N. 345 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 marzo 2000

Ordinanza  emessa  il  27  marzo  2000  dal  giudice  per le indagini
preliminari  presso  il tribunale militare di Verona nel procedimento
penale a carico di Deriba Alessandro
Processo penale - Incompatibilita' del giudice - Giudice dell'udienza
preliminare   che  abbia  emesso  decreto  di  rinvio  a  giudizio  -
Successivo   annullamento  di  tale  decreto  -  Incompatibilita'  ad
esercitare nuovamente la suddetta funzione nei confronti dello stesso
imputato e per il medesimo reato - Mancata previsione - Disparita' di
trattamento  rispetto  a situazioni analoghe - Lesione del diritto di
difesa - Violazione del principio del giusto processo.
- Cod. proc. pen., art. 34.
- Costituzione, artt. 3, 24 e 111.
(GU n.26 del 21-6-2000 )
                        IL TRIBUNALE MILITARE

    Letti  gli atti del presente procedimento n. 456/1998 reg. g.i.p.
  contro  Deriba  Alessandro,  nato  il  17  giugno  1978  a Yirgalem
  (Etiopia),  attualmente detenuto per altra causa in Inghilterra nel
  carcere    di   Hollesley   Woodbridge   (Suffolk);   elettivamente
  domiciliato  presso il difensore di fiducia avv. M.L. Vido Cantoni;
  imputato del reato di "mancanza alla chiamata" (art. 151 c.p.m.p.),
  perche',  chiamato  alle  armi per compiere il servizio di leva con
  cartolina  regolarmente notificata, non si presentava, senza giusto
  motivo,  al  16o Reggimento di Belluno nei cinque giorni successivi
  al 20 gennaio 1998, ne' in seguito;
    Rilevato  che nella udienza dibattimentale del 9 novembre 1999 il
  tribunale  militare  di  Verona,  preso atto della comunicazione di
  data 6 settembre 1999 con cui il Vice Consolato d'Italia in Bedford
  aveva  dato  notizia che Deriba Alessandro era detenuto nel carcere
  inglese  di  Woodbridge  (Suffolk)  a  seguito  di  sentenza del 25
  settembre  1998,  dichiarava la nullita' del decreto che dispone il
  giudizio  pronunciato  a conclusione dell'udienza preliminare del 5
  ottobre  1998  e  ordinava  la  restituzione  degli atti al giudice
  dell'udienza  preliminare, motivando che la situazione di legittimo
  impedimento  a comparire dovuta allo stato di detenzione all'estero
  dell'imputato  sussisteva  gia'  all'atto  della celebrazione della
  predetta udienza preliminare del 5 ottobre 1998;
        che  la  nuova  udienza preliminare, fissata per il giorno 28
  marzo  2000,  nell'ambito  del medesimo procedimento, nei confronti
  dello  stesso  imputato e per il medesimo reato, deve essere tenuta
  dal  medesimo  giudice  della  udienza  preliminare,  quale persona
  fisica,  che  ha  disposto il rinvio a giudizio dell'imputato nella
  precedente udienza preliminare del 5 ottobre 1998 conclusasi con il
  decreto che dispone il giudizio successivamente annullato;
    Ritenuto  che  debba  essere  affrontata  la  questione,  la  cui
  sostanza  costituzionalistica puo' essere sintetizzata nei seguenti
  termini:  se  sia  consentito  al  medesimo  "giudice  dell'udienza
  preliminare-persona fisica" che abbia gia' disposto il giudizio con
  decreto  successivamente  annullato,  di  presiedere  nel  medesimo
  procedimento  una ulteriore udienza preliminare nei confronti dello
  stesso  imputato  e per il medesimo reato, o se, invece, una simile
  eventualita'  sia  contraria al principio del giusto processo; e in
  questo  caso  ci  si  deve  inoltre  chiedere  quale  debba  essere
  l'istituto  del  processo  penale  da  utilizzare  per ovviare alla
  violazione;
        che debba escludersi che il rimedio da impiegare possa essere
  ricercato  soltanto  nell'ambito  degli  istituti  della astensione
  (art. 36  cod.  proc. pen.) e della ricusazione (art. 37 cod. proc.
  pen.),   i   quali,   come   piu'   volte   affermato  dalla  Corte
  costituzionale,  sono  finalizzati  alla  tutela  del principio del
  giusto  processo,  a  garanzia  dell'imparzialita' del giudice, nei
  casi in cui il pregiudizio consegua all'esercizio di funzioni in un
  diverso giudizio;
        che  il  rimedio  debba  essere,  invece,  piu'  propriamente
  ricercato  nel  sistema  delle incompatibilita' (art. 34 cod. proc.
  pen.),  le quali sono state dal legislatore finalizzate alla tutela
  del  principio del giusto processo, a garanzia contro il rischio di
  pregiudizio  del giudice derivante dall'esercizio di funzioni in un
  medesimo procedimento;
        che  il  rimedio  in  ipotesi  da impiegare non e', tuttavia,
  annoverato  tra  le  varie  figure che compongono l'attuale sistema
  delle  incompatibilita',  per  cui  non  rimane che sollecitare una
  sentenza   additiva  sull'art. 34  cod.  proc.  pen.,  tendente  ad
  introdurre  una nuova fattispecie di incompatibilita', nel rispetto
  della  anzidetta  scelta  sistematica, alla quale il legislatore ha
  improntata la disciplina positiva;
        che,  tutto  cio'  premesso, questo giudice e' dell'avviso di
  dovere,   nella   fase   degli   atti   introduttivi  alla  udienza
  preliminare,  sollevare  d'ufficio, in riferimento agli articoli 3,
  24   e   111   della   Costituzione,   questione   di  legittimita'
  costituzionale  dell'art.  34 del codice di procedura penale, nella
  parte  in  cui  non  prevede  l'incompatibilita'  del  giudice  per
  l'udienza  preliminare, che abbia disposto il rinvio a giudizio, ad
  esercitare  nuovamente,  a seguito dell'annullamento del precedente
  decreto  che dispone il giudizio, tale funzione nei confronti dello
  stesso   imputato  e  per  il  medesimo  reato,  tenendo  l'udienza
  preliminare;

                            O s s e r v a

    Non ignora questo giudice che la Corte costituzionale, chiamata a
  pronunciarsi  a  seguito  della  modifica legislativa (art. 1 della
  legge  8  aprile  1993,  n. 105)  che  aveva  soppresso  la  parola
  "evidente"  nel  testo  dell'art. 425  cod.  proc.  pen.,  ha,  con
  ordinanza  n. 367 del 1997, dichiarato la manifesta infondatezza di
  questione identica a quella oggi sollevata. La giurisprudenza della
  Corte  costituzionale,  considerando  che  puo'  farsi questione di
  incompatibilita' del giudice in conseguenza di precedenti decisioni
  prese nel corso del procedimento solo in quanto egli sia chiamato a
  rendere   un   giudizio   sul   merito  dell'accusa,  rimane  ferma
  nell'escludere  l'estensibilita' della regola dell'incompatibilita'
  prevista  nel  comma  2  dell'art. 34  cod.  proc.  pen. al giudice
  dell'udienza   preliminare,   alla   attivita'   del   quale   deve
  riconoscersi,  anche  dopo la sopramenzionata modifica legislativa,
  una  funzione essenzialmente processuale, in quanto controllo sulla
  legittimita'  della  domanda  di  giudizio  avanzata  dal  pubblico
  ministero  e  non  quale  giudizio  anticipato  rispetto  a  quello
  dibattimentale  (sentenze nn. 64 del 1991, 82 del 1993, 71 del 1996
  e  311  del  1997; ordinanze nn. 24, 232, 279, 333 e 410 del 1996 e
  n. 97 del 1997).
    Ha   rilevato   in  particolare  la  Corte  costituzionale  nella
  ordinanza n. 24 del 1996, richiamando le sentenze nn. 401 e 502 del
  1991 e 124 del 1992, che "il legislatore ha ristretto le previsioni
  d'incompatibilita'  vincolandole  a  due condizioni: che il giudice
  abbia   previamente   compiuto   una  valutazione  "contenutistica"
  dell'accusa  e  delle  prove  e  che  debba  poi  partecipare ad un
  "giudizio",  inteso  come  attivita'  finalizzata alla decisione di
  merito  della  regiudicanda.  La  stessa  Corte  costituzionale  ha
  costantemente   affermato,   nel  decidere  per  l'infondatezza  di
  questioni  identiche  o  analoghe  a  quella  oggi  sollevata,  che
  "ricorre  la  prima  condizione,  ma  non  la seconda, in quanto il
  giudice  dell'udienza  preliminare  non  e'  chiamato  ad esprimere
  valutazioni   nel   merito   dell'accusa,   bensi'  a  valutare  la
  legittimita'  della  domanda  di  giudizio  formulata  dal pubblico
  ministero" (cfr. sentenza n. 64 del 1991).
    L'art. 425   cod.  proc.  pen.,  attualmente  vigente  nel  testo
  sostituito  dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479 (art. 23 comma 1),
  ha  notevolmente  aumentato la funzione di filtro del giudice della
  udienza  preliminare,  con  contenuti  di  innegabile  accertamento
  positivo  della  colpevolezza  dell'imputato,  soprattutto se lo si
  collega  alla attivita' integrativa di cui agli artt. 421-bis e 422
  cod.   proc.  pen.;  cio'  nonostante,  anche  dopo  le  menzionate
  modifiche ed innovazioni legislative, deve continuare ad escludersi
  l'estensibilita'  della  regola  dell'incompatibilita' prevista nel
  comma  2  dell'art. 34  del cod. proc. pen. al giudice dell'udienza
  preliminare,  poiche', come ha chiarito inequivocabilmente la Corte
  costituzionale,   "il   significato   dell'espressione   "giudizio"
  rilevante   ai  fini  delle  situazioni  di  incompatibilita'  deve
  considerarsi comprensivo di "qualsiasi tipo di giudizio, cioe' ogni
  processo  che  in  base  ad  un  esame  delle prove pervenga ad una
  decisione  di  merito"  (sentenze n. 401 del 1991, n. 131 del 1996,
  n. 155 del 1996 e n. 346 del 1997).
    Ritiene,  invece,  questo giudice di individuare, nelle modifiche
  legislative  apportate  di  recente  all'art. 34  cod.  proc. pen.,
  argomenti  che  possono indurre la Corte costituzionale a mutare il
  proprio     avviso,     secondo    il    quale    "la    previsione
  dell'incompatibilita'  del  giudice  e'  finalizzata ad evitare che
  possa  essere,  o apparire, pregiudicata l'attivita' di "giudizio",
  il  che  vale  a  dire  che  il  regime  delle  incompatibilita' e'
  destinato  ad  operare solamente in ordine alla decisione di merito
  sull'oggetto del processo (ordinanze nn. 24, 232, 279, 333, 410 del
  1996 e n. 97 del 1997).
    Il    comma    2-bis    inserito    nell'art. 34    cod.    proc.
  pen. dall'art. 171  d.lgs  19  febbraio  1998, n. 51, nel prevedere
  l'incompatibilita'  -  non  solo  al  "giudizio" ma anche a "tenere
  l'udienza  preliminare" - del giudice che nel medesimo procedimento
  ha  esercitato  funzioni  di  giudice  per le indagini preliminari,
  dimostra  chiaramente  come  il  legislatore  non  vincoli  piu' la
  previsione  delle incompatibilita' alla imprescindibile coesistenza
  delle due condizioni della "valutazione contenutistica dell'accusa"
  e  del "giudizio di merito", essendo, di contro, con tutta evidenza
  venuta   meno   la   necessita'   della  esistenza  (in  precedenza
  imprescindibile)  della  seconda  condizione,  vale  a  dire che il
  giudice  debba  partecipare ad un "giudizio", inteso come attivita'
  finalizzata  alla  decisione sul merito della regiudicanda. Ritiene
  questo  giudice  che  il  regime delle incompatibilita' risulta ora
  vincolato   alla   sola  condizione  della  pregressa  "valutazione
  contenutistica  della  accusa  e  delle  prove",  come  puo' trarsi
  conferma  dal  fatto  che  il  legislatore ha ritenuto di escludere
  dalle  incompatibilita'  quelle  attivita'  del  giudice  prive  di
  qualiasi  valutazione  contenutistica  dell'accusa  ed elencate nel
  comma 2-ter del medesimo art. 34 cod. proc. pen.
    Nonostante   cio',   la  situazione  portata  da  questo  giudice
  all'esame    della    Corte    costituzionale    sfugge    comunque
  all'applicazione  dell'art. 34 cod. proc. pen. nel suo nuovo testo:
  essa,  come  sopra  evidenziato, non puo' tuttora essere inquadrata
  nella  previsione  di  cui  al  comma  2, perche' l'operativita' di
  quest'ultimo  postula  la  partecipazione al "giudizio" del giudice
  che ha emesso il provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare;
  nemmeno  essa  puo'  essere  ricompresa  nella previsione del comma
  2-bis dell'art. 34 cod. proc. pen., perche' la prevista preclusione
  a tenere l'udienza preliminare e' collegata al pregresso esercizio,
  nel  medesimo  procedimento,  delle  funzioni  di  giudice  per  le
  indagini preliminari.
    Va  ravvisata,  pertanto,  nel sistema delle incompatibilita' che
  risulta dal nuovo testo dell'art. 34 cod. proc. pen. una situazione
  di   irragionevolezza,  in  quanto  e'  precluso  tenere  l'udienza
  preliminare   al   giudice   che,  nel  medesimo  procedimento,  ha
  esercitato  funzioni di giudice per le indagini preliminari, mentre
  identica  preclusione  non  e' prevista per il giudice dell'udienza
  preliminare  che  nel  medesimo procedimento, a carico dello stesso
  imputato  e  per  il  medesimo  reato,  abbia  in precedenza emesso
  decreto  di  rinvio a giudizio, successivamente annullato. Trattasi
  di  situazione  sicuramente  irragionevole  perche'  il giudice per
  l'udienza  preliminare  che  ha  emesso  il  decreto che dispone il
  giudizio,  successivamente annullato, ha inconfutabilmente compiuto
  una  valutazione  "contenutistica"  dell'accusa  piu' penetrante di
  quella  connessa a qualsiasi altra attivita' inerente all'esercizio
  delle funzioni di giudice delle indagini preliminari.
    In  conclusione,  ritiene  il  giudice  rimettente  che  l'omessa
  previsione   dell'incompatibilita'   del   giudice   per  l'udienza
  preliminare  che  abbia disposto il rinvio a giudizio ad esercitare
  nuovamente,  a seguito dell'annullamento del precedente decreto che
  dispone  il  giudizio,  tale  funzione  nei  confronti dello stesso
  imputato e per il medesimo reato sia in contrasto: con il principio
  di  parita'  di  trattamento  (art. 3 Cost.), essendo la situazione
  simile  a quelle che determinano l'incompatibilita'; con il diritto
  di   difesa   dell'imputato   (art. 24  Cost.),  compromesso  dalla
  precedente  valutazione "contenutistica" dell'accusa espressa dallo
  stesso  giudice;  con  il principio del "giusto processo" (art. 111
  Cost.) nel suo aspetto della necessaria terzieta' - non pregiudizio
  del   giudice,   potendo   la   nuova  valutazione  "contenutitica"
  dell'accusa  essere  condizionata  dalla  cosiddetta  "forza  della
  prevenzione",  cioe'  dalla  naturale tendenza a mantenere ferma la
  valutazione gia' espressa in precedenza.
    La  questione  di incostituzionalita' come sopra formulata appare
  rilevante   nel   presente   procedimento,   perche'   riguarda  la
  compatibilita'   del   giudice  alla  partecipazione  alla  udienza
  preliminare  del  giudizio  penale: nell'ipotesi di accoglimento si
  configurerebbe  un obbligo di astensione e un motivo di ricusazione
  del giudice.
                              P. Q. M.
    Visti  gli articoli 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948,
  n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante  nel  presente  giudizio e non manifestamente
  infondata,   in  riferimento  agli  articoli  3,  24  e  111  della
  Costituzione,   la   questione   di   legittimita'  costituzionale,
  sollevata  d'ufficio,  dell'art. 34 del codice di procedura penale,
  nella  parte  in cui non prevede l'incompatibilita' del giudice per
  l'udienza  preliminare, che abbia disposto il rinvio a giudizio, ad
  esercitare  nuovamente,  a seguito dell'annullamento del precedente
  decreto  che dispone il giudizio, tale funzione nei confronti dello
  stesso imputato e per il medesimo reato;
    Sospende  il  giudizio  ed ordina la immediata trasmissione degli
  atti alla Corte costituzionale;
    Dispone  che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
  notificata  all'imputato,  al  difensore  ed al pubblico ministero,
  nonche'  al  presidente  del Consiglio dei Ministri e comunicata ai
  presidenti delle due Camere del Parlamento.
        Verona, addi' 27 marzo 2000.
                       Il giudice: Bonafiglia
00C0549