI tribunale viciniore, secondo le norme del codice di rito penale. Infatti, non sembra in ogni caso possibile sottrarsi all'applicazione della norma ex art. 2, comma 3, della legge n. 180/1981: sia per quanto si e' osservato circa la partecipazione al collegio del giudice militare esclusivamente attraverso il congegno dell'estrazione a sorte e non, com'e' invece per i giudici magistrati, in virtu' dell'appartenenza organica all'organo giudiziario; sia perche', prescindendo dall'estrazione a sorte, nessun collegio giudicante di tribunale militare potrebbe mai essere formato, neppure l'odierno collegio. In conclusione, si ritiene, da un lato, che debba necessariamente farsi applicazione dell'art. 2, comma 3, della legge richiamata; dall'altro, che tale disposizione, palesandosi del tutto inadeguata ad affrontare una situazione come quella nel concreto prodottasi nel processo a carico del generale Ardito, possa confliggere con la Costituzione repubblicana, e precisamente con i principi affermati dagli artt. 3, primo comma (eguaglianza davanti alla legge) e 25, primo comma (giudice naturale precostituito per legge). 3. - Il tribunale ritiene di affrontare la questione partendo dal secondo dei parametri costituzionali invocati, ossia dall'art. 25, primo comma, Cost., secondo cui "nessuno puo' essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge". Nell'interpretazione della Corte costituzionale, il principio del "giudice naturale" esige che l'organo giudicante sia istituito in base a criteri generali fissati in precedenza (Corte cost., sent. n. 29/1958, 1/1965) e non in rapporto: a una determinata causa; dunque, in relazione a fattispecie astratte, con esclusione di qualsivoglia potere del giudice di creare egli stesso, discrezionalmente, ipotesi di spostamento della competenza (Corte cost., sent. n. 122/1963). Quest'ultimo concetto e' stato altresi' ribadito in altra fondamentale pronuncia, in cui si e' affermato che "il principio sancito dall'art. 25 della Costituzione (...) tutela essenzialmente l'esigenza che la competenza degli organi giudiziari, al fine di una garanzia rigorosa della loro imparzialita', venga sottratta ad ogni possibilita' di arbitrio, attraverso la precostituzione per legge del giudice in base a criteri generali fissati in anticipo e non in vista di singole controversie" (Corte cost., sent. n. 77/1977). Cio' detto, appare evidente, a parere di questo collegio che il meccanismo di selezione del giudice militare, previsto dall'art. 2, terzo comma, della legge n. 180/1981, non garantisce il rispetto del richiamato principio costituzionale: esso, infatti, impone che l'estrazione a sorte avvenga "tra gli ufficiali, aventi il grado richiesto, che prestano servizio nella circoscrizione del tribunale militare"; ma nulla dice per l'ipotesi in cui si debba celebrare il giudizio a carico di un ufficiale con il grado di tenente generale (o con grado corrispondente). La questione non e' meramente teorica, tant'e' che, nel caso che qui occupa, si e' verificata; e neppure puo' essere considerata un' evenienza del tutto particolare, di quelle, insomma, che la legge, per sua natura generale e astratta, non puo' ragionevolmente contemplare in anticipo. E' invero intuitivo che il numero degli ufficiali con il grado di tenente generale (gia' denominati, nell'esercito, generali di corpo d'armata) sia, sul piano. nazionale, ristretto. Detto grado, infatti, puo' essere senz'altro considerato come grado apicale delle forze armate italiane, giacche' e' quello rivestito dagli stessi capi di stato maggiore delle varie armi e da pochissimi altri ufficiali (tra cui l'odierno imputato nella sua qualita' di comandante delle forze operative terrestri), in possesso della cosi' detta "quarta stella") funzionale. Una posizione a se' ricopre, dopo la ristrutturazione dei vertici delle forze armate di cui alla legge 18 febbraio 1997, n. 25, il capo di stato maggiore della difesa, posto alle dirette dipendenze del Ministro della difesa e gerarchicamente sopraordinato ai capi di stato maggiore di forza armata e agli altri pari grado, che da lui dipendono (art. 3, comma 2, legge ult. cit.). Anzi, si puo' osservare in proposito (sia pure incidenter tantum) che, stante la regola secondo cui non puo' rivestire l'ufficio di giudice militare l'ufficiale che si trovava "immediatamente agli ordini dell'imputato al tempo in cui fu commesso il reato o iniziato il procedimento penale" (art. 289, comma 1, n. 3, c.p.m.p.), la figura del capo di stato maggiore della difesa sembra sottrarsi alla pratica possibilita' di venire sottoposta a giudizio penale da parte di un collegio legalmente costituito, nel rispetto delle disposizioni disciplinanti le situazioni di incompatibilita'. Il rispetto delle regole, automatiche e precostituite, dell'art. 2, terzo e quinto comma, della legge n. 180/1981 diviene pressoche' impossibile quando l'imputato abbia il grado di tenente generale: invero, se si esclude la circoscrizione del tribunale militare di Roma (nella quale hanno sede i vertici delle forze armate) e' ben difficile - se non addirittura difficilissimo - che, nella circoscrizione del singoIo tribunale militare, si possa rinvenire un numero di tenenti generali (o gradi corrispondenti) sufficiente a garantire l'estrazione di un titolare e di due supplenti. Alla situazione di stallo, inevitabile quando, come nel presente procedimento, l'unico giudice del grado richiesto - neppure estratto a sorte, per mancanza "fisiologica" di candidati - risulti incompatibile, si puo' ovviare solamente forzando il dettato normativo; e, dunque, ampliando la base territoriale da cui trarre, per sorteggio, il giudice o i giudici. Questa soluzione, corrispondente a quella di fatto adottata con la menzionata ordinanza presidenziale, introduce tuttavia, nel procedimento di selezione del giudice militare, indubbi elementi di discrezionalita' al limite della arbitrarieta'. Infatti, non v'e' chi non vede come, in tal caso, si finisca con il lasciare alla scelta dell'interprete (tribunale militare, o meglio presidente del tribunale militare): creazione di una regola, per quanto ragionevole, non prevista dalla legge (estrazione a sorte tra gli ufficiali del grado richiesto, che prestano servizio anche ai di fuori della circoscrizione del tribunale militare); l'individuazione di un sub-criterio ancora piu' discrezionale (sorteggio tra gli ufficiali che prestano servizio nel distretto della sezione della corte militare di appello, ovvero nel distretto, nazionale, della corte militare di appello). Ma il principio del "giudice naturale precostituito per legge", di cui all'art. 25, primo comma, della Costituzione, esclude proprio ogni potere discrezionale in ordine alla scelta del giudice, anche quando questa riguardi l'individuazione del componente di un organo collegiale: posto che il collegio giudicante del tribunale militare, come collegio "perfetto", puo' funzionare solo nella sua piena composizione, altrimenti - semplicemente - non esiste; e considerato altresi' che il giudice militare partecipa al giudizio in posizione di assoluta parita' con i giudici togati, a nulla rilevando che il suo apporto culturale alla valutazione della regiudicanda sia, essenzialmente, limitato agli aspetti "di fatto". La mancanza, nella previsione normativa, di un meccanismo ad hoc per la formazione dei collegi giudicanti dei tribunali militari, quando l'imputato abbia il grado di tenente generale o equiparato, sembra altresi' violare anche il principio costituzionale di eguaglianza davanti alla legge (art. 3, primo comma, Cost., giacche' introduce una irrazionale disparita' di trattamento tra situazioni perfettamente omogenee (Corte cost., sent. nn. 3/1957, 28/1957, 85/1979, 111/1981), discriminando tra imputati con il grado di tenente generale, a seconda che questi debbano essere giudicati da un tribunale militare nella cui circoscrizione presti servizio un adeguato numero di ufficiali pari grado (ad esempio, Roma), ovvero da un tribunale militare che non abbia, nella propria circoscrizione, un sufficiente numero di ufficiali del grado richiesto, tra cui effettuare il sorteggio in applicazione delle regole ex art. 2 della legge n. 180/1981 (ad esempio, Verona). 4. - Considerato quanto sopra, questo tribunale ritiene di dover sollevare d'ufficio, cosi' come consentitogli (art. 23, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87) la questione della legittimita' costituzionale dell'art 2, terzo comma, della legge n. 180/1981, in relazione ai parametri rappresentati dagli artt. 3, primo comma e 25, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui non prevede che, in ipotesi di giudizio a carico di ufficiale con il grado di tenente generale o equiparato, l'estrazione del giudice "d'arma" non possa essere effettuata tra gli ufficiali, in possesso del grado richiesto, che prestano servizio al di fuori della circoscrizione del tribunale militare, se nell'ambito della stessa non vi siano ufficiali aventi un grado pari a quello dell'imputato. La questione, nei termini suindicati, appare invero rilevante, siccome relativa a una disposizione di legge da applicare nel procedimento, e non manifestamente infondata, per le ragioni specificate. Di talche' essa va sottoposta al giudizio della Corte costituzionale, a norma degli artt. 134 della Costituzione e 23 e ss. legge n. 87/1953.
P. Q. M. Visti gli artt. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, 3 e 25 Costituzione. Ritenuta rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, terzo comma, della legge 7 maggio 1981, n. 180. in relazione agli artt. 3 e 25 Costituzione nella parte in cui, prevedendo che l'estrazione a sorte del giudice "d'arma" sia effettuata tra gli ufficiali aventi il grado richiesto che prestano servizio nella circoscrizione del tribunale militare, non prevede che nel caso di giudizio a carico di ufficiale avente il grado di tenente generale, o e equiparato, l'estrazione a sorte del giudice "d'arma" non possa essere effettuata tra ufficiali, aventi il grado richiesto, che prestano servizio al di fiori della circoscrizione del tribunale militare, se nell'ambito della stessa non vi sono ufficiali del grado richiesto, decidendo d'ufficio; Solleva la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2, terzo comma, legge n. 180/1981, in relazione agli art. 3 e 25 Costituzione nei termini sopra indicati; Sospende il processo; Ordina che a cura della cancelleria gli atti del processo vengano trasmessi alla Corte costituzionale; Ordina che copia della presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al pubblico ministero, nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai presidenti delle due camere del parlamento. Verona, addi' 14 aprile 2000. Il presidente: Pagliarulo Il giudice estensore: Celletti 00C0517