N. 350 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 settembre 1999

Ordinanza emessa il 23 settembre 1999 dal consiglio nazionale forense
sul  ricorso proposto da Aldi Aldo contro Consiglio dell'Ordine degli
avvocati di Roma
Avvocato e procuratore - Iscrizione all'Albo - Divieto per i pubblici
dipendenti     -     Previsione,     con     norma    interpretativa,
dell'inapplicabilita'  agli impiegati pubblici con rapporto di lavoro
a  tempo  parziale  -  Abrogazione  delle  disposizioni  che  vietano
l'iscrizione  all'Albo  per  i  pubblici  dipendenti  con rapporto di
lavoro a tempo parziale - Irragionevolezza - Incidenza sul diritto di
difesa  e  sui  principi di indipendenza ed autonomia dei difensori -
iolazione  dei  doveri,  per  i pubblici dipendenti, di fedelta' alla
Repubblica  e  di  servizio  esclusivo  alla  Nazione  -  Lesione dei
principi di imparzialita' e buon andamento della p.a. - Incidenza sul
diritto al lavoro.
- Legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, commi 56 e 56-bis.
- Costituzione, artt. 3, 4, 24, 97 e 98.
(GU n.26 del 21-6-2000 )
                   IL CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
    Ha pronunziato la seguente ordinanza;
    Visto  il  ricorso n. 195/1998 r.g. proposto dal dott. Aldo Aldi,
  pappresentato  e  difeso  dall'avv.  Alfonso  Colarusso, avverso la
  decisione  in  data  21 maggio  1998,  con  la  quale  il Consiglio
  dell'ordine  degli  avvocati  di  Roma  rigettava la sua istanza di
  iscrizione all'albo degli Avvocati per incompatibilita';
    Visto il ricorso con i relativi allegati ;
    Visti gli atti di causa;
    Sentito  il relatore alla pubblica udienza del 23 settembre 1999,
  consigliere  Piero  Guido  Alpa  e  udito  il sostituto procuratore
  generale presso la corte di cassazione, dott. Domenico Iannelli;
Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;
                              F a t t o
    1.  -  Con  ricorso  depositato pressola segreteria del consiglio
  dell'ordine  degli avvocati di Roma l'11 giugno 1998, il dott. Aldo
  Aldi,  elettivamente domiciliato presso lo studio dell'avv. Alfonso
  Colarusso  in  Roma via Nomentana, 293 impugna il provvedimento del
  suddetto  ordine, assunto nei suoi confronti in data 21 maggio 1998
  e  notificatogli in data 1o giugno 1998 con cui e' stata rigenerata
  la  sua  istanza  di  iscrizione  all'albo  degli avvocati di Roma,
  presentata il 17 febbraio 1998.
    2.  -  Con  istanza  del 16 settembre 1997 reiterata il 3 ottobre
  1997  il  ricorrente,  funzionario  di  prefettura,  richiedeva  ed
  otteneva dall'amministrazione di appartenenza la trasformazione del
  rapporto  di lavoro dal tempo pieno al tempo parziale, nella misura
  non  superiore  al  50%, al fine di poter esercitare la professione
  forense,  invocando  l'applicazione  degli  artt. 1  comma 56 della
  legge  23 dicembre  1996,  n. 662 e 6 del d.l. 28 marzo 1997, n. 79
  convertito  in  legge  28 maggio  1997,  n. 140.  Con  istanza  del
  17 febbraio  1998  richiedeva la iscrizione all'albo degli avvocati
  di Roma, allegando la certificazione richiesta.
    Il  Consiglio  adunatosi  il  26 febbraio 1998, invitava il dott.
  Aldi  a  comparire  dinanzia  a  se'  il giorno 16 aprile 1998, per
  essere  sentito  in  merito  alla  istanza.  In  detta  udienza  il
  presidente informava il consiglio che il dott. Aldi aveva subito un
  processo  penale  dal quale il pretore lo aveva assolto, ma avverso
  tale  sentenza  aveva proposto ricorsoper cassazione il p.g. presso
  la Corte d'appello di Napoli.
    Il  dott. Aldi precisava che il procedimento penale riguardava un
  immobile  di  proprieta'  della madre, che il reato era prescritto,
  che,  in ogni caso, il ritardo nella iscrizione all'albo comportava
  per  lui  grave  pregiudizio economico, avendo esercitato l'opzione
  per  il part-time, e non potendo modificare tale regime se non dopo
  lo spirare del biennio.
    Il  Consiglio  invitava  l'istante a depositare la documentazione
  relativa agli atti processuali di cui si e' detto. Successivamente,
  in  data  21 maggio  1998, il Consiglio rigettava l'istanza, con la
  seguente  motivazione:  "considerato  che  la  Corte costituzionale
  dovra'  stabilire se e' o meno legittima l'iscrizione part-time dei
  professionistiche  contemporaneamente  proseguono  in una attivita'
  lavorativa subordinata (...) allo stato rigetta l'istanza".
    3. - Nel ricorso il dott. Aldi osserva che:
        con  l'art. 1 commi 55 56 della legge 1996 n. 662, sono state
  introdotte radicali innovazioni nel rapporto
dipubblico impiego, modificando il regime lavorativo del dipendente,
  facendo  venir  meno il principio disposto dall'art. 60 d.P.R. 1957
  n. 3,  della  incompatibilita' assolta ad esercitare in costanza di
  rapporto qualsiasi altra attivita';
        che gia' l'art. 7 della legge 29 dicembre 1988, n. 564, aveva
  ammesso   il   part-time  per  i  dipendenti  con  un  triennio  di
  anzianita';  che  l'art. 7  comma  2  della legge 29 dicembre 1988,
  n. 564  ha  ammesso  che  i  dipendenti  degli enti locali potevano
  esercitare  attivita'  lavorative  nonincompatibili con l'attivita'
  dell'istituto;
        che  l'espressione  "altre  prestazioni  di  lavoro" e' stata
  intesa  dalla  Corte  di cassazione con sentenza del 1994, n. 7845,
  nel  senso  della  compatibilta'  del  rapporto di pubblico impiego
  part-time con l'esercizio delle libere professioni;
        che  gli  scopi perseguiti dal legislatore con l'introduzione
  del  regime  part-time  concernono  il favore per l'occupazione, la
  riduzione della spesa pubblica, la soppressione del lavoro nero;
        che  tale  disciplina  e'  in linea con le analoghe normative
  europee,  ed  e'  stata consolidata dall'art. 1 legge 1996 n. 662 e
  dalla legge 1997 n. 140;
        che la lettera delle disposizioni invocate e' chiara;
        che  l'art.  56-bis  della  legge  1997  n. 140  ha  disposto
  l'abrogazione delle disposizioni per i soggetti di cui al comma 56;
        che a nulla rileva che le disposizioni richiamate siano state
  collegate  alla  legge  finanziaria,  e  che lo stesso comma 56-bis
  prevede  in modo inequivoco che ai dipendenti part-time non possono
  essere  conferiti  incarichi  professionali  dalle  amministrazioni
  pubbliche  ne'  essi possono assumere il patrocinio in controversie
  in cui sia parte una pubblica amministrazione, con cio' confermando
  che  il  dipendente  part-time possa esercitare l'attivita' forense
  nei  limiti  indicati;  che  l'eccezione  ammessa  per i dipendenti
  part-time  si aggiunge a quelle nuovamente confermate concernenti i
  professori  universitari  e degli istituti di istruzione secondaria
  nonche'  degli  avvocati  di  enti  pubblici. Insiste quindi per la
  riforma  del  provvedimento  impugnato  e per il riconoscimento del
  diritto di essere iscritto all'albo.
    4.   -   All'udienza   odierna  l'avv.  Colarusso  difensore  del
  ricorrente    ribadisce    le    conclusioni   prese,   richiamando
  l'ordinanzadella  Corte  costituzionale  n. 183 del 1999; ribadisce
  altresi'  la  disparita'  di trattamento di cui e' stato oggetto il
  suo  assistito  in quanto altri consigli hanno accolto l'istanza di
  iscrizione  presentata  da  professionisti part-time; sottolinea il
  danno  esonomico  che in forza del rigetto dell'istanza sta subendo
  il suo assistito.
    Il consiglio nazionale forense, gia' investito della controversia
  in  materia  di  compatibilita'  tra  l'iscrizione  all'albo  degli
  avvocati  e il rapporto di pubblico impiego in regime di part-time,
  con  ordinanza 29 gennaio 1998, sollevava questione di legittimita'
  costituzionale  dell'art. 1,  commi  56  e 56-bis legge 23 dicembre
  1996,  n. 662  per  violazione degli artt. 3, 24, 54, 70, 97, 101 e
  104 della Costituzione.
    La Corte costituzionale, con ordinanza n. 183 del 20 maggio 1999,
  ha  ritenuto la questione manifestamente inammissibile, per mancata
  integrazione  del contraddittorio nel giudizio dinanzi al consiglio
  nazionale  forense  (CNF), con riferimento al consiglio dell'ordine
  degli avvocati (C.O.A.) il cui provvedimento era stato impugnato.
    Pertanto,  non  essendosi  la Corte costituzionale pronunziata in
  merito,  il  consiglio  nazionale  forense,  nella  sua qualita' di
  giudice  speciale  ai  sensi  dell'art. 111 Cost., e della VI disp.
  tran.   Cost.,   non  potendo  decidere  la  questione  senza  fare
  applicazione  delle  norme di cui ai commi 56 e 56-bis dell'art. 1,
  legge   23   dicembre   1996,   n. 662,  solleva  la  questione  di
  legittimita'  costituzionale  delle  norme stesse, ex art. 23 della
  legge 11 marzo 1953, n. 87, per le seguenti argomentazioni in
                            D i r i t t o
    1.  - La Corte costituzionale, con ordinanza n. 183 del 20 maggio
  1999,  riteneva la questione sollevata manifestamente inamissibile,
  per  mancata  integrazione del contraddittorio nel giudizio dinanzi
  al  consiglio  nazionale forense (CNF), con riferimento ai consigli
  dell'ordine  degli avvocati (C.O.A.) i cui provvedimenti sono stati
  sottoposti a reclamo.
    1.1. - La corte ha infatti ritenuto, coerentemente con i principi
  generali  in  forza dei quali i consigli dell'ordine degli avvocati
  (C.O.A.)  agiscono  in  qualita'  di autorita' amministrative i cui
  atti  possono  essere  impugnati  di  fronte  al giudice competente
  (appunto  il  CNF),  che i C.O.A. stessi siano parte necessaria nel
  giudizio dinanzi al CNF.
    1.2. - La Corte ha inoltre rilevato:
        che  non  sarebbero  stati  osservati  gli adempimenti che la
  legge  impone al consigli nazionale forense (CNF) per consentire ai
  consigli  dell'ordine  di  "...prender  parte  al  giudizio, almeno
  mediante  l'esecuzione  degli  adempimentidi cui agli artt. 60 e 61
  del  R.D.  22 gennaio 1934, n. 37 (Norme integrative e d'attuazione
  del   R.D.L.   27 novembre  1933,  n. 1578  sull'ordinamento  della
  professione d'avvocato)";
        "che   per   il   mancato  compimento  dell'attivita'  minima
  necessaria a porre le parti in rapporto fra loro (e con il giudice)
  determina  un'abnormita'  del procedimento rilevabile ictu oculi" e
  "che  la suddetta abnormita' comporta la manifesta inammissibilita'
  della questione ...".
    2.   -   In   merito   alla   questione   dell'integrazione   del
  contradditorio  nel  caso  di  specie,  si osserva che il consiglio
  nazionale  forense  (CNF)  ha  regolarmente comunicato al consiglio
  dell'ordine  del contraddittorio nel caso di specie, si osserva che
  il  consiglio  dell'ordine  nazionale forense (CNF) ha regolarmente
  comunicato  al consiglio dell'ordine degli avvocati di Roma, autore
  del   provvedimento  impugnato.  l'avvenuta  ricezione  degli  atti
  relativi  al  deposito  del  ricorso,  effettuato  presso lo stesso
  C.O.A.  (art.  59,  R.D.  22 gennaio 1934, n. 37), con raccomandata
  R.R.  1o  settembre  1998 (che si allega in copia), nonche' inviato
  regolarmente comunicazione dell'avvenuta fissazione dell'udienza ai
  sensi  del richiamato art. 61, con raccomandata r.r. 25 giugno 1999
  per l'udienza del 23 settembre 1999 (che si allega in copia);
    2.1. Sulla base delle considerazioni espresse sub 2, il Consiglio
  nazionale forense ritiene che siano state adempiute le prescrizioni
  che  la  legge  impone  ai  fini  della  corretta instaurazione del
  contraddittorio, e che la questione di costituzionalita', sollevata
  non sia pertanto manifestamente inammissibile.

    Il  seguito  del  testo  dell'ordinanza e' perfettamente uguale a
  quello   dell'ordinanza   pubblicata   in   precedenza  (Reg.  ord.
  n. 349/2000).
00C0554