N. 336 ORDINANZA (Atto di promovimento) 30 novembre 1999

Ordinanza  emessa  il  30  novembre 1999 dal tribunale di Trapani nel
procedimento  civile  vertente  tra  Schifano  Vincenzo  e  comune di
Trapani
Giustizia  amministrativa  -  Devoluzione  al  giudice amministrativo
delle  controversie in materia di edilizia e urbanistica e riserva al
giudice    ordinario    delle   sole   controversie   relative   alla
determinazione  e  corresponsione  delle indennita' in conseguenza di
atti  espropriativi  o ablativi - Conseguente sottrazione all'A.G.O.,
secondo   il  giudice  rimettente,  delle  controversie  relative  al
risarcimento  del  danno  per  occupazione  acquisitiva illegittima -
Esorbitanza dai limiti della legge delegante.
- D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 34, comma 1.
- Costituzione,  art.  76; legge 15 marzo 1997, n. 59, art. 11, comma
  4, lett. g).
(GU n.25 del 14-6-2000 )
                            IL TRIBUNALE

    Letti  gli  atti  della  causa  civile n. 83/99 r.g., promossa da
  Schifano  Vincenzo,  elettivamente domiciliato in Trapani nel corso
  Italia  n. 17,  presso  lo  studio  dell'avv. G. Scarcella  che  lo
  rappresenta  e  difende  come  da  mandato  in  calce  all'atto  di
  citazione, attore;
    Contro  comune  di  Trapani,  in persona del sindaco pro-tempore,
  elettivamente  domiciliato  presso  l'ufficio  legale  del comune e
  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  L. Montanti come da mandato in
  calce alla copia notificata dell'atto di citazione, convenuto;
    Sciogliendo la riserva, ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Premesso che con citazione notificata il 28 gennaio 1999 Schifano
  Vincenzo  ha  convenuto  in giudizio comune di Trapani per sentirlo
  condannare   aI   risarcimento  del  danno  patito  in  conseguenza
  dell'occupazione  illegittima con effetto acquisitivo di un'area di
  sua proprieta' sita in territorio di Trapani, c/da Cappuccinelli;
        che  all'udienza  del  29  settembre  1999 il procuratore del
  comune   di   Trapani   ha  sollevato  l'eccezione  di  difetto  di
  giurisdizione   del   giudice   ordinario  in  favore  del  giudice
  amministrativo,    invocando    l'efficacia    nella    fattispecie
  dell'art. 34 del d.Igs. 31 marzo 1998, n. 80;

                            O s s e r v a

    L'art. 34  del  d.lgs.  n. 80/1998,  efficace dal 1o luglio 1998,
  stabilisce che:
        1)  sono  devolute  alla  giurisdizione esclusiva del giudice
  amministrativo  le  controversie  aventi  ad  oggetto  gli  atti, i
  provvedimenti  e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche in
  materia di urbanistica ed edilizia;
        2)  agli effetti del presente decreto, la materia urbanistica
  concerne tutti gli spetti dell'uso del territorio;
        3) nulla e' innovato in ordine:
          a) alla giurisdizione del tribunale superiore delle acque;
          b)   alla   giurisdizione  del  giudice  ordinario  per  le
  controversie  riguardanti  la  determinazione  e  la corresponsione
  delle  indennita'  in  conseguenza  dell'adozione di atti di natura
  espropriativa o ablativa.

    La  norma  ha  dato  attuazione alla delega legislativa contenuta
  nell'art. 11,  comma  4, lett. g) della legge 15 marzo 1997, n. 59,
  il  quale,  nel prevedere la devoluzione al giudice ordinario della
  controversie   del   pubblico  impiego,  imponeva  la  "contestuale
  estensione  della  giurisdizione  del  giudice  amministrativo alle
  controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali,
  ivi  comprese quelle relative al risarcimento del danno, in materia
  edilizia, urbanistica e di servizi pubblici ...".
    Il  contesto  letterale  o  teleologico della norma delegante non
  sembra dare adito a dubbi.
    Le   controversie  da  attribuire  alla  giurisdizione  del  g.a.
  dovevano  essere  quelle  aventi  ad  oggetto  diritti patrimoniali
  consequenziali,   vale   a  dire  le  controversie  conseguenti  ad
  annullamento  di provvedimenti amministrativi, che, a quel momento,
  erano  attratte  alla  cognizione  del  giudice ordinario giusto il
  disposto dell'art. 7 legge 6 dicembre 1971, n. 1034, istitutiva dei
  Tribunale amministrativo regionale
    La   logica   seguita   dal   legislatore   delegante  si  coglie
  nell'esigenza   di   unificare   la   giurisdizione  del  Tribunale
  amministrativo   regionale  nelle  materie  ad  devolute  alla  sua
  giurisdizione  esclusiva,  ponendo cosi' fine al precedente assetto
  il  quale,  con  ingiustificato  dispendio  di  tempi  ed  energie,
  imponeva  un  primo  giudizio  davanti aI g.a. per la rimozione del
  provvedimento illegittimo e, quindi, un secondo giudizio dinanzi al
  g.o.   per   le  statuizioni  relative  alle  pretese  patrimoniali
  ulteriori all'annullamento dell'atto.
    E,   d'altra  parte,  in  coerenza  con  siffatto  indirizzo,  il
  legislatore  delegato  ha  altrove  precisato  (art. 35  del d.Igs.
  citato)   che   nelle   controversie  devolute  alla  giurisdizione
  esclusiva  il  Tribunale  amministrativo regionale puo' disporre il
  risarcimento  del danno ingiusto anche attraverso la reintegrazione
  in forma specifica.
    Con il che risulta superata la regola tradizionale sul riparto di
  giurisdizione  fondata sulla dicotomia diritto soggettivo-interesse
  legittimo  in  favore  di  un criterio fondato sulla competenza per
  materia.
    A   conferma   dell'interpretazione  seguita  circa  l'ambito  di
  riferimento  della norma delegante, concorrono i seguenti argomenti
  testuali e logici:
        la   formulazione   vigente   dell'art. 11,  lett. g),  legge
  n. 59/1997,  e'  scaturita  da  una  rivisitazione  dell'originario
  emendamento   proposto  dal  governo  avente  il  seguente  tenore:
  "infine,  la  contestuale estensione alla giurisdizione del giudice
  amministrativo di controversie, anche relative alla responsabilita'
  civile  della  pubblica  amministrazione,  in materia di interventi
  edilizi,  urbanistici e di servizi pubblici ...", il quale e' stato
  ridimensionato  nella versione piu' riduttiva della norma delegante
  come sopra trascritta;
        l'art. 35,   comma   5,   del   d.lgs.   n. 80/1998   dispone
  l'abrogazione di ogni disposizione che devolva al giudice ordinario
  le    controversie   sul   risarcimento   del   danno   conseguente
  all'annullamento  di  atti  amministrativi  nelle materie di cui ai
  comma 1 (urbanistica ed edilizia).

    Il  che  lumeggia circa l'intenzione del legislatore delegante di
  restringere   il   raggio   della   giurisdizione   del  g.a.  alle
  controversie in materia di diritti patrimoniali consequenziali.
    Se questa appare l'interpretazione corretta del contenuto e delle
  finalita' della legge delega, il modo in cui essa e' stata tradotta
  dalla norma delegata risulta invero esorbitante.
    L'espressione  onnicomprensiva che riserva alla giurisdizione del
  Tribunale amministrativo regionale tutte le controversie dipendenti
  da  provvedimenti, atti e comportamenti della p.a. nelle materie in
  questione,  trasmoda  rispetto  ai  criteri direttivi della delega,
  sortendo conseguenze non volute dal legislatore.
    Per   quel   che   concerne  in  particolare  le  fattispecie  di
  occupazione acquisitiva si rileva:
        l'istituto    dell'occupazione   acquisitiva   o   accessione
  invertita,  frutto della elaborazione giurisprudenziale, (in primis
  Cass.  SS.UU.  23  febbraio  1983,  n. 1464)  realizza  il fenomeno
  atipico della estinzione del diritto di proprieta' del privato e la
  contestuale  acquisizione  del  suolo  a  titolo originario in capo
  all'ente  occupante per effetto dell'illecita occupazione del bene,
  con  una  sorta di effetto di propagazione del titolo pubblicistico
  della  proprieta'  superficiaria  nei  confronti  della  proprieta'
  privata del suolo;
        siffatto  fenomeno  si  perfeziona  nel  momento  in  cui  si
  verifica   l'irreversibile   trasformazione   del  bene  e  la  sua
  irrevocabile destinazione all'uso pubblico;
        dall'illecita  acquisizione  deriva il diritto del privato ai
  risarcimento  del  danno  corrispondente  al valore venale del bene
  occupato  sine  titulo  in  conformita'  alla relativa destinazione
  urbanistica.

    Orbene,  senz'altro  tale contenzioso e' da sussumere nell'ambito
  delle controversie in materia di urbanistica.
    Cio' si desume dalla natura degli interventi ablatori finalizzati
  nella  normalita'  dei casi ad incidere sull'assetto del territorio
  urbano  e  principalmente  dalla  lettura  logico-sistematica della
  norma,   laddove   al   comma 3   e'   assicurata  una  riserva  di
  giurisdizione   del  g.o.  nel  settore  delle  espropriazioni  per
  pubblica  utilita';  il  che  postula  l'organicita'  della materia
  espropriativa alla piu' generale disciplina dell'urbanistica.
    Nondimeno,  le controversie in materia di occupazione acquisitiva
  sovente    prescindono    dall'annullamento    del    provvedimento
  amministrativo  (decreto  di espropriazione), ben potendo l'effetto
  ablatorio  consumarsi in esito ad un'attivita' materiale della p.a.
  posta   in   essere  aI  di  fuori  dei  presupposti  di  legalita'
  dell'azione amministrativa, o perche' una dichiarazione di pubblica
  utilita'  non  esista  ab  origine,  o  perche'  l'efficacia  della
  dichiarazione  di pubblica utilita' sia venuta meno per la scadenza
  dei  termini fissati per le espropriazioni, ovvero ancora allorche'
  siano  scaduti  i  termini dell'occupazione legittima senza che sia
  intervenuto il decreto di espropriazione.
    In  particolare,  la giurisprudenza della S.C. distingue ormai il
  caso  in  cui l'attivita' ablatoria sia stata posta in essere dalla
  p.a.  in  "carenza  di  potere" - mancanza ab initio o sopravvenuta
  della  dichiarazione  di  pubblica utilita' - (cfr. Cass. SS.UU. 14
  marzo  1907, nonche' Cass. SS.UU. 19 luglio 1999, n. 460) da quelli
  in  cui  ricorra  un  vizio  del procedimento espropriativo, sippur
  ultimato  nei  termini prefissati (in questo caso e' lecito parlare
  di "cattivo esercizio del potere").
    Nel  primo caso l'assenza di un atto amministrativo da fare segno
  di impugnazione, esclude che possa parlarsi di diritto patrimoniale
  consequenziale   in   relazione   all'azione   intentata   per   il
  risarcimento del danno da occupazione acquisitiva.
    D'altro  canto,  l'analisi  letterale  dell'art. 34  citato,  non
  consente  una  interpretazione  che  salvi la costituzionalita' del
  dettato   legislativo   in   direzione   della  conservazione  alla
  giurisdizione   del   giudice   ordinario  della  cognizione  delle
  controversie di occupazione illegittima.
    Giacche',  la  riserva  di competenza del g.o. viene reclusa alle
  sole controversie in materia di indennita' conseguenti all'adozione
  di   atti   di   natura  espropriativa  o  ablativa,  in  guisa  da
  ricomprendervi:
        l'opposizione alla stima (art. 19 legge n. 865/1971);
        le  opposizioni  avverso  la  determinazione delle indennita'
  accessorie e complementari che normalmente accompagnano l'esercizio
  della  potesta' espropriativa (indennita' per occupazione legittima
  -  art. 20  legge  citata),  indennita'  in  favore  del conduttore
  coltivatore  diretto  (art. 17),  indennita'  in  favore  del terzo
  proprietario asservito (art. 46 legge n. 2359/1865).
    In  nessun  caso,  ritiene  lo  scrivente,  l'espressione usata -
  indennita'  -  puo'  dilatarsi  fino  ad  assorbire  il concetto di
  risarcimento  del  danno,  presupponendo la prima l'esistenza di un
  pregiudizio   dipendente   da   un'attivita'   lecita  della  p.a.,
  riparabile in termini non economicamente equivalenti, ed il secondo
  una  lesione  dovuta ad un comportamento contra ius, che merita una
  reintegrazione piena nel valore del bene perduto.
    Ne'  argomenti in senso contrario possono trarsi dal fatto che il
  comma  7-bis dell'art. 5-bis, legge n. 359/1992, disciplini oggi un
  meccanismo  di  riparazione  del danno da occupazione appropriativa
  che penalizza il diritto del proprietario al controvalore del bene,
  atteso  che  esso  non  pone  in discussione la natura risarcitoria
  dell'importo  previsto  a  soddisfazione del diritto leso e prevede
  comunque  uno  sbarramento  temporale  per  siffatta  modalita'  di
  riparazione   (valida   solo   per   le   occupazioni   intervenute
  anteriormente  al  30  settembre  1996) successivamente al quale il
  contenuto  del  risarcimento potra' nuovamente espandersi in misura
  corrispondente al valore venale pieno del bene.
    Si  e'  che, anche nel significato or ora precisato un intervento
  chiarificatore  di  alta  interpretazione si rivelerebbe quanto mai
  opportuno.
    Mentre,  di converso, ove si accedesse all'opzione ermeneutica di
  sottrazione  al  g.o. di tale ordine di controversie, sussisterebbe
  il  ragionevole fumus di violazione dei principi costituzionali che
  presiedono all'esercizio della delega legislativa (art. 76 Cost.).
    La  questione  oltre  che  non manifestamente infondata si palesa
  rilevante  nel  caso  di specie, dipendendo dalla sua soluzione, la
  decisione sulla giurisdizione del giudice adito.
    Per  tali  considerazioni va disposta la sospensione del presente
  giudizio   ed   ordinata   la  remissione  degli  atti  alla  Corte
  costituzionale  per  la  decisione  della  questione incidentale di
  costituzionalita'.
                              P. Q. M.
    Visto  l'art. 23  legge  11  marzo  1953,  n. 87,  ritenutane  la
  rilevanza  e  non  manifesta  infondatezza,  solleva d'ufficio, nei
  sensi   di   cui  in  motivazione,  la  questione  di  legittimita'
  costituzionale  dell'art. 34, comma 1, d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80,
  per  contrasto  con i criteri direttivi fissati dall'art. 11, comma
  4,  lett.  g),  della  legge  15  marzo  1997,  n. 59, in relazione
  all'art. 76 della Costituzione;
    Sospende il presente giudizio;
    Ordina la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;
    Dispone  che la presente ordinanza venga notificata alle parti in
  causa nonche' al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata
  al  Presidente  del  Senato  ed  aI  Presidente  della  Camera  dei
  deputati.
        Trapani addi', 30 novembre 1999.
                        Il giudice: De Maria
00C0540