N. 353 ORDINANZA (Atto di promovimento) 23 settembre 1999

Ordinanza emessa il 23 settembre 1999 dal consiglio nazionale forense
sul  ricorso proposto da Romanazzi Maria contro Consiglio dell'ordine
degli avvocati di Bari
Avvocato e procuratore - Iscrizione all'Albo - Divieto per i pubblici
dipendenti     -     Previsione,     con     norma    interpretativa,
dell'inapplicabilita'  agli impiegati pubblici con rapporto di lavoro
a  tempo  parziale  -  Abrogazione  delle  disposizioni  che  vietano
l'iscrizione  all'Albo  per  i  pubblici  dipendenti  con rapporto di
lavoro a tempo parziale - Irragionevolezza - Incidenza sul diritto di
difesa  e  sui  principi di indipendenza ed autonomia dei difensori -
Violazione  dei  doveri,  per i pubblici dipendenti, di fedelta' alla
Repubblica  e  di  servizio  esclusivo  alla  Nazione  -  Lesione dei
principi di imparzialita' e buon andamento della p.a. - Incidenza sul
diritto al lavoro.
- Legge 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, commi 56 e 56-bis.
- Costituzione, artt. 3, 4, 24, 97 e 98.
(GU n.26 del 21-6-2000 )
                   IL CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza;
    Visto  il  ricorso  numero 186/1998 proposto dalla dott.ssa Maria
  Romanazzi,  rappresentata  e  difesa  dall'avv.  Martino Sportelli,
  avverso  la  decisione  in  data  19  marzo  1998,  con la quale il
  consiglio dell'ordine degli avvocati di Bari decideva di sospendere
  la    sua   richiesta   di   iscrizione   all'albo   avvocati   per
  incompatibilita';
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visti gli atti di causa;
    Relatore   alla  pubblica  udienza  del  23  settembre  1999,  il
  consigliere  Vincenzo  Panuccio  e  udito  il sostituto procuratore
  generale presso la Corte di cassazione, dr. Domenico Iannelli;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.

                              F a t t o

    In  data  25 febbraio 1998 la dott.ssa Maria Romanazzi depositava
  presso  la  segreteria  del consiglio dell'ordine degli avvocati di
  Bari domanda di iscrizione in quell'albo avvocati.
    Nella  istanza  la  dott.ssa  Romanazzi  assumeva  di  essere  in
  possesso  dei requisiti richiesti dalla legge professionale ai fini
  dell'iscrizione  e dichiarava di non trovarsi in alcuno dei casi di
  incompatibilita'  stabiliti dalla legge, avendo essa trasformato il
  proprio rapporto di lavoro dipendente con l'universita' degli studi
  di  Bari  in  rapporto  di  lavoro a tempo parziale con prestazione
  lavorativa  ridotta  al 50 % del tempo pieno, cosi' come comprovato
  dal  nulla-osta  all'iscrizione  all'albo  avvocati  rilasciato dal
  magnifico  rettore  della  predetta  universita' in data 24 gennaio
  1997, prot. n. 719.
    La  proposizione  della  domanda di iscrizione trovava fondamento
  nella  previsione  dell'art. 1,  commi  56 e 56- bis della legge 23
  dicembre  1996,  n. 662  concernente:"Misure  di  razionalizzazione
  della  finanza pubblica" collegata alla legge finanziaria 1997, ove
  e'  stabilito  che: "Le disposizioni di cui all'art. 58 comma 1 del
  decreto   legislativo   3   febbraio   1993,   n. 29  e  successive
  modificazioni e integrazioni, nonche' le disposizioni di legge e di
  regolamento  che vietano l'iscrizione in, albi professionali non si
  applicano   ai   dipendenti  delle  pubbliche  amministrazioni  con
  rapporto di lavoro a tempo parziale, con prestazione lavorativa non
  superiore al 50 % di quella a tempo pieno".
    Il consiglio dell'ordine degli avvocati di Bari, nella seduta del
  19  marzo  1998,  deliberava  di  sospendere  tutte le richieste di
  iscrizione  avanzate  dai dipendenti della pubblica amministrazione
  in  regime  di part-time motivando tale provvedimento sulla base di
  notizia  informale secondo la quale il consiglio nazionale forense,
  investito  di  analoghe  questioni in sede giurisdizionale, avrebbe
  sollevato  questione  di legittimita' costituzionale della norma di
  cui alla legge n. 662/1996.
    La  delibera  del consiglio dell'ordine di Bari veniva comunicata
  alla  dott.ssa  Romanazzi  con  lettera  raccomanda con ricevuta di
  ritorno 3 aprile 1998, ricevuta il successivo giorno 6.
    Avverso  tale  delibera la dott.ssa Romanazzi, tramite il proprio
  rappresentante   avv.   Martino  Sportelli,  proponeva  ricorso  al
  consiglio  nazionale  forense  mediante deposito presso l'ordine di
  Bari in data 3 giugno 1998.
    Nel  ricorso  si  contesta la delibera impugnata - nella parte in
  cui disponeva la sospensione dell'esame delle istanze di iscrizione
  all'albo  avvocati  avanzate da dipendenti pubblici con rapporto di
  lavoro  a  tempo  parziale - sul presupposto che la possibilita' di
  sospendere i giudizi concernenti questioni e/o eccezioni analoghe a
  quelle sottoposte al vaglio della Corte cosituzionale e' consentita
  solo in sede giurisdizionale e non anche amministrativa.
    Si  sottolinea  inoltre  la  vigenza  dell'art.  1 comma 56 legge
  n. 662/1996 e veniva richiamata la circolare interpretativa inviata
  dalla  Presidenza del Consiglio dei Ministri in data 18 luglio 1997
  n. 6  il  cui paragrafo 3 afferma che: "... i dipendenti con orario
  non  superiore  alla  meta'  di quello ordinario possono iscriversi
  agli Albi professionali".Si richiamava inoltre la legge n. 140/1997
  nella  parte  in  cui  dispone  che:  ". . . qualsiasi disposizione
  normativa che esclude i dipendenti pubblici dall'iscrizione ad albi
  ed all'esercizio della relativa professione e' percio' abrogata con
  riferimento al personale a tempo parziale".
    Con  il  primo  motivo  del ricorso la dott.ssa Romanazzi lamenta
  violazione  degli  artt. 3,  24,  111  e  113 della costituzione in
  quanto  il  diritto  soggettivo  all'iscrizione  all'albo  avvocati
  troverebbe  fondamento  non  solo  nelle disposizioni ordinarie, ma
  anche  nel dettato costituzionale, in considerazione del fatto che:
  "...  oggi  la  struttura della carriera del dipendente pubblico e'
  stata  parificata  a  quella  del  professore  universitario  o  di
  istituzioni  superiori.  Riconoscendo quindi una totale liberta' ed
  indipendenza  del  dipendente  nell'esercizio  della professione di
  avvocato".
    Con i successivi motivi lamenta violazione dell'art. 24, comma 4,
  r.d.l.   27   novembre   1933  n. 1578;  della  legge  n. 241/1990;
  dell'art. 1,   commi  56-65,  legge  n. 662/1996;  della  circolare
  ministeriale 18 luglio 1997 n. 6 della Presidenza del Consiglio dei
  Ministri e della Legge n. 140/1997. Ribadisce infatti la ricorrente
  che la nuova normativa contenuta nella legge finanziaria non e' che
  la  "...  intelligente risposta dell'organo legislativo alle mutate
  istanze  sociali  che  nulla  piu'  hanno  in comune con quelle che
  dettero  vita  al  r.d.l.  n. 1578/1933", che "... per il principio
  universalmente  riconosciuto  della  successione di leggi nel tempo
  risulta  naturalmente  abrogato". Attribuendo poi alla disposizione
  contenuta  nell'art. 1  legge n. 662/1996 natura di legge speciale,
  la  ritiene  idonea  a  prevalere  sulle  disposizioni  della legge
  professionale,  sulla  base del principio che regola la successione
  delle  leggi  nel  tempo.  Si  sofferma,  infine, la ricorrente sul
  sofferto danno economico.
    Il  presente ricorso, gia' chiamato per l'udienza del 17 dicembre
  1998,  veniva dal Consiglio nazionale forense sospeso con ordinanza
  in  pari data, in attesa della pronuncia della Corte costituzionale
  cui  la  questione  era stata rimessa con ordinanza pronunciata sul
  ricorso avente analogo oggetto.
    La Corte costituzionale, con ordinanza n. 183 del 20 maggio 1999,
  riteneva  la  questione  manifestamente  inammissibile, per mancata
  integrazione  del contraddittorio nel giudizio dinanzi al consiglio
  nazionale forense (CNF), con riferimento ai consigli degli avvocati
  (C.O.A.) i cui provvedimenti erano stati sottoposti a reclamo.
    Pertanto,  non  essendosi  la Corte costituzionale pronunciata in
  merito,  il  consiglio  nazionale  forense,  nella  sua qualita' di
  giudice  speciale  ai  sensi dell'art. 111 Cost., e della VIa Disp.
  Trans.   Cost.,  non  potendo  decidere  la  questione  senza  fare
  applicazione  delle  norme  di cui ai commi 56 e 56-bis dell'art. 1
  legge   23   dicembre   1996,   n. 662,  solleva  la  questione  di
  legittimita'  costituzionale  delle  norme stesse, ex art. 23 della
  legge 11 marzo 1953, n. 87, per le seguenti argomentazioni in

                            D i r i t t o


    1. -  La Corte costituzionale, con ordinanza n. 183 del 20 maggio
  1999, riteneva la questione sollevata manifestamente inammissibile,
  per  mancata  integrazione del contraddittorio nel giudizio dinanzi
  al  consiglio  nazionale forense (CNF), con riferimento ai consigli
  dell'ordine  degli avvocati (C.O.A.) i cui provvedimenti sono stati
  sottoposti a reclamo.

    1.1. - La Corte ha infatti ritenuto, coerentemente con i principi
  generali  in  forza dei quali i consigli dell'ordine degli avvocati
  (C.O.A.)  agiscono  in  qualita'  di autorita' amministrative i cui
  atti  possono  essere  impugnati  di  fronte  al giudice competente
  (appunto  il  CNF),  che i C.O.A. stessi siano parte necessaria nel
  giudizio dinanzi aI CNF.

    1.2. - La Corte ha inoltre rilevato:
        che  non  sarebbero  stati  osservati  gli adempimenti che la
  legge impone al consiglio nazionale forense (CNF) per consentire ai
  consigli  dell'ordine  di  "...  prender  parte al giudizio, almeno
  mediante  l'esecuzione  degli adempimenti di qui agli artt. 60 e 61
  del  regio  decreto  legislativo  22  gennaio  1934,  n. 37  (norme
  integrative   e  d'attuazione  del  regio  decreto  legislativo  27
  novembre   1933,   n. 1578   sull'ordinamento   della   professione
  d'avvocato)";
        "che il mancato compimento dell'attivita' minima necessaria a
  porre  le  parti  in rapporto fra loro (e con il giudice) determina
  un'abnormita'  del  procedimento  rilevabile  ictu  oculi e "che la
  suddetta  abnormita'  comporta  la manifesta inammissibilita' della
  questione ...".

    2.- In    merito    alla    questione    dell'integrazione    del
  contraddittorio  nel  caso  di  specie, si osserva che il consiglio
  nazionale  forense  (CNF)  ha  regolarmente comunicato al consiglio
  dell'ordine  degli  avvocati  di  Bari,  autore  del  provvedimento
  impugnato, l'avvenuta ricezione degli atti relativi al deposito del
  ricorso, effettuato presso lo stesso C.O.A. (art. 59, regio decreto
  22  gennaio  1934, n. 37), con raccomandata con ricevuta di ritorno
  1o  settembre  1998  (che  si  allega  in  copia),  nonche' inviato
  regolarmente comunicazione dell'avvenuta fissazione dell'udienza ai
  sensi  del  richiamato  art. 61,  con  raccomandata con ricevuta di
  ritorno  4  novembre  1998  per  l'udienza  del  17  gennaio 1998 e
  ricevuta  di  ritorno 25 giugno 1999 per l'udienza del 23 settembre
  1999 (che si allega in copia);
    2.1. Sulla base delle considerazioni espresse sub 2, il Consiglio
  nazionale forense ritiene che siano state adempiute le prescrizioni
  che  la  legge  impone  ai  fini  della  corretta instaurazione del
  contraddittorio, e che la questione di costituzionalita', sollevata
  non sia pertanto manifestamente inammissibile.

    Il  seguito  del  testo  dell'ordinanza e' perfettamente uguale a
  quello   dell'ordinanza   pubblicata   in   precedenza  (Reg.  ord.
  n. 348/2000).
00C0557