N. 347 ORDINANZA (Atto di promovimento) 14 febbraio 2000

Ordinanza  emessa  il  14 febbraio 2000 dal tribunale di Firenze sez.
distaccata di Pontassieve nel procedimento civile vertente tra Miceli
Veronica e Congregazione Cristiana dei Testimoni di Geova
Diritti  inviolabili  -  Tutela delle persone rispetto al trattamento
dei  dati  personali  -  Dati  relativi  agli  aderenti a confessioni
religiose   -  Divieto  di  trattamento  senza  il  consenso  scritto
dell'interessato   e   la   previa   autorizzazione   del  Garante  -
Applicabilita' alle confessioni religiose i cui rapporti con lo Stato
non  sono  regolati  da accordi o intese (nella specie, Congregazione
cristiana  dei  Testimoni  di  Geova) - Discriminazione rispetto alle
confessioni  che hanno stipulato intese (alle quali il divieto non si
applica)   -   Violazione   del  principio  di  pari  liberta'  delle
confessioni  religiose  e  del principio di eguaglianza - Lesione del
concreto esercizio della liberta' religiosa individuale e collettiva.
- Legge  31  dicembre  1996,  n. 675,  art. 22, comma 1-bis (aggiunto
  dall'art. 5 del d.lgs. 11 maggio 1999, n. 135).
- Costituzione, artt. 3, 8, primo comma, e 19.
(GU n.26 del 21-6-2000 )
                            IL TRIBUNALE

    Ha  emesso  la  seguente  ordinanza di rimessione di questione di
  leggittimita' costituzionale;

                      Svolgimento del processo

    1.  -  Veronica Miceli, aderente alla Congregazione Cristiana dei
  Testimoni di Geova (d'ora in avanti, Congregazione), ha chiamato in
  giudizio  con ricorso ai sensi dell'art. 700 c.p.c davanti a questo
  tribunale  la  Congregazione,  perche' venga accertato e dichiarato
  che  lei,  come  membro  della stessa, non era tenuta a prestare il
  consenso  scritto  per il trattamento dei dati personali, chiestole
  dalla  Congregazione  ai sensi dell'art. 22 della legge 31 dicembre
  1996, n. 675.
    La   difesa   della   ricorrente   ha  proposto  eccezione  della
  illegittimita' costituzionale dell'art. 22, comma 1-bis della legge
  n. 675/1996,   come   interpretato  nella  autorizzazione  generale
  n. 3/1999  del  garante per la protezione dei dati personali (d'ora
  in avanti menzionato come garante).
    Secondo  tale  norma le confessioni religiose, i cui rapporti con
  lo  Stato  Italiano  non  sono  regolati  sulla base di intese o di
  accordi  ai  sensi  degli  artt. 7  e 8 della Costituzione, possono
  trattare  i  dati  personali  dei  propri  aderenti  solo dopo aver
  acquisito  il  consenso  degli  interessati,  secondo  le modalita'
  previste dalle autorizzazioni del garante.
    La  difesa  ha  dedotto che tale norma appare essere in contrasto
  con  quelle  degli art. 3, 7, 8 e 19 della Costituzione, "in quanto
  crea un'ingiustificata ed irrazionale disparita' di trattamento tra
  le  confessioni che hanno stipulato con lo Stato intese o accordi e
  le   altre  confessioni  religiose",  quale  la  Congregazione  dei
  Testimoni   di   Geova   e   per   cio'   stesso  un'ingiustificata
  discriminazione  degli  aderenti a tali confessioni prive di intesa
  con  lo  Stato,  rispetto  agli aderenti alle confessioni che hanno
  stipulato tali intese.
    2.  - Si e' costituito in giudizio il convenuto, la cui difesa ha
  esposto  che  la  Congregazione  aveva  inviato  con lettera del 13
  dicembre   1999  la  richiesta  alla  propria  aderente  Miceli  di
  esprimere  il  consenso  al  trattamento  dei  dati  personali, per
  ottemperare  a  quanto  previsto nel d.lgs., 11 maggio 1999 n. 135,
  che aveva introdotto un nuovo comma (1-bis) all'art. 22 della legge
  675/1996, e a quanto disposto dal garante.
    La  difesa  della Congregazione ha convenuto di concordare con le
  domande  proposte dalla ricorrente e con le tesi esposte, anche per
  quanto attiene all'eccezione di illegittimita' costituzionale.

                       Motivi della decisione

    3.  -  Dalle  concordanti  deduzioni  delle  parti risulta che la
  Congregazione  dei Testimoni di Geova non ha finora concluso alcuna
  intesa   con   lo   Stato   italiano  ai  sensi  dell'art. 8  della
  Costituzione.

                    La rilevanza della questione

    4.1  - Nel processo e' risultato che entrambe le parti concordano
  anche  nel  sollevare  la  eccezione di legittimita' costituzionale
  della  norma  dell'art. 22,  legge  n. 675/1996  che  disciplina  i
  rapporti  fra  le  confessioni  religiose e gli aderenti per quanto
  attiene   al  trattamento  dei  dati  personali,  come  presupposto
  essenziale  del  giudizio  di  merito.  In  questo dovranno infatti
  essere  accertati i rapporti fra la Congregazione e i suoi aderenti
  per  il  trattamento  dei  dati  personali, secondo le disposizioni
  citate.
    4.2.  -  Per  la risoluzione della controversia e' effettivamente
  necessario  che  sia decisa dalla Corte costituzionale la questione
  se  la  disposizione dell'art. 22 comma 1-bis della legge, che pone
  concretamente la differenza tra le confessioni religiose per quanto
  attiene  al  trattamento  dei  dati  personali  degli aderenti, tra
  quelle  che  hanno concluso intese con lo Stato e quelle che non lo
  hanno  fatto,  violi  o  meno  le norme e i principi costituzionali
  dell'art.  8  della  Costituzione,  sull'uguale liberta' di esse, e
  percio'  anche  gli  artt. 3  e  18  della  Costituzione per quanto
  attiene  alla  liberta'  e  alla  parita' tra gli aderenti e tra le
  confessioni religiose.
    4.3.  -  In  questo  senso  l'eccezione proposta e' rilevante nel
  processo (ed anche in questa procedura) posto che nessuna decisione
  puo'  essere  presa  anche  in  vista del merito della controversia
  prima  e  senza  che  la  Corte  costituzionale  abbia deciso sulla
  legittimita' costituzionale della norma che ha posto differenze tra
  le confessioni che hanno concluso accordi o intese e quelle che non
  si  trovino  in  tale  situazione, agli effetti del trattamento dei
  dati  personali.  Infatti,  ove  non  si  ponesse  la questione, la
  domanda dovrebbe essere respinta come risulta evidente dagli atti.

                    La non manifesta infondatezza

    5.1. - L'art. 5 comma 1 del d.lgs. 11 maggio 1999 n. 135, recante
  "Disposizioni  integrative della legge 31 dicembre 1996, n. 675 sul
  trattamento  dei  dati sensibili da parte dei soggetti pubblici" ha
  aggiunto  all'art. 22  della  legge il comma 1-bis che dichiara non
  applicabile  il  divieto  di  trattamento salvo il consenso scritto
  dell'interessato  e l'autorizzazione del Garante, "ai dati relativi
  agli  aderenti  alle  confessioni  religiose  i cui rapporti con lo
  Stato siano regolati da accordi o intese ai sensi degli artt. 1 e 8
  della   Costituzione,   nonche'   relativi   ai  soggetti  che  con
  riferimento  a  finalita'  di natura esclusivamente religiosa hanno
  contatti  regolari  con  le medesime confessioni che siano trattati
  dai  relativi  organi  o enti civilmente riconosciuti, sempre che i
  dati   non   siano   comunicati  o  diffusi  fuori  dalle  medesime
  confessioni.    Queste    ultime    determinano   idonee   garanzie
  relativamente ai trattamenti effettuati".
    5.2.  - Come risulta dalla chiara formulazione della normativa la
  procedura  "agevolata"  prevista e' applicabile solo al trattamento
  dei  dati  relativi agli aderenti alle confessioni religiose "i cui
  rapporti  con  lo  Stato sono regolati da accordi o intese ai sensi
  degli artt. 7 e 8 della Costituzione".
    6.1.  -  E'  plausibile,  e  sicuramente aderente ad una corretta
  valutazione  della realta' dei fenomeni religiosi e del diritto, il
  sostenere  -  come hanno fatto i difensori della ricorrente e della
  Congregazione - che le disposizioni dell'art.- 22 comma 1-bis della
  legge  citata,  determinano  per  le  confessioni religiose che non
  hanno  concluso  un'intesa  con  lo  Stato  una posizione di minore
  considerazione  rispetto  alle  confessioni  che  hanno  realizzato
  intese  con  lo  Stato.  Cio'  soprattutto dal punto di vista della
  compressione  che  cosi'  si verifica della liberta' nell'esercizio
  dell'attivita'  pastorale  e  spirituale  nei  confronti dei propri
  adepti.
    Tale  diversa  disciplina  normativa, per quanto possa realizzare
  una  maggiore  tutela  dei  dati  personali  degli  aderenti ad una
  confessione  puo'  configurare  una violazione dell'uguale liberta'
  che    l'art. 8    comma   primo   della   Costituzione   riconosce
  inderogabilniente a tutte le confessioni.
    Si  tratterebbe  di una violazione del principio di pari liberta'
  delle  confessioni  religiose  che  inevitabilmente potrebbe essere
  considerata  anche quale violazione del principio costituzionale di
  eguaglianza  di cui all'art. 3 della Costituzione, per gli aderenti
  a  confessioni a seconda che queste abbiano o meno concluso accordi
  o intese con lo Stato, e violazione altresi' del concreto esercizio
  del   diritto  di  liberta'  religiosa  individuale  e  collettiva,
  garantita dall'art. 19 della Costituzione.
    Sotto   questi  profili,  sinteticamente  enunciati,  l'eccezione
  sollevata  non  appare  manifestamente  infondata in relazione agli
  artt. 3, 8 primo comma e 19 della Costituzione.
    6.2.  -  La valutazione di sospetta illegittimita' costituzionale
  e'   stata  espressa  con  analoghe  piu'  approfondite  ed  estese
  considerazioni   dalla  dottrina  giuridica  che  ha  esaminato  la
  questione.
    Ulteriori  e rilevanti considerazioni a favore della eccezione si
  desumono  peraltro  dalla  sentenza n. 195 del 27 aprile 1993 della
  Corte   costituzionale,   con   la   quale   e'   stata  dichiarata
  l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 1  della legge 16 marzo
  1988  n. 29  della  regione  Abruzzo.  In  tale  norma  erano stati
  identificati  solamente  nelle  confessioni  religiose che avessero
  concluso   intese  con  lo  Stato  i  destinatari  privilegiati  di
  interventi di sostegno economico della regione.
    6.3. - In base a quanto e' stato sostenuto dalle parti e a quanto
  e'  stato ora brevemente considerato, si giudica non manifestamente
  infondata la questione che dovra' essere rimessa alla valutazione e
  alla  decisione  della  Corte  costituzionale,  con  riferimento ai
  principi  e  alle  norme  degli  artt. 3,  8 comma primo e 19 della
  Costituzione.
                              P. Q. M.
    Rimette  alla  Corte  costituzionale la questione di legittimita'
  costituzionale  dell'art.  22  comma  1-bis della legge 31 dicembre
  1996  n. 675 in relazione ai principi e alle norme degli artt. 3, 8
  primo  comma  e 19 della Costituzione, per le ragioni esposte dalla
  difesa  delle  parti  in processo e di quelle della motivazione che
  precede;
    Ordina  la  comunicazione  dell'ordinanza  alle  parti,  e la sua
  notificazione  al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e  ai
  Presidenti dei due rami del Parlamento;
    Ordina  la  sospensione del processo e la trasmissione degli atti
  alla Corte costituzionale.
      Pontassieve, addi' 14 febbraio 2000.
                       Il giudice: Governatori
00C0551